Letteratura Italiana 8 CFU Apollonia Striano
La fine di una stagione Con la morte di Federico II (1250), la fine del dominio svevo e il crollo della corrente ghibellina -in seguito alla sconfitta di Manfredi (figlio dell’imperatore) a Benevento- si chiuse un epoca. A Napoli venne incoronato Carlo D’Angiò, re di una famiglia francese; Corradino di Svevia fu giustiziato in piazza Mercato e così fu suggellata la fine di una dinastia.
La tradizione della scuola siciliana Tuttavia, quanto era stato sperimentato dai poeti della scuola siciliana non andò perduto : i testi furono trascritti e così la originaria «veste» linguistica siciliana o meridionale fu assimilata all’uso toscano. In questa nuova forma, il modello lirico siciliano iniziò a circolare in un contesto ampio, quello dei comuni toscani del Duecento, presso un pubblico di mercanti,
La tradizione siciliana 2 giuristi, notai. Tra i maggiori centri culturali era Bologna, dove compivano i loro studi di formazione i funzionari e gli uomini «pubblici», destinati ad occupare posizioni di rilievo nei comuni del centro Italia. Qui, in ambiente giuridico e notarile, veniva coltivata una certa passione per la poesia in volgare : spesso, su «memoriali», libri in cui si trascrivevano documenti, per
La tradizione siciliana 3 non lasciare spazi bianchi in cui si potessero inserire falsificazioni, venivano trascritti pezzi di canzoni, stralci di proverbi, un sonetto, a riprova di una considerevole divulgazione di questo materiale letterario.
Da Bologna ai comuni toscani Si era formato a Bologna, Bonagiunta Orbicciani, che esercitò la sua funzione di notaio a Lucca. Autore di canzonette e ballate, fu tra i primi a produrre questo tipo di liriche in area toscana, sottoponendole ad un pubblico borghese e mercantile.
Guittone d’Arezzo Ad Arezzo, Guittone del Viva fu autore prolifico di una cinquantina di canzoni e di numerosissimi sonetti. Questa vasta produzione sembra essere segnata da una linea di demarcazione : infatti, ad un certo punto della sua storia, Giuttone abbandonò la vita laica per entrare in un ordine religioso.
Guittone Così, i suoi lavori sembrano quasi essere divisi per argomento in due blocchi: un nucleo di componimenti incentrati su temi amorosi e politici ; un altro nucleo incardinato su motivi religiosi e morali.
Guittone Guittone segue il modello provenzale del trobar clus, un poetare complesso, denso, allusivo. Si confronta con il sirventese, un formulario metrico-stilistico(con strofe di tre versi lunghi su una stessa rima ) che gli consente di attaccare con vigore la corruzione assai diffusa presso gli aretini. Con la canzone «Ahi lasso! or è stagion de doler tanto», scritta dopo la battaglia di Montaperti, segnata dalla tragica sconfitta dei guelfi, denuncia rivalità e fazioni.
Il «nodo» del dolce stil novo «Risale a Dante la designazione di ‘stil novo’e ‘dolce stil novo’ per definire la scuola poetica che si era sviluppata negli anni della giovinezza e alla quale risaliva la sua prima educazione artistica. In una celebre terzina del XXIV canto del Purgatorio egli formulava il principio artistico che doveva distinguere nettamente la propria ispirazione da
Stil novo quella dei vecchi poeti (Giacomo da Lentini, Bonagiunta Orbicciani da Lucca, Guittone d’Arezzo): I’ mi son un che quando Amor mi spira, noto e a quel modo Ch’e ditta dentro, vo significando. Tanto i «Siciliani» … quanto i «Toscani» che si erano attenuti alla loro traccia,
Stil novo avevano ignorato, a giudizio di Dante, questa essenziale verità, secondo cui la poesia è un’interiore ispirazione dell’anima che si traduce in parole e ritmi con assoluta e immediata trasparenza, nelle forme di una rivelazione spirituale ». [ S. Battaglia, La letteratura italiana]. Nel XXVI canto del Purgatorio, invece, D. chiamerà Guinizzelli «padre mio e /de li
Dante su Guinizzelli altri miei miglior / che mai rime d’amor/ usar dolci e leggiadre». È dunque Guinizzelli, poeta laico, esponente di un’intellettualità cittadina, borghese, impegnata, ad aver dato l’ incipit di una nuova stagione artistica. G., infatti, aveva inseguito un concetto di poesia capace di riformare e illuminare la vita dello spirito e i costumi sociali.
La nuova poesia lirica: Bologna, Firenze Coetano di Guittone, che per qualche tempo soggiorna a Bologna, è Guido Guinizzelli ( ), di parte ghibellina, costretto all’esilio in Veneto nel Agli inizi vicino ai modelli guittoniani (O caro padre meo, de vostra laude), successivamente G., nel suo canzoniere, si confronta con le strutture mutuate dai provenzali e siciliani.
Guinizzelli In Io voglio del ver la mia donna laudare G. afferma implicitamente di aver pienamente recuperato la lezione siciliana, innescando aspre polemiche con gli altri letterati.
Guinizzelli Infatti, Guittone, Bonagiunta gli contestano la densità filosofica, la chiusura. Certo è che G. decide di ripercorre i modelli già sperimentati da Iacopo da Lentini e di celebrare la lode della donna attraverso similitudini (con la rosa, il giglio, Venere, con la natura …). Ma il nodo è questo: in conclusione della lirica, v’è l’immagine della donna che saluta. In termini provenzali, in questo gesto c’è il dono della salvezza. Rispetto a quanto elaborato da Guittone e Bonagiunta, c’è l’affermazione di un altro modello.
Guinizzelli-Al cor gentile Il tema del saluto viene ulteriormente approfondito nel sonetto Lo vostro bel saluto e ‘l gentil sguardo. G. però si spinge fino ad elaborare il manifesto di una nuova forma poetica: Al cor gentile rempaira sempre amore, una sintesi straordinaria e insieme una catalogazione mirabile di tutti gli stilemi stilnovistici.
Al cor… È la canzone dottrinaria dello «stil novo» : il tema d’ amore è svolto su due piani, in quanto elemento-strumento di beatificazione e come motivo d’ angoscia. Si muoveranno su questo doppio binario Dante, per il quale il sentimento per Beatrice diviene viatico per giungere a Dio, e Guido Cavalcanti, che analizzerà e descriverà gli sconvolgenti effetti dell’amore.
Guinizzelli-Al Cor… G. è percepito dallo stesso Dante come inventore dello «stil novo»: sue le innovazioni dottrinarie e melodiche, sua l’affermazione dell’identità di amore e cuore, posta in relazione analogica col mondo della natura (secondo un formulario di elementi astrali, minerali, fisici). Sua l’affermazione di amore come rapporto tra potenza e atto.
Guinizzelli-Al cor gentile… Sin dall’inizio della canzone si afferma l’indissolubile vincolo tra amore e cuore nobile. Tuttavia, il tema amoroso è stemperato, liberato da ogni riferimento contingente, inclinato verso il simbolo. La donna è angelo, messaggero di Dio, strumento di redenzione per il suo amante. Le similitudini con il mondo naturale restituiscono la consistenza di un fitto bagaglio di riferimenti filosofici, teologici.
Guinizzelli-Al cor gentile Questo aspetto colto lascia intendere che G. si rivolgesse ad un pubblico capace di decifrare il suo edificio teoretico.
Al cor gentile… Laico è il congedo del testo: a Dio, che rimprovera il poeta, G. risponde discolpandosi: ha agito così perché la donna ha sembianza d’angelo.
Al cor… Lo stile: sovramunicipale, libero dal peso di localismi ; G. tenta di elaborare un trobar leu scorrevole, leggero, una sorta di linguaggio comune, fruibile, un meta- codice da essere adoperato in poesia.
Ugo Foscolo su Guido Cavalcanti Paragonando Cino da Pistoia a Guido Cavalcanti, Foscolo osservava: “ Guido è meno grazioso, e men ardito fors’anche nei modi; ma sorge assai più nelle idee ; ha nondimeno più sillogismi che immagini…[…] L’amore cantato dai nostri antichi era una passione lambiccata dalla castità del Cristianesimo, dalla domestica severità de’ costumi…[…]Da questi elementi derivava quell’amore poetico dissimile in tutto dal nostro.”
Guido Cavalcanti A Firenze, Guido Cavalcanti ( ), studia e rielabora l’importante lezione di Guinizzelli. Tuttavia, C. cerca di tentare un’altra strada: lavora su piano fortemente sperimentale, per approdare ad una pratica letteraria nuova, raffinata, elitaria, lontana da quella realizzata dalla generazione
Cavalcanti precedente. Cavalcanti era nobile, guelfo di parte bianca e aveva sposato Bice di Farinata degli Uberti (un legame dettato dalla politica), che era stato capo dello sconfitto partito ghibellino. Nel 1297 partecipò all’assalto contro le case dei Donati, famiglia di parte nera.
Cavalcanti Cavalcanti non poteva partecipare formalmente alla vita politica di Firenze: nel 1293 gli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella avevano di fatto escluso tutti i nobili.
Cavalcanti Eppure, in lui la passione civile era così accesa, che fu presente ugualmente nella vita politica; arrivò a scontrarsi con Corso Donati, capo dei Neri. Per questo fu condannato all’esilio, con decreto approvato anche da Dante (priore), il 24 giugno del A Sarzana (Liguria) contrasse la malaria; tornato a Firenze, morì. Lo storico Giovanni Villani racconta l’episodio in questi termini: «tornonne malato Guido Cavalcanti, onde morio; e di lui fu grande dammaggio, perrocchè era, come filosofo, virtudioso uomo in più cose, se non che
Cavalcanti era troppo tenero e stizzoso». Filippo Villani lo definì “filosofo d’autorità, non di poca stima, e onorato di dignità, di costumi memorabili, e degno d’ogni laude e onore”. Boccaccio lo definì «uomo costumatissimo e ricco d’alto ingegno», «ottimo loico e buon filosofo».
Dante e Cavalcanti Negli anni della militanza poetica, Guido era insieme ad un gruppo di giovani dediti alla letteratura, che guardava con ammirazione alle conquiste di Guinizzelli, ai modelli siciliani e a quelli provenzali. Con Dante il rapporto era intenso. Tuttavia, tra i due nel tempo si creò un profondo contrasto ideologico: Guido era fedele ai principi di un razionalismo
Dante e Cavalcanti eterodosso mentre Dante si rivolgeva agli studi teologici. Eppure D. stesso gli riconobbe, nella Commedia, altezza d’ingegno e «gloria della lingua».
Cavalcanti Con l’esercizio, Guido si distaccò dai parametri precedenti e approdò ad un approfondimento assoluto del tema d’amore, intorno al quale costruì il suo canzoniere. Qui il sentimento è esplorato in ogni aspetto di estasi, trascendenza, negatività. L’amore, estraneo al dominio della ragione, introduce nella sfera dell’irrazionalità; domina l’anima come un’ossessione, una malattia.
Cavalcanti L’anima viene rappresentata come un’architettura complessa, che viene investita e travolta dalla potenza d’amore. La psicologia dell’uomo è descritta con la personificazione delle facoltà vitali e spirituali, definite spiriti e spiritelli ; ognuno di questi elementi è sconvolto da amore. Anche gli organi sensoriali e gli oggetti vengono coinvolti in questa tenzone.
Cavalcanti Rovescia entro l’alveo dello «stil novo», le posizioni guinizzelliane, giungendo ad una rappresentazione crudele e tragica dell’esperienza sentimentale : dilaniato, all’interno di un mondo astratto, arriva a raffigurare visionariamente lo scontro che produce amore nei sensi – personificati in occhi, cuore e mente. Questo scontro porta alla morte.
Voi che per li occhi mi passate ‘l core