FINGERPRINTING DI PIANTE E FIORI: UTILE STRUMENTO PER LA CERTIFICAZIONE GENETICA DEL MATERIALE PROPAGATO DAI VIVAISTI.

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FINGERPRINTING DI PIANTE E FIORI: UTILE STRUMENTO PER LA CERTIFICAZIONE GENETICA DEL MATERIALE PROPAGATO DAI VIVAISTI

Il termine ‘fingerprinting’ (impronta genetica) viene correntemente utilizzato per indicare l’identificazione e la distinzione di una pianta rispetto alle altre sulla base dei suoi profili del DNA. In campo vivaistico si parla spesso di ‘identificazione varietale’, cioè del riconoscimento e della distinzione delle singole varietà presenti all’interno di ogni specie coltivata. In questo contesto, sono due le categorie di metodi per l’identificazione, quelli basati sull’analisi del fenotipo della pianta e quelli basati sull’analisi del genotipo della pianta. I controlli sul fenotipo consistono nel rilevare i caratteri morfologici, fenologici ed agronomici della pianta, il ché viene fatto solitamente compilando le schede pomologiche.

Anche se questo tipo di analisi è fondamentale ai fini dell’identificazione varietale, la stessa presenta comunque alcuni limiti. Il fenotipo della pianta può essere infatti fortemente influenzato da numerosi fattori, come lo stato sanitario (es. presenza - assenza di virus), l’ambiente esterno (es. il clima, le tecniche agronomiche di coltivazione, il suolo,...) e i fattori epigenetici (es. fenomeni di ringiovanimento, di inerzia ormonale,...).

Inoltre, i rilievi condotti sul fenotipo sono il più delle volte complessi e onerosi, richiedono tempi relativamente lunghi e possono essere eseguiti solo in determinati momenti dell’anno. Solo per fare alcuni esempi: l’epoca di fioritura di una pianta può essere stabilita solo nella stagione primaverile, oppure i caratteri del frutto possono essere rilevati solo una volta superata la fase iniziale improduttiva. Per compilare le schede pomologiche devono inoltre essere predisposti appositi campi di osservazione varietale, fatto che comporta la necessità di disporre di ampi appezzamenti per allestire gli stessi.

La stessa normativa italiana che disciplina in materia di attività vivaistica ha recentemente introdotto i controlli di rispondenza basati sul test del DNA, affiancandoli ai tradizionali controlli morfo-fenologici.

APPLICAZIONI DEL FINGERPRINTING L’analisi del DNA aiuta a distinguere e riconoscere l’uno dall’altro ogni singola varietà vegetale. Il test del DNA può dunque essere applicato per: Effettuare i controlli di rispondenza su piante e fiori moltiplicati dai vivaisti. L’analisi del DNA affianca quindi l’analisi del fenotipo nei controlli di rispondenza del materiale vegetale nelle varie fasi della sua propagazione vivaistica: dai repositori, dove viene conservato il materiale di fonte, ai centri di pre-moltiplicazione e di moltiplicazione, fino ai vivai. L’analisi verifica se le piantine moltiplicate dal vivaista corrispondono esattamente alla varietà di partenza. Consente al vivaista di controllare la corretta etichettatura del materiale moltiplicato: che il nome della pianta moltiplicata sia corretto.

Risolvere le sempre più frequenti controversie commerciali, ovvero i casi di sinonimia e omonimia. E’ già successo infatti che alcuni vivaisti scaltri abbiano moltiplicato sotto falso nome piante e fiori già brevettati da altri. In commercio si possono dunque trovare piantine morfo-fenologicamente molto simili ma sotto diverso nome varietale. Il test del DNA potrà allora essere usato per mettere a confronto queste accessioni al fine di verificare se si tratti o meno di casi di frode.

Effettuare il ‘fingerprinting’ delle nuove varietà in fase di brevettazione delle stesse. Quando un Costitutore brevetta una nuova varietà, è indubbiamente molto utile descrivere la stessa sia usando le schede pomologiche sia usando il test del DNA. Così, disponendo di una serie di profili del DNA, è come se si fosse prodotto una sorta di ‘carta di identità’ della nuova varietà che permetterà al Costitutore di cautelarsi da eventuali frodi che potranno essere commesse da terzi nei suoi confronti.

per effettuare il test del DNA. RAPD (Random Amplified Polymorphic DNA) che ben si presta per le analisi di confronto (controlli di rispondenza, risoluzione casi di sinonimia e omonimia). La fig. 1 riporta a titolo di esempio i profili RAPD ricavati da alcune accessioni di melo.

seconda tecnica di analisi del DNA, quella dei microsatelliti, ben adatti per scopi di fingerprinting perché molto riproducibili e polimorfici. Questa tecnica è da scegliersi quando si voglia descrivere una nuova varietà in fase di domanda di brevetto della stessa. I microsatelliti vengono solitamente risolti con elettroforesi su gel di poliacrilamide, come mostrato in figura 2;

Oggi, comunque, è possibile automatizzare il test ricorrendo all’uso di sequenziatori automatici. In quest’ultimo caso, l’analisi si articola nelle seguenti fasi: - estrazione del DNA dalle foglie della pianta - amplificazione con la tecnica PCR-multiplex di alcuni microsatelliti - elettroforesi capillare dei microsatelliti usando un sequenziatore automatico - analisi dei risultati mediante software - stesura della ‘carta di identità genetica’ della pianta in esame: di ciascun microsatellite analizzato vengono fornite le esatte lunghezze degli alleli (espresse in numero di basi azotate) rilevati nella pianta. Questi dati identificano la pianta in modo univoco e inequivocabile, tutelando in questo modo il costitutore della stessa da eventuali frodi.