Scuola in ospedale e istruzione domiciliare Percorso formativo per Dirigenti Scolastici e Docenti Competenze relazionali e contesti educativi 30 settembre 2011 Emanuela Confalonieri, Elena Marta
Scuola in ospedale e istruzione domiciliare Percorso formativo per Dirigenti Scolastici e Docenti I vostri resoconti narrativi: Ricchi Precisi Coerenti con quanto richiesto Emotivamente densi Scenari di vita della scuola in ospedale Tematizzano differenze e somiglianze fra INTERAZIONE e RELAZIONE
Scuola in ospedale e istruzione domiciliare Percorso formativo per Dirigenti Scolastici e Docenti I vostri resoconti narrativi: ….si muovono fra scenari più strutturati, attesi, noti, in qualche modo “scontati” – SCRIPT – e scenari meno “canonici”, più inattesi, emotivamente più coinvolgenti – SETTING - E fanno sorgere una prima questione: Che uso faccio e quanto mi baso sulle conoscenze pregresse, sulle esperienze passate, sugli script e le rappresentazioni che negli anni mi sono costruito? Come reagisco in chiave relazionale ed educativa quando ciò che accade non rientra negli script che possiedo (fuggo, osservo, mi blocco, forzo lo script….)
Scuola in ospedale e istruzione domiciliare Percorso formativo per Dirigenti Scolastici e Docenti Pensiero paradigmatico mappa concettuale spazio categorizzare stabilire rapporti interpersonali sistematico confini certi causa-effetto; vero-falso alta prevedibilità spiegazione segnare nella mappa Pensiero narrativo storia tempo genere/tipo salienza incertezza sfumature verosimiglianza bassa prevedibilità/imprevisto comprensione interpretazione, intenzione, motivazione Bruner, 1996
I vostri scenari narrano di bambini e ragazzi in ospedale che hanno bisogno di: uno “sguardo” benevolo, affettivo; una relazione accettante e protettiva; un adulto supportivo e rassicurante. e che tutto ciò non è scontato e spontaneo …..… bisogna assumersi il rischio della relazione (fiducia e credibilità)
Quali capacità relazionali l’ascolto attivo empatia
Ascolto attivo, ovvero.. Pone attenzione a tutto il messaggio, viene utilizzato per chiarire quanto viene detto. Lo scopo è di rinviare a chi parla quanto sta dicendo consentendogli di ottenere una nuova prospettiva su quanto ha comunicato in modo verbale o non verbale, dovrebbe aiutare a capire le idee, le frustrazioni i problemi degli altri senza esprimere giudizi. Nell’ascolto attivo chi ascolta è una cassa di risonanza di chi parla; l’ascoltatore riflette, come uno specchio, le idee dell’interlocutore e lo aiuta ad affrontare il problema
ASCOLTO ATTIVO L’ascolto attivo consiste nell’integrazione di tre funzioni: Ascoltare in maniera accogliente e partecipativa il bambino (la persona) affinchè riesca a dare sfogo alla sua ansia e preoccupazione; Rispecchiare i suoi sentimenti affinchè possa riconoscerli e definirli; Riformulare le sue idee per riordinare e sistematizzare quanto viene detto in modo spesso confuso e disorganico
ASCOLTO ATTIVO L’ascolto attivo consiste concretamente nel : Manifestare interesse (contatto visivo, linguaggio del corpo, non interrompere, non distrarsi………..) Richiesta di informazioni (invito ad iniziare, incoraggiamenti a continuare, domande aperte e non difficili, invito ad approfondire……………) Espressioni d’intesa (parafrasare il contenuto, riassumere, rispecchiare il sentimento e l’intenzione dell’interlocutore……………);
Ascolto attivo Cosa si ascolta ? La persona Come? Ascolto e osservazione di ciò che dice l’altro (verbale), di ciò che non dice (silenzio), di come lo dice (paraverbale), di come si presenta e si muove (non verbale) Ascolto del contesto, dei vissuti, schemi di riferimento, “della sua narrazione” Rispecchiamento empatico Riformulazione Delucidazione Capacità di porre domande Messaggi in prima persona
L’empatia «Provare empatia per qualcuno significa comprendere le emozioni che sta vivendo e viverle a propria volta, capendo le sue ragioni e le sue intenzioni; vuol dire creare nel proprio mondo interiore uno spazio su misura per accogliere il mondo dell'altro. Sentire che qualcuno prova empatia per noi vuol dire sentirsi capiti, accolti, non più soli... provare empatia vuol dire mettersi 'nei panni degli altri' e condividerne lo stato emotivo in maniera vicaria.» Vuol dire, dunque, «provare un'emozione uguale o simile a quella dell'altro, con la consapevolezza che la causa del proprio vissuto è l'emozione dell'altro». Albiero, Matricardi, 2006
Empatia e affettività: vera e propria condivisione emotiva maggiore disponibilità ad aprirsi ed accogliere le emozioni altrui, meno assorbiti da propri vissuti emotivi, con una buona immagine di sé Empatia e processi cognitivi: comprensione dell’esperienza dell’altro 1.Riconoscimento espressioni emotive 2.Comunicazione referenziale 3.Perspective taking 4.Role taking
Distress empatico Contatto diretto o indiretto con persona che soffre Emozioni negative congruenti con quelle provate da chi soffre Attivazione di processo per messa in atto di comportamenti prosociali Riduzione distress empatico 1. comportamento di aiuto messo in atto 2. effettivo sollievo percepito nella vittima …non basta essere buoni per sentirsi meglio, ma si deve alleviare davvero la sofferenza altrui… Non attivazione di processo per messa in atto di comportamenti prosociali 1. Osservatori sulla scena 2. Calcoli egoistici 3. Percezione di sé come persona in/capace di aiutare 4. Capacità di regolare emozioni negative
Empatia può condurre a risposte emozionali diverse….. Simpatia Risposta affettiva che deriva dalla condivisione e comprensione dello stato emotivo dell’altro e che esita in una esperienza affettiva orientata alla cura e ai bisogni dell’altro: Personal distress Risposta affettiva che deriva dalla condivisione e comprensione dello stato emotivo dell’altro, ma caratterizzata per essere una reazione avversiva verso il disagio sperimentato dall’altro: sovrattivazione (over-arousal) emotiva: Se il distress è troppo intenso, si può arrivare al ritiro da parte dell’osservatore, o al paradosso di un distress che eccede quello della persona che soffre a causa di una esposizione cumulativa prolungata (per es. in certi operatori sanitari). Il concetto di over-arousal è legato a quello di regolazione delle emozioni: quanto più si è in grado di gestire adeguatamente il sovraccarico emotivo innescato dal contatto con chi soffre, tanto meno si è vulnerabili all’over-arousal empatico
Empatia può condurre a risposte emozionali diverse….. Rabbia empatica Sentimento di forte rabbia per chi, a torto o a ragione, è ritenuto dall’osservatore essere la causa del distress della persona che soffre. Sentimento paradossale: empatia suscita da una parte un comportamento prosociale nei confronti della persona che soffre, dall’altra un comportamento aggressivo verso chi si ritiene responsabile del disagio di chi soffre
Rispecchiamento empatico 16 Riformula- zione Ridire ciò che l’altro ha appena detto utilizzando le stesse parole o in maniera più concisa con altri termini per : -verificare di avere capito; -dedurre conseguenze logiche; -dare valore aggiunto alla comunicazione creando collegamenti anche inattesi «Mi stai dicendo che…», «Vuoi dire che…» «In altre parole»…» «A tuo avviso…..» «Così, secondo te….» Delucida- zione Esplicitare e agevolare l’autocomprensione anche attraverso la lettura del non verbale sottolineando le emozioni che accompagnano il contenuto «Mi sembra di cogliere dal suo sguardo uno stato di preoccupazione»
Rispecchiamento empatico 17 Saper porre domande Porre domande aperte lasciando aperta la possibilità di ampliare la risposta di dire di emozioni… «Come, Cosa vorresti, potresti approfondire, cosa ne pensi….» Messaggi in prima persona Iniziare con «Io penso che « «secondo me» facilita la distinzione tra ciò che riguarda chi parla e chi ascolta e favorisce un clima non giudicante
Gestione e comprensione delle emozioni Gli insegnanti in ospedale possono essere fortemente coinvolti nel proprio lavoro, sperimentando spesso la difficoltà di separare in modo chiaro e netto il confine tra dentro e fuori il lavoro, dentro e fuori il proprio sentire. A volte questa difficoltà di separazione della vita affettiva con quella lavorativa fa sì che si diffondano i sensazioni di invischiamento: sentirsi intrappolati nelle relazioni. La strategia più diffusa e quella raccomandata dal sistema in cui le professioni educative e sociali si trovano inserite, è quella difensiva: si innalzano barriere di chiusura che impediscono di rimanere travolti.
Che fare? Riconoscere i sentimenti, nominarli, codificarli, è un modo per contenerli, per addomesticarli, per orientarne la direzione e la forza. Interrogarsi sul senso dei sentimenti può diventare l’occasione per produrre cambiamenti e migliorare il servizio offerto e il proprio vissuto lavorativo. Attraverso l’osservazione di se stessi si diventa più efficaci professionalmente e più sensibili verso le persone che si aiutano.
Riconoscere e trattare le emozioni critiche che accompagnano le professioni educative: l’inquietudine, la frustrazione, l’incertezza, il senso d’impotenza, la rabbia, l’ansia, la paura Riconoscerere che lavorare a contatto con il dolore e la sofferenza è un rischio di per sé, perché porta con sé la possibilità di rimanere feriti almeno un po’.
E-tivity consegna entro il 28 ottobre A partire dalla griglia e dai materiali di lavoro che troverete sulla piattaforma dal 14 ottobre, vi chiediamo: 1)di applicare al resoconto narrativo già prodotto la griglia relativa all’ascolto attivo 2)di individuare e trascrivere 3 esempi/scenari di risposta emotiva empatica (uno di simpatia, uno di distress empatico, uno di rabbia empatica)