Descartes All’origine della modernità Ciro Fiorentino – giugno 2003.

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Transcript della presentazione:

Descartes All’origine della modernità Ciro Fiorentino – giugno 2003

La modernità e Descartes  “Moderno”, anche nel linguaggio comune, è sinonimo di progredito, aggiornato, attuale. E’ una parola circondata da un alone valutativo sostanzialmente positivo. Eppure, basta riflettere un attimo sulle contraddizioni del nostro mondo, che ci attardiamo a definire, appunto, moderno, per mettere in dubbio la chiarezza e l’univocità del concetto. Ciò non significa che il moderno esploda, ormai giunto alla fine della sua storia. Esso nasce già come questione. Ciro Fiorentino – giugno 2003

I luoghi del moderno nel pensiero cartesiano  Nel pensiero cartesiano si è soliti indicare il momento aurorale del moderno. Si tratta, allora, di ripercorrere brevemente il percorso filosofico di Descartes e tentare di comprendere come alcuni presupposti che sorreggono il nostro vivere e il nostro conoscere si trovano negli snodi fondamentali del suo pensiero e anche come in esso siano impliciti tutti i problemi che caratterizzano la modernità. Ciro Fiorentino – giugno 2003

Descartes, il metodo e la modernità 1.Dialogando con Descartes, è inevitabile parlare del metodo. Ma qual è la sua relazione con il moderno? “Metodo” significa, in base all’originaria etimologia greca, “via attraverso”. 2.Volere costituire un metodo, vuol dire, innanzitutto, avanzare l’esigenza di un percorso, di un camminamento regolato del pensiero: una via, appunto, lungo la quale la conoscenza possa incamminarsi senza rischio di perdersi o errare. 3.Ma, in secondo luogo, presuppone l’esistenza di uno “spazio” in cui non ci sono vie, attraverso il quale il pensiero è chiamato, in ogni caso, a passare. Ciro Fiorentino – giugno 2003

Descartes, il metodo e la modernità 4.Il metodo, allora, anche se non in modo dichiarato, si origina da un’esperienza delusoria riguardo alla verità: esso sa dello “spazio” incerto, malsicuro, caotico in cui deve tracciarsi la sua via. 5.Il metodo, tuttavia, muove anche dall’assunzione che l’accesso alla verità sia possibile. Ciò significa che lo “spazio” che esso attraversa viene ri- configurato nell’atto stesso in cui si traccia la sua via: ciò che ora è giudicato come privo di saldezza può essere ricondotto alla certezza, quanto appare, alla luce dell’esigenza metodica, come mancante di ordine può essere sottoposto al processo regolato del pensiero. Ciro Fiorentino – giugno 2003

Descartes, il metodo e la modernità 6.Il metodo, allora, presuppone una volontà di verità e si realizza come attività teorico-pratica verso un mondo che, di per sé, è privo di senso e che attende di riceverne, appunto, dall’effettuazione dell’esercizio metodico. 7.Giungiamo, quindi, a comprendere il nesso fra il metodo e il moderno: il mondo – pensato, preliminarmente, come caotico e senza scopo – diviene oggetto del dominio metodico. Per un verso, esso è forzato alla conformità alla ragione metodica; per un altro, si configura come materia inerte sottoposta al potere formativo e ordinante del soggetto umano. Basta pensare al quadro di presupposizioni che sorregge l’essere e l’attività dell’homo tecnologicus per comprendere che il dominio metodico ne è l’essenza. Ciro Fiorentino – giugno 2003

Descartes, il metodo e la modernità 8.Il metodo, dunque, non è solo uno strumento di dominio dell’uomo sul mondo; ma è anche la “cornice” ontologica tramite la quale un mondo viene offerto come oggetto al conoscere e al fare. 9.Dopo quanto si è detto, è possibile percorrere un altro passaggio fondamentale del pensiero cartesiano che, poi, costituisce anche uno snodo del moderno. 10.E’, infatti, possibile porre queste domande: per il dominio di chi è uno strumento il metodo? E a chi il mondo appare come un oggetto da conoscere e suscettibile di manipolazione? Ciro Fiorentino – giugno 2003

Il cogito e il moderno a chi vuole la verità 1.Alle domande poste precedentemente è possibile rispondere, in prima approssimazione in questo modo: l’esigenza del metodo e l’affermazione di dominio sul mondo-oggetto che essa comporta si presenta a chi vuole la verità. Ma colui che vuole la verità sa che essa non è già data, ma che è esigenza che muove il suo cammino e sa, inoltre, che il tragitto che sta percorrendo si snoda attraverso uno spazio infido, malsicuro, fuorviante. 2.Colui che, volendo la verità, opera in vista dell’affermazione del dominio metodico agisce, dunque, in un contesto emotivo dominato dalla diffidenza. Ciro Fiorentino – giugno 2003

Il cogito e il moderno 3.Un’urgenza esistenziale, dunque, costringe al sospetto colui che vuole la verità: sospesa la “confidenza” naturale con le cose, interrotto il “commercio” quotidiano con il mondo, si presenta l’alternativa del dubbio. 4.Il dubbio è anche garanzia dell’esercizio del pensiero: esso ha la forma del distacco; per suo tramite, si fa silenzio intorno a colui che desidera la verità. Le faccende di ogni giorno cessano di “premere” sulla riflessione, le parole della piazza tacciono. Perché si possa pensare, il mondo deve essere de-realizzato. 5.E’, dunque, il dubbio stesso ad essere via ed accesso al pensiero. “Se dubito, penso”: il sospetto è la radice stessa del cogito. Ciro Fiorentino – giugno 2003

Il cogito e il moderno 6.Colui che vuole la verità, attraverso il dubbio, acquisisce la certezza di se stesso come pensiero (cogito). Ma il “guadagno” metafisico dell’autoevidenza esistenziale comporta un “costo”. La certezza di sé è stata ottenuta, infatti, annullando, sotto i colpi del dubbio, la certezza delle cose e del mondo. 7.Si giunge, in tal modo, ad una feconda ambiguità che, segna, allo stesso tempo, uno degli aspetti essenziali del moderno: per un verso, il soggetto pensante (cogito) si trova costituito come il fondamento del dominio metodico mentre il mondo è offerto come oggetto al suo potere; per un altro verso, la centralità dell’uomo comporta la de- realizzazione del mondo che, almeno prima che venga dimostrata l’esistenza di Dio, non è che l’esito dell’attività del soggetto. Come è, appunto, il sogno. Ed infatti, la figura onirica inquieta sia il percorso metafisico di Descartes che l’affermazione della modernità. Ciro Fiorentino – giugno 2003

Il cogito e il moderno 8.Per fronteggiare l’inquietudine indotta dalla figura del sogno, Descartes si troverà costretto a prolungare il suo itinerario metafisico: guadagnerà la certezza intorno al mondo dopo aver dimostrato, in maniera congruente alle esigenze dell’evidenza soggettiva, l’esistenza di Dio. Solo la bontà e veracità di Dio, infatti, ci garantiscono, secondo Descartes, che ciò che conosciamo con evidenza non è illusione. 9.E noi, i “moderni” (o se si vuole i “post- moderni”), che abbiamo escluso Dio dal nostro orizzonte, come affrontiamo la possibilità del sogno (o dell’incubo)? Ciro Fiorentino – giugno 2003

La modernità e il sogno 10.Beh, a noi, i “moderni”, è preclusa la via percorsa da Descartes. Ciò vuol dire che il sogno (o l’incubo) non è finito. La convinzione diffusa che il mondo sia oggetto del nostro dominio è strettamente connessa al fatto che esso, come il sogno, è un prodotto inconsapevole della nostra attività. Del resto, i rapidi mutamenti della cultura, dei valori, degli orizzonti entro i quali comprendiamo e fruiamo del mondo non somigliano alle peripezie caleidoscopiche di un sogno? La “morte di Dio”, la caduta delle certezze non significano, forse, che noi, i “moderni”, viviamo costantemente nella possibilità dell’incubo? Ciro Fiorentino – giugno 2003

Conclusioni  Noi “moderni” siamo ancora in cammino: è bene, dunque, concludere con una domanda. Quindi non aggiungiamo altro. Soltanto, vogliamo precisare che non pretendiamo di avere esaurito l’argomento che dà il titolo a questa presentazione. Speriamo, invece, di aver introdotto in maniera interessante il pensiero cartesiano e di aver proposto, con l’aiuto di Descartes, il mondo in cui viviamo come sorgente di domande. Ciro Fiorentino – giugno 2003 Fare clic su un punto qualsiasi della diapositiva per uscire