La crisi finanziaria 2008 (-x?) La crisi del sistema bancario Luisa Giallonardo Università dell’Aquila
La storia si ripete: una nuova Grande Depressione? Anni ‘ Fallimenti delle imprese Caduta generale dei prezzi Salvataggi delle banche attraverso il riacquisto di mutui e le ricapitalizzazioni Possibilità di attuazione politiche economiche espansive Lentezza di intervento da parte dei Governi e delle Banche Centrali Effetti devastanti – tasso di disoccupazione negli USA 25% Tassi d’interesse ai minimi Shock interno al sistema finanziario Crollo del mercato immobiliare, ma non dei prezzi al consumo Ricapitalizzazioni sì, ma i mutui da riacquistare sono diventati strumenti strutturati complessi Difficoltà di attuazione politiche economiche espansive Maggiore consapevolezza nell’individuazione delle aree di intervento La caduta del tasso di disoccupazione prevista si ferma al 10% Alti tassi d’interesse
Crisi del sistema bancario Krugman ha individuato 4 fasi della crisi. Prima ancora di quelle: A)Quantità e qualità dei prestiti – spesso le garanzie non erano abbastanza adeguate e con la cartolarizzazione si è ridotto l’incentivo delle banche a valutare correttamente l’affidabilità del cliente prenditore di fondi. B)Shadow banking system - attività bancaria effettuata fuori bilancio oppure da istituzioni non bancarie, quindi in entrambi i casi non soggetta a regole. Sfruttamento della leva finanziaria senza far ricorso al proprio capitale. Si è prestato denaro altrui.
Le 4 fasi di Krugman 1)Lo scoppio della bolla immobiliare; 2)Inadeguatezza del capitale delle banche per far fronte ai debiti; 3)Incapacità delle banche di erogare credito; 4)Vendita da parte delle banche degli asset garantiti da ipoteca con ulteriore riduzione del loro valore.
Fase 1) La bolla immobiliare Figura 1. Variazione percentuale prezzi reali delle case:
La bolla immobiliare è stata accompagnata negli ultimi 20 anni dalla bolla del credito, con un aumento del rischio di illiquidità e di insolvenza Sono cresciute così le attività a rischio delle banche e i profitti Figura 2. Banche Usa: totale attivo e profitti in percentuale del Pil Fase 1) La bolla immobiliare
Fase 2) Il capitale non è adeguato Figura 3. Esposizione delle banche americane alle attività a rischio in percentuale del capitale tangibile
Il capitale è cresciuto in proporzione alle attività ponderate per il rischio (regole Basilea – 8% di esse) e non in base a valutazioni sulla qualità di tutte le attività; Alcune attività fruttifere venivano considerate prive di rischio, mentre non lo erano Il rischio delle attività non è stato adeguatamente valutato, perché quelle attività spesso avevano come sottostante altre attività più rischiose (“titoli tossici”) Il rischio dei mutui era sottovalutato, perché basato su ipoteche il cui valore si era svuotato Tra le attività delle banche c’erano anche quelle immateriali (avviamenti pagati nei processi di acquisizione), che dipendono dai prezzi di borsa. Fase 2) Il capitale non è adeguato
Figura 4. Banche europee: rapporto fra attività ponderate per il rischio e attività totali. Fase 2) Il capitale non è adeguato
Figura 5. Importanza dei prodotti della finanza strutturata per le agenzie di rating (in milioni di dollari). Fase 2) Il capitale non è adeguato
Altri limiti degli accordi di Basilea Troppo orientati al rischio di credito. Trascurano gli altri tipi di rischio (rischio di liquidità, di mercato, operativo); Creano prociclicità, in quanto una recessione comporta tassi di insolvenza più elevati, ma anche peggioramenti del rating e quindi aumenti del capitale minimo richiesto, con conseguente minor credito concesso. Basati sul principio secondo cui il mercato è più efficiente delle autorità nel determinare i rischi e il capitale necessario per assicurare stabilità; Il ricorso da parte delle banche a società di revisione per il rispetto degli accordi, rende il sistema bancario solo apparentemente eccessivamente regolamentato, dando una falsa impressione di sicurezza al mercato. Fase 2) Il capitale non è adeguato
Per migliorare il rapporto le banche devono contrarre l’offerta di credito - fase di “deleveraging”, cioè di riduzione del volume di rischi per unità di capitale; le banche devono raccogliere maggiore capitale; la percezione del rischio da parte del mercato deve essere più ottimistica, in modo tale che il capitale torni ad essere più adeguato all’esposizione. Ma l’ultima condizione è conseguenza delle altre. Fase 2) Il capitale non è adeguato
Situazione ultimo anno secondo il FMI Gli aumenti di capitale sono stati inferiori alle perdite. Ciò significa che il capitale dopo un anno è risultato ancora più basso di quanto era. Non solo dunque il mercato non è affatto diventato più ottimista nei confronti delle banche, ma è aumentato il pessimismo. Figura 6. Minusvalenze bancarie (writedowns) e aumenti di capitale delle banche nel 2007 Fase 2) Il capitale non è adeguato
Aumentare il capitale è costoso Le emissioni di nuove azioni comportano un alto premio per il rischio, che fa ridurre il prezzo delle azioni Le modifiche dell’azionariato spesso non sono ben viste L’acquisto di azioni proprie richiede ampia liquidità Fase 2) Il capitale non è adeguato
Fase 3: Riduzione dell’offerta di credito E’ scoppiata così anche la bolla del credito Per mancanza di liquidità, per mancanza di fiducia, per ristabilire il giusto rapporto capitale/attività a rischio La “stretta creditizia” che ne è derivata è andata ad accentuare la crisi finanziaria ed avviare la recessione
Fase 4: la vendita dei “titoli tossici” Le quotazioni delle attività delle banche sono crollate I prezzi delle azioni delle banche sono crollati a loro volta
Il problema del rating Il rapporto tra agenzie di rating e banche di investimento era degenerato. Le seconde si sono messe alla ricerca di titoli migliori, imparando a produrre i titoli più rischiosi, e quindi più redditizi, tra quelli che potevano essere classificati con un rating AAA, in forma di ABS (Asset Backed Securities), lanciando al mercato dei falsi segnali. Fase 4) La vendita dei “titoli tossici”
Ripercussioni sul mercato europeo Le istituzioni finanziarie europee possedevano larghe quote degli asset delle banche statunitensi Colossi assicurativi americani (es. AIG) assicuravano i crediti dei clienti di banche europee. Come conseguenza sono crollati i prezzi delle azioni delle banche europee Fase 4) La vendita dei “titoli tossici”
Le maggiori difficoltà si sono riversate sul mercato interbancario, che si è bloccato a causa della scarsa fiducia delle banche nella capacità di solvibilità delle altre banche. Se una banca sa che un’altra banca non è in grado di prestare liquidità sul mercato interbancario, allora si terrà strette le sue riserve liquide e così il mercato interbancario risulta bloccato. Come conseguenza il tasso di interesse interbancario resta alto, nonostante gli sforzi della BCE. Quest’ultima è intervenuta annunciando un taglio dei tassi e aumentando i prestiti forniti alle banche, ma i tassi interbancari (Euribor) non sembrano reagire a tali misure. Il mercato bancario europeo
Perché in Europa i tassi interbancari non si riducono? Siamo in una situazione di trappola della liquidità keynesiana? In trappola della liquidità i tassi d’interesse sono molto bassi, come è accaduto nel ’29. Qualunque iniezione di liquidità sul mercato viene assorbita senza che i tassi varino. Essi sono infatti talmente bassi che si preferisce detenere tutta la liquidità aggiuntiva in forma di moneta. In Europa i tassi sono alti, ma la liquidità aggiuntiva non li fa comunque ridurre. Il mercato bancario europeo
La trappola c’è, ma a tassi alti Questa volta la trappola deriva da una mancanza di fiducia verso il sistema bancario e non da un tasso d’interesse troppo basso che fa preferire la detenzione di moneta alle attività alternative. Il mercato bancario europeo
E in Italia? Le nostre banche tra le più capitalizzate con esposizione non molto elevata ad un settore immobiliare in crisi Eventuali ricapitalizzazioni tuttavia sarebbero più difficili da attuare, essendo le banche molto avverse alle modifiche dell’azionariato (es. Unicredit, tuttavia ha accettato questa soluzione)
Conclusioni Errori delle banche tra il 2003 e il 2007: acquisizione prestiti ipotecari americani senza controllo, con prezzi immobili alle stelle Dall’agosto del 2007 le banche non hanno riconosciuto le loro perdite, negando l’evidenza. La crisi del 2008 (fallimento Lehman Brothers e necessità di salvataggi di altre istituzioni) rende il mercato consapevole dell’esistenza di quelle perdite e ciò è il necessario presupposto per potervi porre rimedio.