La speranza di pure rivederti 1937 EUGENIO MONTALE Da Le occasioni – sezione Mottetti
CLIZIA Nel luglio 1933 un'americana dagli occhi di smeraldo andò al Gabinetto Vieusseux e chiese del direttore, che era Eugenio Montale. Aveva letto "Gli ossi di seppia" e ne era stata incantata. Montale se ne innamorò, la immortalò nel personaggio poetico di Clizia, ma la lasciò ripartire da sola, incapace di rompere il suo precedente legame. Su questa storia d'amore durata due estati si conoscevano finora solo i pronunciamenti di lui, poetici e epistolari. L’identità anagrafica di colei che ne fu a lungo la principale ispiratrice è stata svelata relativamente tardi. Era un’insegnante americana, Irma Brandeis: studiosa di Dante e del nostro Medioevo. Tra la ventottenne Irma e il poeta, di nove anni più anziano, scoccò la scintilla di un amore che, se diede estro e materia durevoli alla poesia (da "Le occasioni" a "La bufera e anche oltre"), suscitò e tuttora suscita interesse non per il deplorevole gusto dell’indiscrezione ma per quello che dal «vissuto» filtra nella poesia.
La speranza di pure rivederti m’abbandonava; Mottetto Componimento poetico breve rimato, composto per lo più di endecasillabi e settenari, contenente una sentenza, un proverbio, un motto. Non ha avuto una salda tradizione nella letteratura italiana. Metrica Prima strofa: un endecasillabo e un quinario Seconda strofa: quattro endecasillabi e un quinario Terza strofa: un settenario, un endecasillabo e un settenario Rime Abbandonava/trascinava; barbaglio/guinzaglio Allitterazione “s” per tutta la poesia, “l” ultima strofa Enjambement vv.1/2; vv.3/4; vv.4/5; vv.6/7; vv.8/9; vv.11/12 La speranza di pure rivederti m’abbandonava; e mi chiesi se questo che mi chiude ogni senso di te, schermo d’immagini, ha i segni della morte o dal passato è in esso, ma distorto e fatto labile, un tuo barbaglio: (a Modena, tra i portici, un servo gallonato trascinava due sciacalli al guinzaglio).
Spieghiamo le immagini L’autore "spiega" questa poesia in un "auto commento" pubblicato sul Corriere della sera del 16 febbraio 1950. Schermo d’immagini: metafora della vita; il reale appare fittizio, come uno schermo (Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto/alberi case colli per l’inganno consueto … da Forse un mattino). La vita con le sue “immagini” preclude il ricordo nitido del passato, ma talvolta un chiarore, seppure debole o accecante, comunque che tende a nascondere il reale, ci può offrire uno spiraglio di speranza nel recupero difficile di ciò che resta del passato. Servo gallonato: un anziano domestico con la livrea Due sciacalli: due cani che il domestico con orgoglio definisce “sciacalli”