6. La scuola di Elea A cura di Stefano Ulliana
Panoramica ● Premessa. Senofane di Colofone. ● Parmenide di Elea. ● Zenone di Elea. ● Melisso di Samo. Elea – Porta Rosa
Premessa. Senofane. ● Il principio e l'unità fontale - che fungeva da base e fondamento sostanziale per tutte le sue manifestazioni diverse, variabili e concrete – ritorna ad essere l'argomento privilegiato della scuola di filosofia di Elea, colonia dei focesi sulle coste dell'attuale Campania meridionale. Prima della trattazione di Parmenide,
● Zenone e Melisso, la tradizione storiografica anticipa alcuni tratti della figura e del pensiero di Senofane di Colofone (VI-V sec. a.C.), molto attivo contro l'antropomorfismo religioso della tradizione mitica e poetica greca (Omero, Esiodo). Critico della trasposizione ed alienazione per somiglianza delle forme e delle azioni umane agli dei, il pensatore ionico sottolinea la persistenza sostanziale (eterna) di un'unica divinità, assolutamente lontana da qualsiasi rappresentazione umana. L'apertura universale e totale di questo Essere gli impedisce di essere posto o creato, in quanto il nulla presupposto non potrebbe godere di alcuna attività.
Parmenide. ● Nato e vissuto ad Elea ( a.C.), Parmenide è il fondatore della scuola omonima di filosofia. Scrisse un'opera filosofica in versi intitolata Sulla Natura, della quale ci restano solo alcuni frammenti disorganici, di difficile e controversa interpretazione. ● A fianco il testo in italiano, inglese, francese e greco originale.
● Anche Parmenide pare riferirsi all'inizio del suo poema filosofico al concetto di apertura d'orizzonte - “il solido cuore della ben rotonda verità” (fr. 1) – per rimarcare subito e fortemente due vie di ricerca: l'una possibile, l'altra impossibile. La prima - offerta dalla persuasione portata dalla verità – è la via che afferma la necessità dell'Essere; la seconda è quella che al contrario la nega. Per affermare la possibilità dell'essere e del non- essere (fr. 2). Se la prima necessità impone una logica verticale assoluta, la seconda possibilità oscilla continuamente fra affermazione e negazione. La prima via è quella della ragione, la seconda quella della sensibilità, dell'apertura di fronte al soggetto di una duplice ineliminabile apparenza.
● Questa apertura di sensibilità del soggetto porta allora il non-essere e l'essere ad essere egualmente possibili - “identici” - e nello stesso tempo ad essere diversi, distinti, contrapposti e separati: ognuno altro all'altro - “non identici” (ancora fr. 2). Si potrebbe tradurre: insieme e non-insieme. Così i “mortali che nulla sanno, vanno errando, gente dalla doppia testa” (ibidem). Questa impostazione, inoltre, consente che l'ente che appare possa prima non-essere e poi essere, per infine di nuovo non-essere, secondo la circolarità del tempo. Parmenide è dunque costretto a negare quell'apertura creativa e dialettica, che era stato il raggiungimento più importante della scuola filosofica della Ionia. Per questo deve negare la possibilità della variazione e del movimento ed affermare invece l'immobilità del suo essere necessario.
● Non solo: egli deve aggiungere alle caratteristiche del suo Essere il fatto di ragione che esso non possa aprirsi ad una valutazione di diversità. Esso deve rimanere uno. ● Ricapitolando ed aggiungendo ulteriori caratterizzazioni razionali all'Essere parmenideo: ● 1) la sua necessità è impossibilità di nascita o di morte, dunque eternità; ● 2) la sua immobilità coincide con la sua immutabilità; ● 3) la sua unità è indifferenziazione, eguaglianza compiuta (indivisibile ed impartibile).
● Ma come operare ed agire rispetto alla giustizia di questo Essere? Deve comunque sussistere un orizzonte di razionalità, che consenta di generare il giudizio (opinione), combinando apertura di diversità, confronto e relativa identificazione. Per poter fare questo Parmenide appoggia sopra alla struttura di base della propria ontologia fondamentale, sulla verticale della propria logica assoluta, una coppia di opposti e divaricati fattori agenti, reciprocamente ed unitariamente agenti – al modo degli Ionici: la notte e la luce. Questo gli consente di recuperare quella fonte creativa e sensibile, profonda ed espressiva, che in precedenza aveva negato: ora è l'insieme delle cose del mondo ad essere vivo e mobile.
Zenone. ● La logica assoluta di Parmenide impedisce la nascita ed il sorgere di una potenza e di un atto che delimitino e determinino le condizioni e realizzino i termini di quella processualità – eventualmente circolare – denominata divenire. Senza apertura di diversificazione, di trasformazione e di movimento – dunque di possibile molteplicità – l'Essere eleate è tutto pieno e se ne sta in se stesso. Parmenide vs divenire
● Zenone di Elea (489 a.C. - ) accompagna gli sforzi del proprio maestro Parmenide elaborando degli argomenti che impedissero l'applicazione dei concetti di molteplicità e di movimento (cfr. le argomentazioni di Anassagora). Per fare questo comincia ad utilizzare quella argomentazione, che finisce per svilupparsi come autocontraddizione dei presupposti affermati dall'avversario speculativo (confutazione dialettica). Questo tipo di argomentazione porta infatti alle estreme e contraddittorie conseguenze le premesse inizialmente adottate, in tal modo sconfessando l'applicabilità razionale dei presupposti teorici dell'avversario.
● Contro la molteplicità Zenone utilizza prima la possibilità della suddivisione all'infinito di uno spazio immaginativo finito, così portando a contraddizione l'iniziale affermazione della pluralità finita degli enti. Poi sottolinea che la composizione di un unico dai molti dipende dall'estensione di ciascuno di questi, potendo questa tendere da zero all'infinito. ● Contro il movimento Zenone costruisce quattro possibili argomentazioni: ● 1) detta “dello stadio”, nella quale riutilizza la possibilità di suddivisione infinita di uno spazio finito (metà della metà, della metà... all'infinito e il termine della gara non si raggiunge, per un tempo processuale infinito).
● 2) detta di “Achille e la tartaruga”, che mostra la reciproca indefinitezza dei movimenti, che procedono in parallelo, pur avvicinandosi, ma senza incontrarsi. Aristotele risolverà questo impasse affermando la finalità di un termine che agisce come atto per la potenza del movimento e che dunque lo porta a conclusione, nella finitezza e nella determinazione. ● 3) detta “della freccia”, dove l'identificazione dei punti spaziali e degli istanti temporali stabilisce che la freccia sia nello steso tempo ferma ed in movimento per ogni parte del suo tragitto. Anche qui Aristotele, per risolvere l'impasse, proporrà la teoria dei luoghi naturali del movimento, dove una relazione finale deve necessariamente realizzarsi.
● 4) detta “delle masse nello stadio”, dove la relazione di potenza energetica (velocità di un corpo rispetto ad un altro) varia a seconda che quest'ultimo sia in quiete od in movimento. A fianco statua di Hermes Logios
Melisso. ● Melisso di Samo, discepolo come Zenone di Parmenide, accresce la serie degli attributi dell'Essere eleate, aggiungendo alle determinazioni della necessità, immobilità e unità quelle dell'infinità e dell'incorporeità. Atene - Acropoli