GIOVANNI BOCCACCIO – LA VITA Nacque a Certaldo (o forse a Firenze) nel 1313 e morì sempre a Certaldo nel Nacque come figlio illegittimo di Boccaccino di Chelino, uno dei tanti audaci mercanti che, nel XIV secolo, diffondevano in Europa la potenza economica di Firenze: era una gente nuova rispetto al mondo religioso del passato, rivolta con spregiudicato realismo a interessi concreti che non si basavano soltanto sul denaro, ma comprendevano l’esigenza di una vita libera e intelligente. Boccaccio fu presto influenzato da questo ambiente borghese, ma, più tardi, per nobilitare le sue origini, scrisse d’essere nato a Parigi da un’aristocratica dama di corte: in realtà, la madre è rimasta sconosciuta e non sono del tutto certe neppure le prove della nascita a Certaldo. Visse a Firenze con il padre e, all’età di 7 anni, quando il padre si sposò, ebbe una matrigna, con la quale, però, non ebbe mai un vero rapporto d’affetto.
Verso il 1327, con il padre, che nel frattempo era diventato socio della banca dei Bardi, si trasferì a Napoli, dove si impratichì nell’attività mercantile. I primi anni in quel mondo sconosciuto non furono lieti. Napoli, però, era una città particolare: favorita dalla sua posizione nel Mediterraneo, era divenuta il più grande centro commerciale d’Italia ed uno dei più importanti centri culturali europei, aperto agli influssi dell’Occidente cristiano e dell’Oriente arabo e bizantino. Costumi e tradizioni diverse si mescolavano in nuove esperienze umane che all’impulso verso un mondo libero e gioioso univano l’interesse per la vita operosa degli affari. DecameronCosì, al suo posto di lavoro, in una succursale della banca dei Bardi, giungevano all’ancor giovanissimo Boccaccio una varietà di stimoli umani che lo assorbirono completamente. Questo mondo multiforme e colorito invitò Boccaccio all’osservazione dei più diversi tipi umani e divenne lo sfondo caratteristico di molte novelle del Decameron.
Ma Napoli non era solo il piacere istintivo di una pittoresca confusione: sotto il regno di Roberto d’Angiò era fiorito un mondo di cultura e assieme di raffinata spensieratezza che attirò irresistibilmente il Boccaccio. Pertanto, egli partecipò con piena adesione alla splendida vita di corte e a quella non meno luminosa dell’università. Dopo sei anni di attività mercantile, chiese a suo padre di poter dare un corso diverso alla sua vita, ma il padre lo obbligò comunque a studiare diritto canonico. Nonostante le imposizioni paterne, Boccaccio continuò gli studi letterari, mentre un lieto amore accrebbe la luminosità di quegli anni. (Caccia di Diana; Filostrato; Filocolo; Teseida).Non si sa chi fu la donna che Boccaccio amò appassionatamente e che cantò in poesia col nome di Fiammetta: forse fu Maria d’Aquino, figlia di Roberto d’Angiò, ma, chiunque sia stata, diede grande felicità alla vita di Boccaccio che per lei scrisse rime e poemetti (Caccia di Diana; Filostrato; Filocolo; Teseida).
Dopo qualche tempo, però, Fiammetta abbandonò Boccaccio per altri amori e lo scrittore riuscì a superare la delusione solo con l’impegno negli studi. Nel 1340 la banca dei Bardi subì un disastroso fallimento e il Boccaccio, richiamato a Firenze dal padre trascinato nella rovina, dovette dare l’addio ad un mondo che non avrebbe dimenticato mai più. Firenze, chiusa tra palazzi medievali e tra le vie anguste dove la vita scorreva lenta e silenziosa, gli apparve troppo malinconica e si sentì estraneo alla gretta moralità, all’esclusivo affarismo economico della città; per di più, senza l’appoggio del denaro paterno, erano insorte preoccupazioni finanziarie che l’avrebbero accompagnato per tutta la vita. Il ninfale fiesolanoL’amorosa visioneElegia di Madonna FiammettaIl ritorno a Firenze non interruppe però l’attività poetica del Boccaccio: il mondo luminoso di Napoli era dentro di lui e continuò a ispirargli opere come Il ninfale fiesolano, L’amorosa visione e, soprattutto, l’ Elegia di Madonna Fiammetta, dove tornano le gioiose fantasie, le consuetudini gentili, gli slanci della giovinezza napoletana.
Per di più la sua casa divenne centro di studi latini e greci ed il Boccaccio ebbe quindi il merito di aver collaborato al recupero di un’antica cultura che il Medioevo aveva perduto nello sfacelo dell’impero romano. DecameronNel 1348, l’anno della grande peste che fa da sfondo al Decameron, fece parte degli “Otto dell’Abbondanza”, che avevano il compito di attuare provvedimenti contro l’epidemia. In seguito, il Comune fiorentino gli affidò altri incarichi: così nel 1350 fu ambasciatore in Romagna con il compito, fra l’altro, di consegnare alla figlia di Dante, monaca a Ravenna, 10 fiorini d’oro come risarcimento dei danni subiti per l’esilio del padre. Nel 1351 fu eletto camerlengo (amministratore) del Comune ed inviato a Padova per offrire al Petrarca una cattedra di insegnamento presso l’università fiorentina.
CorbaccioA Padova strinse col Petrarca una profonda amicizia che ebbe molta importanza per la sua vita, perché gli fece affiorare un desiderio di raccoglimento interiore: era l’inizio di crescenti preoccupazioni morali, testimoniate dal Corbaccio, un poemetto scritto verso il 1355 dove il Boccaccio respinge il mondo degli amori spensierati, denunciandone il ridicolo e l’immoralità. Decameron De genealogiis deorum gentiliumLo slancio colorito dell’ispirazione, comunque, rimase sempre lo stesso: infatti, tra il 1349 ed il 1360, egli non solo scrisse il suo capolavoro, il Decameron (iniziato nel 1349 e terminato nel 1351), ma anche varie opere in latino di carattere profano come il De genealogiis deorum gentilium (un vero e proprio trattato di mitologia). Nel frattempo, ebbe incarichi diplomatici e dovette recarsi nel Tirolo dal re di Baviera, ad Avignone dal papa Innocenzo VI, a Milano e a Roma. Fu inoltre a Napoli, due volte, ma ne tornò deluso.
Si accentuavano inoltre le preoccupazioni morali, sottolineate nel 1362 da un episodio inquietante: in una sera tempestosa, bussò alla sua casa un monaco e gli dichiarò che un frate senese, morto da poco in fama di santità, l’aveva incaricato di ricordargli che era prossima l’ora della morte e che doveva convertirsi dagli studi profani al mondo religioso. DecameronQuesta visita accelerò una crisi che già la stanchezza degli anni, le malattie e le delusioni di una precoce vecchiaia avevano maturato. Boccaccio accrebbe le pratiche religiose e fu sul punto di distruggere i suoi scritti profani, compreso il Decameron : dovette intervenire Petrarca che, esortandolo a non cedere a suggestioni superstiziose, salvò le sue opere. Trattatello in laude di Dante La Divina CommediaRitiratosi a Certaldo, Boccaccio si dedicò a studi danteschi (già nel 1358 aveva iniziato il Trattatello in laude di Dante, al quale lavorò fino agli ultimi anni di vita) e nel 1372 ebbe l’incarico dal Comune fiorentino di commentare La Divina Commedia nella chiesa di Santo Stefano a Badia.
Dopo pochi mesi, però, dovette interrompere le letture per la malferma salute. Ormai, al più gioioso cantore della vita che abbia mai avuto la nostra letteratura, non restò che una triste povertà a Certaldo e, infine, una morte malinconica il 21 dicembre Decameron Racconti di CanterburyDecameronGià prima della morte, le opere di Boccaccio ebbero grande diffusione, specialmente il Decameron, che influì perfino sulle nascenti letterature di alcuni paesi europei (basta citare l’inglese Geoffrey Chaucer, che probabilmente si ispirò al capolavoro boccacciano per i suoi celebri Racconti di Canterbury ). Inoltre, nel XVI secolo il Decameron divenne base fondamentale della lingua italiana e servì da modello a molti scrittori dei secoli successivi.
Ritratto di Giovanni Boccaccio Il Decameron
La casa di Boccaccio a Certaldo
La brigata del Decameron
I giovani protagonisti del Decameron in un dipinto di John William Waterhouse, A Tale from Decameron, 1916, Lady Lever Art Gallery, Liverpool John William WaterhouseLady Lever Art GalleryLiverpoolJohn William WaterhouseLady Lever Art GalleryLiverpool
Botticelli, Nastagio incontra la donna e il cavaliere nella pineta di Ravenna, Prado, Madrid PradoMadridPradoMadrid
Botticelli, Uccisione della donna, Prado, Madrid PradoMadridPradoMadrid
Botticelli, Il banchetto nel bosco, Prado, Madrid PradoMadridPradoMadrid
Botticelli, Nozze di Nastagio degli Onesti, FirenzeFirenze, Palazzo Pucci Palazzo Pucci FirenzePalazzo Pucci
GIOVANNI BOCCACCIO – LE OPERE OPERE DEL PERIODO NAPOLETANO ( ): Scritti che si rivolgono ad un pubblico cortese, in cui acquistano grande rilievo le donne. CACCIA DI DIANA: CACCIA DI DIANA: poemetto in terza rima di 18 canti, che riprende due schemi allora molto diffusi, quello dell’elogio rassegna delle belle della città e quello della descrizione della caccia. FILOCOLO: FILOCOLO: romanzo in prosa in cinque libri, opera di fortuna europea. Si presenta come risposta ad una richiesta della donna amata, Fiammetta, che avrebbe chiesto all’autore di comporre un libretto sulle vicende dell’amore di Florio e Biancifiore, storia di due amanti che ebbe grande fortuna nella tradizione romanza. Su tale materia, Boccaccio operò un’eccezionale amplificazione narrativa, tematica, stilistica. Al nucleo originario, di estrema semplicità, sovrappone lo schema del romanzo greco- alessandrino; quindi, moltiplica antefatti, peripezie, viaggi, pericoli, digressioni. E’ un’opera piena di artifici retorici.
FILOSTRATO: FILOSTRATO: poemetto in ottave (strofe composte da otto endecasillabi), che fissa un modello di uso narrativo dell’ottava, essenziale per tutta la letteratura italiana fino al Il tema è ricavato dai romanzi del ciclo troiano, ma si limita ad un unico episodio, quello dell’amore del giovane Troiolo, figlio di Priamo, per la bella vedova greca Criseida, prigioniera a Troia. TESEIDA DELLE NOZZE D’EMILIA: TESEIDA DELLE NOZZE D’EMILIA: altro poema in ottave in dodici libri, dedicato a Fiammetta. E’ una narrazione che attinge a vicende del ciclo tebano, ma si concentra sulla contesa tra due tebani prigionieri ad Atene, Arcita e Palemone, legati da una forte amicizia, che si innamorano entrambi della bellissima Emilia, ex amazzone e cognata di Teseo, e si conclude con la morte di Arcita e le nozze tra Emilia e Palemone.
OPERE DEL PERIODO FIORENTINO (dal 1341 in poi): Il ritorno a Firenze induce Boccaccio a tentare una letteratura capace di legare l’orizzonte cortese, in cui egli si è mosso negli anni precedenti, all’ambiente della sua città ed alla sua ricca tradizione. COMMEDIA DELLE NINFE FIORENTINE: Ninfale d’Ameto COMMEDIA DELLE NINFE FIORENTINE: testo che alterna prosa e poesia, diffuso più tardi col titolo inesatto di Ninfale d’Ameto. E’ un omaggio a Firenze ed alle donne fiorentine. Boccaccio trasferisce gli schemi di rappresentazione del mondo pastorale (descrizione di una natura gradevole, fatta di paesaggi boscosi, ma accogliente e serena) nelle colline nei pressi di Firenze, dove il pastore Ameto si intrattiene con sette ninfe, devote di Venere, innamorandosi di Lia e trasformandosi da “animale bruto” in “uomo”. AMOROSA VISIONE: Triumphi AMOROSA VISIONE: poema in terza rima in cinquanta canti, in più stretto rapporto con la tradizione dell’allegoria medievale. Sotto lo schema del sogno e del trionfo allegorico, che sarà ripreso nell’incompiuto poema del Petrarca ( Triumphi ) ed in molte opere letterarie e figurative del 1400, Boccaccio ci presenta una specie di catalogo-enciclopedia dei comportamenti umani e delle figure storiche e leggendarie. L’opera si conclude con l’incontro, ambiguo e pieno di sorprese, tra il poeta e Fiammetta.
ELEGIA DI MADONNA FIAMMETTA: ELEGIA DI MADONNA FIAMMETTA: opera che costituisce la sintesi di motivi amorosi, cortesi e classicistici della produzione giovanile. Scritta forse tra il 1343 ed il 1344, sotto forma di una lunga lettera in prosa rivolta da Fiammetta alle “innamorate donne”, essa riprende i moduli dell’elegia erotica latina, amplificandone la misura. Qui Boccaccio attribuisce direttamente la parola ad una voce femminile: la donna non è rappresentata come “oggetto d’amore”, ma come soggetto che parla, come amante abbandonata e disperata che si manifesta ad altre donne per suscitare la loro compassione e consolarsi così della propria sofferenza. Evidenti sono i riferimenti autobiografici: a parlare è Fiammetta, la donna amata a Napoli, che parla del suo amore per un giovane fiorentino di nome Panfilo, alter ego dell’autore. NINFALE FIESOLANO: Decameron NINFALE FIESOLANO: poemetto in 473 ottave, scritto tra 1344 e 1346, poco prima del Decameron. Poemetto che vuole essere un omaggio a Firenze: sotto il segno di Amore, si raccontano le origini di Fiesole e di Firenze, fondate dai discendenti di Africo e Mensola. La parte più ampia e più intensa della narrazione è dedicata appunto all’amore di Africo e Mensola ed alla loro infelice fine.
DECAMERON: DECAMERON: E’ una raccolta di 100 novelle, iniziata subito dopo la fine delle peste che colpisce Firenze nel L’opera è conclusa già nel 1351 (o nel 1353 secondo altri critici). Il titolo viene dal greco e significa “dieci giornate”. Dopo il Proemio, in cui l’autore si rivolge alle donne per dedicare loro l’opera, comincia la Prima giornata. Ogni giornata è introdotta da una rubrica che ne sintetizza il tema; inoltre ogni novella è presentata da una rubrica che ne riassume il contenuto. Abbiamo così, in totale, dieci rubriche di giornate e cento rubriche di novelle. Mentre nel Proemio e nell’introduzione che apre la Prima giornata è l’autore a parlare in prima persona, le novelle sono raccontate da 10 novellatori. Nel complesso, l’opera risulta perciò strutturata a 3 livelli: una “super-cornice”, in cui protagonista e narratore è l’autore; una “cornice”, in cui protagonisti e narratori sono i 10 novellatori. La “cornice”, poi, serve da contenitore alle 100 novelle, in cui protagonisti sono i personaggi delle trame narrate.
Nel complesso, l’autore parla in prima persona soltanto in 3 punti dell’opera: all’inizio (in un breve proemio rivolto alle donne e nell’introduzione alla Prima giornata); nell’introduzione alla IV giornata (in cui difende lo stile umile della sua opera contro le critiche di chi lo accusa di volere troppo piacere alle donne e di metterle al centro del suo discorso); in una breve conclusione (in cui si prevengono altre possibili critiche moralistiche all’opera e si esaltano la varietà della materia narrata, la molteplicità dei pareri e dei punti di vista, la stessa mutabilità delle cose del mondo). La vicenda della cornice prende spunto dalla peste che devasta Firenze. In questa atmosfera di devastazione materiale e di dissoluzione morale, una brigata di 10 giovani, 7 donne e 3 uomini, decidono di recarsi fuori città, in un palazzo del contado, e di passare il tempo passeggiando, scherzando e raccontando novelle.
I giovani restano fuori città per due settimane, ma di questi 14 giorni solo 10 sono impegnati nelle novelle. Infatti, il novellare viene interrotto il venerdì ed il sabato di ciascuna settimana. La brigata decide di eleggere ogni giorno un re o una regina che avranno il compito di decidere l’organizzazione della giornata e l’argomento delle novelle. Restano senza argomento preciso solo la Prima giornata e la Nona. DecameronI temi dominanti nel Decameron sono l’amore, l’intelligenza, la fortuna e il loro reciproco rapporto.
LA STRUTTURA DEL DECAMERON I giornataMercoledì Regina Pampinea Tema: libero I giornataMercoledì Regina Pampinea Tema: libero II giornataGiovedì Regina Filomena Tema: il potere della fortuna II giornataGiovedì Regina Filomena Tema: il potere della fortuna III giornataDomenica Regina Neifile Tema: il potere dell’ingegno o dell’industria III giornataDomenica Regina Neifile Tema: il potere dell’ingegno o dell’industria IV giornata Lunedì Re Filostrato Tema: amori infelici IV giornata Lunedì Re Filostrato Tema: amori infelici V giornata Martedì Regina Fiammetta Tema: amori felici V giornata Martedì Regina Fiammetta Tema: amori felici VI giornata Mercoledì Regina Elissa Tema: motti di spirito e risposte argute VI giornata Mercoledì Regina Elissa Tema: motti di spirito e risposte argute VII giornata Giovedì Re Dioneo Tema: beffe ai mariti VII giornata Giovedì Re Dioneo Tema: beffe ai mariti VIII giornata Domenica Regina Lauretta Tema: altre beffe VIII giornata Domenica Regina Lauretta Tema: altre beffe IX giornata Lunedì Regina Emilia Tema: libero IX giornata Lunedì Regina Emilia Tema: libero X giornata Martedì Re Panfilo Tema: esempi di liberalità e di magnificenza X giornata Martedì Re Panfilo Tema: esempi di liberalità e di magnificenza
CORBACCIO: Corbaccio CORBACCIO: è un breve e violento scritto in prosa volgare, sulla cui data di composizione non si hanno informazioni precise (forse il 1355?); incerto è anche il significato del titolo (corvaccio?). All’origine dello scritto è forse qualche sfortunato amore senile dell’autore ed il desiderio di vendicarsi di qualche donna. Il Corbaccio vuole, con evidente rottura rispetto alla produzione precedente, sottolineare l’estraneità del maturo uomo di studi nei confronti del “porcile di Venere”. E’ pertanto una sorta di amarissimo addio al mondo amoroso e cortese, ai suoi incantevoli richiami. TRATTATELLO IN LAUDE DI DANTE: TRATTATELLO IN LAUDE DI DANTE: è la prima ampia biografia di Dante e la più importante, insieme a quella dell’umanista Leonardo Bruni, successiva, però, di un secolo (1456). Benché le notizie biografiche siano state raccolte dall’autore con grande solerzia, non mancano informazioni fantasiose.
OPERE IN LATINO: Decameron Buccolicum Carmen Genealogia deorum gentilium (Genealogia degli dei pagani) Dopo il Decameron, per la frequentazione con Petrarca, Boccaccio si dà allo studio della letteratura classica. La sua produzione poetica in lingua latina è comunque ridotta (degno di nota solo il Buccolicum Carmen ), mentre i trattati in prosa latina si presentano tutti come cataloghi di situazioni, vicende, figure letterarie e sono vicini ad alcuni trattati di Petrarca. Il più importante tra essi è la Genealogia deorum gentilium (Genealogia degli dei pagani), un repertorio di mitologia classica.