1 Sociologia economica del welfare Piera Rella -23 marzo corso di laurea in Programmazione Gestione e Valutazione dei Servizi Sociali PROSS- I anno 12 crediti formativi (inclusi 6 Accorinti sul welfare locale) – gruppo disciplinare SPS/09 Dal 2 marzo al 26 maggio Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Ricevimento stanza B12 dopo la lezione di giovedì
calendario 30 marzo NO LEZIONE il 31marzo facciamo lezione: alle 14 Accorinti e alle 16 Rella il 6 aprile ore 15 I esonero.
Abbiamo visto settimana scorsa Trasformazione dei rischi sociali e stazionarietà del welfare -il primo capitolo del testo a cura di Ascoli, Il welfare in Italia Le politiche socio assistenziali di Yuri Kazepov (cap. 4 ) con alcune integrazioni da Madama
Conclusioni Kazepov La sussidiarietà non deve trasformarsi in una forma passiva di delega delle responsabilità: si rischia impoverimento e sovraccarico famiglie Leps potrebbero essere strumenti contro la distorsione particolaristica, creatori di diritti, ma non vengono definiti Manca una visione lungimirante delle politiche sociali come investimento sul benessere della società
Un bilancio di 15 anni di riforme in base a 4 obiettivi Commissione Onofri (Madama, 2010) 1. Una politica organica e inclusiva di lotta alla povertà? Frammentazione interventi con ampia differenziazione requisiti d’accesso (Ise non sempre utilizzato) Rmi, l’innovazione più interessante - La sperimentazione fatta proprio in contesti “difficili” per migliorare lo strumento sarebbe venuta a costare a livello nazionale dai 2,2 mld ai 3 nel 2001, meno dei 10 mld spesi in pensioni di invalidità Tolto l’Rmi la povertà è poco ridotta dal welfare italiano: contano soprattutto pensioni sociali e poco gli altri trasferimenti → rischi più elevati che in altri paesi Ue per minori e working poor (qui è peggio negli altri paesi meridionali)
2. Il mancato rilancio dei servizi sociali Rimane preferenza accordata ai trasferimenti Sola eccezione i nidi raddoppiati in un decennio (i privati decuplicati, i pubblici + 30%) senza coprire tutte le necessità Servizi non sanitari: l’Italia in posizione marginale in Ue → famiglie a strutture per anziani private e a badanti
3.Lep e disomogeneità territoriali: quali progressi La legge quadro del 2000 prevedeva un tavolo tecnico governo, Regioni, enti locali → risultati sintetizzati da Maroni nel 2004 in un documento che non fu approvato per contrasti politici tra Regioni e per la decurtazione del Fondo nazionale per le politiche sociali Il Centro sinistra stabilì i Lep per gli asili nido, ma nel % asili al Sud e 26% in Emilia Romagna → cittadinanza sociale differenziata a livello territoriale
4. Andamento delle risorse del FNPS destinate al welfare locale Fonte: Ministero del lavoro e delle politiche sociali 2011 (Burgalassi, 2014)
La spesa socio-assistenziale aumento o contrazione? Rimane distorsione allocativa verso vecchiaia e disabilità ma la spesa avrebbe bisogno di aumentare (specie in servizi che nel 2000 sono appena lo 0,4% del Pil rispetto allo 0,3 del 1995) e non di contrarsi
Perché non si è riusciti a fare le riforme? AS e sistema politico ( Madama) Nella logica funzionalista, il welfare si espande quando crescono i bisogni. Perché quando le donne sono entrate nel mercato del lavoro, il welfare non si è espanso? Seguendo la teoria delle risorse di potere: serve una mobilitazione politico-sociale per ottenere qualcosa. Ad es. la classe operaia nella fase del fordismo ha mobilitato partiti e sindacati. Ma i beneficiari delle politiche sociali hanno per definizione poco potere. Tuttavia negli anni ’70 vi è stata una mobilitazione femminile per l’occupazione femminile e la de-familizzazione della cura, fatta propria dalle socialdemocratiche svedesi Oggi nell’era dell’austerità permanente, la partecipazione politica è in calo: concorrenza tra mantenimento diritti insiders/ nuovi fondi outsiders
L’approccio neo-istituzionalista Si diffonde nella letteratura politologica negli anni ’90. Madama usa la variante storica per spiegare le differenze tra paesi social democratici e del Sud Europa → l ’ istituzionalizzazione precoce delle politiche di AS nei paesi scandinavi negli anni ’ 60 e ’70 è avvenuta in concomitanza di una forte crescita economica. Negli anni ’ 90 il Sud Europa tenta di espandere il welfare in fase di contenimento forzato della spesa pubblica. Per i fallimenti italiani va considerato il ruolo degli imprenditori di policy ≈ di catalizzatore del processo di innovazione
L’approvazione della legge quadro del 2000 tra opportunità istituzionali e agenzia ↓↓ Shock Mani Pulite altera gli equilibri di potere ( Importante l’indagine sul Pio albergo Trivulzio) Sentenza corte costituzionale sulle Ipab che provoca Vacatio legis I governo Prodi pro riforma Livia Turco, ministra solidarietà sociale segue strategia concertativa: consulta le parti interessate e spinge all’unificazione progetti di legge e fa studiare problema dal Cnel ↓ Ruolo di imprenditore istituzionale
La mancata riconfigurazione: tra resilienza istituzionale e risorse di potere Collisione con la Riforma del Titolo V della Costituzione, ma anche Poco interesse a ridistribuire risorse da Nord a Sud, definendo i Lep,perché il Governo Berlusconi aveva alleati sostenitori della Questione Settentrionale Anche in assenza del federalismo il problema si sarebbe posto per l’austerità permanente, inasprita in Italia dalla crisi della finanza pubblica che richiede di fare riforme a costo zero (tagliare la sanità e la previdenza in una fase di invecchiamento della popolazione?) Madama (2010) parla anche di mancanza di un femminismo culturale e di scarsa presenza delle donne nelle istituzioni- Se non ora quando? è del 2011
Alcune definizioni e limiti governo Prodi Resilienza = Capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi, di un tessuto di riprendere la forma originale Se non ora quando? movimento trasversale, aperto e plurale. Il 13 febbraio 2011 lanciò un appello per reagire al modello degradante ostentato da una delle massime cariche dello Stato, lesivo della dignità delle donne e delle istituzioni. Governo Prodi Piano nidi ma anche abolì lo scalone previdenziale di Maroni → soldi alla previdenza Erosione dell ’ intervento pubblico e sviluppo welfare privatistico che aggrava dualismo e stratificazione sociale del welfare
cap 5 Le politiche del lavoro Di Stefano Sacchi e Patrik Vesan (politologi)
Di che tratta il capitolo Attenzione al mercato del lavoro (mdl) regolare e non alle politiche di emersione dell’occupazione irregolare e sommersa 1.Politiche proattive: volte alla promozione dell’occupazione in particolare servizi per l’impiego 2.Politiche passive: sostegno al reddito 3.Regolazione dei rapporti di lavoro
Le politiche del lavoro in Italia fino agli anni ‘90 1919 I assicurazione pubblica obbligatoria contro la disoccupazione (riformata solo in parte durante il Fascismo) Anni ’70 e ’80 rimane modesta e di breve durata (max 6 mesi), L.160/1988 indennità di disoccupazione portata al 7,5% del precedente lavoro + indennità a requisiti ridotti per chi lavoro in maniera discontinua, negli ultimi anni a prescindere dalla durata della disoccupazione ma al contempo per riduzioni temporanee dell’orario di lavoro nella grande impresa c’è la Cig ordinaria prevista dal 1947 e straordinaria prevista dal 1968, pari all’80% della retribuzione → governo sindacati e imprenditori affrontano le prime crisi cercando di salvaguardare i core workers → la tutela della riduzione dell ’ orario di lavoro esiste anche in altri sistemi bismarkiani, ma solo in Italia sostituisce l’indennità di disoccupazione
I cambiamenti della legge 223/1991 Cig straordinaria anche per accompagnare la mobilità lunga verso la pensione per chi è stato espulso dal processo produttivo → col perdurare della crisi proproghe e deroghe alla durata dei trattamenti per singole categorie Eliminazione della chiamata numerica del collocamento (sistema introdotto nel dopoguerra per un ‘ equa ripartizione del poco lavoro - di fatto non qualificato- disponibile, a cui ormai le imprese derogavano con trasferimenti dalle piccole imprese che assumevano per chiamata nominativa )
Il progressivo passaggio al lavoro flessibile L79/ 1983 Possibilità di introdurre il tempo determinato, ammesso in pochi casi e settori dalla legge 230 del 1962,per punte stagionali in tutti i settori e non solo commercio e turismo previa autorizzazione del Ministero L.863/ 1984 introduce contratti a tempo parziale, di formazione lavoro e di solidarietà → tentativi di rispondere alla disoccupazione e alla richiesta di flessibilità
Il cambiamento delle politiche del lavoro dalla metà degli anni ‘90 3 dimensioni del cambiamento ↓↓↓ Strategica distributivaorganizzativa Per ogni dimensione vanno definiti gli obiettivi I cambiamenti nei livelli di protezione Cambiamenti della governance: ripartizione delle competenze tra una pluralità di attori pubblici e privati
La dimensione strategica + politiche proattive, attente alla crescita dell’occupazione attraverso politiche di condizionalità ↓ Chi prende l’indennità di disoccupazione non deve essersi dimesso da solo e fare la DID (Dichiarazione di Immediata Disponibilità) ed accettare offerte di lavoro congrue o partecipare a corsi di formazione scelti dal Centro per l’impiego Di fatto i CpI hanno difficoltà ad attuare tali politiche specie al Sud Non più promozione uscite ( in progressivo calo nel graf. p.154) ma invecchiamento attivo → nel 2012 eliminazione accompagnamento alla pensione e creazione esodati con la Riforma Fornero
Politiche attive e passive Spesa per politiche attive (incentivi all’ as- sunzione e stabilizzazione,per formazione) in crescita dal 1995 al 2002 Dal 2001 al 2003 superano quelle passive ma dal 2004 al 2008 quelle passive riprendono a salire, pur continuando la diminuzione della disoccupazione, a causa di sussidi più generosi ed estesi (fig. p.155) Crescita incentivi assunzione fino al 2002, e poi declino; quelli alla stabilizzazione molto più bassi (fig. p.157)
Regolazione rapporti di lavoro: cambiamenti strategici Legge Treu 1997 e Biagi 2003 ( in mezzo 2 DL per recepire direttive Ue sul lavoro a tempo determinato) Obiettivo sconfiggere la disoccupazione giovanile senza intaccare il lavoro a tempo indeterminato, liberalizzando più di ogni altro paese Ocse i contratti di durata prefissata Tentativi falliti di intaccare la protezione dei lavoratori centrali ( contro l’art.18 dello statuto dei lavoratori e con la legge 189/2010 “collegato lavoro” tentativi di demandare solo all’arbitrato le controversie sul lavoro) Tentativi riusciti di recente con l’inserimento del contratto a tutele crescenti e il depotenziamento art.18
L’organizzazione dei Centri per l’impiego 1997 fine del monopolio pubblico Devoluzione competenze a livello regionale rafforzata dalla Riforma del Titolo v della Costituzione 2003 ampliamento possibilità interventi privati con la legge 30/2003 nascono più sistemi locali, al Ministero compiti di monitoraggio (tendenza al riaccentramento con Renzi. Programma Garanzia Giovani e e DL 150/2015 che assegna le politiche attive allo stato attraverso l’Agenzia Nazionale Politiche del Lavoro- ANPAL. Ma ciò andrà a regime dopo la riforma costituzionale Scarsa integrazione con l’Inps che eroga sussidi di disoccupazione Al Nord mancano gli impiegati, al Sud le infrastrutture e difficoltà perché i CpI sono progettati per mercati del lavoro dinamici
Proposta di una piccola ricerca sulle agenzie per l’impiego Vi siete mai rivolti a un’agenzia per l’impiego pubblica o privata? Conoscete qualcuno che le ha utilizzate? Assolavoro (associazione agenzie private del lavoro) ha fatto il 2 marzo un convegno al Cnel in cui vanta un forte aumento-133% degli occupati a tempo ind. (10% degli avviati) A breve uscirà un rapporto di monitoraggio Isfol soprattutto sui CpI, ma ne esiste già uno del 2014 (0,03 del Pil contro 0,25 della Ue- basso numero operatori-solo 3,1% degli intermediati nel pubblico, ma 5 volte più che nel privato- dati 2013) Obiettivo una didattica più partecipata.. E una migliore valutazione
Chi fa che cosa? Studio letteratura disponibile Interviste qualitative a chi lavora in un’agenzia e/o agli utenti