“I RIFIUTI E LE TECNICHE DI SMALTIMENTO” Università Di Napoli Federico II° Facoltà di Scienze Geologiche Chimica ambientale prof. Salvatore Andini anno.

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“I RIFIUTI E LE TECNICHE DI SMALTIMENTO” Università Di Napoli Federico II° Facoltà di Scienze Geologiche Chimica ambientale prof. Salvatore Andini anno acc. 2009/2010

Cos’è il rifiuto Il lungo e travagliato iter legislativo che ha portato alla normativa vigente in materia di rifiuti ha preso avvio negli anni settanta con la stesura di direttive comunitarie che sono state attuate nel nostro Paese solo negli anni ottanta, decisamente in ritardo rispetto agli altri stati europei. Tre sono le direttive CEE cui si è ispirata la legislazione nazionale: - direttiva CEE relativa ai rifiuti; - direttiva CEE relativa allo smaltimento - direttiva CEE relativa ai rifiuti tossici e nocivi.

In attuazione alle suddette direttive, in data 10 settembre 1982, veniva emanato il DPR n.915, che con le successive modifiche, rappresenta oggigiorno il principale strumento di base per la regolamentazione della materia rifiuto. Tale DPR, suddiviso in 35 articoli, stabilisce una classificazione dei rifiuti, le categorie di discariche previste, gli operatori del servizio di smaltimento, le funzioni dei vari organi amministrativi, le tasse, le sanzioni nonché le procedure necessarie per ottenere le autorizzazioni. Riporta in oltre, in allegato, un elenco di 28 gruppi di sostanze che a determinate concentrazioni rendono i rifiuti ‘tossici e nocivi’.

Il DPR n.915 del definisce come rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto derivante da attività umana o da cicli naturali, abbandonato o destinato all’abbandono”.

Sistemi di trattamento dei rifiuti Il trattamento dei rifiuti dovrebbe essere realizzato con criteri e con sistemi in via di evoluzione in rapporto alle crescenti dimensioni del problema e degli aspetti d’impatto ambientale connessi. Attualmente i principali sistemi di trattamento dei rifiuti in appositi impianti sono: lo smaltimento in discariche controllate, l’incenerimento, il compostaggio e il riciclaggio.

Discarica controllata La discarica controllata è un metodo di smaltimento che prevede lo stoccaggio dei rifiuti per strati sovrapposti, allo scopo di facilitare la fermentazione della materia organica ed evitare nel contempo l’inquinamento dell’ambiente circostante (con particolare riferimento alle acque, all’aria, al suolo ed al paesaggio) o il disturbo alle persone (odori molesti, rumori, dispersioni di polveri, sviluppi di insetti). Vengono distinti tre tipi di discariche controllate: tradizionale, di rifiuti compattati, di rifiuti pretrattati.

- Discarica tradizionale: si opera in modo da creare le condizioni ottimali per una fermentazione in condizioni anaerobiche della materia organica presente. All’atto dello scarico, i rifiuti vengono distribuiti in strati su una vasta area senza subire una compattazione meccanica e lasciati alla densità originaria. Per permettere la fuoriuscita e la dispersione nell’aria dei gas prodotti dalla fermentazione (di biossido di carbonio, acqua, solfati, nitrati, fosfati, ecc.) i rifiuti vengono coperti solo di uno strato di materiale permeabile. A distanza di qualche mese si procede alla messa a dimora di un nuovo strato di rifiuti quando la temperatura raggiunta dallo strato precedentemente deposto è cresciuta, in seguito all’attività di fermentazione fino a °C ed è poi ridiscesa alla temperatura originaria (pari a circa 15°C). La formazione di liquami prodotti dai rifiuti (percolati) viene limitata mediante il controllo della qualità della quantità dei rifiuti messi a dimora e da tecniche di pretrattamento.

Discarica di rifiuti compattati: vengono create le condizioni per una fermentazione anaerobica; a questo scopo i rifiuti, subito dopo la deposizione, vengono compattati in strati dello spessore di 2- 2,5 m ad una densità pari a circa 0,8 t/m³. Per evitare qualsiasi dispersione di odori e di polveri e la proliferazione di insetti, i rifiuti vengono ricoperti giornalmente con uno strato di materiale inerte dello spessore di circa 20 cm. Il biogas che si ottiene è il tipico prodotto dei processi che avvengono in ambiente riduttivo e con opportuni impianti di raccolta può essere immagazzinato e riutilizzato. I percolati che si producono vengono recuperati da un apposito sistema di raccolta e mandati ad un impianto di depurazione.

Discarica con pretrattamento: prevede la riduzione delle volumetrie necessaria alla messa a dimora del rifiuto. I materiali vengono triturati (con dimensioni di circa 5 cm) o pressati in blocchi delle dimensioni di 1 m³ ed a densità pari a 1-1,2 t/m³. Qualora risulti accettabile l’incidenza economica della componente impiantistica necessaria per il pretrattamento possono ottenersi vantaggi dovuti alla riduzione del volume totale del materiale da stoccare e quindi è possibile disporre di una maggior durata dell’attività di discarica.

Con l’evoluzione della composizione merceologica dei rifiuti solidi urbani (RSU)a seguito dell’introduzione negli anni ’50 -‘60 delle plastiche(in modo particolare dei sacchetti), la discarica di tipo tradizionale è stata gradualmente soppiantata da quella di rifiuti compattati, in quanto tali materiali possono impedire all’ossigeno di diffondersi completamente e raggiungere ovunque la materia organica. Per questo motivo, attualmente, il sistema di smaltimento più utilizzato risulta essere quello della discarica di rifiuti compattati.

Nelle figure la discarica di Sant’Arcangelo Trimonte (Bn) in allestimento (lotto4).

Teloni per la copertura e la protezione dei rifiuti.Discariche controllate impermeabilizzate e pronte ad ospitare i rifiuti

Incenerimento L’incenerimento è un sistema che richiede la combustione dei rifiuti allo scopo di ridurre considerevolmente il volume ed ottenere un residuo minimo, che dovrà a sua volta essere deposto in discarica controllata. Per questo processo vengono utilizzati speciali forni progettati per le particolari caratteristiche del rifiuto. Per quanto riguarda i tempi necessari alla completa combustione, questi risultano legati al tipo di rifiuto che può presentarsi secco o umido, compatto o areato, ad alto o basso potere calorifico. I gas prodotti dalla combustione, prima di essere lasciati liberi di diffondersi nell’aria circostante, devono essere sottoposti ad un processo, tramite appositi filtri, rivolti ad un abbattimento delle polveri al fine di rientrare nei limiti di emissione previsti dalle norme vigenti. Problemi ancora aperti sussistono sulla formazione di certi composti (come le diossine) e sugli effetti che tali sostanze avrebbero sulla salute dell’uomo, il che rende di difficile attuazione questo tipo di trattamento.

In figura in alto a sinistra vediamo il primo impianto d’incenerimento costruito in Germania (Hamburg-Hammerbrook, 1895). In alto a destra l’impianto di Acerra giunto in uno stato avanzato di costruzione. Sotto possiamo vedere quello di Brescia (sinistra) e quello di Forlì.

Compostaggio Il compostaggio è un sistema che porta alla costituzione di un prodotto utilizzabile come additivo per i terreni in quanto stabile e igienicamente accettabile.Il processo si compone di due fasi distinte. Nella prima, il rifiuto subisce delle azioni meccaniche che portano alla rottura dei sacchetti di plastica e all’eliminazione dei metalli e delle sostanze non compatibili con il terreno, come vetro, plastica, tessuti, ecc.Nella seconda fase la sostanza organica presente subisce dei processi che portano alla fermentazione aerobica dei rifiuti, con un innalzamento spontaneo della temperatura a 50-60°C, senza impiego di combustibile, fino al raggiungimento del giusto grado di maturazione che renda il prodotto finale completamente inerte.Gli svantaggi di questo sistema di smaltimento sono legati alla difficoltà di commercializzazione, dato lo scarso valore fertilizzante del prodotto.

Riciclaggio E’ un sistema di trattamento del rifiuto che, tramite tecniche di preselezione molto sofisticate e grazie al buon senso di ogni individuo, porta al recupero dell’80% dei materiali presenti, i quali possono poi venire reimpiegati quali materie prime secondarie. Il restante 20% deve comunque finire in discarica controllata.

Perché le discariche controllate Nonostante lo sviluppo tecnologico e scientifico, la situazione in materia di rifiuti sembra essersi fermata. Sono ancora poco chiari l’impatto ambientale degli inceneritori e i danni che questi enormi impianti arrecano alla salute. A proposito del compostaggio, si è precedentemente detto della difficoltà che tale prodotto (compost) trova nell’inserirsi in un mercato poco attento alle problematiche ambientali e sul riciclaggio si è ancora lontani da standard di livelli accettabili per poter risolvere il problema dei rifiuti. Mandare tutto alla discarica è il modo più semplice, comodo ed economico, ma ambientalmente sbagliato. Inoltre, in alcuni casi, il fenomeno è facilmente controllabile da parte della malavita organizzata.

Una delle tante discariche messe sotto sequestro per inadempienze normative ed ambientali.

Situazione in Italia Nel giugno 2007 la Corte di giustizia della comunità europea ha condannato l'Italia per l'assenza dei piani di gestione dei rifiuti di alcune regioni e province. I piani sono obbligatori ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti e della direttiva sui rifiuti pericolosi. L'Italia ha successivamente adottato i piani di gestione dei rifiuti per tutte le regioni e province interessate. Ma ciò che più colpisce è la strana anomalia italiana in ambito europeo circa le modalità di gestione dei rifiuti stessi. In particolare il ricorso esagerato alla discarica, quasi a voler sottolineare la generale scarsa efficacia della raccolta differenziata del nostro Paese rispetto agli altri Stati europei. Ecco alcuni dati illustranti tale anomalia: secondo la Corte dei Conti vengono inviati alla discarica circa 300 kg per abitante all’anno, I rifiuti prodotti ogni anno in Italia ammontano a circa 98 milioni di tonnellate, di cui circa 17,3 milioni di sola origine urbana e 80,3 milioni di rifiuti speciali. I 17 milioni di tonnellate di RSU, sono stati stimati dal Ministero dell’ambiente, ed equivalgono come già precedentemente accennato a circa 300 kg pro capite per anno (pari a 0,8 kg al giorno di rifiuti prodotti che pongono l’Italia molto vicino alla media europea calcolata in 298 kg pro capite per anno).

Sondaggio proposto da EUROSTAT per individuare le medie giornaliere dei rifiuti prodotti per ogni cittadino.

Le percentuali parlano chiaro: circa l’80% dei rifiuti prodotti viene ancora versato in discarica, circa il 7% viene smaltito per mezzo di inceneritori (con e senza recupero energetico) e solo la restante parte (il 13%) è recuperata attraverso la raccolta differenziata. I rifiuti rappresentano una perdita di risorse e materie prime, che potrebbero essere recuperate e riciclate in modo da sfruttare in minor misura le risorse non rinnovabili della Terra, e contribuire allo sviluppo sostenibile. A tutto questo segue la scarsità di infrastrutture messe a disposizione dei cittadini ed, in taluni casi, una loro scarsa partecipazione e sensibilizzazione per un problema che per molti è ancora fortemente sottovalutato.

Il grafico mette in evidenza la propensione del nostro paese all’utilizzo alla discarica e la scarsa valorizzazione al riciclo di materie prime (dati ISTAT).

Cosa succede in Europa La situazione europea mostra che in Italia la quantità di rifiuti continua è in aumento, mentre in alcuni Paesi europei, come Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Polonia, Portogallo, Slovenia e Finlandia, si manifesta una inversione di tendenza. In Italia la quantità di rifiuti continua ad aumentare ciò rende ancora più velleitaria e negativa l’ipotesi di poter operare solo attraverso le tecniche di smaltimento. Negli ultimi 50 anni la produzione pro capite dei soli rifiuti urbani è quadruplicata. E’ quindi sempre più evidente che per ridurre a monte le quantità, occorre intervenire sul sistema produttivo e sulle abitudini dei cittadini e non aprendo nuove discariche. Se non si ridurranno le quantità almeno ai livelli degli anni ‘80, emergenze come quelle che sta vivendo la Campania sono destinate a moltiplicarsi in altre regioni italiane.

Produzione annua di rifiuti pro capite (kg/anno) riferita al 2006 (fonte:EUROSTAT 2008).

Dal grafico risulta imbarazzante il confronto tra il nostro paese ed alcuni stati che hanno investito su una corretta educazione ambientale.

La situazione in Campania I rifiuti sono sempre troppi, ma nel caso della Campania il problema non è quantitativo. Infatti si tratta di una regione che ne produce poco più del Veneto e in quantità uguale a quella del Trentino-Alto Adige che sono considerate fra le regioni più virtuose d’Italia in materia di gestione dei rifiuti; ma anche molto meno della Toscana, dell’Emilia, della Liguria, del Lazio. La domanda allora è: perché l’emergenza? La possibile risposta potrebbe essere data dal fatto che la raccolta differenziata è ferma ad appena l’11%, contro il circa 48% del Veneto, il 44% del Trentino- Alto Adige, il 42% della Lombardia, che sfigura anche con il modesto 31% della Toscana e il 24% dell’Umbria. Nella stessa Campania risaltano le differenze fra Napoli, che raccoglie in modo differenziato solo 8% dei rifiuti e il 20% di Salerno e il 24% di Avellino. Spiccano poi delle eccellenze su singoli comuni che dimostrano che, laddove si è scelta la raccolta porta a porta, i risultati sono stati addirittura ottimi, come nel caso di Mercato San Severino (Sa), Pontecagnano (Sa), Faiano (Sa), solo per citarne alcuni.

Il piano del commissario di governo I 7 impianti di CDR hanno prodotto un materiale che non rispetta i requisiti minimi di legge per quanto riguarda il potere calorifico e l’umidità, pertanto, non potendo essere avviati a incenerimento, ne sono stati accumulati circa 6 milioni di tonnellate (le famigerate ecoballe). Dislocazione dei sette CDR(combustibile derivato rifiuti) in Campania.

Questi impianti hanno una capacità complessiva pari a tonnellate/anno, che corrisponde ad oltre il 92% dei rifiuti urbani, il 57% degli urbani più gli speciali non pericolosi con esclusione dei rifiuti da attività edilizie che sono prevalentemente costituiti da materiali inerte e quindi non inceneribili. Si tratta quindi in ogni caso di una dotazione enormemente sovradimensionata, che rivela una scelta preferenziale per l’incenerimento che poco o nulla lascia a recupero di materie e al compostaggio.

L’inceneritore di Acerra, giunto ad uno stato avanzato di realizzazione ha una capacità di tonnellate/anno di CDR, in grado di bruciare quindi circa il 20% dei rifiuti urbani. La realizzazione prevista di altri due impianti di incenerimento di analoga capacità danneggerebbe ogni prospettiva seria di prevenzione e riciclaggio, condizionando il sistema allo smaltimento della sovrapproduzione attuale di CDR e non risolvendo il problema. In tal senso dovrebbe apparire sbagliato effettuare interventi di adeguamento degli impianti di CDR, che al più, non dovrebbero comunque eccedere la capacità di trattamento dell’impianto di Acerra. Inoltre, proprio la soluzione incenerimento è assolutamente impraticabile nei tempi stretti richiesti dalla gestione di una situazione di emergenza; proprio questa stringente tempistica avrebbe dovuto già spingere a puntare sulle filiere del riciclaggio del recupero di materia che richiedono tempi di attuazione più rapidi e non come si sta tentando di fare investendo su nuove discariche ed inceneritori.

Rifiuti trattati e in attesa di essere avviati alla combustione. Si evidenzia dalla foto che i rifiuti non sono stati correttamente impermeabilizzati, con la conseguenza di contaminare l’ambiente circostante.

Per uscire dall’emergenza un punto fondamentale del piano è il tentativo di spingere soprattutto sulla realizzazione di nuove discariche, cercando di sfruttare la loro economicità in termini di installazione e gestione degli impianti, anche se la loro economicità dipende, tuttavia, dalla disponibilità di aree idonee e relativamente vicine ai luoghi di produzione dei rifiuti. Il 23 maggio 2008 il governo ha emanato un nuovo DL, i poteri speciali per il Commissario di governo sono stati ampliati con il Dl n. 90/08 che ha individuato 10 discariche che prescrive (articolo 9) la realizzazione delle seguenti discariche per contribuire significativamente alla chiusura dello scandalo rifiuti: 1) Sant'Arcangelo Trimonte(BN) - località Nocecchie; 2) Savignano Irpino(AV) - località Postarza; 3) Serre (SA) - località Macchia Soprana; 4) Andretta (AV) - località Pero Spaccone (Formicoso); 5) e 6) Terzigno (NA) - località Pozzelle e località Cava Vitiello; 7) Napoli località Chiaiano (Cava del Poligono - Cupa del cane); 8) Caserta - località Torrione (Cava Mastroianni); 9) Santa Maria La Fossa (CE) - località Ferrandelle; 10) Serre (SA) - località Valle della Masseria.

Le discariche devono essere realizzate nel pieno rispetto della normativa comunitaria tecnica di settore allo scopo di consentire lo smaltimento ed evitare ogni danno o pericolo per la salute, l’incolumità e la sicurezza della collettività (anche rifiuti urbani non selezionati e non trattati e rifiuti pericolosi). Le discariche 1) e 2) dell’elenco erano già individuate nel DL dell’11 maggio 2007 e sono state aperte dopo oltre un anno dalla prescrizione della loro attivazione. Mentre il sito di Savignano Irpino non presenta particolari problemi geologici ed ambientali, la discarica di S. Arcangelo Trimonte è ubicata solo in parte in area geologicamente idonea, mentre gran parte di essa si trova in area a rischio idrogeologico per frane, secondo il parere della competente Autorità di Bacino Liri-Garigliano-Volturno. Per agevolare i lavori di preparazione con reali garanzia di tutela ambientale, il DL 90/08 avrebbe dovuto modificare di poche decine di metri l’ubicazione delle vasche ricadenti lungo il pendio instabile proponendo la loro realizzazione sull’adiacente altopiano argilloso geomorfologicamente stabile. Invece il DL ha riproposto irresponsabilmente le stesse aree instabili già individuate dal DL dell’11 maggio 2007, senza alcuna istruttoria tecnica e senza alcuna indagine geologica preliminare. Se non avvengono dissesti, le due discariche dovrebbero garantire lo smaltimento dei rifiuti regionali per diversi mesi.

Il sito 3, Macchia Soprana nel Comune di Serre (SA) è già in via di chiusura per saturazione dell’impianto. Il suo inserimento nel DL. significa che si intende ampliare la discarica esistente. Il sito 10, località Valle della Masseria nel Comune di Serre(SA), è già stato oggetto di un tentativo di apertura di discarica lo scorso anno che fu bloccato dal Tribunale di Salerno. I siti 3) e 10) non sono idonei geologicamente ed ambientalmente perché ubicati poco a monte della captazione di oltre 250 milioni di metri cubi di acqua per l’irrigazione della Piana del Sele e dell’Oasi naturalistica di Persano.L’importanza strategica delle acque del Sele per l’ambiente e l’economia, evidenzia che i siti non sono idonei e che è pura follia il loro inserimento in un DL. Tutti i dati che evidenziano l’assurdità e la follia amministrativa di chi, sulle captazioni, ha già realizzato due discariche e ne vuole realizzare altre due sono contenuti nelle elaborazioni consegnate alla commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti durante l’audizione del 26 luglio 2007.

In figura la Piana del Sele interessata dalle due discariche.

Il sito 4, località Pero Spaccone sull’altopiano del Formicoso nel Comune di Andretta (AV) è già stato oggetto di un tentativo di realizzazione di discarica circa 10 anni fa. Si tratta di un altopiano argilloso in area altamente sismica che, in seguito al terremoto del 1980, è stata interessata da evidenti deformazioni cosismiche rappresentate da fratture che interessavano il suolo e sottosuolo. Terremoto 1980, faglia superficiale nel Pantanodi S. Gregorio Magno.

1980 ; faglie superficiali nella piana del Dragone (Avellino). Terremoto 1980, faglia superficiale a S. Angelo dei Lombardi. Per tali caratteristiche il sito non offre garanzie di tutela ambientale e deve essere eliminato dall’elenco, come del resto prescrive anche la legge italiana.

I siti 5 e 6, località Pozzelle e località Cava Vitello nel Comune di Terzigno (NA), come è noto si trovano nel Parco Nazionale del Vesuvio e in area notoriamente caratterizzata da vulcanismo attivo, tanto è vero che alcune eruzioni eccentriche del 1760 sono avvenute da bocche apertesi a breve distanza. La legge italiana vieta la realizzazione di discariche in aree di vulcanismo attivo, perché le marcate deformazioni del suolo metterebbero fuori uso le impermeabilizzazioni alla base dei rifiuti determinando inquinamento ambientale. I due siti devono essere eliminati.

Il sito 7, Cava del Poligono in Cupa del cane nel Quartiere Chiaiano del Comune di Napoli evidenzia la non idoneità geologica, idrogeologica, geotecnica e ambientale dell’area. Infatti, le ricerche svolte nella Cava del Poligono hanno evidenziato: instabilità delle pareti di cava già interessate da dissesti negli anni passati; ammasso tufaceo delle pareti di cava caratterizzato da un notevole pericolo di frana e di crollo di enormi porzioni di roccia; pericolo idraulico relativo al piazzale di cava che è sottoposto rispetto all’alveo di Cupa del Cane e alle zone limitrofe; pericolo idraulico relativo all’alveo strada di accesso alla cava in quanto può essere interessato da colate detritiche catastrofiche e improvvise in seguito ad eventi piovosi eccezionali come quelli del 15 settembre 2001 e del 6-7 giugno 2008; assenza di livelli impermeabili nel sottosuolo; presenza di una falda d’importanza strategica nel sottosuolo a circa 150 metri di profondità dal piano della cava. La cava è inserita nell’area protetta del Parco della Collina dei Camaldoli dove, a circa m di distanza, sottovento, si trova la più importante area ospedaliera del Mezzogiorno d’Italia

L’area boscata, in cui si trova la cava, giunge, continuità, a lambire l’area ospedaliera e le aree abitate; non si trova in condizioni di essere isolata rispetto alla fauna selvatica che popola la Selva di Chiaiano. Nelle aree vicine (già a poche centinaia di metri) si trovano insediamenti abitativi che sono anche sottovento; le strade d’accesso sono assolutamente inadeguate e attraversano le aree abitate.

Foto della cava di Chiaiano

Il sito 8, Cava Mastroianni in località Torrione nel Comune di Caserta è adiacente a un’area caratterizzata da cave a fossa colmate di rifiuti (es. la discarica Lo Uttaro) e di accumuli di rifiuti sulla superficie del suolo che ha già provocato l’inquinamento del suolo, sottosuolo e delle acque di falda, come evidenziato da indagini della Magistratura. La Cava Mastroianni è una cava a fossa con il fondo costituito da rocce permeabili; l’isolamento previsto alla base dei rifiuti non può essere credibilmente garantito per un periodo superiore a 15 anni. In tale quadro, il riempimento della cava determinerebbe un ulteriore inquinamento della sottostante falda (a m di profondità rispetto al fondo cava) che è ampiamente utilizzata nelle aree circostanti. Il sito non è palesemente idoneo per la realizzazione della discarica.

Il sito 9, località Ferrandelle nel Comune di Santa Maria La Fossa (CE) si trova nella parte centrale della pianura del Volturno caratterizzata da suoli fertilissimi, da una falda molto superficiale (a profondità variabile da 1 a 3 metri dal piano campagna) e da un sottosuolo costituito da sedimenti accumulatisi nelle ultime migliaia di anni, molto soffici e soggetti a rapide e consistenti deformazioni quando sono sottoposti a carichi. Tale area rappresenta un monumento ambientale per le particolari risorse naturali e produttive. La discarica già realizzata ha provocato un serio inquinamento ambientale, come evidenziato dalla magistratura. Il sito non è idoneo per le caratteristiche geologiche, idrogeologiche, geotecniche e ambientali e non può essere usato per la realizzazione di una discarica che garantisca il rispetto delle leggi, della salute dei cittadini e delle risorse idriche superficiali e sotterranee.

Attualmente e dopo 14 anni di presenza diretta dello stato per risolvere l'emergenza rifiuti, vi sono due sole discariche attive: quella di Savignano Irpino (AV) e quella di Sant'Arcangelo Trimonte (BN), ubicate nelle due province che producono meno rifiuti e che più differenziano. La discarica di S. Arcangelo Trimonte ha un'importanza strategica per la Campania. Deve essere ben chiaro che se non saranno pronte le vasche più capienti (che sono interessate dal dissesto), tra qualche mese sarà di nuovo emergenza regionale, dal momento che quattro discariche sono già attivate e in via di chiusura per problemi legati all’idoneità, ambientale. E’ semplice prevedere che fra alcuni mesi si satureranno le discariche di S. Arcangelo Trimonte e di Savignano Irpino e la Campania si troverà in una nuova ciclica emergenza ambientale.

Nelle foto sopra: la vasca del lotto 1 della discarica di S.Arcangelo Trimonte (BN) già completamente esaurita.