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Economia Industriale, (3° anno Corso di Laurea in Economia Aziendale)

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Presentazione sul tema: "Economia Industriale, (3° anno Corso di Laurea in Economia Aziendale)"— Transcript della presentazione:

1 Economia Industriale, 2013-2014 (3° anno Corso di Laurea in Economia Aziendale)
Augusto Ninni (Modulo I) Lez 3 Costi

2 Tecnologiafunzione di costo
La tecnologia è rappresentata dalla funzione di produzionemodo più efficiente di combinare input per ottenere output Il modo più efficiente significa sia che l’impresa adotta la tecnologia, ma anche che la tecnologia è liberamente disponibile Questo non è quasi mai vero: esistono i mercati per la tecnologia (brevetti, licenze) Inoltre il possesso e lo sfruttamento di una tecnologia spesso determinano il vantaggio comparato di un paese (Ricardo) o di una impresa (ad es. Porter)

3 Ma nella gran parte della micro tradizionale l’hp è che la tecnologia sia liberamente disponibile, senza costi di investimento interno o di acquisizione, e non indaga sul modo con cui possa dar luogo a un prodotto o a un processo nuovo (l’impresa come black box)

4 q=F(L,K,E) nel lungo periodo
q=F(L,E) dato K nel breve Differenza fra breve e lungo periodo: l’investimento (= ampliamento della capacità produttiva) Loperai, impiegati, manager Kmacchinari, impianti, automezzi, scorte, cap. finanziario (proprietari o azionisti), marchi E  energia, materie prime Si ipotizza inoltre il modo più efficiente di acquistare gli input

5 Funzione di costo C=G(q)  C=G[F(L,E,K)] rappresenta la tecnologia
Alcuni input si possono impiegare in modo variabile al variare di q  L, E Molto meno: K L’impresa efficiente minimizza i costi, usufruendo liberamente della migliore tecnologia possibile e ipotizzando mercati dei fattori (HK, cap. finanziario, materie prime, macchinari e impianti ecc.) concorrenziali prezzi minimi di acquisizione degli input, del loro utilizzo, e quindi dei prodotti finali

6 Esistono anche i costi di transazione
Costi di produzione vs. costi di transazione: R. Coase, O. Williamson, D. North I costi di transazione sono i costi necessari ad accedere ed utilizzare il mercato (es. costi informativi, assicurativi, degli intermediari, trasporti ecc.) Confrontando la somma di costi di produzione e costi di transazione l’impresa decide in modo efficiente tra make e buy (es. integrazione verticalecap. 12)  decide i suoi confini

7 Tuttavia l’analisi teorica tradizionale considera solo i costi di produzione, per cui quando si fa riferimento al termine “costi” si indica esclusivamente quelli di produzione (a meno di non citare esplicitamente i costi di transazione)

8 Analisi dei costi Prezzi dei prodotti e dimensione delle imprese dipendono soprattutto (ma non solo !) dai costi, in particolare dai costi marginali e medi Le barriere all’entrata e il comportamento oligopolistico sono influenzati da particolari tipi di costi fissi Le politiche di regolazione richiedono per essere attuate una conoscenza dei costi delle imprese (es. brevetti e innovazione costi della R&S) Questo è particolarmente vero nel caso del monopolio all’entrata e delle concessioni, quando oggetto della regolazione è il prezzo

9 Costi fissi Costi fissi (FC) = non variano al variare del livello di produzione q Costi fissi irrecuperabili (sunk FC): costi fissi che non possono essere recuperati se l’impresa modifica o cessa l’attività (es. atto notarile di costituzione di impresa; costo di reclutamento e formazione dei lavoratori) Costi fissi evitabili: costi fissi che possono essere recuperati se l’impresa cede l’attività (es. marchi, licenze, avviamento)

10 C Costi fissi Q 10

11 Costi variabili (VC): costi che dipendono dal variare della produzione (in genere costi del lavoro, delle materie prime, dei semilavorati, dell’energia) Costi totali = costi fissi + costi variabili CT=FC+VC

12 Costi totali C Costi variabili (nell’ipotesi che i costi variabili unitari siano sempre costanti) Costi fissi Q 12 12

13 costi medi (o unitari):
Rapporto tra costo totale e quantità prodotta: AC=C(q)/q Se C=FC+VC AC=FC/q+VC/q=AFC+AVC (average costs = average fixed costs + average variable costs) curva a U piuttosto che curva a L ?

14 C/q a U a L Q 14 14 14

15 AC C AFC C1=10 C2=5 q1=10 Q2=20 Q3=30 Q4=40 15

16 Ma possono (teoricamente) essere anche sempre costanti
Curva dei costi variabili medi (puo’ essere a U, il che implica che, per bassi livelli di q, i costi variabili crescono meno che proporzionalmente rispetto a q; per alti livelli di q crescono più che proporzionalmente rispetto a q) Ma possono (teoricamente) essere anche sempre costanti AVC Q1=10 Q2=20 Q3=30 Q4=40 16

17 I costi marginali MC Costi marginali = variazione dei costi totali generata dalla produzione di una unità addizionale di output MC = dC(q)/dq Derivata prima parziale della funzione di costo totale rispetto alla quantità

18 C La curva dei costi marginali MC interseca sia AVC che AC nel loro punto di minimo AFC AC MC AVC Q1=10 Q2=20 Q3=30 Q4=40 18

19 Scelta fra diverse capacità degli impianti: dipende dalla tipologia della domanda (ma può dipendere anche da comportamenti strategici) AC 1 = tecnologia flessibile AC 2 = tecnologia rigida (o specializzata) Si sceglie in base alla variabilità attesa della domanda di prodotti

20 C AC2 AC1 q1 q3 q4 q2 q 20

21 Breve e lungo periodo Breve periodo è il lasso di tempo durante il quale il numero di macchine e lo spazio fisico (impianto) sono predeterminati Modificare macchine e impianto significa incorrere in costi di aggiustamento (elevatissimi e insostenibili nel breve periodo) Lungo periodo è il lasso di tempo durante il quale è possibile attuare cambiamenti nelle macchine e nell’impianto con costi di aggiustamento nulli Nel lungo periodo è possibile minimizzare i costi cambiando gli impianti e non solo modificando la q prodotta

22 Economie di scala Vi sono economie di scala quando i costi medi diminuiscono all’aumentare della produzione (rendimenti di scala crescenti) Economie di scala di impresa e di stabilimento C AC q 22

23 rendimenti di scala costanti
Economie di scala rendimenti di scala costanti C AC q 23

24 rendimenti di scala decrescenti  diseconomie di scala
AC q 24

25 Fonti delle Economie di scala:
Esistenza dei costi fissi di impianto (sia sunk costs che evitabili) Possibilità di specializzare le risorse (da learning by doing in poi) Leggi fisiche (volume vs superficie) Scorte precauzionali e legge dei grandi numeri Economie di scala pecuniarie

26 Fonte delle diseconomie di scala:
Effetti di congestione Costi di coordinamento

27 Costi di trasporto Incidono sulla dimensione di stabilimento e sulla sua localizzazione (biocarburanti) Economie di scala riguardano costi totali: prod+trans+trasporto Se c trasp > c prod, stabilimento piccolo (in generale se CMg > Cmedi, diseconomie di scala) Se c trasp prod fin > c mat prime, localizzazione vicina a punti di consumo Se multiprodotto, localizzazione vicina a punti consumo

28 MES = minimum efficient size = scala efficiente minima
MES (di stabilimento) è il livello minimo di produzione che permette di minimizzare i costi medi di lungo periodo (LRAC)

29 S=AC/MC>1  Econ. scala C AC S=AC/MC=1
MES MC S=AC/MC>1  Econ. scala C AC S=AC/MC=1 q 29

30 Economie di scala come barriera all’entrata
MES C AC p1 q q2 q1 30

31 Teoria della sopravvivenza (Stigler)
Valida solo quando l’impresa è monoprodotto, non vi sono altri fattori di costo, non c’è Δ tecnologico

32 Economie di scopo Imprese multiprodotto ed economie di scopo (di varietà o gamma) Diversificazione del prodotto dell’impresa (gamma) vs differenziazione del prodotto (segmentazione) Si hanno economie di scopo quando la produzione congiunta di due o più prodotti (non sostituibili) è più conveniente rispetto alla produzione separata di ciascuno dei due C (q1, q2) < [ C (q1) + C (q2) ] (funzione di costo multiprodotto subadditiva)

33 Ec. Scopo fisiche (raffinazione vs petrolchimica)
Ruolo della conoscenza e dell’informazione (specializzati vs generalisti) Ruolo della distribuzione (grossisti multiscopo) Es. automobilistico (vetture vs camion)

34 Economie di scala marshalliane (esterne)
Economie di agglomerazione (producono esternalità) Distretti industriali in Italia


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