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ITALIANO EPICA Iliade.

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Presentazione sul tema: "ITALIANO EPICA Iliade."— Transcript della presentazione:

1 ITALIANO EPICA Iliade

2 LA MORTE DI PATROCLO Dall’8° libro, le sorti della guerra volgono a favore dei troiani, come Achille aveva previsto durante il suo litigio con Agamennone. Zeus, come promesso a Teti, appoggia i Troiani sventando i tentativi di Era e Atena di assicurare la vittoria agli Achei. Nei libri 9° 10° proseguono le battaglie i duelli e dEttore diviene semprte più sicuro si sé e baldanzoso. Il momento è veramente critico per gli Achei, ma Achille continua a rifiutarsi di rientrarte in battaglia; cede solo all’insistenza dell’amico Patroclo, consentendogli di portare i Mirmidoni a combattere sotto la sua guida. Ottiene, inoltre, di poter indossare le armi di Achille in modo che i Troiani si spaventino all’idea di doversi misurare nuovamente con il più forte degli eroi greci. Inizialmente le gesta di Patroclo sono vittoriose, uccide il licio Sarpedone, figlio di Zeus, ma quando il dio Apollo lo disarma e lo priva di ogni vigore, sopraggiunge anche per lui la morte.

3 LA MORTE DI PATROCLO ILIADE 16° libro
E Patroclo si slanciò sui Troiani meditando rovina, Si slanciò per tre volte, simile ad Ares ardente, pauorsamente gridando: tre volte ammazzò nove uomini. Ma quando alla quarta balzò, che un nume pareva, allora, Patroclo, apparve la fine della tua vita: Fedo gli mosse incontro nella mischia selvaggia, tremendo, ed egli non lo vide venire in mezzo al tumulto; gli venne incontro nascosto di molta nebbia. E dietro gli si fermò, colpì la schiena e le larghe spalle con la mano distesa: a Patroclo girarono gli occhi. Patroclo si lanciò contro i Troiani pensando di sterminarli, e vi si buttò contro per tre volte, simile ad Ares, figlio di Zeus e di Era e dio della guerra, gridando tanto che incuteva paura: per tre volte lo fece ed ammazzò 9 uomini (3 e 9 hanno un valore sacrale). Ma quando si preparò a lanciarsi per la quarta volta, balzando simile ad un dio, a Patroclo apparve la fine della sua vita: gli si fece incontro Apollo nella mischia selvaggia, tremando, ma agli non o vide perché era nascosto da molta nebbia. Si fermò dietro a Patroclo e lo colpì alle spalle e sulla schiena: e Patroclo svenne, colpito a morte.

4 E Apollo gli fece cadere l’elmo giù dalla testa:l’elmo con la visiera abbassata risuonò rotolando sotto agli zoccoli dei cavalli e si sporcarono di sangue e polvere i pennacchi, ciuffi di penne usat come ornamenti sugli elmi: mai prima di allora l’elmo si era sporcato di polvere, poiché preoteggeva il capo e la fronte della testa divina di Achille: ma allora Zeus lo donò ad Ettore da portare in capo: ma gli era vicina al morte, poiché chiunque indossi l’elmo di Achille sembra destinato a morire: Patroclo, Ettore e poi lo stesso Achille. In mano di Patroclo si spezzò l’asta a punta di Achille pesante, solida e grossa: gli cadde dalle spalle la cinghia di cuoio che reggeva lo scudo e gli si slacciò la corazza il dio Apollo, figlio di Zeus. Un capogiro lo stordì, il suo corpo di afflosciò, si fermò esterrefatto, stupito: dietro alla schiena aveva l’asta appuntita conficcata tra le spalle, ma un eroe troiano (Dardano era figlio di Zeus e della ninfa Eletra, capostipite dei troiani), Euforbo, valoroso eroe troiano figlio di Pantoo e di Frontide, sarà ucciso da Menelao, che primeggiava sui suoi coetanei per l’abilità con l’asta e per i cavalli e per la sua velocità; gettò a terra dai cavalli venti guerrieri quando giunse con il suo cocchio, carro a due ruote trainato da cavalli, sul campo di battaglia la prima volta. E Febo Apollo gli fece cadere l’elmo giù dalla testa: sonò rotolando sotto gli zoccoli dei cavalli l’elmo a visiera abbassata, si sporcarono i pennacchi di sangue e polvere: mai prima era stato possibile che il casco chiomato si sporcasse di polvere, ché d’un uomo divino la bella fronte e la testa proteggeva, d’Achille: ma allora Zeus lo donò a Ettore, da portare sul capo: e gli era vicina la morte. Tutta in mano di Patroclo si spezzò l’asta ombra lunga, greve, solida, grossa, armata di punta: e dalle spalle con la sua cinghia di cuoio cadde per terra lo scudo, gli slacciò la corazza il sire Apollo, figlio di Zeus. Una vertigine gli tolse la mente, le membra belle si sciolsero, si fermò esterrefatto: e dietro la schiena con l’asta aguzza in mezzo alle spalle, dappresso, un eroe dardano lo colpì, Euforbo di Pàntoo che sui coetanei brillava per l’asta, per i cavalli e per i piedi veloci; venti guerrieri gettò giù dai cavalli appena giunse col cocchio a imparare la guerra.

5 Rimbombò stramazzando, e straziò il cuore all’esercito acheo.
Euforbo per primo ti lanciò l’asta (si rivolge Omero all’eroe Patroclo), ma non ti uccise e corse indietro nella mischia dopo aver strappato l’asta di faggio: non fu in grado di affrontare Patroclo, anche se ormai privo di armi nella battaglia. Ma Patroclo ferito a morte dal colpo inferto da Apollo, si ritirò tra i suoi compagni cercando di evitare il destino (Chera divinità femminile simbolo del destino). Ma Ettore, quando vide che Patroclo si ritirave, ferito dalla punta di bronzo dall’asta, gli balzò contro tra le schiere dei suoi compagni e lo colpì con l’asta al basso ventre. Rimbombò cadendo a terra e si spezzò il cuore ai soldati dell’esercito acheo. Come quando un leone vince in una battaglia un cinghiale indomabile, - i due eroi hanno combattuto superbamente sui monti per una piccola sorgente d’acqua: poiché volevano bere entrambi - ma infine il leone con la sua forza vince il nemico che respira affannosamente; così Patroclo figlio di Menezio, che uccise molti uomini, fu uccisi da Ettore, figlio di Priamo, con la sua asta e gli disse vantandosi delle parola veloci: Questi per primo a te lanciò l’asta, Patroclo cavaliere, ma non t’uccise, e corse indietro e si mischiò tra la folla, strappata l’asta di faggio: non seppe affrontare Patroclo, benché nudo, nella carneficina. Ma Patroclo vinto dal colpo del dio e dell’asta, fra i compagni si trasse evitando la Chera. Ettore, come vide il magnanimo Patroclo tirarsi indietro, ferito dal bronzo puntuto, gli balzò addosso in mezzo alle file, lo colpì d’asta al basso ventre: lo trapassò col bronzo. Rimbombò stramazzando, e straziò il cuore all’esercito acheo. Come quando un leone vince in battaglia un cinghiale indomabile, - essi superbamente han combattuto sui monti per una piccola polla: volevano bere entrambi - e infine con la sua forza il leone vince l’altro che rantola; così il Meneziale, che già molti ammazzò, Ettore figlio di Priamo privò della vita con l’asta, e gli disse vatandosi parole fuggenti:

6 - Patroclo, tu speravi d’abbatere la nostra città, e alle donne troiane togliendo libero giorno, condurle sopra le navi alla tua terra patria, stolto! Per esse i veloci cavalli d’Ettore si tendono sopra i garretti a combattere: io con l’asta eccello fra i Teucri amanti di guerra: e così li difendo dal giorno fatale; ma te qui gli avvoltoi mangeranno. Pazzo! Achille, per forte che tu sia, non ti potrà protggere, egli che, forse, restando, a te che partivi raccomandò molte cose: “O Patroclo cavaliere, non mi tornare davanti, alle concave navi, prima che d’Ettore massacratore l’insanguinata tunica intorno al petto tu stracci”. Così, certo, ti disse, stolto, e persuase il tuo cuore. E tu rispondesti, sfinito, Patroclo cavaliere:- Si, Ettore, adesso vantati: a te hannpo dato vittoria Zeus Cronide e Apollo, che m’abbatterono facilmente: - Patroclo, tu speravi di abbattere la nostra città e rendere schiave le nostre donne, e condurle con le tue navi verso la tua patria, stolto! Per difendere le nostre donne i miei veloci cavalli si tendono sulle articolazioni degli arti posteriori nel combattimento: io con l’asta eccello tra i Troiani, amanti della guerra: così li difendo dalla morte; me te, invece, qui ti mangeranno gli avvoltoi. Pazzo! Achille, per forte che sia, non ti potrà proteggere, proprio lui che, mentre partivi per la battaglia ti raccomandò forse molte cose: “O Patroclo, non ritornare in patria sulle navi, prima di aver ucciso Ettore massacratore”. Così ti dosse di certo e ti persuase a combattere. E tu rispondesti Patroclo sfinito: “Si Ettore, adesso vanatti: ti hanno fatto vincere Zeus figlio di Crono e Apollo, che mi vinsero facilmente ( non mi hai ucciso tu, ma degli dei!)

7 Essi l’armi dalle spalle mi tolsero.
Se anche venti guerrieri come te m’assalivano, tutti perivano qui, vinti dalla mia lancia; me uccise destino fatale e il figliuolo di Latona, e tra gli uomini Euforbo: tu m’uccidi per terzo. Altro ti voglio dire e tientelo in mente: davvero tu non andrai molto lontano, ma ecco ti s’appressa la morte e il destino invincibile: cadrai per mano d’Achille, dell’Eacide perfetto. Mentre parlava così la morte l’avvolse, la vita volò via dalle membra e scese nell’Ade, piangendo il suo destino, lasciando la giovinezza e il vigore. Al morto Ettore luminoso rispose: - Patroclo, perché mi predici abisso e morte? Chi sa se Achille figlio di Teti chioma bella non mi preceda nel perder la vita, colto dalla mia lancia? Essi mi hanno tolto le armi dalle spalle. Ma se anche venti guerrieri come te mi avessero assalito, li averi uccisi tutti con la mia lancia; invece, mi hanno ucciso il destino fatale, e Apollo, figlio di Latona, e tra gli uomini Euforbo e tu mi uccidesti solo per terzo. Ma ti voglio dire un’altra cosa che devi ricordare: davvero non andrai molto lontano, perché ti si avvicina la morte ed il tuo destino ineluttabile: cadrai per mano di Achille, discendente di Eaco, padre di Peleo e nonno di Achille. Ma manetre parlava così lo avvolse la morte, la sua vita volò via dal suo corpo e scese all’Ade, regno dei morti, piangendo il suo destino, lasciando la giovinezza ed il vigore. Al morto Patroclo Ettore rispose: - Perché mi predici la morte? Chi può sapere se Achille, figlio di Teti bella chioma, mi precederà nella morte, magari ucciso dalla mia lancia?

8 Dicendo così, l’asta di bronzo dalla ferita strappò, premendo col piede, lo rovesciò supino.
Subito con l’asta si gettò su Automedonte lo scudiero divino del piede rapido Eacide: bramava colpirlo, ma lo trascinarono via i cavalli veloci, immortali, che a Peleo diedero i numi, dono stupendo. Dicendo così, estrasse l’asta di bronzo dalla ferita premendo con il piede il corpo del povero Patroclo lo rovesciò supino. Subito si getto con l’asta contro Automedonte, scudiero divino di Achille: desiderava colpirlo, ma fu portato via dai cavalli veloci e immortali che gli furono regalati dagli dei, dono stupendo.

9 IL DOLORE DI ACHILLE E TETI
Antiloco, figlio di Nestore, annuncia ad Achille la morte di Patroclo. Forte è il dolore dell’eroe, le sue urla giungono fino agli abissi del mare, dova la madre Teti, con le sue compagne ninfe, si unisce al compianto. Teti raggiunge il figlio nel tentativo di confortarlo.

10 IL DOLORE DI ACHILLE E TETI
E Achille piengeva e singhiozzava: gli si avvicinò la madree con un pianto forte prese la testa del figlio e gli disse parole fugaci (perché volano via e si disperdono nell’aria): - Creatura mia perché piangi? Quale strazio ti ha colpito il cuore? Parla, non nasconderti! Ti è stato arrecato da Zeus, così come tu stesso hai voluto alzando le mani al cielo (Zeus ha esaudito le tue preghiere, dopo l’offesa ricevuta da Agamennone, Teti aveva ottenuto che Zeus esaudisse il tuo desiderio) : Achille hai desiderato che gli Achei fossero sconfitti e messi in fuga, bisognosi del tuo aiuto e che soffrissero in modo enorme e indegno. Ma con una gemito triste Achille le disse: - Madre mia, si questo me l’ha fatto Zeus; ma che piacere posso provare io, adesso che è morto il mio amico Patroclo, quello che più di tutti onoravo, alla pari di me stesso? O ra l’ho perduto! Ettore l’ha ucciso e lo ha spogliato delle armi grandiose, che fanno meraviflia a vederle per la loro bellezza; E Achille singhiozzava: s’avvicinò la madre augusta, e con lamento acuto prese la testa del figlio e disse piangendo parole fugaci: - Creatura perché piangi? Che strazio ha colto il tuo cuore? Parla, non lo nascondere! Poiché t’è stato fatto da Zeus come hai pregato, levando le mani: che tutti presso le poppe fuggissero i figli degli Achei, bisognosi di te, soffrissero casi indegni. Ma con un gemito grave le disse Achille piede rapido: - Madre mia, sì, questo me l’ha fatto il Cronide; ma che dolcezza è per me, s’è morto il mio amico, Patroclo, quello che sopra tutti i compagni onoravo, anzi alla pari di me? L’ho perduto! Ed Ettore che l’ha ucciso l’armi giganti ha spogliato, meraviglia a vederle, bellissime;

11 Teti allora versando lacrime disse:
I numi a Peleo l’avevano date, nobile dono, il giorno che te fecero entrare nel letto d’un uomo mortale. Oh, era meglio che tu restassi fra le immortali del mare e Peleo conducesse una sposa mortale. Ora anche per te sarà strazio infinito nel cuore, ucciso il figlio, e non lo potrai riabbracciare tornato in patria, perché il cuore non mi spinge a vivere, a stare fra gli uomini, s’Ettore prima non perda la vita, colto dalla mia lancia, l’uccisione non paghi del Meneziade Patroclo. Teti allora versando lacrime disse: - Ah! Sei vicino alla morte, creatura; come mi parli. Subito dopo Ettore t’è preparata la Moira. Ma con gemito grave rispose Achille piede rapido: Gli dei le avevano date a Peleo, nobile dono, il giorno che ti indussero a sposare un mortale. (Teti aveva sposato suo malgrado Peleo, solo per ubbidire alla volontà di Zeus). Era meglio che tu restassi fra le ninfe immortali del nare e Peleo si sposasse una mortale (Peleo avrebbe avuto un figlio dal destino simile a quallo di tuti gli altri uomini. Non come Achille, nato dalla loro unione e destinato alla gloria ma anche ad una morte prematura). Ora anche tu sarai presto straziata dal dolore, quando ti sarà ucciso il figlio (Achille) e non lo potrai riabbracciare quando ritornerà in patria, perché il mio cuore non mi spinge a vivere, a rimanere fra gli uomini se Ettore prima non riuscirà ad uccidere con la mia lancia, facendogli pagare l’auccisione di Patroclo. Teti allora piangendo disse: - Ah! Sei prossimo alla morte, creatura; come mi parli. Subito dopo Ettore Achille morirai anche tu, come è tuo destino- Moira (Teti sa che la decisione di Achille di vendicare l’amico Patroclo lo condurrà alla morte). Ma con un genito pesante Achille le rispose:

12 - Potessi morire anche adesso, poiché era destino che non potessi aiutare il mio amico nel monento della morte; è moro molto lontano dalla patria; e io gli sono mancato come aiuto e difesa dalla morte. E ora, che so che non farò più ritorno in patria, che non sono stato in grado di difendere Patroclo e gli altri numerosi compagni che il glorioso Ettore ha ucciso e me ne stavo presso le navi, inattivo e inutile mentre gli altri morivano, io che, quanto a valore guerresco, supero tutti gli altri Achei dalla corazza di bronzo. Finisca la lite che c’è tra dei e uomini e l’ira che si impadronisce dell’uomo e gli riesce più gradita del miele (spinge ad arrabbiarsi anche il più saggio fra gli uomini) e cresce nel suo petto sino ad eccecarlo come il fumo nero. (Achille si rende conto dell’origine di un così grande lutto è la sua contesa con Agamennone, nata dall’ira e dal suo desiderio di vendetta). - Potessi morire anche adesso, poiché non dovevo all’amico portar soccorso in morte; molto lontano dalla patria è morto; e io gli sono mancato, difensore dal male. E ora, che in patria non devo tornare mai più, che non fui luce per Patroclo, né pei compagni, per gli altri, molti son stati uccisi da Ettore luminoso, siedo qui presso le navi, inutile peso della terra, io che son forte quanto nessuno dei Danai chitoni di bronzo in guerra. Altri son migliori in consiglio. Oh! Perisca la lite fra i numi e fra gli uomini, e l’ira, che spinge a infuriarsi anche il più saggio e molto più dolce del miele stillante cresce nel petto dell’uomo, come fumo; così ora m’indusse all’ira il sire di genti Agamennone.

13 Ma quel che è stato lasciamolo andare, per quanto dolenti, vincendo a forza il cuore nel petto.Ora del caro capo voglio cercar l’uccisore, Ettore; la Chera io pure l’accoglierò, quando Zeus vorrà compierla e gli altri numi immortali. Ciò che è stato lasciamo che sia, per quanto tristi e addolorati, vincendo i sentimenti che si agitano nel mio cuore. Ora voglio cercare l’assassino del mio caro amico Patroclo, Ettore; io pure accoglierò il mio destino, quando Zeus e le altre divinità vorranno che si compia.

14 IL RISCATTO DEL CORPO DI ETTORE
Entrò non visto il gran Priamo, e standogli accanto strinse fra le sue mani i ginocchi d’Achille, baciò quella mano tremenda, omicida, che molti figliuoli gli uccise. Come quando grave colpa ha travolto un uomo, che, ucciso in patria qualcuno fugge in altro paese, in casa d’un ricco, stupore afferra i presenti; così Achille stupì, vedendo Piamo simile ai numi, e anche gli altri stupirono e si guardarono in faccia. Ma Priamo prendendo a pregare gli disse parola: Il grande Priamo senza essere visto entrò nella tenda di Achille, si avvicinò a lui stringendo le sue ginocchia fra le sue mani e poi bacia le mani di Achille che gli aveva ucciso tanti suoi figli. come quando un uomo preso da una grave colpa fugge in un altro paese per farsi proteggere da qualcuno e il suo arrivo stupisce i presenti; Così Achille si stupì vedendo Priamo grande come gli dei e anche gli altri si stupirono. Ma Priamo riprese a pregare e disse:

15 - Pensa al tuo padre, Achille pari agli dei, coetaneo mio, come me sulla soglia tetra della vecchiaia, e lo tormentano forse i vicini, standogli intorno, perché non c’è nessuno che il danno e il male allontani. Pure sentendo dire che tu ancora sei vivo, gode in cuore, e spera ogni giorno di vedere il figliuolo tornare da Troia. Ma io sono infelice del tutto, che generai forti figli nell’ampia Troia, e non me ne resta nessuno. Pensa a tuo padre o Achille che è simile agli dei , mio coetaneo, sulla soglia della tetra vecchiaia e forse la gente che gli sta attorno lo tormenta perché nessuno è capace di levare il male da te che sei suo figlio. Achille è destinato a morire. Sentendo dire che sei ancora vivo è molto contento e ogni giorno spera di vederti tornare dalla guerra di Troia. Ma io sono infelice più di tutti perché nonostante avessi generato tanti figli non ne ho più nessuno, sono tutti morti.

16 Cinquanta ne avevo quando vennero i figli dei Danai, e diciannove venivano tutti da un seno, gli altri altre donne me li partorirono in casa: ma Ares furente ha sciolto i ginocchi di molti, e quello che solo restava, che proteggeva la rocca e la gente, tu ieri l’hai ucciso, mentre per la sua patria lottava, Ettore… Per lui vengo ora alle navi dei Danai, per riscattarlo da te, ti porto doni infinti. Io avevo 50 figli quando gli Achei vennero qui a combattere, 19 erano di Ecuba gli altri di altre donne che avevo in casa ma Ares ha fatto in modo che molti morissero e quello che restava unico solo è stato ucciso da te giorni fa mentre lottava per la sua patria. Adesso vengo presso le navi degli Achei, per poterlo riscattare e a te ti offro grandi doni.

17 Achille, rispetta i numi, abbi pietà di me, pensando al padre tuo: ma io son più misero, ho patito quanto nessun altro mortale, portare alla bocca la mano dell’uomo che ha ucciso i miei figli! Disse così, e gli fece nascere brama di piangere il padre: allora gli prese la mano e scostò piano il vecchio; entrambi pensavano e uno piangeva il padre, e ogni tanto anche Patroclo; s’alzava per la dimora quel pianto. O Achille rispetta la volontà degli dei (che sia sepolto), abbi pietà di me, pensa a tuo padre. Io sono ben più misero di tuo padre e ora voglio baciare la mano di quell’uomo che ha ucciso tutti i miei figli. Queste parole fecero nascere il desiderio di piangere ad Achille, che prese le mani del vecchio e lo spostò di poco, entrambi pensavano e piangevano e Achille piangeva per suo padre e per Patroclo; per la tenda si alzava il pianto doloroso.

18 Ma quando Achille glorioso si fu goduto i singhiozzi, passò dal cuore e dalle membra la brama, s’alzò dal seggio a un tratto e rialzò il vecchio per mano, commiserando la testa canuta, il mento canuto, e volgendosi a lui parlò parole fugaci: Ah misero, quanti mali hai patito nel cuore! E come hai potuto alle navi dei Danai venire solo, sotto gli occhi d’un uomo che molti e gagliardi figliuoli t’ha ucciso? Tu hai cuore di ferro. Ma via, ora siediti sul seggio e i dolori lasciamoli dentro nell’animo, per quanto afflitti: Nessun guadagno si trova nel gelido pinto. Ma quando Achille si fu sfogato dal pianto si alzò dalla sedia prese il vecchio per mano, lo fece alzare avendo compassione della testa e della sua barba bianca e rivolgendosi a lui disse: - o povero, quanto dolore hai dovuto patire, come hai potuto venire qui da solo alle navi dei Danai, alla presenza di quell’uomo che ha ucciso tutti i tuoi figli? Hai un grande coraggio. Ma via ora siediti e lasciamo perdere i nostri dolori per quanto siano grandi non pensiamoci. Non si guadagna niente dal pianto.

19 Gli dei filarono questo per i mortali infelici: vivere nell’amarezza: essi invece son senza pene.
Due vasi son piantati sulla soglia di Zeus, dei doni chedà, dei cattivi uno e l’altro dei buoni. A chi mescolando ne dia Zeus che getta le folgori, incontra a volte un male e altre volte un bene; ma chi dà solo dei tristi, lo fa disprezzato, e mala fame lo insegue per la terra divina, va errando senza onore né dagli dei né dagli uomini. Gli dei decretarono (le Moire che filano la vita dell’uomo decidendone il destino e il momento della morte) per i mortali infelici questo: vivere nell’amarezza. Essi invece vivono felici. Due vasi sono piantati sulla torre di Zeus, pieni di doni che egli dà. Uno contiene dei doni buoni, uno dei doni cattivi. Ma a chi dà solo il male lo rende disprezzato e lo rende sempre affamato di bene.

20 Così a Peleo doni magnifici fecero i numi fin dalla nascita; splendeva su titti i mortali per beata ricchezza; regnava sopra i Mirmidoni, e benché fosse mortale gli fecero sposa una dea. Ma col bene, anche un male gli diede il dio, che non ebbe nel suo palazzo stirpe di figli nati a regnare, un figlio solo ha generato, che morrà presto: e io non posso aver cura del vecchio perché lontano dalla mia patria qui in Troia siedo, a te dando pene e ai tuoi figli. Così successe a Peleo, che ebbe doni magnifici fin dalla nascita, era re dei Mirmidoni e, benché fosse un mortale, gli dei vollero dare una dea in moglie (Teti, la Nereide madre di Achille). Ma insieme a quei beni Zeus gli diede anche un male: poiché ebbe un solo figlio, Achille, e nessun altro a cui lasciare il regno, e questo figlio è destinato a morire: e continuo a dare dei dolori a te e ai tuoi figli.

21 E anche tu, vecchio - sappiamo - fosti felice prima: quanto paese di sopra limita Lesbo, la sede di Macaro, e di sotto la Frigia e lo sconfinato Ellesponto, su tutti, raccontano, o vecchio, per figli del cielo ti diedero, sempre battaglie vi sono intorno alla rocca e stragi d’uomini. Sopporta, dunque, e non gemere senza posa nel cuore: nulla otterrai piangendo il figlio, non lo farai rivivere, potrai piuttosto patire altri mali. E anche tu o vecchio prima fosti molto felice, avevi un paese sconfinato, l’isola di Lesto, la Frigia, l’Ellesponto e tu eri superiore a tutti sia per i figli che per le ricchezze. Da quando invece gli dei hanno deciso di darti dei mali continuarono a combinare delle battaglie intorno a te. E non piangere più sopporta quello che ti è stato assegnato dagli dei, non ti serve piangere tuo figlio, lui non tornerà e potrai solo piangere altri dolori.

22 E il vecchio Priamo pari ai numi rispose:
- Non farni sedere sul seggio, figlio di Zeus, finché senza cure Ettore giace straziato nella tua tenda, ma subito rendimelo, che possa vederlo: e accetta il riscatto abbondante che porto: e tu possa goderne, e tornare nella tua patria terra, tu che mi lasci vivere ancora, veder la luce del sole. Il vecchio Priamo, pari agli dei rispose: - Non farmi accomodare prima di avermi restituito il corpo di mio figlio, ma rendimelo subito in maniera che possa vederlo e accetta il grande riscatto che ti ho portato: e che tu possa tornare nella tua terra, proprio tu che mi lasci ancora vivere e vedere la luce del sole.


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