LE CONSEGUENZE DELLE VIOLAZIONI DI NORME ERGA OMNES E COGENTI, LA RESPONSIBILITY TO PROTECT E L’INTERVENTO ARMATO UMANITARIO O CONTRO LA MINACCIA TERRORISTICA.

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LE CONSEGUENZE DELLE VIOLAZIONI DI NORME ERGA OMNES E COGENTI, LA RESPONSIBILITY TO PROTECT E L’INTERVENTO ARMATO UMANITARIO O CONTRO LA MINACCIA TERRORISTICA

Sentenza CIG Barcelona Traction, (…) an essential distinction should be drawn between the obligations of a State towards the international community as a whole, and those arising vis-à-vis another State in the field of diplomatic protection. By their very nature the former are the concern of all States. In view of the importance of the rights involved, all States can be held to have a legal interest in their protection; they are obligations erga omnes.

34. Such obligations derive, for example, in contemporary international law, from the outlawing of acts of aggression, and of genocide, as also from the principles and rules concerning the basic rights of the human person, including protection from slavery and racial discrimination. Some of the corresponding rights of protection have entered into the body of general international law (Reservations to the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide, Advisory Opinion, I.C.J. Reports 1951, p. 23); others are conferred by international instruments of a universal or quasi-universal character.

Definizione di norme cogenti, Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto del trattati Articolo 53. Trattati in conflitto con una norma imperativa del diritto internazionale generale (ius cogens) E’ nullo qualsiasi trattato che, al momento della sua conclusione, è in conflitto con una norma imperativa del diritto internazionale generale. Ai fini della presente Convenzione, una norma imperativa del diritto internazionale generale è una norma accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale degli Stati nel suo complesso come norma alla quale non è consentita alcuna deroga e che può essere modificata soltanto da un’altra norma del diritto internazionale generale avente lo stesso carattere.

Il progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati approvato dalla CDI nel 1996 distingueva tra crimini e delitti Article 19 International crimes and international delicts 1. An act of a State which constitutes a breach of an international obligation is an internationally wrongful act, regardless of the subject-matter of the obligation breached. 2. An internationally wrongful act which results from the breach by a State of an international obligation so essential for the protection of fundamental interests of the international community that its breach is recognized as a crime that community as a whole constitutes an international crime.

19.3. Subject to paragraph 2, and on the basis of the rules of international law in force, an international crime may result, inter alia, from: (a) a serious breach of an international obligation of essential importance for the maintenance of international peace and security, such as that prohibiting aggression; (b) a serious breach of an international obligation of essential importance for safeguarding the right of self-determination of peoples, such as that prohibiting the establishment or maintenance by force of colonial domination; (c) a serious breach on a widespread scale of an international obligation of essential importance for safeguarding the human being, such as those prohibiting slavery, genocide and apartheid; (d) a serious breach of an international obligation of essential importance for the safeguarding and preservation of the human environment, such as those prohibiting massive pollution of the atmosphere or of the seas Any internationally wrongful act which is not an international crime in accordance with paragraph 2 constitutes an international delict.

Il progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati definitivamente approvato dalla CDI nel 2001 cancella la distinzione tra crimini e delitti Esso distingue, sul piano delle conseguenze, la violazione di norme erga omnes e le violazioni gravi (cioè diffuse o sistematiche) di norme imperative

In caso di violazione grave di norme cogenti, tutti gli Stati devono: 1) astenersi dal riconoscere la situazione creata dalla commissione illecito; 2) agire coi mezzi legittimi previsti dal diritto internazionale per far cessare illecito; 3) non cooperare con lo Stato che ha commesso la violazione.

CAPITOLO III GRAVI VIOLAZIONI DI OBBLIGHI DERIVANTI DA NORME IMPERATIVE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE GENERALE Articolo 40 Applicazione del presente capitolo 1. Il presente capitolo si applica alla responsabilità internazionale che discende da una violazione grave da parte dello Stato di un obbligo derivante da una norma imperativa del diritto internazionale generale. 2. Una violazione di un obbligo di tal genere è grave se implica da parte dello Stato responsabile una violazione evidente e sistematica del dovere di adempiere l’obbligo.

Articolo 41 Conseguenze particolari di una violazione grave di un obbligo ai sensi del presente capitolo 1. Gli Stati devono cooperare per porre fine con mezzi leciti ad ogni violazione grave ai sensi dell’articolo Nessuno Stato riconoscerà come legittima una situazione creata attraverso una violazione grave sensi dell’articolo 40, né presterà aiuto o assistenza nel mantenere tale situazione. 3. Quest’articolo non reca pregiudizio alle altre conseguenze previste nella presente parte ed alle ulteriori conseguenze che una violazione, cui si applica il presente capitolo, può comportare ai sensi dei diritto internazionale.

Inoltre, tutti gli Stati possono reagire alla violazione di norme erga omnes chiedendo cessazione illecito, restitutio in integrum e riparazione a favore del soggetto danneggiato

Articolo 42 Invocazione di responsabilità da parte dello Stato leso Uno Stato è legittimato, come Stato leso, ad invocare la responsabilità di un altro Stato se l’obbligo violato sussiste nei confronti di: a) quello Stato individualmente; o b) un gruppo di Stati comprendente quello Stato, o della comunità internazionale nel suo insieme, e la violazione dell’obbligo: i) riguarda specialmente quello Stato, o ii) è di natura tale da modificare radicalmente la posizione di tutti gli altri Stati nei confronti dei quali l’obbligo sussiste rispetto al successivo adempimento dell’obbligo.

Articolo 48 Invocazione della responsabilità da parte di uno Stato diverso da uno Stato leso 1. Ogni Stato diverso da uno Stato leso è legittimato ad invocare la responsabilità di un altro Stato ai sensi del paragrafo 2 se: (…) b) l’obbligo violato si pone nei confronti della comunità internazionale nel suo complesso. 2. Ogni Stato legittimato ad invocare la responsabilità in virtù del paragrafo 1 può reclamare dallo Stato responsabile: a) la cessazione dell’atto internazionalmente illecito, ed assicurazioni e garanzie di non ripetizione in conformità all’articolo 30; e b) l’adempimento dell’obbligo di riparazione in conformità con gli articoli precedenti, nell’interesse dello Stato offeso o dei beneficiari dell’obbligo violato.

Articolo 54 Misure prese da Stati diversi da uno Stato leso Il presente capitolo non pregiudica il diritto di ogni Stato, legittimato ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 1 di invocare la responsabilità di un altro Stato, di adottare misure lecite contro quello Stato per assicurare la cessazione della violazione e la riparazione nell’interesse dello Stato leso o dei beneficiari dell’obbligo violato.

Quali sono i mezzi legittimi secondo il diritto internazionale che gli Stati terzi (in quanto membri della CI) possono assumere per indurre lo Stato violatore della norma a cessare la condotta illecita?

Le ritorsioni (cioè gli atteggiamenti inamichevoli). Quanto alle contromisure, esse di solito esse sono concertate all’interno di OI (in primis l’ONU ma anche l’UE); più rari i casi di contromisure unilaterali per le quali si pone il problema di valutare se, in concreto, non rappresentino forme di ingerenza dirette a condizionare scelte politiche e/o economiche, nonché di verificare che non affamino la popolazione (v. ris AG su misure coercitive unilaterali).

Le contromisure devono rispettare principio di proporzionalità rispetto all’importanza della norma alla cui violazione costituiscono risposta e alle conseguenze della violazione di cui costituiscono risposta.

Non possono consistere nella violazione di norme umanitarie (NO a rappresaglie) o cogenti. NON POSSONO IMPLICARE USO FORZA

In caso di gravi violazioni dei diritti umani fondamentali, si pone la questione se sia legittimo il cosiddetto INTERVENTO UMANITARIO

Quello non implicante l’uso della forza armata è legittimo purché: avvenga nel rispetto del divieto di ingerenza negli affari interni = col consenso dello Stato interessato e per fornire assistenza alla popolazione civile. In questo caso può essere condotto da qualsiasi Stato, ma di norma gli Stati preferiscono la concertazione in seno ad OI, in primis l’ONU

Può implicare anche l’uso della forza armata?

Sentenza CIG Nicaragua c. USA A further confirmation of the validity as customary international law of the principle of the prohibition of the use of force expressed in Article 2, paragraph 4, of the Charter of the United Nations may be found in the fact that it is frequently referred to in statements by State representatives as being not only a principle of customary international law but also a fundamental or cardinal principle of such law. The International Law Commission, in the course of its work on the codification of the law of treaties, expressed the view that "the law of the Charter concerning the prohibition of the use of force in itself constitutes a conspicuous example of a rule in international law having the character of jus cogens”(paragraph (1) of the commentary of the Commission to Article 50 of its draft Articles on the Law of Treaties, ILC Yearbook, , p. 247). Nicaragua in its Memorial on the Merits submitted in the present case States that the principle prohibiting the use of force embodied in Article 2, paragraph 4, of the Charter of the United Nations "has come to be recognized as jus cogens". The United States, in its Counter-Memorial on the questions of jurisdiction and admissibility, found it material to quote the views of scholars that this principle is a "universal norm", a "universal international law", a "universally recognized principle of international law", and a "principle of jus cogens".

263. The finding of the United States Congress also expressed the view that the Nicaraguan Government had taken "significant steps towards establishing a totalitarian Communist dictatorship". However the régime in Nicaragua be defined, adherence by a State to any particular doctrine does not constitute a violation of customary international law ; to hold otherwise would make nonsense of the fundamental principle of State sovereignty. on which the whole of international law rests, and the freedom of choice of the political, social, economic and cultural system of a State. Consequently, Nicaragua's domestic policy options, even assuming that they correspond to the description given of them by the Congress finding, cannot justify on the legal plane the various actions of the Respondent complained of. The Court cannot contemplate the creation of a new rule opening up a right of intervention by one State against another on the ground that the latter has opted for some particular ideology or political system.

267. The Court also notes that Nicaragua is accused by the 1985 finding of the United States Congress of violating human rights. This particular point requires to be studied independently of the question of the existence of a "legal commitment" by Nicaragua towards the Organization of American States to respect these rights ; the absence of such a commitment would not mean that Nicaragua could with impunity violate human rights. However, where human rights are protected by international conventions, that protection takes the form of such arrangements for monitoring or ensuring respect for human rights as are provided for in the conventions themselves. (…)

268. In any event, while the United States might form its own appraisal of the situation as to respect for human rights in Nicaragua, the use of force could not be the appropriate method to monitor or ensure such respect. With regard to the steps actually taken, the protection of human rights, a strictly humanitarian objective, cannot be compatible with the mining of ports, the destruction of oil installations, or again with the training, arming and equipping of the contras. The Court concludes that the argument derived from the preservation of human rights in Nicaragua cannot afford a legal justification for the conduct of the United States, and cannot in any event be reconciled with the legal strategy of the respondent State, which is based on the right of collective self-defence.

Ancora oggi, il divieto dell’uso della forza è cogente e ammette due sole eccezioni: La legittima difesa individuale e collettiva ex art. 51 Carta ONU; L‘autorizzazione all’uso della forza da parte Cds ai sensi capitolo VII Carta ovvero l’uso della forza da parte ONU a mezzo delle pko robuste o peace-enforcement operations

Il Cds, ai sensi del capitolo VII Carta, può disporre uso forza in caso di aggressione, minaccia alla pace o violazione della pace. Spesso il Cds ha ritenuto la grave violazione dei diritti umani come minaccia alla pace (Ruanda, Somalia, Libia).

Un intervento armato non autorizzato dal Cds, anche se giustificato per ragioni umanitarie (caso Kosovo) è illegittimo secondo il diritto internazionale

Cosa cambia con l’affermazione del concetto di RTP? A partire dagli anni 2000 si è imposto il concetto di responsibility to protect = lo Stato territoriale ha la responsabilità primaria di proteggere la popolazione civile dai crimini, genocidio, pulizia etnica. Se esso è UNWILLING o UNABLE (o è lo stesso autore dei crimini) scatta la responsabilità di tutta la CI, collettivamente, individualmente, x mezzo dell’ONU

Outcome Document of the 2005 United Nations World Summit (A/RES/60/1, para )A/RES/60/1, para Responsibility to protect populations from genocide, war crimes, ethnic cleansing and crimes against humanity 138. Each individual State has the responsibility to protect its populations from genocide, war crimes, ethnic cleansing and crimes against humanity. This responsibility entails the prevention of such crimes, including their incitement, through appropriate and necessary means. We accept that responsibility and will act in accordance with it. The international community should, as appropriate, encourage and help States to exercise this responsibility and support the United Nations in establishing an early warning capability.

139. The international community, through the United Nations, also has the responsibility to use appropriate diplomatic, humanitarian and other peaceful means, in accordance with Chapters VI and VIII of the Charter, to help to protect populations from genocide, war crimes, ethnic cleansing and crimes against humanity. In this context, we are prepared to take collective action, in a timely and decisive manner, through the Security Council, in accordance with the Charter, including Chapter VII, on a case-by-case basis and in cooperation with relevant regional organizations as appropriate, should peaceful means be inadequate and national authorities are manifestly failing to protect their populations from genocide, war crimes, ethnic cleansing and crimes against humanity. We stress the need for the General Assembly to continue consideration of the responsibility to protect populations from genocide, war crimes, ethnic cleansing and crimes against humanity and its implications, bearing in mind the principles of the Charter and international law. We also intend to commit ourselves, as necessary and appropriate, to helping States build capacity to protect their populations from genocide, war crimes, ethnic cleansing and crimes against humanity and to assisting those which are under stress before crises and conflicts break out

Rapporto SG del 2009 A/63/677 on Implementing the Responsibility to Protect Rapporto SG del 2009 A/63/677 on Implementing the Responsibility to Protect The State carries the primary responsibility for protecting populations from genocide, war crimes, crimes against humanity and ethnic cleansing, and their incitement; The international community has a responsibility to encourage and assist States in fulfilling this responsibility; The international community has a responsibility to use appropriate diplomatic, humanitarian and other means to protect populations from these crimes. If a State is manifestly failing to protect its populations, the international community must be prepared to take collective action to protect populations, in accordance with the Charter of the United Nations.

Che tipo di azioni si possono compiere in attuazione della RTP? Secondo l’ONU soprattutto azioni di prevenzione della commissione dei crimini, intervenendo sulle cause della commissione crimini. Dove i crimini siano stati commessi, la RTP implica il contributo per assicurare alla giustizia gli autori dei crimini, per creare istituzioni rispettose dei diritti umani, per formare (educare) funzionari, polizia e giudici al rispetto dei diritti umani, ecc. NON PUO’ implicare uso forza armata, salva l’autorizzazione ONU.

L’intervento in Libia è stato presentato come un caso di attuazione della responsibility to protect

Esso presenta però numerosi profili di illegittimità sia in merito alla risoluzione autorizzativa dell’intervento, che in relazione alle concrete modalità attuative (per molti aspetti ultra vires e in violazione del diu)

Si può usare la forza contro la minaccia terroristica? L’intervento in Afghanistan successivo all’11 settembre è stato giustificato come ipotesi di legittima difesa, invocata anche dal Cds nella ris 1373

L’attuale intervento contro l’ISIS è stato altresì giustificato in base alla legittima difesa collettiva: l’intervento è stato richiesto dal governo iracheno e lo sconfinamento in Siria si è reso necessario per la circostanza che tale Governo è unwilling e unable di reagire; oppure (Russia) è stato giustificato come legittima difesa collettiva su richiesta governo siriano.

La risoluzione del Cds 2249/2015 sembrerebbe legittimare, seppure con un linguaggio ambiguo, l’uso della forza da parte coalizione, autorizzando l’uso di tutti i mezzi necessari

Tuttavia numerosi autori suggeriscono che la espressione utilizzata dal Cds, lungi dall’autorizzare l’intervento armato, voglia solo attribuirvi una legittimazione politica col richiamo ad una azione nel solco della Carta. Dunque la legittimazione deriverebbe sempre dalla legittima difesa

Secondo una parte minoritaria della dottrina, si tratterebbe, invece, dell’ennesima ipotesi di reazione unilaterale da parte Stati, in caso di paralisi del Cds, per la tutela di valori cogenti ed erga omnes ai sensi del Progetto di articoli sulla responsabilità Stati