3) L'URBANISTICA ROMANA E GIUSEPPE TERRAGNI. La Casa del Fascio di Como ed il rapporto con l'architettura e l’urbanistica romana. a cura di Maria Grazia Rossi GIUSEPPE TERRAGNI PIANTA DELLA CITTA’ ROMANA DI COMUM BIOGRAFIA Meda (Milano) 1904 – Como 1943 Architetto e pittore, appena ventiduenne partecipa alla formazione del Gruppo 7, intraprendendo insieme a giovani architetti razionalisti la battaglia per il rinnovamento dell’architettura italiana. Nel 1928 aderisce al M.I.A.R. e partecipa a Roma alla I Esposizione di Architettura Razionale. Il primo importante incarico è rappresentato dal Novocomum ma è con la casa del Fascio di Como che, pur adottando i canoni del Moderno, affranca la vicenda architettonica italiana degli anni ’30 da ogni dipendenza dal resto d’Europa o da Roma. Nel 1933 si associa allo studio di Pietro Lingeri partecipando a numerosi concorsi. Partecipa anche alla II guerra mondiale combattendo tra i Balcani e la Russia ma nel 1943 viene rimpatriato gravemente malato. Il “Classico” era per Terragni vitale conoscenza ed esperienza, non pedissequa imitazione. Ammirava l’impianto di certi edifici greci ed egizi, certe piante impostate su muri rettilinei, forti spessori e grandi blocchi di pietra. Terragni utilizzò infatti forme dichiaratamente medievali e classiche durante gran parte della propria carriera evitando di abbandonarle a favore di un più astratto linguaggio moderno” SCHEMA DI DOMUS DI INFLUENZA ELLENISTICA.
Monumento ai Caduti, Erba (CO) (1930) Palazzo Terragni di Lissone ( ) il Novocomum di Como (1929) Progetto per il Danteum a Roma ( )
OPERE PRINCIPALI 1927 Novocomum a Como 1930 Negozio Vitrum a Como 1933 Progetto di Casa sul lago per l’artista, Milano, Parco della Triennale Casa Rustici a Milano Asilo Sant’Elia a Como Villa Bianca a Seveso Progetti per il concorso per il palazzo dei Congressi all’E 42 di Roma Casa Giuliani-Frigerio a Como
BIBLIOGRAFIA D’APPROCCIO Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica (D.A.U.), diretto da P. Portoghesi, Istituto Editoriale Romano, ed 1969 e seg, ad vocem. (Giuseppe Terragni, Vol. VI, pp ). T. SCHUMACHER, Giuseppe Terragni , Electa, Milano, G. CIUCCI, Giuseppe Terragni, opera completa, Electa, Milano A.MUNTONI, Lineamenti di storia dell’architettura contemporanea, Laterza, Roma-Bari, (Giuseppe Tearragni, p. 199). DESCRIZIONE DELL’OPERA Il primo progetto per la Casa del Fascio di Como risale al 1928, a quella data l'edificio presenta caratteristiche eclettiche e soluzioni formali in linea con la tradizione. Con il progetto del 1932, terminato nel 1936, Terragni rivoluziona l'impianto precedente creando un'edificio perfettamente compiuto nella purezza classica delle sue proporzioni: al lato di m , del quadrato della pianta corrisponde, dimezzata, l'altezza dei quattro diversi prospetti, che sono giocati sulla partitura dei pilastri, in un alternarsi di pieni e di vuoti. Al di là di questa purezza geometrica Terragni, sin dai primi schizzi dimostra di voler stabilire un dialogo sia con gli elementi naturali circostanti che con il contesto storico pre-esistente: una verde strapiombiante +montagna (Brunate), con una piccola città sulla cresta, che fa da fondale, una vasta piazza sulla quale è posato un documento d'architettura, il Duomo, che fa da ribalta. L'accesso all'edificio avviene attraverso un sagrato sollevato di un gradino rispetto al piano stradale, una sorta di piazza che risulta essere la proiezione della facciata principale sulla città. Da qui, come in un monumento classico, si sale per raggiungere, lo spazio pubblico della corte sulla quale si affacciano la sala del Direttorio, gli uffici e i ballatoi di disimpegno, in un impianto che traduce funzionalmente le richieste della committenza. Lo spazio della corte si prolunga verso la piazza in una continuità senza soluzione, dove le 18 porte vetrate si aprono simultaneamente annullando ogni divisione. Così i velari in vetrocemento, a copertura dell'atrio, intervallati dalla lunga lastra in vetro, prolungano lo spazio verticale verso l'esterno. La trasparenza, caratteristica fondamentale dell'edificio, non è dovuta soltanto alle grandi superfici vetrate, ma anche ad un materiale che tradizionalmente tende a negarla. Il marmo generalmente impiegato per sottolineare la gravità e la monumentalità dell'impianto architettonico, con un evidente intento celebrativo, qui si alleggerisce nel ritmo delle partiture in vetro delle facciate e nella inusuale proprietà riflettente del pavimento e del soffitto all'ingresso, in marmo nero del Belgio. La Casa del Fascio presentava al proprio interno un ciclo di decorazioni astratte, ora andato perduto, realizzato da Mario Radice. Si trattava di pannelli in cemento colorati alternati ad immagini di propaganda e a spazi vuoti, montati su telai in ferro, che inserendosi nell'architettura ne sottolineavano la struttura.