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PubblicatoBerengar Capone Modificato 11 anni fa
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Olefine leggere (etilene, propilene, buteni, butadiene)
Classe Va M – a.s. 2010/11 Prof. U. Siano
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Olefine leggere Fasi della produzione
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Olefine leggere Fattori che influiscono sul cracking
Le reazioni di cracking sono endotermiche; l’energia richiesta per la rottura del legame C-C è di circa 18 kcal/mole. I fattori che influiscono su tali reazioni sono: Natura della carica Temperatura Pressione – Vapor d’acqua Tempo di permanenza della carica alle alte temperature
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Olefine leggere Fattori del cracking: natura della carica
La carica del processo di cracking è data da: Frazioni gassose (gas naturale o di raffineria Frazioni leggere (benzina leggera o virgin nafta (Teb: °C)) Frazioni medie (gasoli) Frazioni pesanti Le olefine inferiori (o gassose) sono già presenti nei gas di raffineria, ma si ottengono prevalentemente attraverso processi di cracking di idrocarburi saturi sia gassosi, contenuti nel gas naturale o di raffineria (etano, propano, butano), che liquidi (benzine, gasoli, residui della distillazione dei petroli, petrolio grezzo, raffinato di reforming catalitico). La scelta della materia prima dipende da numerosi fattori: Disponibilità; Costo; Resa; Possibilità di una economica utilizzazione dei sottoprodotti. Negli USA le materie prime più usate sono l’etano ed il propano (dei gas di raffineria e dei gas naturali) e i gas di petrolio liquefatti (GPL). A seguito della diminuita disponibilità di gas naturali gli USA rivolgono sempre più l’attenzione a prodotti liquidi, sia benzina che gasoli, dei quali è previsto un incremento di consumo nei prossimi anni. Mentre nel 1972 etano e propano hanno costituito l’81% della materia prima usata per l’etilene, questa percentuale è scesa al 65% nel 1975 ed al 50% nel 1980. Queste materie prime gassose rappresentano la fonte principale di olefine nei paesi del Medio Oriente che possono ottenerle dalle notevoli riserve di gas naturale, ed anche in quei paesi europei che possono attingere gas naturale dai giacimenti del mare del nord. Negli altri paesi europei ed in Giappone, che non dispongono di abbondanti quantità di etano, si ricorre a frazioni petrolifere liquide e mentre in passato la preferenza è stata data a benzine leggere, oggi le variate condizioni del mercato petrolifero portano all’utilizzazione di prodotti sempre più pesanti (benzine pesanti, gasoli, residui di distillazione) ed è allo studio la possibilità di impiego dello stesso petrolio grezzo.
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Olefine leggere Fattori del cracking: natura della carica
La scelta viene fatta in base a: Disponibilità e costo della materia prima Resa del processo e costi di separazione dei sottoprodotti Possibilità di un conveniente utilizzo economico di questi ultimi All’aumentare del peso molecolare medio della carica, infatti, diminuisce la resa in olefine ed aumentano il numero e la quantità dei sottoprodotti formatisi nel cracking Le rese ed il rapporto fra le varie olefine risultanti dal cracking dipendono dalla materia prima usata e dalle condizioni di operazione. Gli impianti adatti a produrre olefine da idrocarburi gassosi non sono identici a quelli che partono da idrocarburi liquidi; la loro complessità ed il loro costo aumenta all’aumentare del peso molecolare dell’alimentazione. I prodotti provenienti da materie prime liquide rispetto a quelli ottenuti da materie prime gassose contengono meno etilene e più propilene, butadiene, buteni ed aromatici. L’etilene è l’olefina più richiesta ed un aumento della quantità dei prodotti che l’accompagnano comporta una maggiore complessità degli impianti di separazione e quindi un maggiore costo, che può essere compensato solo se questi prodotti trovano una conveniente utilizzazione.
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Olefine leggere Fattori del cracking: natura della carica
I fattori da ricordare sono diversi: La formazione delle olefine diviene più facile (T più bassa) all’aumentare del numero di atomi di C Le paraffine normali danno rese più elevate in olefine (in particolare etilene), le isoparaffine danno più idrogeno, metano e propilene (tanto più quanto più sono ramificate) Gli idrocarburi aromatici e i cicloalcani subiscono un cracking limitato e determinano un abbassamento di resa Al diminuire del tenore di idrogeno della carica (all’aumentare della densità) i prodotti contengono meno idrogeno, metano, etilene, propilene e C4, aumentano invece il tenore di butadiene, aromatici, benzine di cracking e olio residuo Carica più pesante implica meno olefine e più prodotti secondari per cui, per aumentare la produzione occorre aumentare la quantità di materia prima lavorata (maggiore capacità degli impianti di cracking e maggiore complessità di quelli di separazione, ossia maggiori costi) Natura della carica. Le energie di formazione delle olefine sono sempre positive, perciò esse risultano termodinamicamente instabili; all’aumentare della temperatura la loro instabilità diminuisce ed esse divengono più stabili delle paraffine ad egual numero di atomi di carbonio. La stabilità delle paraffine decresce all’aumentare del numero di atomi di carbonio (la formazione dell’etilene diviene infatti più facile all’aumentare del peso molecolare dell’idrocarburo di partenza e decresce la temperatura alla quale inizia il cracking). Le paraffine normali danno rese più elevate in olefine ed, eccetto che per l’etilene, tale resa aumenta al crescere del peso molecolare delle paraffine. Le singole paraffine da sole danno sempre modeste percentuali di prodotti più pesanti, mentre sono sempre elevate le percentuali di idrogeno e di metano (la formazione di quest’ultimo risulta favorita dalla sua elevata stabilità). La natura dei prodotti che si formano dipende da quella delle paraffine: quelle a catena normale danno rese maggiori in etilene, le isoparaffine danno idrogeno, metano e propilene in quantità tanto maggiore quanto più esse risultano ramificate perché i gruppi laterali si distaccano formando il metano e la resa diminuisce. Gli idrocarburi aromatici (la cui stabilità alle alte temperature è elevata) nelle condizioni di solito adottate subiscono un cracking limitato e quindi la loro presenza riduce la formazione di prodotti gassosi. Analogamente i nafteni alle temperature di cracking relativamente basse e per la presenza di forti quantità di paraffine, tendono a isomerizzare e deidrogenarsi ad aromatici. Ciò spiega l’opportunità di adottare cariche preventivamente trattate per allontanare i componenti meno desiderati (mediante distillazione frazionata od anche con altri sistemi). Quando l’etilene costituisce il principale prodotto richiesto, l’etano risulta la materia prima più adatta perché fornisce alte rese con bassi costi e con modesti investimenti. Con etano si possono ottenere rese globali di conversione in etilene dell’ordine dell’80%, con basse percentuali di coprodotti. Anche il propano rappresenta una fonte adatta per l’etilene perché il propilene, che si ottiene in maggiore quantità come coprodotto, costituisce una importante materia prima petrolchimica. Per il cracking del propano si possono usare gli stesi forni validi per l’etano. Nelle stesse condizioni di esercizio le rese di conversione sono più elevate ma è minore la quantità di etilene prodotto e divengono più complesse le operazioni di frazionamento dei prodotti di reazione. Uno dei vantaggi dell’impiego, come materia prima, di benzine anziché di frazioni gassose è rappresentato dalla maggiore varietà di prodotti secondari, dal diverso rapporto etilene/propilene ottenibile in funzione delle condizioni più o meno severe del cracking. Le benzine leggere, rispetto a quelle pesanti, contengono un maggior tenore di paraffine, specie quelle a basso punto di ebollizione, un minore contenuto di nafteni e di aromatici. La resa in etilene da benzine diminuisce, a parità di altri fattori, al diminuire del tenore di idrogeno della carica, cioè all’aumentare della sua densità: al diminuire del tenore di idrogeno i prodotti del cracking contengono idrogeno, metano, etilene, propilene e C4 in minore quantità, mentre aumenta il tenore di butadiene, di aromatici, di benzina di cracking e di olio residuo. Il gasolio è materia prima usata da tempo per la produzione di olefine, in passato però è stato sostituito da benzine per i vantaggi che queste presentano, ma data la maggiore disponibilità, si considera più conveniente della benzina, specie se il suo prezzo non supera il 70-80% di quest’ultima. Rispetto alle benzine i gasoli contengono più zolfo ed aromatici; questi ultimi, come già detto, producono meno etilene, più olio combustibile di cracking (utilizzabile come fonte di energia negli stessi impianti). Per cracking i gasoli forniscono meno olefine delle benzine e quindi, per aumentare la produzione di queste occorre aumentare la quantità di materia prima lavorata, ciò che richiede una maggiore capacità degli impianti di cracking. Inoltre la maggiore formazione di olio combustibile di cracking porta alla separazione di catrame e di coke che ostruisce i tubi dei forni. Tale inconveniente può esser ridotto adottando rapporti elevati vapore/idrocarburi o cambiando il tipo di forno. Tutto ciò porta ad una maggiorazione del costo degli impianti di cracking alimentati a gasolio rispeto a quelli per benzina.
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Olefine leggere Fattori del cracking: temperatura
Per quanto riguarda la temperatura: T basse favoriscono la rottura della catena nella zona centrale, T elevate determinano la rottura verso le estremità T elevate fanno aumentare la velocità di reazione che aumenta anche al diminuire del PM medio della carica T elevate favoriscono la produzione di etilene a spese del propilene e dei C4 ed incrementano la percentuale di CH4 e H2 A parità di altri fattori, ogni olefina presenta un optimum di T in cui la resa è massima Per questi motivi, quando si hanno cariche costituite da miscele di più idrocarburi, può essere conveniente un preventivo frazionamento Negli impianti moderni si lavora a T= °C con rese del 30% in olefine Temperatura A parità di altri fattori la resa per ogni olefina presenta un massimo in funzione della temperatura e questo massimo aumenta al diminuire del peso molecolare dell’olefina. Temperature relativamente basse di cracking favoriscono la rottura della catena dell’idrocarburo verso la zona centrale mentre temperature più alte favoriscono lo spostamento della rottura verso le estremità con produzione di olefine più corte. L’aumento di temperatura favorisce la velocità del cracking; questa è anche funzione del peso molecolare dell’idrocarburo, infatti l’energia di attivazione delle paraffine diminuisce al crescere del numero degli atomi di carbonio. Per questo quando si hanno miscele gassose di più componenti (etano, propano, butano) anziché inviarli tal quale ad un forno di cracking è preferibile sottoporli ad un preventivo frazionamento mandando le singole frazioni in altrettanti forni, così da poter adottare in ciascuno di essi le condizioni di temperatura, ecc. optimum proprie per il cracking dei singoli idrocarburi. Temperature più elevate favoriscono la produzione di etilene a spese della quantità di propilene e della frazione C4 ed incrementano la percentuale di metano ed idrogeno; temperature più elevate favoriscono anche la formazione di composti acetilenici. Nei primi processi si operava a °C ottenendo rese in olefine del 15-25% in peso rispetto alla carica. Successivamente si è passati a temperature via via più alte raggiungendo °C con rese del 30%. Oltre al valore massimo raggiunto dalla temperatura ha importanza anche la velocità con la quale avviene l’aumento, cioè il profilo delle temperature all’interno dei tubi. Un aumento troppo rapido porta a cattive rese in olefine poiché queste, formandosi rapidamente fin dall’inizio, hanno poi il tempo di polimerizzare nelle zone successive dei tubi; occorre invece provocare un aumento meno rapido nella prima parte dei tubi seguito da uno più rapido nelle zone successive.
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Olefine leggere Fattori del cracking: pressione
Nelle reazioni di cracking da una mole di partenza si formano più moli di prodotti Alte pressioni favoriscono la rottura verso il centro della catena di C Basse pressioni parziali favoriscono la resa in olefine Alte pressioni favoriscono le reazioni di polimerizzazione e condensazione Di solito si opera in modo che il gas in uscita dal forno abbia una pressione inferiore a 2 atm Pressione Poiché da una mole di idrocarburo si formano più moli di prodotti di cracking la reazione sarà favorita da pressioni per quanto possibile basse (compatibilmente con la velocità di circolazione della carica); inoltre le pressioni elevate favoriscono la rottura della paraffina verso il centro della catena (cosa che si desidera avare nel cracking di frazioni petrolifere pesanti per produrre quantità maggiori di prodotti liquidi anziché gassosi); mentre una bassa pressione parziale degli idrocarburi presenti favorisce la resa in olefine, un’alta pressione parziale favorisce reazioni di polimerizzazione e di condensazione. L’aumento della pressione, oltre che la resa, modifica anche la distribuzione dei prodotti del cracking. Al diminuire della pressione parziale degli idrocarburi aumenta sensibilmente il rapporto olefine/paraffine e diminuisce quello metano/etilene, ciò che rende più facile la separazione dei prodotti di reazione. Di solito si opera in modo che i gas all’uscita dei forni abbiano una pressione inferiore alle 2 atm. Per ridurre la pressione parziale degli idrocarburi si mescolano alla carica gas inerti, di solito si preferisce vapore che ha anche la funzione di ridurre la formazione di coke. Il rapporto in peso fra vapore e carica cresce col peso molecolare di questa passando dal valore per l’etano, a per le benzine, a per il gasolio.
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Olefine leggere Fattori del cracking: vapor d’acqua
Il vapore è introdotto nel forno di cracking insieme alla carica (Steam cracking) per: Abbassare la pressione parziale degli idrocarburi e, quindi, aumentare la resa e la selettività del processo verso la produzione di olefine Ridurre la formazione di coke (dovuta alla crackizzazione della carica) grazie alla reazione: C + H2O CO + H2 (equilibrio del gas d’acqua) Avere un effetto ossidante su alcuni elementi (Fe, Ni) che costituiscono le pareti dei tubi e che catalizzano le reazioni di formazione del coke: CnH2n+2 nC + (n+1)H2 Il vapore è introdotto in una percentuale variabile dal 20 al 100% della carica
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Olefine leggere Fattori del cracking: tempo di contatto
Tempi brevi favoriscono la selettività verso la produzione di olefine Tempi prolungati determinano una maggiore conversione della carica ma anche più sottoprodotti e più polimerizzazioni Oggi si lavora con tempi di contatto di sec. Questi tempi sono ottenibili grazie ai materiali dei tubi che consentono di lavorare con ΔT molto elevati Tempo di contatto Il tempo di permanenza alle alte temperature è di grande importanza; tempi brevi favoriscono elevate selettività mentre con l’aumentare del tempo di permanenza cresce il grado di conversione della carica, ma si favoriscono anche reazioni di formazione di sottoprodotti e reazioni di polimerizzazione con diminuzione del tenore dell’olefina desiderata. Da tempi di contatto di 1-2 sec, usati nei forni costruiti in passato, si è scesi in quelli più recenti a 0.5 ed anche 0.2 sec. E’ stato possibile raggiungere tempi di contatto così brevi perché coi materiali speciali a disposizione è stato consentito di aumentare le temperature esterne così da raggiungere nei gas all’uscita temperature anche di °C.
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Olefine leggere Forni per il cracking
Il calore può essere fornito in maniera diretta o indiretta (metodo più utilizzato perché più economico) Il calore deve essere fornito molto rapidamente ( kcal/h·m2) Ciò può essere fatto adottando salti termici molto elevati (materiale dei tubi: acciai speciali al Ni, Cr), aumentando la superficie di scambio dei tubi (riducendo il diametro), ponendo i tubi verticalmente al centro del forno coi bruciatori ai lati Forni per il cracking Un impianto di cracking ad olefine risulta sostanzialmente formato dalle seguenti parti: Forno di cracking Raffreddamento brusco (quenching) dei prodotti di cracking Frazionamento dei prodotti Nei vari processi di cracking il calore alla carica può essere fornito in maniera indiretta o diretta; il primo sistema è in pratica quello usato nella maggior parte dei casi. I primi forni per cracking per olefine erano costituiti da due camere sovrapposte, l’una radiante, contenente i serpentini di reazione, e l’altra convettiva, contenente i serpentini di preriscaldamento della carica e dell’acqua, per la generazione del vapore, e di surriscaldamento del vapore. Data la necessità di fornire un elevato calore di reazione ad alta temperatura realizzando tempi brevissimi di permanenza della carica nella zona radiante, occorre che un flusso termico elevato attraversi le pareti dei tubi ( kcal/h·m2) e quindi di poter disporre di elevati salti di temperatura. Nella zona radiante i tubi sono riscaldati da bruciatori che irradiano direttamente sui tubi; ciò porta a sottoporre questi a solecitazioni notevoli che possono essere sopportate solo da materiali particolari (acciai ad alto contenuto di Ni e Cr). La zona di convezione serve a preriscaldare la carica ed il vapore a temperatura per quanto possibile alta, e a preriscaldare l’acqua da vaporizzare. Più recentemente, per realizzare tempi di permanenza minori, si è dovuto ridurre le sezioni dei tubi e questi sono stati disposti al centro della camera radiante in modo da poter essere riscaldati da bruciatori posti ai lati. Nei tipi più recenti i tubi sono stati disposti verticalmente anziché orizzontalmente. In questi tipi di forni la lunghezza dei serpentini è minore e così pure il diametro interno dei tubi che sono in leghe speciali. Nei forni a riscaldamento diretto il calore viene fornito alla carica mediante contatto con un gas caldo (vapore) o con un materiale caldo solido (sfere refrattarie, granuli di sabbia o di coke) in strato fisso o fluidizzato. Questi tipi di forni sono più adatti per cariche pesanti perché in essi è più facile raggiungere temperature elevate e perché il coke che si deposita in maggiore quantità non costituisce un problema dato che può essere eliminato costantemente ed in maniera relativamente facile. Però tali forni sono di costruzione più complessa, richiedono sistemi di controllo onerosi, ecc.
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Olefine leggere Raffreddamento dei prodotti
Il raffreddamento deve essere il più rapido possibile per arrestare reazioni secondarie e di polimerizzazione delle olefine Esso si effettua in 3-4 fasi: Da °C (T di uscita dei gas dal forno) a °C in 0.1 sec in scambiatori da kcal/h·m2 Da °C a °C mediante iniezione diretta di olio a 125 °C Da °C a 100 °C mediante lavaggio con olio freddo Da 100 °C a temperatura ambiente mediante scambiatori ad aria o ad acqua Si recupera così il 50-60% del calore dei gas in uscita Raffreddamento I prodotti ottenuti dal cracking, qualunque sia il sistema seguito, devono essere raffreddati il più rapidamente possibile per arrestare possibili reazioni secondarie ed impedire la polimerizzazione delle olefine prodotte. Inizialmente i gas caldi uscenti dai forni di cracking venivano raffreddati per contatto diretto con acqua o con olio, perdendosi in tal modo la gran parte del calore sensibile di tali gas. Successivamente il raffreddamento si è fatto in due tempi, prima con iniezione di acqua fino ad una temperatura intermedia e poi con scambiatori in modo da recuperare parte del calore. In questi ultimi anni il problema del recupero del calore dei gas ha ricevuto sempre maggiore attenzione ed il raffreddamento avviene in più stadi successivi. Quello più importante è il primo nel quale i gas devono scendere dalla temperatura che hanno all’uscita dei forni di cracking ( °C) fino a °C in un tempo brevissimo, dell’ordine di 0.1 sec. Per questo sono stati sviluppati scambiatori capaci di asportare quantità di calore anche di kcal/h·m2. Il calore ceduto viene utilizzato per produrre vapore ad alta pressione. Il successivo raffreddamento da °C fino a temperatura ambiente viene di solito fatto in più stadi: prima, fin verso ’0 °C, spruzzando nei gas dell’olio alla temperatura di 125 °C, poi, fino a 100 °C, facendo passare i gas in una colonna di lavaggio sempre con olio ed infine portandoli a temperatura ambiente mediante refrigeranti ad aria o ad acqua. Il calore asportato dall’olio e dall’acqua viene utilizzato per preriscaldare sia la carica destinata ad essere crackizzata che l’acqua per la produzione del vapore. In questo modo si riesce a recuperare anche il % del calore sensibile trasportato dal gas.
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Olefine leggere Separazione dei prodotti
I prodotti ottenuti dal cracking contengono diversi componenti: olefine, diolefine, composti acetilenici, idrogeno, metano, etano, benzine e prodotti anche più pesanti, oltre ad impurità. Per separare questi componenti si possono seguire due strade: Assorbimento con solventi selettivi Raffreddamento, liquefazione e distillazione dei prodotti del cracking (metodo più utilizzato) Separazione dei prodotti I prodotti ottenuti coi vari tipi di cracking e dalle varie materie prime contengono, come detto, diversi componenti: olefine, diolefine, composti acetilenici, idrogeno, metano, etano, benzine e prodotti anche più pesanti, oltre ad alcune impurezze. Occorre separare questa massa di prodotti in frazioni contenenti ciascuna uno o pochi componenti. I sistemi che si possono seguire per questo frazionamento si basano sull’assorbimento con solventi selettivi, sull’assorbimento con carbone attivo, sulla condensazione per raffreddamento a bassa temperatura e successiva distillazione del liquido. Il sistema principale è quello della distillazione frazionata, spesso integrata con assorbimento in solventi selettivi. La possibilità di distillazione è legata all’esistenza di una sufficiente differenza di tensione di vapore fra i componenti da separare. Tenendo conto delle caratteristiche dei gas presenti, si vede che è necessario raggiungere temperature basse, ciò che richiede una forte spesa di refrigerazione e per ridurla si può operare sotto pressione, però un aumento di pressione riduce le differenze di tensione di vapore esistenti fra i vari componenti. Le basse temperature necessarie si possono realizzare per espansione e per refrigerazione in cascata, cioè con l’uso di una serie di fluidi refrigeranti scelti con punto di ebollizione gradualmente decrescente (ammoniaca, propano, propilene, etilene, metano). Qualunque sia il sistema che si adotta, prima del frazionamento occorre fare subire ai gas una depurazione per eliminare le impurezze capaci di interferire con le operazioni di separazione. Occorre in particolare eliminare le piccole quantità di idrogeno solforato (proveniente dagli eventuali composti solforati della carica), di anidride carbonica e di umidità. L’eliminazione di H2S e di CO2 si effettua trattando i gas con assorbenti alcalini (soluzioni di soda, di etanolammine, ecc.). L’umidità si asporta per assorbimento su allumina, gel di silice, glicol etilenico, ecc. Per il frazionamento si distinguono di solito due tipi di processi: Quelli che operano a pressioni maggiori (30-40 atm) in modo da non dover raggiungere temperature troppo basse (sono sufficienti -10/-20 °C); Quelli che invece operano a pressioni meno elevate (2-5 atm) ma che richiedono temperature più basse (-90/-100 °C) ottenibili con cicli frigoriferi concatenati, a propilene, etilene, metano.
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Olefine leggere Separazione dei prodotti
Il metodo della liquefazione e della successiva distillazione richiede il raggiungimento di temperature molto basse. Per ridurre le spese di refrigerazione si può operare sotto pressione, Per il frazionamento si hanno di solito due tipi di impianti: Impianti che operano a atm con T comprese tra -10 e -20 °C Impianti che operano a 2-5 atm e T tra -90 e -100 °C ottenute con cicli frigoriferi concatenati a propilene, etilene, metano Separazione dei prodotti I prodotti ottenuti coi vari tipi di cracking e dalle varie materie prime contengono, come detto, diversi componenti: olefine, diolefine, composti acetilenici, idrogeno, metano, etano, benzine e prodotti anche più pesanti, oltre ad alcune impurezze. Occorre separare questa massa di prodotti in frazioni contenenti ciascuna uno o pochi componenti. I sistemi che si possono seguire per questo frazionamento si basano sull’assorbimento con solventi selettivi, sull’assorbimento con carbone attivo, sulla condensazione per raffreddamento a bassa temperatura e successiva distillazione del liquido. Il sistema principale è quello della distillazione frazionata, spesso integrata con assorbimento in solventi selettivi. La possibilità di distillazione è legata all’esistenza di una sufficiente differenza di tensione di vapore fra i componenti da separare. Tenendo conto delle caratteristiche dei gas presenti, si vede che è necessario raggiungere temperature basse, ciò che richiede una forte spesa di refrigerazione e per ridurla si può operare sotto pressione, però un aumento di pressione riduce le differenze di tensione di vapore esistenti fra i vari componenti. Le basse temperature necessarie si possono realizzare per espansione e per refrigerazione in cascata, cioè con l’uso di una serie di fluidi refrigeranti scelti con punto di ebollizione gradualmente decrescente (ammoniaca, propano, propilene, etilene, metano). Qualunque sia il sistema che si adotta, prima del frazionamento occorre fare subire ai gas una depurazione per eliminare le impurezze capaci di interferire con le operazioni di separazione. Occorre in particolare eliminare le piccole quantità di idrogeno solforato (proveniente dagli eventuali composti solforati della carica), di anidride carbonica e di umidità. L’eliminazione di H2S e di CO2 si effettua trattando i gas con assorbenti alcalini (soluzioni di soda, di etanolammine, ecc.). L’umidità si asporta per assorbimento su allumina, gel di silice, glicol etilenico, ecc. Per il frazionamento si distinguono di solito due tipi di processi: Quelli che operano a pressioni maggiori (30-40 atm) in modo da non dover raggiungere temperature troppo basse (sono sufficienti -10/-20 °C); Quelli che invece operano a pressioni meno elevate (2-5 atm) ma che richiedono temperature più basse (-90/-100 °C) ottenibili con cicli frigoriferi concatenati, a propilene, etilene, metano.
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Olefine leggere Schema a blocchi
Lo schema a blocchi di un impianto per la produzione di etilene può essere così esemplificato: Prodotti di testa Condensazione Vapore Fumi Gas Carica Forno Refrigerazione Distillazione Compressione Olio combustibile Combustibile Sol. alcalina Benzina a riciclo Lavaggio Etano a riciclo IIIa Distillaz. Etilene H2S, CO2 C2 Disidrataz. H2 Incondensabili CH4,CO, H2 Idrogenazione C2 H2O C3, C4 IIa Distillaz. C2, C3, C4 Ia Distillaz. Refrigeraz. B.T.
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Olefine leggere Frazionamento C4
Una prima distillazione per rettifica divide il gruppo dei C4 in due frazioni: Isobutano Isobutene 1-butene 1,3-butadiene C4 n-butano 2-butene cis 2-butene trans
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Olefine leggere Frazionamento C4
I prodotti di testa della prima distillazione vengono sottoposti ad un‘ulteriore distillazione comune od estrattiva (acetonitrile CH3CN, acetone (CH3)2CO o furfurolo come solvente): Isobutano solvente Isobutano Isobutene 1-butene 1,3-butadiene Isobutene 1-butene solvente 1,3-butadiene
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Olefine leggere Frazionamento C4
Dopo recupero del solvente mediante rettifica comune, l’isobutene viene separato dagli altri alcheni (1-butene e butadiene) per reazione con H2SO4 1-butene + 1,3-butadiene H2SO4 Isobutene 1-butene 1,3-butadiene Solfato di terzbutile
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Olefine leggere Frazionamento C4
Il solfato di terzbutile per riscaldamento: in presenza di acqua rigenera l’acido solforico e dà isopropanolo come prodotto senz’acqua rigenera l’acido + l’isobutene di partenza
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Olefine leggere Frazionamento C4
L’1-butene e il butadiene (allo stato gassoso) si separano lavando il gas con una soluzione acquosa di acetato di cuprammonio nella quale il solo butadiene si scioglie formando un complesso solubile: 1-butene (CH3COO)2Cu(NH4)4 1-butene 1,3-butadiene Complesso acetato + butadiene allo strippaggio con H2O vapore
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Olefine leggere Produzione butadiene
Come visto, una certa quantità di butadiene si trova nei gas di cracking ad olefine con vapor d’acqua. Tuttavia la forte richiesta di questo idrocarburo, specialmente come monomero per gomme sintetiche, determina una produzione propria rilevante. Alcuni sistemi utilizzati in passato sono entrati ormai nella storia della chimica industriale. Essi erano: Butadiene da alcool etilico, costituito a sua volta da: Processo all’acetaldeide Processo Lebedew o diretto Butadiene da acetilene, ottenuto con tre procedimenti Processo a quattro stadi, via aldolo Processo Reppe, via butindolo Processo ENI, via alcol etilico
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Olefine leggere Butadiene da alcool etilico
Processo all’acetaldeide Processo Lebedew Queste reazioni sono catalizzate da ossidi di silicio, magnesio, tantalio, cromo a 400 °C
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Olefine leggere Butadiene da acetilene
Processo a quattro stadi Processo Reppe Processo ENI +2H2O +KOH +H2 -H2O aldolo 1,3-butilenglicole +2HCHO +2H2 -2H2O butindiolo 1,4-butilenglicole +2H2O +2H2 -2H2O
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Olefine leggere Butadiene da butano ed 1-butene
Attualmente l’industria chimica è orientata soprattutto verso la deidrogenazione del butano o dell’1-butene: Le deidrogenazioni sono termodinamicamente favorire a temperatura elevata. Per la trasformazione butano 1-butene la T deve essere > 600 °C, per la quella 1-butene butadiene la T deve essere > 800 °C. La deidrogenazione diretta da butano a butadiene è favorita al di sopra di 700 °C. In pratica si lavora a °C per limitare il cracking termico. -H2 -H2
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Olefine leggere Butadiene da buteni
Per questa reazione sono idonei solo gli n-buteni, cioè 1-butene e 2-butene, che quindi dovranno separarsi dagli altri isomeri coi metodi già visti. Pressione. La reazione avviene con aumento di volume e quindi è favorita da bassa pressione. In pratica si lavora a atm con un forte quantitativo di vapor d’acqua che abbassa ulteriormente la pressione parziale dei reagenti (favorendo la deidrogenazione). Il vapore inoltre riduce la tendenza del butadiene a polimerizzare, serve ad apportare il calore per la reazione endotermica, riduce la formazione del coke e quindi la necessità di rigenerare il catalizzatore. Tempo di contatto. Un maggior tempo di contatto fa aumentare l’entità della deidrogenazione, ma anche quella del cracking termico e della polimerizzazione. Catalizzatori. Si impiegano il fosfato di calcio e nichel (cat. Dow), ossidi di magnesio e ferro (cat. Esso), ossido di cromo su allumina (cat. Phillips). Rese. Le rese di conversione si aggirano sul 30-55%.
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Olefine leggere Butadiene da butano
Attualmente i processi industriali lavorano in un solo stadio, compiendo cioè la deidrogenazione diretta da butano a butadiene. Per la temperatura valgono le considerazioni già fatte. Il catalizzatore è allumina attivata, impregnata col 18-20% i Cr2O3. Il catalizzatore non sopporta il vapore d’acqua, perciò si lavora a bassa pressione ( atm). Inoltre occorre eliminare le particelle carboniose che in queste condizioni sono inevitabili. Il processo, pertanto si sviluppa in 3 fasi: Reazione (9 min). Il butano, alla T e P di reazione, entra nel reattore dove subisce la deidrogenazione; si verifica anche cracking con sviluppo di idrocarburi leggeri e coke. Riattivazione (9 min). Si interrompe la carica e si immette aria che brucia il coke riattivando il catalizzatore. Spurgo (1 min). Si interrompe l’immissione di aria e si inietta una corrente di vapore che asporta tutte le sostanze rimaste.
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Olefine leggere Butadiene da butano
L’impianto può essere così schematizzato. La carica (n-butano da gas naturale, 1-butene, 2-butene e n-butano da gas di raffineria) si preriscalda in uno scambiatore a spese dell’olio di quenching. Viene poi portata alla T di reazione nel forno. Segue la serie di reattori (3 o multipli di 3 in modo da avere un funzionamento continuo). I gas reagiti passano nella torre di raffreddamento (quench) dove vengono raffreddati con olio minerale che lavora in ciclo chiuso e quindi nell’assorbitore a nafta da dove gli idrocarburi più leggeri escono dalla testa. La frazione C4, assorbita, va allo stripping con vapor d’acqua e quindi all’impianto di estrazione del butadiene con acetato di cuprammonio. Il butano ed i buteni non convertiti riciclano.
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Olefine leggere Butadiene da butano
Carica: n-butano, buteni Preriscaldamento Forno Reattore 1 Reattore 2 Reattore 3 Olio minerale Quench Compressione Gas: CH4, H2, CO Assorbimento Strippaggio C4 a frazionamento nafta H2O vap
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