Voi siete il CORPO di CRISTO! (1 Cor 12,27) La Chiesa dalla carità, la carità nella Chiesa CONSAPEVOLEZZA Ufficio Catechistico diocesano.

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Transcript della presentazione:

Voi siete il CORPO di CRISTO! (1 Cor 12,27) La Chiesa dalla carità, la carità nella Chiesa CONSAPEVOLEZZA Ufficio Catechistico diocesano

 CONSAPEVOLEZZA questione antropologica e questione ecclesiale Dall’io in relazione al “noi” ecclesiale.

UN DONO L’uomo è di natura, cioè per creazione, un essere cosciente e consapevole. La consapevolezza consiste nel rendersi profondamente trasparenti alla “verità profonda” di ogni realtà: la realtà di se stessi, degli altri, delle cose, degli ambienti, delle emozioni e sentimenti, della mente, dello spirito, degli eventi, di Dio.

La consapevolezza apre alla realtà e al mistero, che può essere colto solo se ci poniamo in uno stato di trasparenza. Il mistero infatti, cioè il divino che permea ogni realtà, non si offre alla nostra intelligenza (per la quale, piuttosto, risulta accecante) ma alla nostra capacità di stupore e di meraviglia.

UN COMPITO La consapevolezza, il risveglio interiore, è anche un compito, un impegno, una responsabilità, una missione: restituire l’uomo a se stesso, renderlo pienamente “umano-divino”. “Voi siete dei, siete figli dell’Altissimo” (Sal 82,6). Questo compito esige un cammino di formazione e di crescita. E se “risveglio”, “consapevolezza”, “attenzione” fossero il compito della nuova evangelizzazione per rifare l’uomo e il cristiano?

UNA SCELTA La creazione, cioè la prima nascita, non è stata consapevole. La seconda nascita, cioè la “rinascita” che deve assumersi la persona per divenire ciò che è chiamata ad essere, deve essere consapevole. Di nascere non decide la persona, che invece può scegliere di rinascere interiormente. Per nascere si ha bisogno di aiuti, così per rinascere: oltre che di aiuti umani, sia ha bisogno di aiuti divini.

 La CONSAPEVOLEZZA del “ noi ” ecclesiale e l’educazione della fede

“L’essere in COMUNIONE” “crea” la COMUNICAZIONE “Per l’evangelizzazione rimane sempre indispensabile la comunicazione interpersonale da parte di un credente nei confronti di un non credente, anche se occorre ricordare che, essendo fatto in comunione e a nome dell’intera comunità ecclesiale, l’annuncio non è mai un atto esclusivamente individuale: tutta la chiesa ne è coinvolta ”

“Credere è un CON-CREDERE” “È chiaro che la fede è un’adesione personale e che il rapporto si attua da persona a persona, ma nessuno trasmette l’Io della fede, perché l’atto stesso di credere è sempre intrinsecamente comunitario, credere è in realtà un con-credere.

La “responsabilità ecclesiale” della formazione C’è una forte correlazione tra “formazione” e “modelli di chiesa” sottostanti, perché l’azione formativa non è mai “neutra”, ma ricade direttamente sul modo di sentire e vivere la chiesa stessa. Una formazione e un modo di fare l’annuncio hanno una “responsabilità ecclesiale” perché possono creare una tipologia di credenti piuttosto che un’altra.

Formare una consapevolezza capace di condivisione Una formazione poco consapevole della “carica evangelizzatrice”, rende ferme le liturgie, scolastiche le catechesi e sterile la carità. Il volto che ne esce è quello di una chiesa che fa il suo dovere, ma non assume la responsabilità della fede degli altri.

Consapevolezza nella formazione non significa ostentare tanto “sapere” ma condividere un’esperienza. Il movimento domande-risposte non funziona sempre adeguatamente. Cosa vuol dire educare le domande? Si tratta di un processo infinito del quale non abbiamo il controllo noi. Occorre tutto un cammino educativo perché l’uomo impari a domandare, ma ci può essere un provocare le domande, che appartiene proprio all’opera dell’evangelizzazione.

Per questo l’aggancio può avvenire più facilmente a livello della vita e delle sue esperienze, attraverso una condivisione di fondo che si innesta sull’atteggiamento e sulla forma della comunità, cioè di tutti credenti.

La formazione cristiana nella chiesa Cristo-formata “La formazione cristiana significa prendere la forma di Cristo quindi attingere a tutti quegli strumenti che ‘ con-formano ’ la coscienza alla sua volontà” (PP 66). La chiesa non lo proclama Cristo come un proprio contenuto, ma come ciò che la determina, che è reso vivo dallo Spirito, le dà la forma e porta a pienezza la vicenda umana. Cristo e la chiesa diventano così un solo mistero, in cui la ‘Sponsa Verbi’ è caratterizzata anzitutto dall’essere stata scelta e Cristo-formata, e solo in secondo luogo dall’aver aderito ala proposta.

Per questo la missionarietà appartiene all’essenza ecclesiale, perché la salvezza spinge verso il Cristo totale e la comunicazione della fede non è altro che l’impronta trinitaria e pasquale di un Dio che è comunicazione d’amore.

Rinnovarsi nella consapevolezza Inoltre dobbiamo riconoscere che le nostre comunità non sono immuni dai limiti della cultura in cui vivono e che devono esse stesse lasciarsi prima evangelizzare per poter evangelizzare gli altri (EN 15).

L’episodio dei discepoli di Emmaus ci offre un modello particolarmente pregnante di cosa significhi per degli uomini feriti e delusi, incontrare la parola di Dio che si mette a camminare al loro passo, che li interroga sui loro vissuti, che li aiuta a porre luce in se stessi (consapevolezza), a riconsiderare i fatti e le situazioni in un contesto più ampio e così riscalda i cuori e li prepara al riconoscimento pieno (cf. Dell’agli, 2008, 37).

Lo sguardo dal basso per un’evangelizzazione “ALTA” Nella confusione di antropologie postmoderne è difficile formare identità adulte, in grado di scegliere Cristo. È il problema dell’insufficienza della testimonianza, che non genera più automaticamente.

Come rileviamo nella parabola del seminatore (l’enorme dispersione e la mediocrità dei destinatari), l’opera di evangelizzazione è azione di Dio primariamente, che non segue i nostri calcoli.

Non è la chiesa che modula la sua missione secondo le possibilità e i tempi, ma è la missione che cambia la chiesa e le chiede di rendersi adeguata a ciò che proclama e al modo in cui lo proclama. È il Vangelo che fa il credente, non viceversa.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI  BISI M., Formazione all’interiorità e alla consapevolezza, AdP,  BUBER M., Discorsi sull’educazione, Armando,  DELL’AGLI N., Parola, eucaristia e guarigione,  RISATTI E., La relazione di aiuto in AIC (a cura di Biancardi G.), Pluralità di linguaggi e cammino di fede, LDC,  SPAGNUOLO LOBB M., La consapevolezza nella prassi post- moderna della Gestalt Terapy, Domeneghini editore,  ZIVIANI G., La formazione per il primo annuncio: i cristiani, le comunità, gli accompagnatori, Convegno nazionale direttori UCD, 2009.