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Legno e ferro: l’oro dei monti.

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Presentazione sul tema: "Legno e ferro: l’oro dei monti."— Transcript della presentazione:

1 Legno e ferro: l’oro dei monti.
f. meneghetti 2012 . Versione leggera con immagini ridotte al minimo Un caso di sfruttamento da parte di Venezia delle risorse di un ambiente povero

2 Introduzione Questa storia inizia in un pezzo della montagna bellunese. Il centro si trova nella Val Fiorentina, (capoluogo: Selva di Cadore) ad ovest del Pelmo. Lo scopo è: mettere in relazione l’ambiente naturale con quello antropico (e relative vicende storiche, dal M. Evo fino all’età moderna), e con aspetti tecnologici. Nello studio di questo caso si possono ricavare dei modelli, esportabili in altri casi. f. meneghetti 2012

3 Le risorse naturali delle zone montuose
Acque forza motrice Boschi legname Pascoli allevamento Minerali f. meneghetti 2012

4 Insediamento umano Acque Pascoli e possibilità di caccia
Pro Contro Acque Pascoli e possibilità di caccia Sfruttamento bosco (legna, per abitazioni e combustione, frutti di bosco, funghi) Via fluviale (anche per comunicazioni terrestri) Scarsi terreni per agricoltura (pochi cereali) Clima più rigido Isolamento nei mesi invernali f. meneghetti 2012 E’ un ambiente meno ospitale della pianura (la quale però presentava altre insidie, quali fiumi da attraversare, e alluvioni).

5 Gli insediamenti ALPINI Più ANTICHI. Il caso di Ötzi o Oetzi
Sin da Mesolitico cacciatori dell’alta pianura, dopo il disgelo, risalivano i fiumi e aprivano piste tra i monti per la caccia, oppure valicavano le Alpi attraverso i passaggi più facili. Questo è forse il caso, assai noto, di Oetzi In Val Senales, a quasi 3000 metri di quota, è stato rinvenuto il corpo di un uomo, risalente ad un'epoca compresa tra il 3300 e il 3200 a.C. (età del rame). Era un cacciatore. f. meneghetti 2012

6 L’uomo di Mondeval L’uomo di Mondeval , ritrovato nei pascoli sopra la Val Fiorentina) nel 1985 : è ancora più vecchio. La sua è l'unica sepoltura del mesolitico* di alta quota (2.150 m.).. f. meneghetti 2012 * tra il paleolitico e il neolitico, prima dell’età del rame (c.a a:C.)

7 Eta’ Romana e Alto medievale
Selva apparteneva al Municipium romano di Julium Carnicum: una prova viene da iscrizioni rupestri del monte Civetta e zone limitrofe. Tutta la Val Fiorentina, con l’alta val di Zoldo (a sud- est del Pelmo) erano destinate allo sfruttamento dei pascoli da parte dei contadini del Cadore (valle del Piave; il nome “Cadore” è di origine celtica). Essi raggiungevano quest’area attraverso un sentiero che sfiora il Pelmo (forcella Forada). E’ opportuna a questo punto una breve parentesi sulle comunicazioni. f. meneghetti 2012

8 I cadorini si insediano in val fiorentina
Verso il 1000 d.C. si è intensifica la presenza dell'uomo: non soltanto più cacciatori e pastori nei mesi estivi, ma anche boscaioli e ricercatori di minerali (ferro e piombo). Attorno al XII sec. circa, si trasformarono in insediamenti stabili. Con gli insediamenti stabili si sottrae terreno all’habitat naturale per destinarlo a un’agricoltura di sussistenza (grano saraceno, orzo, segale, miglio, fave). f. meneghetti 2012

9 Inizia lo sfruttamento del ferro
Nel XII secolo il territorio di Colle Santa Lucia, vicino a Selva, ma posto sotto la giurisdizione del vescovo di Bressanone, in quanto parte della Pieve di Livinallongo, era denominato“Wersil” (o Fursil da ferrum). Qui, sotto il monte Pore,venne scoperta una “vena” ferrosa, che rese il territorio assai appetibile (si ipotizza però un più antico sfruttamento dei paleoveneti in base a un’antica iscrizione trovata da poco). Diventò importante lo sfruttamento delle miniere, che favorirono l’immigrazione e l'avvio di nuove attività complementari (forni di fusione, fucine). f. meneghetti 2012

10 Un pizzico di geologia “Lungo i fianche del Pore, sui 1500 m. affioravano delle mineralizzazioni. Si trattava di filoni di siderite spatica, limonitizzata, di frequente manganesifera ed in ganga di barite” ( A. Moretti 1938). Tale mineralizzazione risulta legata ai terreni del Permiano superiore e più precisamente al piano di Calcari a Bellerophon in contatto con i terreni calcareo-marnosi-arenacei del Werfeniano. Le vene (o strati di siderite ) erano potenti, raggiungevano infatti più di 3 metri. f. meneghetti 2012

11 Il decreto imperiale sul FURSIL
Federico I (il Barbarossa) con un decreto del 5 settembre 1177 (il più antico documento della zona) riconobbe le miniere, dette del Fursil, di proprietà del convento di Novacella (foto) che, in seguito, le cedette al vescovo di Bressanone (Tirolo). f. meneghetti 2012

12 L’oro del vescovo Nel 1555 il feudo del Fursil passò sotto il castello di Andraz; subentrò poi il vescovo di Bressanone fino al 1660. Il massimo rendimento fu a metà ‘600: i secchi di minerale estratto alimentavano 9 forni fusori; 9 di questi erano veneti (distribuiti nelle valli di Agordo e Zoldo). Per garantirne la qualità, il ferro veniva marchiato con l’agnello, simbolo del vescovado di Bressanone, che ricavò cospicue entrate da questa attività. f. meneghetti 2012

13 Conflitti di confine: appendici della ricchezza
Il ferro del Fursil (ottimo per le armi, quindi pregiato) non prendeva solo la strada del Tirolo: una parte andava anche verso la Repubblica di Venezia, che aveva assoggettato il bellunese nel D’altra parte, la posizione di confine di Colle S. Lucia suscitava conflitti a non finire: gli interessi allo sfruttamento del ferro si sommavano a quelli per lo sfruttamento dei pascoli e dei boschi. Di qui, contese e trattative per definire il limes o confine tra Tirolo e Venezia. f. meneghetti 2012

14 Le vie del ferro A parte queste contese, per lo sfruttamento del ferro si ponevano problemi di trasporto, che coinvolgevano la viabilità. In particolare: - trasporto del minerale ai forni; - trasporto del metallo dai forni ai mercati. Diversi forni sorsero attorno alla miniera: uno dei primi fu quello situato presso il castello di Andraz (1177), che veniva raggiunto attraverso la strada detta della Vena. Tale forno fu poi ricostruito nel più a sud, presso Cernadoi, e più tardi sostituito, dopo il 1607, da un nuovo forno in Valparola. f. meneghetti 2012

15 Breve storia del castello
Il castello sorge su un masso roccioso di origine glaciale, in un punto strategico (controlla la via che dall’Agordino risale verso il Tirolo). Prima soggetto a valvassini, dipendenti da vescovi-conti, nel 1416 passa direttamente sotto il vescovo di Bressanone, che vi pone delle guarnigioni militari per tutelare i propri interessi economici di fronte alla Serenissima. Tra il 1457 e il 1460 il vescovo in carica (Nicolò Cusano, noto filosofo) vi abita personalmente. Attraverso la via della Vena, arrivava il minerale ferroso, che passava nel forno del castello e poi proseguiva, attraverso il Valparola, per la val Pusteria. f. meneghetti 2012

16 La risposta veneziana Venezia si considerava Dominante rispetto al proprio territorio: di fatto ne sfruttò a fondo tutte le risorse. Inizialmente era interessata ai fiumi (perché il controllo delle acque era vitale per la navigazione), e ciò è provato da molte carte del territorio che evidenziano solo i corsi d’acqua. Poi si preoccupò di sfruttare i grani della pianura, i boschi e i minerali della montagna. Quando il monopolio vescovile fece salire troppo il prezzo del ferro, fece aprire altre miniere (Valle Imperina e Dont). La soccorreva però il ferro del bresciano. f. meneghetti 2012

17 Nuove miniere; la Val Imperina
Quando il ferro del Fursil divenne troppo caro, Venezia favorì l’apertura di altre miniere, tra cui Dont e la Valle Imperina, nell’Agiordino (da cui si ricavano vari metalli: rame, argento, piombo, oltre al ferro). I giacimenti furono abbandonati nel L'alluvione dei 1966, con esondazione del Cordevole, danneggiò fortemente gli edifici del villaggio minerario, trasformandolo in un luogo spettrale. f. meneghetti 2012 In questi anni è in corso un progetto di recupero.

18 Il percorso del ferro Per il ferro, a differenza di altri metalli, era più conveniente essere lavorato sul posto per essere poi esportato solo come prodotto finito. Il primo passaggio (da minerale a metallo) era il forno, che poteva essere di due tipi: Catalano, a bassa temperatura, che produceva ferro dolce spugnoso; Forno alto ( a vento), che produceva ghisa. f. meneghetti 2012

19 Il primo forno fusore documentato risale al 1365.
Le fusine comprendevano un maglio, azionato a mano o da una ruota d’acqua (vicino a un torrente), incudini, un focolare, un mantice (fola) per la ventilazione. La toponomastica della Val Zoldana richiama queste attività: Fusine, Forno, Palafavera (da favero =fabbro). Il primo forno fusore documentato risale al 1365. f. meneghetti 2012 Forno di seconda fusione, 1558

20 Le specializzazioni La val Zoldana si specializza nella produzione di chiodi (inclusi quelli lunghi fino a mezzo metro, per le arcate di ponti o per le imbarcazioni), mentre l’Agordino nella fabbricazione di lance, armi da taglio, rasi, forbici, ferri chirurgici, e il Bellunese per le spade. A Forno di Zoldo si trova un Museo del chiodo. f. meneghetti 2012

21 La deforestazione Per alimentare i forni serviva il combustibile: il carbone. Per produrre il carbone, si dovevano tagliare gli alberi e creare delle carbonaie che bruciavano in modo estremamente lento, così che dal legno si ricava il carbone f. meneghetti 2012

22 Verso la laguna in zattera
Le materie prime della montagna, utili a Venezia (legno e ferro), giungono per via fluviale, attraverso il Piave. Le merci, condotte con i muli dall’alto zoldano fino al porto di Codissago (dove si trova il Museo degli Zatteri), vicino a Longarone, venivano caricate su zattere. Da lì iniziava la fluitazione. f. meneghetti 2012

23 L’arsenale, grande cliente
Si può notare che l’approdo delle zattere era quello delle Fondamenta Nove (nord-est), vicinissimo all’Arsenale, la più importante azienda statale di Venezia: esso produceva, con un metodo simile alla catena di montaggio, navi commerciali e da guerra, fornite di tutto punto. Oltre a utilizzare grandi quantità di legname, che veniva stagionato in appositi bacini, l’Arsenale aveva bisogno di chiodi da nave, aste, anelli, scalmi, palle da cannone e altro. f. meneghetti 2012

24 BIBLIOGRAFIA L. Da Col, L’oro del Rite, Ponzano Veneto 2003.
R. Vergani, Per la storia delle miniere e della metallurgia in Val di Zoldo, in Dai monti alla laguna (a c. di G. Caniato – M. Dal Borgo, Venezia 1988), pp Id. Miniere e società nella montagna del passato, Sommacampagna 2003 Il castello di Andraz e le miniere del Fursil, a c. di M. Baldin, Venezia 1997. 1.pdf f. meneghetti 2012


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