Il piccolo imprenditore Nel cod. civ. sono considerati piccoli imprenditori : I coltivatori diretti del fondo gli artigiani i piccoli commercianti coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei membri della famiglia (art cod. civ.).
Il piccolo imprenditore nel cod. civ. Requisiti richiesti dall’art a) l’imprenditore deve prestare il proprio lavoro nell’impresa; b)il suo lavoro e quello dei familiari deve prevalere su tutti gli altri fattori produttivi (lavoro altrui e capitale); c)la “prevalenza” deve essere qualitativo- funzionale e non quantitativa
Il piccolo imprenditore nella l. fall.: il testo originario dell’art. 1 Originariamente, ai fini dell’esonero dal fallimento gli imprenditori commerciali dovevano essere qualificabili come piccoli imprenditori; ma tale qualifica non andava accertata in base ai requisiti dell’art. 2083, ma sulla base di criteri ricavabili dalla stessa legge fallimentare: I titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile ai fini dell’imposta di ricchezza mobile; quando è mancato l’accertamento ai fini di tale imposta, sono piccoli imprenditori gli imprenditori nella cui azienda è stato investito un capitale non superiore alle lire novecentomila. Le società venivano in ogni caso considerate estranee alla fattispecie del piccolo imprenditore Tale norma è stata progressivamente “smontata” dall’evoluzione del diritto vivente: L’ imposta di ricchezza mobile fu soppressa nel 1974; Il criterio del capitale investito non superiore a Lire fu dichiarato incostituzionale nel 1989 Quanto al principio per cui le società commerciali mai piccoli imprenditori, anche se in esse prevale il lavoro personale dei soci : “Il principio deve intendersi abrogato per le società artigiane” (Corte Cost. 368/1991) “Anche le società sono qualificabili come piccole imprese, ai fini dell’esenzione dal fallimento, qualora soddisfino i requisiti di cui all’art. 2083” (Cass /2002, 20640/2004)
Riforma del diritto fallimentare Il nuovo Art. 1, 2°comma l.fall. non parla più di piccolo imprenditore, evitando confusioni con l’art c.c., che resta in vigore per individuare le imprese sottratte allo statuto delle imprese commerciali medio-grandi, e stabilisce che vengono sottratti al fallimento gli esercenti un’attività commerciale in forma individuale o collettiva che dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: a) attivo patrimoniale nei tre esercizi anteriori al deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’impresa, se di durata inferiore) non superiore a euro; b) ricavi lordi medi annui nello stesso periodo non superiori a euro ; c) Debiti anche non scaduti non superiori a euro (Aggiornamento dei limiti con indici Istat)
L’impresa artigiana fallisce? la l. n. 860 del 1959 definiva l’impresa artigiana con una serie di criteri al fine di individuare i destinatari di una disciplina di favore sotto il profilo creditizio, lavoristico e tributario; ma la legge diceva anche che tale definizione era dettata “a tutti gli effetti di legge”, donde il problema: anche ai fini dell’art cod. civ., e quindi non falliva perché piccolo imprenditore?
Segue. L’impresa artigiana fallisce? la c.d. legge quadro sull’artigianato (l. n. 443 del 1985) ha modificato la nozione di impresa artigiana ma, soprattutto, ha chiarito che tale nozione non è più dettata “a tutti gli effetti di legge” perciò il riconoscimento della qualifica artigiana in base alla legge sull’artigianato non basta per escludere il fallimento: anche per le imprese artigiane (che sono, a tutti gli effetti, classificabili come imprenditori commerciali, non essendo imprese agricole) l’esonero dal fallimento potrà intervenire solo se sussistono le condizioni di esonero richieste dal nuovo art. 1 l. fall.
L’impresa familiare art. 230-bis cod. civ.: “salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto…
Diritti del familiare lavoratore - 1 Familiari ai fini della norma sono il coniuge, i parenti entro il 3° grado e gli affini entro il secondo A) diritti patrimoniali: mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento Modalità di quantificazione: in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell’uomo. B) diritti amministrativi: Partecipazione alle decisioni sull’impiego degli utili e degli incrementi, Partecipazione alle decisioni relative alla gestione straordinaria, indirizzi produttivi e cessazione dell’impresa Modalità di partecipazione: a maggioranza (voto capitario)
Segue - 2 I diritti del familiare nell’impresa familiare sono trasferibili solo a due condizioni: Ad altri familiari che partecipano all’impresa familiare Con il consenso unanime dei partecipi Se il lavoro cessa o l’azienda viene alienata, il diritto del familiare può essere oggetto di liquidazione in denaro In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell’azienda, i partecipi hanno diritto di prelazione sull’acquisto dell’azienda e si può esercitare tra coeredi il riscatto ai sensi dell’art. 732 c.c.
Funzione dell’istituto approntare una tutela minimale, residuale ed inderogabile del lavoro familiare nell’impresa, che operi in assenza delle garanzie riconosciute al socio o al lavoratore inquadrato con regolare contratto di lavoro non è un’impresa collettiva, ma individuale: il titolare dell’impresa resta l’unico “imprenditore” soggetto a fallimento, salvo che sia possibile provare che in realtà il rapporto è configurabile come “società di fatto”