Unilinearità e convergenza della modernizzazione, che consiste nell’insieme dei seguenti processi: industrializzazione economia di mercato razionalizzazione.

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Unilinearità e convergenza della modernizzazione, che consiste nell’insieme dei seguenti processi: industrializzazione economia di mercato razionalizzazione.
Transcript della presentazione:

Unilinearità e convergenza della modernizzazione, che consiste nell’insieme dei seguenti processi: industrializzazione economia di mercato razionalizzazione differenziazione funzionale (complessità) urbanizzazione secolarizzazione interesse degli individui per l’autorealizzazione democratizzazione della vita politica nel quadro di Stati-nazione

I paesi del «terzo mondo» sono «sottosviluppati». A ostacolare lo sviluppo sono soprattutto fattori culturali, in particolare legati all’assetto «tradizionale» di queste società. Le teorie della modernizzazione sostengono politiche di «aiuti allo sviluppo».

Critiche alle teorie della modernizzazione Il concetto di tradizione va ulteriormente analizzato. I processi di modernizzazione non seguono ovunque lo stesso percorso, e non sono necessariamente convergenti. Le politiche dello sviluppo ispirate da queste teorie generano e rinforzano la dipendenza delle aree «sottosviluppate».

La modernità è essenzialmente un «programma». Presupposto di questo programma è il declino dell’idea di una indiscussa legittimazione degli ordinamenti sociali sulla base di prescrizioni naturali o divine.

Tale programma implica una concezione del futuro caratterizzata da un ampio e indeterminato numero di possibilità realizzabili attraverso l’autonomo agire degli esseri umani.

I presupposti di questo programma si radicano nella tradizione culturale giudaico-cristiana, riformulata nel protestantesimo e successivamente nell’illuminismo.

Questo programma si articola nella direzione di un controllo sempre più razionale ed efficace delle forze della natura, di un’emancipazione crescente dell’individuo da ciò che ne vincoli l’autonomia, e dell’affermazione del principio di un uguale diritto di ciascuno a partecipare alla realizzazione di questo progetto.

In Occidente, tuttavia, tale programma non è mai stato univoco. Sono sempre esistiti programmi di modernità alternativi fra loro (cioè una molteplicità di «eterodossie»). Fanno parte della modernità anche i movimenti comunisti e quelli nazi-fascisti.

Fuori dall’Occidente, la modernità si è imposta come una «sfida» per tutti. Il programma della modernità è stato incorporato in aree diverse in modo selettivo ed è stato variamente rifomulato.

I caratteri di tali riformulazioni dipendono: Dal momento storico e dai modi in cui la «sfida» si pone; dallo stato delle relazioni internazionali; dalle caratteristiche socio-economiche delle varie aree, e in particolare dai ruoli assunti delle élite locali; dalle visioni del mondo presenti nelle diverse «civiltà».

Nella prospettiva delle «modernità multiple» non vi è più alcuna modernità che sia «più autentica» delle altre (anche se quella occidentale resta per Eisenstadt storicamente la prima). Allo stesso modo, viene squalificata la nozione di modernità «imperfette». E modernità e occidentalizzazione non sono necessariamente sinonimi.

Eisenstadt è il rappresentante di una svolta attraverso cui la sociologia ha cercato di porsi all’altezza di un mondo globale. Si oppone a ciò che ha notato Di Meglio, cioè che tanto nelle teorizzazioni postmoderniste quanto in quelle relative a una tarda modernità, variamente aggettivata, persiste a tutt’oggi «uno sguardo rivolto pressoché esclusivamente al mondo occidentale, referente unico per la comprensione dei processi di formazione e trasformazione della modernità, che relega alla marginalità, storicamente e concettualmente, il resto del mondo».

Negli ultimi decenni Eisenstadt si è dedicato particolarmente alla comparazione storica delle civiltà «assiali».

Le «civiltà» sono combinazioni storicamente date e protratte nel tempo di certe visioni ontologiche e cosmologiche e di certi assetti istituzionali con queste coerenti.

Le civiltà «assiali» sono quelle sorte nella cosiddetta epoca assiale, grosso modo fra la seconda metà del primo millennio a.C. e i primi secoli d.C. Includono l’antico Israele e la cristianità, la Grecia dei filosofi classici, la prima Cina imperiale, la nascita del buddhismo, e, successivamente, l’Islam.

Si tratta di visioni che enfatizzano la differenza fra mondo immanente e mondo trascendente, e in vari modi propongono vie per l’adeguamento degli ordinamenti della vita nel mondo ai dettami posti dall’ordine trascendente.

Tali visioni comportano in ogni caso interpretazioni parzialmente differenti: comportano cioè lo sviluppo di eterodossie in competizione fra loro, radicate in gruppi sociali concorrenti.

Restano tuttavia alcuni problemi: La nozione di «civiltà» Le questioni del primato storico dell’Occidente e del carattere «endogeno» del suo sviluppo I rapporti di sovra e sotto-ordinazione fra le aree del mondo

- La nozione di civiltà ha il pregio di superare lo stato-nazione come unità di comparazione. Una «civiltà» è tuttavia molto difficile da delimitare. Specie oggi, la nozione rischia di far sottostimare i rapporti e le ibridazioni fra le diverse culture.

- Il primato storico dell’Occidente nella formazione della modernità non è messo in discussione. E in questa formazione si sottovalutano le interconnessioni fra Occidente e resto del mondo.

-Eisenstadt infine tende a badare relativamente poco alle relazioni di sovra e sotto-ordinazione fra le differenti aree del mondo. All’esame di queste relazioni è specificamente interessato l’approccio di Immanuel Wallerstein.

Il centro del sistema-mondo moderno corrisponde alle aree in cui si concentrano le attività che comportano il potere decisionale strategico, il controllo e l’amministrazione dell’economia, la ricerca finalizzata all’innovazione, e dove soprattutto si producono in regime oligopolistico i beni che generano i profitti maggiori.

Le periferie corrispondonoa situazioni di sostanziale subordinazione, dove si producono in regime concorrenziale beni che generano profitti minori.

In sintesi, la teoria delle modernità multiple si presenta come uno sforzo di ripensare criticamente la nozione di modernità e di superare l’eurocentrisimo delle scienze sociali, ma resta decisamente ancorata alla visione dei classici (specie Weber).

Dipesh Chakrabarty (Kolkata, India, 1948) appartiene originariamente al collettivo dei subaltern studies indiani.

«Provincializzare l’Europa» significa riconoscere che l’Europa è una parte del mondo, e che il suo pensiero non è necessariamente il pensiero universale.

Scrive Chakrabarty che le categorie del pensiero sociale elaborate in Occidente sono oggi allo stesso tempo «indispensabili e inadeguate» per comprendere il mondo.

Fra gli studiosi dell’Occidente e quelli di altre aree è esistita fino ad oggi una asimmetria: «Gli storici del terzo Mondo sentono il bisogno di fare riferimento a opere sulla storia europea; gli storici europei non sentono alcun bisogno di contraccambiare».

Le elaborazione delle scienze sociali «sono state create nell’ignoranza relativa, e a volte assoluta, della maggior parte dell’umanità - di coloro cioè che vivono all’interno delle culture non occidentali».

Per quanto riguarda la storia della modernità, questa è stata considerata usualmente, per quanto riguarda l’India, come una modernità «incompleta». La modernizzazione viene così concepita come la storia futura di «qualcosa che è già successo altrove». Ogni originalità, in una prospettiva del genere, è negata.