Laboratorio di ecfrastica 2 Clementina Gily
Leggendo la tela da sinistra a destra troviamo Mercurio, le Tre Grazie, Cupido, Venere, Flora, Cloris e Zefiro
denominata "Primavera" (da Giorgio Vasari; nel lo si chiamava Giardino di Atlante o Giardino delle Esperidi, nell’800 Giudizio di Paride La tela di Botticell iva messa in relazione con la venuta di Poliziano a Firenze nel 1480, su invito di Lorenzo il Magnifico. E’ sintesi iconografica del testo didascalico del retore africano del V secolo, Marziano Capella: "Le nozze di Filologia e Mercurio". La Venere pandemia diventa la Filologia, e la tela acquista un senso pedagogico, di invitare il neosposo Lorenzo di Pierfrancesco, giovane cugino del Magnifico che impalmava Semiramide Appiani nel 1482, per incitarlo allo studio della Retorica, la Flora. Aby Warburg nel 1893 ricordò la speranza di Alberti di veder dipinte le Tre Grazie (ispirandosi a un testo di Seneca) e La Calunnia di Apelle: quest’ultima è appunto un’opera eseguita da Botticelli, ispirandosi ai Fasti e Metamorfosi di Ovidio, all’Orfeo e le Stanze di Poliziano, al Ninfale fiesolano di Boccaccio. Venere, al centro del quadro, ritrae la Venus del De Rerum Natura di Lucrezio. Warburg indica nel dipinto l’immagine letteraria de Il regno di Venere (propone questo titolo) la dea al centro ha regale ornamento e posa i piedi sulla variegatissima fioritura, Mercurio che scaccia le nuvole, le Grazie simbolo della bellezza giovanile e il vento di ponente che fa spargere fiori a Flora. Propose anche, in rapporto alle Stanze, che la Primavera ritraesse Simonetta Vespucci, amata da Giuliano dei Medici, madrina della giostra del 1476 vinta da Giuliano, morta di tisi a ventitré anni.
Panofsky e Gombrich Panofsky accetta la tesi, ma osserva che Mercurio volge le spalle alle Grazie, non le accompagna. Se uniamo la Nascita di Venere e la Primavera come descrizione delle due Veneri, Pandemia e Celeste, Mercurio, ch’è solo nella Primavera e manca in Poliziano, fa da intermediario fra i mondi, è il “dio della Ragione” che rimane esclusa dall’Amor divinus (la Nascita di Venere): si autoesclude perciò dall’Amor humanus: ma ciò cambia il senso del Regno di Venere. Nel 1945 Gombrich prende in considerazione la filosofia neoplatonica nella lettura: la Primavera sarebbe stata dipinta fra il 1477 e il 1478 per Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici, ramo collaterale e non principale della famiglia; il ritrovamento del documento datato 1499 in cui si registra la Primavera, insieme alla Minerva e il Centauro, nel palazzo di Lorenzo di Pierfrancesco in via Larga, gli dà ragione. Gli elementi per la comprensione del quadro sarebbero allora in una lettera - oroscopo di Ficino al giovanissimo Lorenzo: l’esortazione a seguire Venere, simbolo di “umanità”, cultura, raffinatezza, la Venere-Humanitas; e anche a dirigere la mente a Mercurio, il buon consiglio, la ragione e la conoscenza: una sorta di quadro sermone della dottrina dell’umanesimo. I personaggi e le figure del quadro si riferirebbero a quelli contenuti nel Giudizio di Paride, all’interno dell’Asino d’oro: come Paride sceglie Venere nel testo di Apuleio, così Lorenzo è invitato ad eleggere Venere-Humanitas come la più bella, interagendo con la tela e con i suoi personaggi e andando così a completare il senso del quadro (questo “meccanismo scenico” era assolutamente tipico degli spettacoli di corte). Gombrich riconosce la matrice neoplatonica su cui basa la sua indagine, non modelli letterari frammentari, ma una visione organica.
Wind e Lightbrown Wind pone alla base del significato del quadro proprio la costellazione Ficino-Poliziano-Botticelli: La triade dinamica specifica della metafisica neoplatonica emanatio-conversio-remeatio (processione, conversione, ritorno), che esplica il movimento degli esseri dall’Uno. Da questa prospettiva la triade delle figure a destra si ricollega con la triade delle figure a sinistra, i due momenti dialettici dell’amore mediati da Venere. Al centro la figura di Venere-Psyché – e Mercurio è l’ingegno rivelatore di conoscenze segrete: infatti scaccia le nubi che offuscano e confondono la mente; Zefiro, alla destra, rappresenta l’altra forza dell’amore: Mercurio la ragione, Zefiro la passione. Tutte queste tesi fondano nei medesimi modelli letterari (Ovidio, Seneca, Boccaccio, Lorenzo il Magnifico, Poliziano) e nel Neoplatonismo. Lightbown se ne stacca: il messaggio della Primavera sarebbe squisitamente primaverile nel matrimonio fra Lorenzo di Pierfrancesco con Semiramide Appiani, e la presenza di Mercurio si spiegaperché è “dio della primavera”, se il nome di maggio deriva da Maia, sua madre
Ed ancora Martina Mazzetti, Università degli Studi di Pisa, Reale considera quest’interpretazione forzata: Warburg parla di “lieve brezza”, ma è un forte e violento vento, che curva gli alberi di alloro Giovanni Reale integrando col Platone noto al tempo descrive il Genio alato Zefiro come poetica del furor, "divina mania", ispirazione del dio.