Il linguaggio – parte quarta A cura di Eleonora Bilotta
Il significato (Continua) La polisemia e l’ambiguità lessicale sono fenomeni linguistici che presentano una parola con significati diversi. Il soggetto di solito provvede ad eliminare l’ambiguità del significato facendo riferimento al contesto di produzione di quei termini. Osgood, Suci e Tannenbaum (1971) hanno studiato il significato attraverso il differenziale semantico.
Il significato Si tratta di una procedura sperimentale attraverso la quale si valuta lo spazio semantico di una parola secondo tre categorie: –bontà (buono/cattivo, positivo/negativo), attività (attivo/passivo) e intensità (forte/debole). Ogni parola può essere semanticamente misurata attraverso una lista di coppie di aggettivi antitetici che ne definiscono le proprietà e le qualità.
La struttura ed il significato delle frasi (Continua) Di solito, quando parliamo, combiniamo le parole in modo tale che le frasi risultanti sia organizzate secondo le regole della sintassi. Non esiste una grammatica completa di nessuna lingua, ma studiosi di linguistica teorica, come Chomsky e di scienze cognitive come Johnson- Laird hanno stabilito che qualsiasi grammatica deve contenere almeno due tipi di regole: –le regole della struttura sintagmatica e le regole di trasformazione.
La struttura ed il significato delle frasi (Continua) La grammatica a struttura sintagmatica si fonda su tre elementi: –un vocabolario finito; –un insieme finito di simboli; –un insieme finito di regole. La prima regola è una regola di riscrittura: (1) X Y; si tratta di una istruzione che indica di mettere al posto di X quanto indicato da Y e si legge come: ”riscrivere X come Y”.
La struttura ed il significato delle frasi Per esempio: Se si prende la frase “Un uomo strano mangiò la mela”, tale frase può essere scomposta in un sintagma nominale (SN) e in un sintagma verbale (SV) e si può rappresentare attraverso una struttura ad albero che segue.
Rappresentazione della struttura sintagmatica di una frase Sintagma verbale Sintagma nominale Articolo Nome Aggettivo Verbo Sintagma nominale Articolo Nome Frase Un uomo strano mangiò lamela
Le regole sintattiche (Continua) La frase presentata può essere analizzata e viene prodotta secondo le seguenti regole sintattiche: a) F SN + SV Una frase (F) può essere costituita da un sintagma nominale (SN) più un sintagma verbale (SV). b) SN Art + (Agg.) + N Un sintagma nominale (SN) è formato da un articolo (Art) più un aggettivo (Agg.) che è opzionale più un nome (N). C) SV V + SN
Le regole sintattiche Un sintagma verbale (SV) consiste di un verbo (V) più un sintagma nominale (SN). Un tipo di grammatica organizzata con tali regole è in grado di generare un numero elevatissimo di frasi con gli elementi riportati precedentemente. Tali frasi, rappresentano solo una piccola parte delle innumerevoli possibili frasi che si possono produrre nella lingua italiana.
Descrizione delle frasi (Continua) La grammatica a struttura sintagmatica fornisce anche una descrizione delle frasi. Per esempio, prendiamo le frasi: Pasquale ha visto Maria Giovanni ha sentito Luca Se si guarda bene, la struttura della frase è dello stesso tipo,nonostante i nomi siano differenti. Esse hanno la stessa struttura grammaticale, ovvero sono state generate dalle stesse regole sintattiche (in questo caso, F SN +SV; SN N; SV V + SN).
Descrizione delle frasi Vi sono frasi che sembrano simili l’una all’altra, ma hanno strutture differenti. Per esempio, le frasi: Pasquale ha visto Maria Maria è stata vista da Pasquale Hanno strutture sintagmatiche differenti, che significano però la stessa cosa. Le regole grammaticali che descrivono le relazioni fra le frasi si chiamano regole di trasformazione. Tali regole mostrano come una stringa di parole può essere trasformata in un’altra e specificano in che modo i vari tipi di frase sono connessi tra loro.
Struttura superficiale e struttura profonda (Continua) Alcune intuizioni che tutti i parlanti di una lingua hanno nel comprendere il parlato ssono esplicitate dalla grammatica sintagmatica e dalle regole di trasformazione. Si sa per esempio che le frasi seguenti: La televisione è stata riparata da un elettrauto La televisione è stata riparata da un minuto Pur differendo soltanto per un nome (elettrauto e minuto) sono diverse in quanto sono uguali nella struttura superficiale ma diverse nella struttura profonda.
Struttura superficiale e struttura profonda (Continua) Applicando le regole di trasformazione a tutte e due le frasi abbiamo: –La televisione è stata riparata da un meccanico. Un meccanico ha riparato la televisione. –La televisione è stata riparata da un minuto. Un minuto ha riparato la televisione. –Una frase è ambigua sintatticamente quando può essere parafrasata in modi diversi. –Per esempio la frase: L’ho guardato prima di te, si può ricondurre alle parafrasi: –L’ho guardato prima che lo guardassi tu –oppure –L’ho guardato prima di vedere te.
Struttura superficiale e struttura profonda Per cui certe frasi ambigue possono essere meglio comprese quando si confronta la loro struttura superficiale con la loro struttura profonda.
Le regole di base della conversazione (Continua) Tutti coloro che partecipano ad una conversazione devono condividere alcune regole di base. La prima è quella che è stata indicata da Grice (1975) come principio di Cooperazione. Secondo tale principio ai partecipanti viene assegnato il compito di “fornire il proprio contributo così come è richiesto, al momento opportuno, dagli scopi e dall’orientamento dei discorsi in cui uno è impegnato”.
Le regole di base della conversazione (Continua) Tale principio generale viene declinato secondo quattro massime: –massima di Qualità: i partecipanti devono cercare di fornire un contributo vero, in particolare devono: a) non dire cose che ritengono false, b) non dire cose per le quali non si hanno prove adeguate; –massima di Quantità: a) fornire un contributo che soddisfi la richiesta di informazioni in modo adeguato agli scopi del discorso, b) non fornire un contributo più informativo del necessario;
Le regole di base della conversazione –massima di Relazione: fornire contributi pertinenti al tema del discorso; –massima di Modo: è necessario essere chiari, in particolare a) evitare oscurità di espressione, b) evitare le ambiguità, c) essere brevi, d) procedere in modo ordinato.
Il linguaggio negli animali: il caso dell’ape da miele (Continua) Più di 2000 Anni fa, il filosofo greco Aristotele osservava che quando una sola ape da miele scopriva una sorgente di nettare, le altre api brevemente partivano per raggiungere la nuova fonte di cibo scoperta. Aristotele suppose che l’ape ritornasse all’interno dell’alveare e conducesse le altre api per indicarli il cibo. Nel 1901, un intelligente ricercatore tedesco seguì il percorso dell’ape tornando indietro dall’alveare e la intrappolò, come venne liberata si recò di nuovo verso la fonte di cibo. Pur essendo priva della guida l’ape volò verso la sorgente del nettare.
Il linguaggio negli animali: il caso dell’ape da miele (Continua) Come fanno le api a sapere dove andare? Il biologo Austriaco Karl von Frish (1950) intraprese degli esperimenti per la quale ricevette il premio nobel. Gli esperimenti rilevarono che l’ape esploratrice comunica con le altri ape attraverso un’intrigante danza. La direzione e la durata della danza, Frish scoprì, informano le altri api della direzione e della distanza della sorgente di cibo. Impressionante come la danza dell’ape da miele non sfida la complessità, la flessibilità e l’energia del linguaggio umano.
Il linguaggio negli animali: il caso dell’ape da miele (Continua) la danza dell’ape da miele. La parte rettilinea della danza punta nella direzione del nettare relativa alla sorgente del sole, e la sua durata ne indica la distanza, le altre api, che non possono vedere la danza nel buio dell’alveare, si accalcano vicino per percepire la direzione da prendere.
Il linguaggio negli animali: il caso dell’ape da miele (Continua) Il nettare è vicino all’alveare: l’ape danza attorno e fa un giro a forma di cerchio. Le altre api annusano il nettare sul suo corpo e si uniscono alla danza. Quindi, volano attorno all’alveare fino a trovare lo stesso odore dell’ape.
Il linguaggio negli animali: il caso dell’ape da miele (Continua) Se il nettare è lontano dall’alveare l’ape inizia ad eseguire una danza altalenante. All’interno dell’alveare, l’ape, si muove descrivendo un otto e ondeggiando l’addome lungo il tratto rettilineo.
Il linguaggio negli animali: il caso dell’ape da miele (Continua) La durata della danza indica la distanza il movimento direzione rispetto al sole. Ecco il nettare rispetto al sole e la sua distanza rispetto all’alveare.
Il linguaggio negli animali: il caso dell’ape da miele
Il linguaggio negli animali: il caso delle scimmie (Continua) Una delle più grandi sfide che suscitano attenzione tra i ricercatori è stato, e continua ancora ad esserlo, l’interesse che alcune scimmie possano far uso del linguaggio per comunicare. Sapendo che gli scimpanzé non potessero vocalizzare più di alcune parole, i ricercatori Allen e Beatrice Gardner (1969), dell’università del Nevada, cercarono di insegnare un linguaggio basato su segni ad una scimmia di nome Washoe.
Il linguaggio negli animali: il caso delle scimmie (Continua) Dopo 4 anni, Washoe poteva usare 132 segni. I Gardner annunciarono il loro successo il quale ebbe come effetto l’interesse da parte di altri studiosi a riprendere gli studi in tale settore.
Il linguaggio negli animali: il caso delle scimmie Austin dopo aver letto la richiesta di cibo segnalata dal computer, Sherman seleziona il corretto cibo da un vassoio (sinistra). Subito dopo alimenta Austin (centro) ed infine si lecca il dito (destra).