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PubblicatoAmadeo Marchi Modificato 11 anni fa
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PROGRETTO STREGA Dalla non discriminazione alle pari opportunità
Monica McBritton Lecce, 10 dicembre 2009
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La Costituzione italiana
Art. 3, 1° comma, Costituzione italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”
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Quindi, l’art. 3.1 pone due principì
Il principio di uguaglianza (formale) Il principio di non discriminazione TALI PRINCIPÌ VINCOLANO IL LEGISLATORE
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Una domanda inquietante…
Ma che vuol dire eguaglianza? In che cosa si è eguali? Come si fa ad essere eguali, quando – evidentemente – ciascuno di noi è differente da tutti gli altri
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La Corte costituzionale italiana e l’eguaglianza
Elaborato il principio di ragionevolezza Il legislatore deve trattare in modo eguale situazioni eguali; le situazioni differenti vanno trattate in modo differente; le differenze di trattamento normativo devono essere ragionevolmente giustificate dalle differenze di fatto.
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Divieto di discriminazione
Significa che le ipotesi esplicitate dal costituente non possono giustificare una normativa (pregiudizievole) differenziata.
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CINQUE CONCETTI DIVERSI
PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA PARITA’ DI TRATTAMENTO DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE PARI OPPORTUNITA’ DIRITTO DIFFERENZIATO
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Parità di trattamento Nei rapporti interprivati il principio di uguaglianza non ha una portata generale. Deve essere espressamente previsto da una disposizione normativa Art. 37 Cost.
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Parità e divieto di discriminazione
La parità comporta il confronto tra il trattamento di almeno due soggetti e l’eventuale differenza è illegittima se non è giustificata. Il divieto di discriminazione comporta che un soggetto non debba essere danneggiato dall’appartenenza ad un gruppo sociale svantaggiato.
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I divieti di discriminazione
Legge n. 300/1970: discriminazioni sindacali, politiche e religiose; Legge n. 903/1977: discriminazioni di sesso; Legge n. 125/1991: id. (oggi, d. lgs. n. 198/2006) Legge n. 135/1990: discriminazioni per HIV; D. lgs. n. 286/1998: discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; D. lgs. n. 215/2003: discriminazioni razziali o etniche; D. lgs. n. 216/2003: discriminazioni per religione, convinzioni personali, handicap, età, orientamento sessuale. La discriminazione è rilevante a causa dell’appartenenza ad un gruppo sociale svantaggiato: ha necessariamente un carattere collettivo.
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Art. 37 Cost. “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”
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L’ART. 37 COST. CONTIENE Principio di parità di trattamento fra donna-lavoratrice e uomo-lavoratore La tutela differenziata della lavoratrice madre
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La legislazione ordinaria (di prima generazione)
Parità di trattamento L. 903/77 (oggi, art. 27, d. lgs. n. 198/2006) LIMITE: parità formale soggetto neutro La tutela differenziata della lavoratrice madre L. 1204/71 (oggi, d. lgs. n. 151/2001) LIMITE: la cura della prole è un “fatto di donne”
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Parita’ di trattamento versus pari opportunità
Parità di trattamento: principio formale e astratto Non tiene conto degli assetti sociali concreti Divieto di discriminazione in chiave repressiva L n. 903
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INSUFFICIENZA DELLA L. 903/77
L n.125 Introduzione del principio di pari opportunità - rinvio Raffinamento degli strumenti antidiscriminatori
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Dalla 125/1991 al d.lgs. 198/2006 Nel 2005 con la legge n. 246, art. 6 il Parlamento aveva delegato il Governo al: Riassetto normativo in materia di pari opportunità individuando “strumenti di prevenzione e rimozione di ogni forma di discriminazione, in particolare per cause direttamente o indirettamente fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età e l’orientamento sessuale, anche al fine di realizzare uno strumento coordinato per il raggiungimento degli obiettivi di pari opportunità previsti in sede di Unione europea e nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione” e adeguando e semplificando (dice espressamente la delega) il “linguaggio normativo anche attraverso la rimozione di sovrapposizioni e duplicazioni.”
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La montagna … partorì il …..
D.LGS. 198/2006 – CODICE DELLE PARI OPPORTUNITA’ TRA UOMO E DONNA
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LE NOZIONI DI DISCRIMINAZIONE (art. 25 d.lgs. 198/2006)
DIRETTA “qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori anche in in ragione del loro sesso (…)” INDIRETTA Si ha “quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro sesso (…)”
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Art. 26 d. lgs. n. 198/2006 “Sono considerate come discriminazioni anche le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.”
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Il PROBLEMA La scarsa effettività della normativa antidiscriminatoria in generale e in particolare nei casi in cui è coinvolta la dignità della persona. Ciò potrebbe spiegare la proliferazione degli organi di parità e dei codici di condotta
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Le Pubbliche Amministrazioni e i codici di condotta
Per la prevenzione delle molestie sessuali e morali Contro il mobbing Etico Sono norme di incerto valore giuridico: una via di mezzo fra norma giuridica e norma etica. Sono almeno vincolanti a livello disciplinare
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