Il meridione prima dell’Unità d’Italia Altri prof. preferenziali

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Transcript della presentazione:

Il meridione prima dell’Unità d’Italia Altri prof. preferenziali Libera Pluriversità di Napoli Non è Ufficiale ma Vera Napoli - Via del Parco Margherita, 35 Il meridione prima dell’Unità d’Italia Sabato 21 marzo 2009 Orario 16,00 - 17,00 La battaglia del Volturno, Gaeta, Messina, Civitella del Tronto la lezione è coordinata dal prof. pref. Nicola Terracciano dottornico@inwind.it Altri prof. preferenziali Luigi Sabino luigisabino <at> hotmail.it Ernesto Brando ernesto_brando <at> fastwebnet.it

L'Esercito di Francischiello?

Colonna infame ufficiali dell'armata di mare: francesco cossovich, amilcare anguissola pirofregata Veloce, giovanni vacca, napoleone scrugli, carlo luigi chretien, luigi matteo civita, cesare sanfelice, giuseppe cacace. Condannati solo dal giudizio che ne avevano i nuovi superiori piemontesi. I compagni che li seguirono qualcuno si suicidò; altri, passati con l'esrcito italiano, furono umiliati, guardati con diffidenza e messi subito in pensione

Ufficiali dell'esercito: Luogotenente del re in sicilia paolo ruffo principe di castel cicala, generale francesco landi (non utilizzò la brigata Colonna, fu bollato di tradimento morì di crepacuore, si dice, perchè ingannato dai garibaldini. Per la sua ritirata a pianto romano avrebbe avuto una polizza di 14.000 ducati (€ 261.000) depositata presso il Banco di Napoli; ne avrebbe trovati solo 14. Ferdinado lanza, gennaro gonzales, generale giuseppe letizia, colonnello camillo bonopane, tommaso clary, francesco bonanno prima in sicilia poi in puglia, maresciallo flores in puglia, in calabria abbiamo già citato briganti, nicola melendez, giuseppe caldarelli, giuseppe ghio accettò di capitolare a Soveria Mannelli nonostante avesse 10.000 uomini e 12 cannoni, giovan battista vial comandante territoriale in calabria.

Ruiz de Ballestreros

La reazione inadeguata di Francesco II Il Re non monta a cavallo * Si affida ad una sterile offensiva diplomatica accusando il Piemonte, di fronte alle potenze europee, di connivenza con i “filibustieri”. Operazione tecnicamente ineccepibile perché una spedizione ostile era partita da uno stato col quale si era in pace e col quale erano esistenti regolari rapporti diplomatici. L’unico modo per arrestare l’invasione era mettersi IMMEDIATAMENTE, in prima persona, alla testa delle truppe che erano a lui devotissime, al contrario dei comandanti, e bloccare l’avanzata delle camicie rosse. * in esilio ammise questo errore fatale.

6 settembre 1860: Re Francesco II di Borbone lascia Napoli. Il Re si ritira a Gaeta , su consiglio del suo Stato Maggiore, la risparmia dalle devastazioni della guerra; il popolo NON è insorto contro di lui come sperava Cavour.

Lascia 10 mila uomini nelle fortezze della Capitale, a difesa della città, con l’ordine di “non sparare per primi sul nemico”; saluta i ministri dicendo “Voi sognate l’Italia e Vittorio Emanuele, ma purtroppo sarete infelici”; raccomanda la tutela della neutralità di Napoli, per serbarla da eventuali violenze, e del Tesoro, patrimonio della Nazione.

Lo seguono solo una trentina di fedelissimi, a Gaeta si trova a disposizione solo sei navi ma ben 50 mila uomini dell’esercito, quasi del tutto depurato dai traditori.

Quando partì per Gaeta Francesco II lasciò tutti i depositi privati del Banco di Napoli al loro posto. 11 milioni di ducati che appartenevano al suo patrimonio privato. Alla vigilia della spedizione dei mille, tra fondi pubblici e privati il BdN gestiva una somma pari a 33 milioni di ducati, in Sicilia ce n'erano 30 depositati.

i 62 giorni del saccheggio e delle ricompense Il Palazzo Reale fu spogliato, gli oggetti più preziosi furono spediti a Torino, gli altri venduti L’oro della Tesoreria dello Stato [1.670 milioni di euro] patrimonio della Nazione meridionale e anche i beni personali che il Re aveva lasciato “sdegnando di serbare per me una tavola, in mezzo al naufragio della patria”, furono requisiti, dichiarati “beni nazionali” e distribuiti.

“I ladri, gli evasi dalle galere, i saccheggiatori e gli assassini, amnistiati da Garibaldi, pensionati da Crispi, sono introdotti né carabinieri, negli agenti di sicurezza, nelle guardie di finanza e fino nei ministeri“ “Cumulo di quattro o cinque impieghi in una medesima persona ragguardevoli offici a minorenni ... Pensioni senza titolo a mogli, sorelle, cognate di sedicenti patrioti”.

Garibaldi chiede che gli sia prorogata la dittatura di un anno, Vittorio Emanuele rifiuta e non passa neanche in rassegna le camicie rosse. Garibaldi sbatte la porta e torna a Caprera.

Vittorio Emanuele va a caccia nelle riserve reali borboniche Vittorio Emanuele va a caccia nelle riserve reali borboniche. Il Re scrive a Cavour (in francese): “Come avrete visto, ho liquidato rapidamente la sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene, siatene certo, questo personaggio non è affatto docile, né così onesto come si dipinge e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto, come prova l’affare di Capua [fu sconfitto dai borbonici], e il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio l’infame furto di tutto il danaro dell’erario, è da attribuirsi interamente a lui che s’è circondato di canaglie, ne ha eseguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una situazione spaventosa”.

La battaglia del Volturno La battaglia principale si svolse il lunedì 1º ottobre 1860 a sud del fiume.

Lo scenario generale

Forze in campo: Furono impegnati circa 24.000 garibaldini, contro circa 25.000 borbonici.

Nella manifestazione sovrana del re Francesco II, che fu letta ai soldati napoletani il 30 settembre 1860, vigilia della battaglia, si legge: Soldati! Poiché i favorevoli eventi della guerra ci spingono innanzi e ci dettano di oppugnare paesi dall’inimico occupati,obbligo di re e di soldato m’impone di rammentarvi che il coraggio ed il valore degenerano in brutalità ed in ferocia quando non siano accompagnati dalla virtù e dal sentimento religioso. Siate adunque generosi dopo la vittoria; rispettate i prigionieri che non combattono ed i feriti e prodigate loro, come il 14° cacciatori ne ha dato esempio, quegli aiuti che è in vostro potere di apprestare. Ricordatevi che le case e le proprietà nei paesi che occupate militarmente sono il ricovero e il sostegno di molti che combattono nelle nostre file: siate adunque umani e caritatevoli con gli infelici e pacifici abitanti, innocenti certamente delle presenti calamità. L’obbedienza agli ordini dei vostri superiori sia costante e decisa; abbiate infine innanzi agli occhi sempre l’onore e il decoro dell’esercito napoletano. L’onnipossente Iddio benedirà dall’alto il braccio dei prodi e generosi che combattono e la vittoria sarà nostra. firmato: Francesco

il primo ottobre il maresciallo generale Giosuè Ritucci, che comandava i borbonici riuniti a Capua e in parte sulla destra del Volturno sino a Caiazzo, si decise ad attaccare con l'intento di muovere frontalmente con due divisioni, la Afan de Rivera e la Tabacchi, sul centro garibaldino a Sant'Angelo in Formis e a Santa Maria Capua Vetere, raggiungere Caserta e di qui dirigersi su Napoli: due colonne laterali dovevano cooperare all'azione.

“Il sangue versato non fu inutile “Il sangue versato non fu inutile. La battaglia del Volturno restituì l’onore ad un esercito tradito da troppi generali e calunniato dal nemico. Non è senza significato, dunque, parlare di vittoria morale. Quella battaglia fu, per i Napoletani, il tempo dell’orgoglio ritrovato.”

Il guado del Tronto, confine nord del Regno delle Due Sicilie, avvenne senza dichiarazione di guerra. L'invasione del regno da parte dei piemontesi non consentì un ulteriore tentativo di raggiungere Napoli, il generale conte douglas scotti nobile piacentino ex 48ino e poi, nel '49, integrato nei ranghi napoletani si fece sorprendere da cialdini al Macerone, perdendo tutti i suoi uomini che caddero prigionieri.

2 novembre capitolazione di Capua c. a. 10 2 novembre capitolazione di Capua c.a. 10.000 Borbonici con gli onori delle armi sono inviati a Napoli per poi essere diretti a Genova

Le truppe borboniche furono costrette ad arretrare verso Gaeta fissando il nuovo fronte sul Garigliano, la chiave della posizione era il ponte sospeso di Minturno a 2 km dalla foce, con l'appoggio navale della flotta francese, comandata dal viceammiraglio le barbier de tinan che difendeva il fronte del mare per interdizione.

I francesi lasciano il fianco alle navi piemontesi, tra esse i vascelli dell'armata di mare, che non consentono più di tenere il Garigliano. Le truppe indietreggiano fino a Gaeta, una parte (17000 soldati, 600 ufficiali, 3500 cavalli con alla testa il generale Ruggieri) viene inviata nello stato pontificio, un'altra parte si asserraglia nella fortezza di Gaeta.

Re Francesco (25 anni) e la Regina Sofia (19) sono accanto ai loro soldati nell’assedio di Gaeta (800 vittime in tre mesi) Francesco collocava il suo onore al di sopra di ogni bene terreno, aveva gusti e bisogni semplicissimi e non teneva in alcun conto gli aspetti mondani della vita.

Assedio alla Vauban Gaeta è fortissima e quasi inespugnabile. Il borgo di Gaeta e l'Istmo di montesecco

15 febbraio 1861 dopo la firma della capitolazione si arresero ai piemontesi 920 ufficiali e impiegati, circa 10.000 soldati. (Ce ne erano stati 18000 circa e 1148 cavalli)

A Messina più di 4000 uomini con 152 ufficiali ancora resistevano. Lo spirito dei difensori era molto alto al punto che inviarono una colletta di14000 ducati a Gaeta. Sotto il fuoco di almeno 40 pezzi rigati il 12 marzo 1861 il generale Fergola, che aveva sostituito Clary, e Guillaumat si arresero a discrezione. I generali furono processati ma assolti. Nella fortezza non si trovarono bandiere. Un'altra settimana rimaneva per vedere la resa della fortezza di Civitella del tronto.

Il maggiore Ascione con i suoi quattrocento uomini riuscì a rintuzzare l'attacco di mezzacapo che vantava una superiorità di numerica di uomini (più di 3000). ma il 20 marzo gli assaltatori massacrarono la guarnigione, penetrando tramite un tunnel, chi si arrese venne messo al muro: il capitano Giovine, il sergente Messinelli, padre Zilli detto campotosto e Zopito di Bonaventura detto Zopitone.

LA FARSA DEI PLEBISCITI UNITARI “Il popolo vuole l’Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele come re costituzionale per sé e i suoi legittimi successori”. Il voto NON e’ segreto ma e’ palese con due urne, una contiene i bollettini con scritto “Sì”, l’altra con i “No”, in una terza si infila la scheda. Intimidazioni e brogli non si contarono Napoli e province continentali : Votanti: 1.312.366 FAVOREVOLI: 99,19 % Contrari: 0,80 % Sicilia : Votanti: 432.762 FAVOREVOLI: 99, 84 % Contrari: 0,15% IN TUTTI I PLEBISCITI DEGLI ALTRI STATI ITALIANI PREUNITARI LA PERCENTUALE DEI FAVOREVOLI SUPERA SEMPRE IL 98%; IN TOSCANA CI FU IL PIU’ ALTO NUMERO DI VOTI CONTRARI

I prigionieri di guerra meridionali, il lager di Fenestrelle Recenti ricerche sottolineano le pessime condizioni in cui nel 1861 questi militari furono «ospitati» a Fenestrelle: laceri e poco nutriti era usuale vederli appoggiati a ridosso dei muraglioni, nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi solari invernali; una volta morti venivano gettati nella calce viva.

la colpevole politica economica dell’Italia unita Fu messo in opera un preciso disegno dei “vincitori sul campo”: il triangolo Torino – Milano - Genova doveva avere il monopolio dell’industria italiana, al Sud fu assegnato un ruolo prevalentemente agricolo e di fornitore di mano d’opera per l’industria del nord. I fiori all’occhiello dell’economia meridionale, che erano al primo posto al momento dell’unità, nei relativi settori, come l’industria metalmeccanica di Pietrarsa, i cantieri navali di Castellammare di Stabia (il più grande del Mediterraneo), gli stabilimenti siderurgici di Mongiana o Ferdinandea, l’industria tessile (S. Leucio - CE) e le cartiere, cadono in abbandono o sono immediatamente chiusi mentre al Nord, contemporaneamente, sorgono quasi dal nulla analoghi stabilimenti come l’arsenale di La Spezia o colossi come l’Orlando

Tenite 'na Pacienza … Grazi tanto