INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA, «ISOLAMENTI» DEI PAZIENTI: COME AFFRONTARLI CON SERENITA’ E COMPETENZA.

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INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA, «ISOLAMENTI» DEI PAZIENTI: COME AFFRONTARLI CON SERENITA’ E COMPETENZA

….Parleremo di … cenni sulle infezioni correlate all’assistenza …trasmissione delle malattie infettive …fenomeno dei germi multi-resistenti …azioni per la protezione operatori sanitari, dei pazienti e dell’ambiente …precauzioni standard …precauzioni aggiuntive

DATI EPIDEMIOLOGICI SULLE INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA

DEFINIZIONE Per infezione correlata all’assistenza (I.C.A.) si definisce un'infezione acquisibile in ospedale come in comunità ma correlata al processo assistenziale attuato Infezione nosocomiale è un’infezione contratta durante il ricovero in ospedale, che non era manifesta clinicamente né in incubazione al momento dell’ammissione, ma che compare durante o dopo il ricovero e da questo è determinata. Le infezioni acquisite in ospedale comprendono anche le infezioni che il personale ospedaliero può contrarre nell’assistenza ai malati. L’infezione va distinta dalla "colonizzazione", definita come la moltiplicazione a livello locale di microrganismi senza apparenti reazioni tessutali o sintomi clinici. (Circolare Ministero Sanità n. 52/1985 )

CENNI STORICI Nella metà del 1800 I. Semmelweiss e J. Simpson furono i pionieri di una raccolta sistematica dei tassi di infezione ospedaliera: Semmelweiss dimostrò efficacemente che l’ospedale poteva rappresentare un rischio per i pazienti (le donne che non partorivano in ospedale avevano un rischio di sepsi puerperale ed una mortalità molto più bassa rispetto a quelle che partorivano in ospedale), che tale rischio era di origine infettiva (i patogeni erano trasmessi dai medici e dagli studenti che, prima di assistere le partorienti, effettuavano riscontri autoptici), che tale evento era prevenibile (lavando le mani con cloruro di calcio). Simpson evidenziò una correlazione diretta tra la mortalità per infezione, dopo amputazione degli arti, e la grandezza dell’ospedale, condizione associata al sovraffollamento, che favoriva la trasmissione delle infezioni da paziente a paziente.

… ma il loro lavoro non fu ben accetto dai colleghi del tempo e la sorveglianza epidemiologica e lo sviluppo di una epidemiologia ospedaliera come disciplina si affermò solo negli anni ‘50

Pz sottoposti a pratiche invasive durante la degenza. L’impulso decisivo fu anche una pandemia causata da S.Aureus resistente alla penicillina sia in ospedali europei che statunitensi in quel periodo. 1955: Colebrook propose rilevazioni di infezioni in ogni grande ospedale. 1959: Moore istituì la figura professionale dell’infermiera addetta al controllo delle infezioni nel suo ospedale, esempio seguito da altri 1970: si delinea una popolazione di pz a ↑ rischio di IO Pz sottoposti a pratiche invasive durante la degenza. Stati Uniti: istituirono i CDC ( Center for Disease Control and Prevention) e la Divisione Infezioni Ospedaliere e ne svilupparono le definizioni standard con l’avvio di un sistema di sorveglianza attiva National Nosocomial Infections Survillance System(NNIS) tutt’oggi funzionante

Emanazione delle circolari del Ministero 1980 In Italia: l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) elabora il programma italiano di controllo delle IO.(SIPIO/1984) Emanazione delle circolari del Ministero della Sanità N°52/1985 e N°8/1988 1990: In Italia vengono emanati i decreti legislativi 502/92 e 517/93 per la riorganizzazione delle strutture ospedaliere. Negli Stati Uniti vengono pubblicati i documenti contenenti linee guida tra cui quelle del Hospital Infection Control Practice Advisory Committee (HICPAC) dei CDC

2005: Nell’era del controllo delle infezioni, l’obiettivo da raggiungere è il cambiamento migliorativo dell’intero processo e non della singola attività. Infatti in una situazione di aperta competizione tra le varie aziende solo quelle capaci di differenziarsi in termini di conoscenza di livelli di rischio al loro interno, di bassa incidenza delle IO e di attuazione di misure di sicurezza, potranno raggiungere elevati livelli di qualità

DATI EPIDEMIOLOGICI Le infezioni ospedaliere si manifestano con alti tassi di MORBOSITA’ ed incremento della MORTALITA’, contribuendo anche all’aumento dei COSTI di degenza, dei pazienti ospedalizzati. Nonostante la riduzione della durata e del numero dei ricoveri e le ampie conoscenze disponibili in materia, in termini sia di fattori di rischio, sia di metodi appropriati di prevenzione, la frequenza delle infezioni ospedaliere non è generalmente in declino.

Localizzazioni più frequenti di infezioni ospedaliere L’80% di tutte le infezioni associate all’assistenza si localizza in quattro siti

Studio effettuato nel 1979 Svezia Danimarca Norvegia Inghilterra Galles Belgio Spagna Cecoslovacchia La prevalenza oscillava da 6.1% in Cecoslovacchia a 12.3% in Danimarca

OMS 1983-1985: Studio condotto su 47 ospedali di 13 paesi prevalenza 9.9% Stati Uniti 1998: Classificazione e raccolta sui reparti a maggiore rischio: -UTI -Reparti di chirurgia (particolare attenzione alle infezioni della ferita chirurgica)

Per descrivere la frequenza di infezioni nel tempo e per specifici gruppi si fa riferimento al Sistema di Sorveglianza Statunitense delle Infezioni Nosocomiali (NNIS), che registra dal 1970 le frequenza delle I.O. ANNI ’80 ANNI ‘90

In Italia, non esiste, tuttavia, un sistema di sorveglianza nazionale,, sono stati condotti numerosi studi multicentrici di prevalenza. Sulla base di questi e delle indicazioni della letteratura, si può stimare che in Italia il 5-8% dei pazienti ricoverati contrae un’infezione ospedaliera.  

In Italia, nel 1983, fu effettuato lo Studio Italiano Prevalenza Infezioni Ospedaliere (SIPIO) che coinvolse 142 ospedali (36000 letti) ed evidenziò: - una prevalenza di I.O. del 6,8%. - il 12,3% dei pazienti entra in ospedale già infetto. Tali dati sono stati ulteriormente confermati da successivi studi d’incidenza condotti in alcuni ospedali italiani. La stima numerica annua d’infezioni ospedaliere oltrepassa le 600 mila unità l’anno; tali infezioni prolungano ovviamente la degenza ospedaliera, con un aggravio di costi che oltrepassa i 1000 miliardi/anno.

Nel 2000 uno studio di prevalenza condotto in Italia dalla Dott Nel 2000 uno studio di prevalenza condotto in Italia dalla Dott.ssa Moro fornì i seguenti dati: - prevalenza: 5-8% dei ricoverati - 400.000-700.000 infezioni ……di cui 30% prevenibile=135.000-210.000 Le epidemie di I.O. sono per lo più attribuibili ad errori nelle pratiche assistenziali e, pertanto, EVITABILI!!!

Eziologia e patogenesi delle infezioni ospedaliere

Agenti patogeni tradizionali, quali per esempio il virus influenzale, i virus dell’epatite, le Salmonelle,etc… che,oltre ai pazienti,possono colpire anche il personale di assistenza. Agenti opportunisti, vale a dire tutti quei microrganismi che aggrediscono l’ospite solo quando si determinano condizioni tali da consentire il loro impianto in distretti normalmente sterili e/o quando si verifica una diminuzione a vario livello delle difese dell’ospite.

Modalità di trasmissione Il serbatoio di questi microrganismi (habitat naturale e sede di moltiplicazione) è costituito dall’uomo (pz infetti/colonizzati e/o portatori) e dall’ambiente . Affinchè avvenga la trasmissione del m.o. è necessario che vi sia un veicolo . Un veicolo di importanza determinante è costituito dalle MANI degli operatori sanitari,sulle quali colonizzano un numero e una varietà non indifferente di potenziali patogeni. L’importanza di tale veicolo è sottolineato dal fatto che le misure di controllo più efficaci della maggior parte delle I.O. si basano sul lavaggio frequente delle mani.

Classificazione Le infezioni ospedaliere relativamente alla provenienza dell’agente eziologico,si distinguono in: ENDOGENE ,quando l’infezione è sostenuta da un agente già da tempo presente nell’organismo del soggetto in causa, in veste di ospite abituale non patogeno, ma che ha acquistato patogenicità e virulenza in seguito a una grave compromissione delle difese dell’organismo; ESOGENE ,sono le infezioni in cui il germe arriva al pz trasmesso da un altro pz (infezione crociata) o dall’ambiente ospedaliero,secondo due principali modalità: Contatto diretto , in cui il pz viene a diretto contatto con la fonte di infezione ( ad es. goccioline di saliva); Contatto indiretto , in cui il m.o. è trasportato dalla fonte di infezione all’ospite recettivo da un veicolo animato o inanimato (per es. endoscopi,strumenti chirurgici, mani etc…).

fattori intriseci (associati alle condizioni del paziente) fattori estrinseci -associati a procedure invasive e assistenziali -associati alla mancata adozione delle misure generali di prevenzione -associati a caratteristiche organizzative dell’ospedale

Importante!! I m.o. patogeni responsabili di I.O. sono nel 70% dei casi resistenti a uno o più antibiotici.

SORVEGLIANZA 24

… Un processo dinamico per raccogliere, gestire, analizzare e diffondere dei dati relativi ad eventi che si verificano in una data popolazione Pottinger JM 1997

Descrivere la frequenza delle infezioni ospedaliere Formulare ipotesi sui fattori di rischio Valutare le misure di controllo adottate Sensibilizzare/coinvolgere gli operatori sanitari Generare ipotesi per specifici progetti di ricerca …

Lo studio SENIC ha dimostrato come una frazione pari al 30% di tutte le IO sia prevenibile in presenza di alcuni requisiti organizzativi come un buon sistema di sorveglianza

LE INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA Il controllo delle infezioni ospedaliere si può attuare attraverso: Corrette procedure assistenziali Disinfezione/sterilizzazione Buon uso degli antibiotici «Isolamenti» … Precauzioni aggiuntive Educazione sanitaria

CHI E’ L’ICI ? Nel 1959, in Inghilterra, vengono formate le prime infermiere addette al controllo delle infezioni (Infections Control Nurse) Nel 1985, la Circolare Ministeriale n°52 definisce l’Infermiere per il Controllo delle I.O. una “figura fondamentale”per il controllo delle I.O. e da indicazioni su quanti ICI devono essere presenti in un Ospedale in base al numero di posti letto (1 ICI/ 250 p.l.) Nel 1988 per la prima volta in Italia, è stato attivato a Torino, presso la scuola Infermieri Professionali “E.Nasi” dell’Ospedale Martini Nuovo, il corso di specializzazione per ICI.

…ORA LA DOMANDA E’… «…quando, in reparto, vi è successo di assistere un paziente con infezione da klebsiella multiresistente sulle feci,…cosa avete fatto?...»