PROGETTO SUL CONTRASTO/PREVENZIONE “MINORI A RISCHIO” PREVENZIONE DEL BULLISMO E CYBERBULLISMO ISTITUTO COMPRENSIVO “F.BERTI” DI PRIGNANO S/SECCHIA ANNO.

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Transcript della presentazione:

PROGETTO SUL CONTRASTO/PREVENZIONE “MINORI A RISCHIO” PREVENZIONE DEL BULLISMO E CYBERBULLISMO ISTITUTO COMPRENSIVO “F.BERTI” DI PRIGNANO S/SECCHIA ANNO SCOLASTICO I SEMI DELL’EMPATIA a curadi Maria Grazia Franciosi 1

BULLISMO A SCUOLA I bulli nelle scuole ci sono sempre stati: prepotenti, aggressivi, coloro che si divertono a fare dispetti, a picchiare i compagni ecc.. ragazzi e ragazze che in qualche modo terrorizzavano i compagni in qualche modo erano leader più o meno riconosciuti, non veniva definito bullismo. (Sintesi art. di Daniele Novara del centro Psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti di Piacenza )

Oggi si tratta di qualcos’altro Siamo in un’epoca di transizione! Dai modelli rigidi Prevaleva un modello etico- normativo e i trasgressori venivano facilmente individuati A modelli fondati sulla relazione interpersonale non più sulle regole Diventa dominante l’elemento affettivo

A scuola le difficoltà sono prevalentemente concentrate sulle figure dell’educatore (insegnante) che fatica a trovare un punto di riferimento pedagogico sul quale appoggiarsi per fronteggiare situazioni che fino a una o due generazioni venivano gestite con metodi che oggi non hanno più legittimità.

Se ieri certe situazioni erano tollerate e i “cattivi” affrontati con il massimo di severità che la scuola poteva prevedere e la cosa funzionava, anche perché il mondo adulto era compatto nelle reazioni adottate e l’accettava, oggi non è più così. Può succedere che i bambini prepotenti a scuola siano tranquillamente difesi dai genitori, può essere che i bambini prepotenti ricattino subdolamente gli insegnanti sul versante affettivo.

Oggi, di certo, c’è maggior sensibilità da parte del mondo educativo nei confronti dei fenomeni della violenza, e i fenomeni del bullismo e della prepotenza non vengono più tollerati, l’atteggiamento non più quello di inibire brutalmente e drasticamente questo fenomeno in termini autoritari. Allo stesso tempo non si hanno strumenti precisi e definiti come poche generazioni fa e bisogna trovare delle nuove regole educative nell’ambito relazionale- affettivo (molto difficile ancora in quanto non esiste una tradizione in questo senso).

E’ piuttosto improbabile che la scuola, da sola, riesca a reggere l’urto di certe situazioni che si radicano in atteggiamenti profondi e resistenti al cambiamento. C’è un disagio che deriva dalla solitudine e dalla carenza degli strumenti necessari a dare risposte adeguate a certi problemi.

COSA SI PUO’ EVITARE A SCUOLA NELL’AMBITO DELLA GESTIONE DI QUESTI PROBLEMI? 1.EVITARE DI METTERE IL BULLO SUL PIEDISTALLO “Sei sempre il solito, è sempre colpa tua, non ci si può aspettare altro da te, lo sapevo che avresti fatto così…” Forme di comunicazione che accentuano il ruolo sociale del bullo e che gli danno uno spessore e potere nel gruppo, che in qualche modo, anche se in maniera negativa, l’insegnante finisce per riconoscere 2. EVITARE, IN QUANTO SCUOLA, COME UNICO DEPOSITARIO DELL’INTERVENTO SUI BULLI La scuola dovrebbe coinvolgere le risorse che un territorio offre in relazione a queste problematiche. Una delega totale non va accettata passivamente, perché produce una forma di impotenza, nel momento in cui questa delega fatica a dare riscontri.

3.EVITARE CHE NELLA SCUOLA CI SIA UNA SORTA DI INVADENZA DA PARTE DEL TERRITORIO La scuola deve fare la sua parte! Il compito della scuola è l’apprendimento, quindi anche l’apprendimento sociale e relazionale, ma è comunque un ruolo limitato. Ognuno deve fare la sua parte, altrimenti si crea una situazione confusa che genera un’incapacità di produrre veri cambiamenti. 4.EVITARE CHE LA VITTIMA SI IDENTIFICHI NEL SUO RUOLO e ne faccia una bandiera. Una identità carente trova nell’essere vittima una forma di compensazione e di gratificazione. Per ragazzi e ragazze il cercare una collocazione è fondamentale e può prodursi anche nell’assumere un ruolo passivo. L’insegnante dovrebbe aiutare questi ragazzi a ritrovare una collocazione attiva e sdrammatizzare un certo vittimismo per evitare che questo si ripeta all’infinito anche se non è sempre facile poiché la vittima induce certi comportamenti in maniera inconscia.

COSA PUO’ FARE LA SCUOLA? 1. DISTINGUERE I CASI LIMITE Cioè le situazioni al limite con la patologia, da quelle che sono le normali situazioni di disagio relazionale, oggi piuttosto diffuse in un contesto dove i giovani vivono lo stress di una società sempre più virtuale, dove le esperienze di convivenza sono difficili, in cui le autonomie infantili sono piuttosto compromesse. Il disagio relazionale è molto diffuso e non va confuso con situazioni patologiche che necessitano di interventi specifici. I casi limite vanno affrontati con supporti esterni di carattere terapeutico.

2. COINVOLGERE ENTRAMBI I GENITORI Rispetto a questi fenomeni è importantissima la figura del padre, per cui i genitori vanno convocati assieme, o per lo meno bisogna chiedere sempre di parlare con entrambi i genitori. Evitare di accettare deleghe che non sempre producono gli effetti sperati. E’ importante che partecipino entrambi a strategie comuni scuola-famiglia di riduzione delle prepotenze, dell’aggressività e della violenza a scuola.

3. EVITARE IL GIUDIZIO Nell’ambito del dialogo con i genitori evitare di essere giudicanti od avere un atteggiamento terapeutico con indicazioni di tipo psicologico. E’ importante essere precisi ed attenersi ad informare e a ricordare le regole educative su cui si basa la scuola, condividendo strategie comuni a scuola e a casa. Si chiede di aiutare la scuola a far rispettare le regole e perché l’esperienza scolastica sia una esperienza positiva per i loro figli.

4. GLI INSEGNANTI DOVREBBERO AFFRONTARE QUESTE EMERGENZE IN EQUIPE Altrimenti si corre il rischio che i ragazzi, anche quelli “cattivi”, facciano alleanze strane con alcuni insegnanti che escludono i colleghi e creano una situazione di grave frattura nella compattezza. E’ estremamente deleterio che qualche insegnante vada per la propria strada o si ponga come punta avanzata di un eventuale processo di comunicazione con i bulli, ci vuole comunque un lavoro comune e delle strategie comuni per cui i ragazzi si sentano dentro un contenitore saldo, fermo, che non offra possibilità di fuga.

5. GLI INSEGNANTI DEVONO LAVORARE SULLA PROPRIA CAPACITA’ DI STARE NEI CONFLITTI Questo vale sempre come elemento formativo anche se a volte la storia educativa di tanti non include questa capacità. Quando l’insegnante si imbatte in alunni molto attivi nei litigi e molto provocatori possono scattare dei meccanismi di repulsione, fuga, spaesamento, che finiscono che finiscono inconsciamente trasmessi ai ragazzi. Così l’insegnante finisce per mostrarsi debole, più esposto all’attacco, alla denigrazione, all’indifferenza dei prepotenti e dei bulli. La competenza al conflitto è un processo a lungo termine, che può attivarsi soltanto sul piano della formazione, ma è molto importante lavorare su questa componente educativa che è l’arte della fermezza nel dialogo e nell’ascolto.

Le problematiche rispetto alle questioni del bullismo e della pro-socialità si collocano attorno a due dimensioni: la dimensione del potere e la dimensione della cura. Un aspetto caratterizzante il bullismo è la situazione di disparità di potere: qualcuno è senza poteri, qualcuno ne ha troppi e qualcun’altro rinuncia ad esercitare il proprio potere di intervenire e “prendersi cura” della situazione. Le dimensioni del potere e della cura sono implicate rispetto ai temi del contrasto al bullismo e della promozione di competenze di tipo pro-sociale attraverso la costruzione di regole condivise: momento nel quale i poteri devono trovare una composizione equilibrata ed orientata alla migliore soluzione delle situazioni problematiche

REGOLE CONDIVISE LE CONDIZIONI DI EFFICACIA - PREMI - SANZIONI IL POTERE e LA CURA COSTRUZIONE DI REGOLE CONDIVISE ° Quali? ° Esplicite e/o implicite? ° Processo e/o regola? I SOGGETTI: chi stabilisce le regole? LE FORME MATERIALI: norme, regolamenti, prassi abituali, sistemi di attese I CONTENUTI: - divieti - opportunità I VALORI: a quali valori fa riferimento la regola? Quale grado di coerenza interna?

PROMUOVERE: Processi di partecipazione a vari livelli: ° informazioni ° consultazioni ° coodecisione Il processo di costruzione di regole condivise non dipende solo da un atto di buona volontà, ma richiede la maturazione di precise condizioni, che coinvolgono anche i processi di comunicazione. LA COSTRUZIONE DI REGOLE CONDIVISE LE CONDIZIONI RESPONSABILITA' CONDIVISA Si fonda su: - Orientamento ai valori - Mete / obiettivi - Ricerca significati comuni - Partecipazione scelte / decisioni - Rispetto reciproco * Dialogo costante e sistematico * Ascolto attivo * Cooperazione * Mediazione / negoziazione * Accettazione e confronto differenze

Nell’ultimo decennio sono state realizzate nel nostro paese importanti esperienze, che hanno affrontato i fenomeni di bullismo e di costruzione di competenze pro-sociali a diversi livelli di intervento: individuale, rivolto alla dimensione della classe ovvero allargato alla comunità scolastica e sociale. SCUOLA/COMUNITA' Progetti di istituto (es.: Pof) Progetti interistituzionali (Reti di scuole) CLASSE Approccio curricolare (interessamento di quasi tutte le discipline) Promozione regole, rispetto (Es.: potenziamento competenze emotive, etiche) Potenziamento abilità sociali (Es.: circoli di qualità) Potenziamento comportamenti cooperativi (Es.: apprendimento cooperativo) Peer support (Es.: l’operatore amico) Peer mediation (Es.: la mediazione dei conflitti) INDIVIDUALE Sul bullo: riflessione etica, rispetto delle regole, sanzioni, ecc.) Sulla vittima: counseling, telefono amico, ecc.