ASL LECCE CORSO DI DERMATOLOGIA TATUAGGIO E PERCING

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ASL LECCE CORSO DI DERMATOLOGIA TATUAGGIO E PERCING

Concetti di Anatomia e Fisiologia Cutanea DERMATOLOGIA Concetti di Anatomia e Fisiologia Cutanea

La cute: Caratteristiche macroscopiche La cute e l'organo più grande del corpo umano. La sua superficie è compresa fra 1,5 e 2 mq. Lo spessore è variabile da 0,5 mm alle palpebre a 3-6 mm nelle regioni palmo-plantari. Il colore è variabile in base alla razza, costituzione individuale, età, sede corporea (più scure le aree genitali, i cavi ascellari e le areole mammarie). La superficie cutanea e caratterizzata dalla presenza di pieghe, solchi, creste, orifizi.

Le pieghe: sono dovute alla mobilità articolare (p Le pieghe: sono dovute alla mobilità articolare (p. articolari), alla contrazione dei muscoli sottostanti (p. muscolari) alla diminuzione del pannicolo adiposo e della elasticità cutanea (pieghe senili o rughe). Gli orifizi: sono piccole depressioni puntiformi centrate da un ostio (sono gli orifizi dei follicoli piliferi e delle ghiandole sebacee libere o di quelle sudoripare). I solchi: sono sottili depressioni lineari che congiungono gli osti follicolari vicini disegnando una maglia a losanghe. A livello palmare e plantare i solchi sono disposti parallelamente a sottili creste. Sui polpastrelli le creste e i solchi formano un disegno variabile da individuo a individuo.

Un tessuto adiposo (sottocutaneo o ipoderma) Se si asporta un frammento di pelle nel suo intero spessore, e lo si esamina, dall'alto in basso risulta così formato: 1) epidermide o componente epiteliale di rivestimento, in superficie 2) derma o componente connettivale di nutrizione, in profondità Questi due strati sono divisi tra loro da una sottile lamina, detta membrana basale. Il derma poggia su un cuscinetto di grasso detto: 3) tessuto adiposo o sottocutaneo o ipoderma o pannicolo adiposo

Fanno parte della cute gli annessi: 1) le ghiandole sudorali (producono il sudore) 2) le ghiandole sebacee (producono il sebo) 3) l'apparato pilifero (peli e capelli) 4) le unghie Non considerando il cuscinetto di grasso, il peso della pelle è di circa 2 kg e il suo spessore varia, in relazione alle varie regioni del corpo, all'età e al sesso, da mm 1,5 a mm 4; in particolare l’epidermide, che è la parte meno spessa, risulta compresa tra mm 0,04 (per esempio alla palpebra) a mm 1,5 (per es. al calcagno); La superficie cutanea totale in un adulto é di circa due metri quadrati.

CARATTERISTICHE DI SUPERFICIE Altre caratteristiche visibili della cute sono il colorito, le particolarità di superficie, lo stato di benessere e nutrizione, il grado di elasticità e la presenza di sbocchi relativi alle ghiandole sudoripare, che producono il sudore, e gli sbocchi dei follicoli pilo-sebacei da cui emergono i peli del corpo e fuoriesce il sebo di protezione superficiale.

a) colore è dovuto alla presenza, nella pelle, di alcune sostanze colorate, dette pigmenti e rappresentate dalla melanina, responsabile del colore bruno, e in minor misura dal carotene, che dà una sfumatura giallastra; anche la circolazione sanguigna è importante e in particolare la presenza di emoglobina, che dà una colorazione rossa. L'insieme di tutte queste tonalità, come risultato, dà il colore della pelle che è condizionato da diversi fattori:

1) fattori razziali 2) fattori genetico-costituzionali 3) fattori legati al sesso e all'età 4) fattori legati al diverso spessore delle varie zone della pelle In condizioni di invecchiamento si ha un’alterazione di produzione e distribuzione dei pigmenti e della vascolarizzazione cutanea e in più si ha l'accumulo di altri pigmenti che in condizioni normali non ci sono, come le lipofuscine (pigmenti grassosi).

b) particolarità di superficie La superficie della pelle non è uniforme, ma disomogenea e variabile da zona a zona per la presenza di solchi, pieghe, rughe, depressioni puntiformi e creste. 1) i solchi: si dividono in superficiali e profondi; quelli superficiali sono tra loro paralleli e formano delle figure spiraliformi o vorticose, che a livello dei polpastrelli sono peculiari di ogni individuo (dermatoglifi). I solchi profondi formano una sorta di reticolo, come ad esempio a livello delle palme delle mani. 2) le pieghe: sono presenti nelle zone sottoposte ai movimenti articolari.

3) le rughe si distinguono in fini (rugosità) e profonde (rughe vere e proprie) e in condizioni normali possono essere secondarie alle espressioni mimiche del volto; ovviamente si accentuano con l'invecchiamento. 4) le depressioni puntiformi o pori sono evidenziabili meglio con una lente di ingrandimento, corrispondono allo sbocco delle ghiandole sudoripare e dei follicoli pilo-sebacei. 5) le creste sono rilievi lineari delimitati da due solchi paralleli e contigui.

stato di nutrizione Rappresenta lo stato di benessere della pelle, rilevato visivamente e palpatoriamente dallo stato di idratazione del corneo, dal turgore e dal colorito del tessuto cutaneo e dallo spessore del sottocutaneo. In età pediatrica, adolescenziale e giovanile, la cute è liscia e morbida per la buona idratazione del corneo assicurata dal film idrolipidico, è turgida per la ricchezza di acqua nel derma richiamata dai glucosaminoglicani e il tessuto adiposo ben rappresentato. Negli anziani, invece, la superficie è spesso secca, il derma è più duro per consistenza fibrosa e il sottocutaneo è di spessore ridotto. Elasticità E' la proprietà della pelle a ritornare delle dimensioni normali e prontamente su se stessa, dopo essere stata stirata e dopo che essa si è estesa; nell'invecchiamento tale proprietà viene in parte persa a causa della flaccidità cutanea.

ISTOLOGIA

Rappresentazione istologica della cute

EPIDERMIDE E’ un epitelio a più strati, che si rinnova continuamente, composto da diversi tipi di cellule, quali i cheratinociti che sono i principali, i melanociti e le cellule del Langherans. a) Cheratinociti così detti perché producono una proteina fibrosa detta cheratina attraverso un processo di maturazione graduale, chiamato cheratinogenesi, che avviene dallo strato più basso verso l'alto, in circa 28 giorni; la cheratina ha un compito essenziale nella funzione protettiva della cute; ciò implica il succedersi di profonde modificazioni sia nella struttura che nella funzione di essi, a tal punto da formare dei veri e propri strati sovrapposti, ognuno dei quali si presenta con una propria morfologia ed ha una sua specifica funzione.

Cute normale

strato basale o germinativo Così detto perché le cellule poggiano sulla membrana basale e si moltiplicano attivamente, dopo di che subiscono il processo di cheratinizzazione, trasformandosi in cellule cornee, che spostandosi in superficie muoiono, diventando solo delle scagliette dure che, dopo aver finito la loro maturazione, perdono coesione e si staccano. Esse andando verso gli strati superiori rimpiazzano quelle cellule ormai vecchie, prossime a morire e a essere eliminate. L' epidermide è il solo esempio dell'organismo in cui la morte cellulare ha una funzione, ossia quella di barriera contro le aggressioni esterne. Le cellule basali sono, quindi, responsabili del rinnovo continuo dell'epidermide, ma solo il 15% è coinvolto costantemente in questo processo essendo la restante percentuale di cellule in fase di riposo o di quiescenza; esse intervengono nel caso in cui necessita una maggiore proliferazione come succede nelle ferite, nelle stimolazioni irritative epidermiche, comprese quelle volute dal medico, ai fini del ringiovanimento cutaneo; le cellule sono unite alla membrana basale tramite sistemi di ancoraggio detti emidesmosomi, mentre tra di loro sono tenute insieme tramite strutture specializzate e molto forti dette desmosomi.

Strato spinoso Così detto, perché al suo livello le cellule prendono contatto tra loro mediante la formazione di ponti che assomigliano a delle spine, che altro non sono che desmosomi particolari; è pluristratificato e molto attivo dal punto di vista funzionale. Nel citoplasma delle sue cellule si trovano melanosomi, involucrina e corpi di Odland: a) melanosomi: corpi ricchi in melanina b) involucrina: proteina ricca in cistina precursore della cheratina corpi di Odland: organelli lamellari secretori, detti anche cheratinosomi. Essi, pieni di glicoproteine, lipidi e enzimi idrolitici, si avvicinano alla membrana cellulare, vi aderiscono e riversano il loro contenuto nello spazio intercellulare a livello di confine tra lo strato spinoso e granuloso.

Strato granuloso A questo livello incomincia ad avere consistenza il processo di formazione della cheratina; nel citoplasma dei cheratinociti ci sono corpuscoli rotondeggianti o granuli di cheratoialina, che è una grossa proteina ricca in istidina, da cui si formerà la cheratina del corneo. Strato lucido Non in tutte le zone del corpo è presente, ma solo nelle regioni palmo - plantari; qui le cellule incominciano ad essere meno vitali, con citoplasma ripieno di materiale amorfo, rifrangente detto eleidina

Strato corneo È il più superficiale e si compone a sua volta di due fasce: 1. il corneo compatto sottostante 2. il corneo disgiunto (superficiale) formato da gruppi di cellule che stanno per sfaldarsi e abbandonare la pelle, i cheratinociti si dispongono in lamelle, sono privi di nucleo e sono ricchi di cheratina; la loro funzione è esclusivamente di protezione; lo spessore del corneo è diverso per sede; è notevole nelle regioni palmo-plantari, minimo alle palpebre. In condizioni normali, la riproduzione cellulare nello strato profondo e la desquamazione in quello superficiale sono in costante equilibrio; quest'ultimo tende a rompersi con il passare degli anni, spostandosi a favore della desquamazione.

SPAZIO INTERCELLULARE Lo spazio tra una cellula ed un’altra nell’epidermide non è vuoto, ma è pieno di strutture e sostanze che permettono le comunicazioni tra di esse e il passaggio transepidermico, specie di sostanze liposolubili. Essenzialmente troviamo: Glicoproteine Lipidi sostanze ormonali enzimi idrolitici

Le glicoproteine sono formate da zuccheri e proteine e grazie al contenuto in acido sialico formano il glicocalice, che oltre a contribuire alla coesione cellulare, permette il passaggio di acqua, sali minerali e molecole nutritive. I lipidi sono grassi provenienti dai corpi di Odland e li troviamo quindi negli strati medio-alti dell'epidermide e anche tra i corneociti; si tratta di sfingolipidi (ceramidi e glucosilceramidi, costituiti da sfingomielina, fosfotidilcolina e fosfatildiletanolamina), così presenti oggi, in forma sintetica, in moltissime preparazioni cosmetiche idratanti; ciò ha un senso perché la loro funzione è quella di contrastare la perdita di acqua e sali dalla pelle e la penetrazione di sostanze idrosolubili; altri grassi presenti sono il colesterolo, i trigliceridi e la sfingosina. Gli ormoni sono costituiti da steroidi, ormoni adrenergici e fattori che stimolano la crescita delle cellule, attraverso una loro azione sui recettori presenti sulla membrana dei cheratinociti

Processo di cheratinizzazione La conoscenza del processo di cheratinizzazione, che consiste essenzialmente nella proliferazione e differenziazione delle cellule epidermiche, è indispensabile per comprendere meglio alcuni fenomeni che stanno alla base dell'invecchiamento dell'epidermide. L'attività mitotica (divisione e proliferazione) delle cellule dello strato germinativo è regolata da: 1) Fattore dermico specifico secondo cui ci vuole proprio il derma di quella regione per avere la differenziazione dell'epidermide di quella zona 2) fattore di proliferazione epidermica 3) influssi ormonali 4) vitamina A o retinolo Si sa che una sua riduzione può dare metaplasia degli epiteli secretori e delle mucose; un suo derivato è l'acido retinoico che aumenta la desquamazione epidermica con riduzione del corneo per aumento delle mitosi e minore coesione intercellulare (si riducono i corpi di Odland)

5) Caloni Sono sostanze simil-ormonali (glicoproteine) ad effetto inibente la replicazione prodotta dai cheratinociti basali e soprabasali. Quando c'è un trauma, vengono liberate sostanze inibenti la proliferazione dei cheratinociti, per cui viene sbloccato il processo di superproliferazione cellulare che dà l'avvio alla cicatrizzazione. 6) Idrocortisone accelera la cheratinizzazione e riduce la proliferazione perché inibisce le mitosi e la sintesi di RNA messaggero e riduce il corneo 7) Alfa-idrossi-acidi acido glicolico, glicuronico e lattico: sembrano esercitare un controllo sulla cheratinizzazione

b) melanociti Rappresentano, per importanza, il secondo tipo di cellule epidermiche. Si trovano per lo più negli strati bassi dell'epidermide, nello strato germinativo, tra i cheratinociti, e la loro funzione è quella di produrre melanina, ossia il pigmento responsabile del colorito brunastro della pelle, così tanto importante nel proteggere la pelle dagli effetti negativi dei raggi solari; tale protezione si estrinseca con il passaggio della melanina, dai melanociti ai cheratinociti, dove il pigmento si dispone vicino al nucleo. Tracce di melanina si trovano pure tra la cheratina del corneo e a livello di tutta l'epidermide. c) cellule di Langherans Sono cellule mobili, che fanno parte del sistema di difesa immunologico della pelle nei confronti degli agenti nocivi provenienti dal mondo esterno. L'epidermide è priva di vasi sanguigni e di nervi e le sostanze nutritive sono ad essa fornite dai capillari dermici.

Superficie epidermica E' costituita dalla parte superiore del corneo e da un film o pellicola idrolipidica, per cui le sue componenti sono varie: 1. componente acquosa, prodotta dalle ghiandole sudoripare 2. componente lipidica, di cui una quota è prodotta dai cheratinociti tramite i corpi di Odland e una parte è prodotta dalla secrezione sebacea 3. componente costituita dalla desquamazione cornea 4. Il film idrolipidico: è uno strato invisibile a reazione lievemente acida (pH: 5,5) a causa della presenza di acido lattico del sudore e degli acidi grassi sebacei; il pH è più alcalino alle pieghe e spazi interdigitali. Le sue funzioni sono: tampone contro le aggressioni alcaline, idratazione della pelle, antimicrobica.

2. GIUNZIONE DERMOEPIDERMICA (membrana basale) E' una membrana che separa l'epidermide dal derma, ad andamento ondulato per la presenza di estroflessioni del derma su cui essa poggia, dette papille dermiche alternate a introflessioni epidermiche, detti zaffi interpapillari; questa disposizione di passaggio tra i due strati comporta una maggiore superficie di scambio tra essi, essendo la giunzione una struttura dinamicamente funzionale a tal punto che rinvenire all'esame microscopico di una biopsia cutanea un andamento lineare e appiattito della membrana è quasi certamente segno di invecchiamento cutaneo o quantomeno di sofferenza della pelle. La membrana basale unisce l'epidermide al derma, guida il processo di riparazione in caso di disepitelizzazione e impedisce il passaggio di molecole di grosso peso.

3) DERMA E' la componente connettivale della pelle, costituita da cellule e fibre immerse in un tessuto intercellulare detto sostanza fondamentale, sotto forma di un gel molto vischioso, in cui decorrono vasi, nervi e in cui alloggiano gli annessi pilo-sebacei e le ghiandole sudoripare; il suo spessore varia da 1 mm (per es. al cuoio capelluto) a 4 mm (per es. al dorso). Dall'alto in basso, il derma può essere suddiviso in tre fasce, che si differenziano per la diversa presenza di cellule, fibre e piccoli vasi: a. derma superficiale o papillare ricco di cellule e vasi, con fibre sottili e poco rappresentate; esso forma il connettivo di sostegno delle papille dermiche dove avvengono gli scambi nutritivi con l'epidermide, attraverso la membrana basale. b. derma medio a caratteristiche intermedie c. derma profondo o reticolare perché ricco in fibre molto spesse e formanti fasci orientati in modo tridimensionale, con funzione di sostegno.

Cellule del derma Distinguiamo le cellule fisse, come i fibroblasti, i mastociti, gli istiociti o macrofagi, cellule adipose e le cellule mobili provenienti dal sangue, come plasmacellule e globuli bianchi.

a. Fibroblasto Rappresenta il tipo cellulare più numeroso e importante del derma, in quanto ha la funzione di produrre le strutture fibrose e quindi il collagene e le componenti macromolecolari della sostanza fondamentale (complessi proteico-mucopolisaccaridici e glicoproteine); essi in diverse condizioni, come nelle fasi di crescita del tessuto connettivo, nel corso del processo di guarigione delle ferite, se stimolati in laboratorio con sostanze particolari applicate a forti concentrazioni sulla pelle (alfaidrossiacidi), diventano cellule molto attive, si dividono ripetutamente e sintetizzano i quattro tipi fondamentali di macromolecole costituenti la sostanza fondamentale ed esattamente: collageni elastina glicosaminoglicani glicoproteine strutturali Queste strutture e le loro relative interazioni molecolari determinano i livelli di elasticità e tonicità cutanea, modulando con diversi meccanismi d'azione il processo di riparazione tissutale.

b. Mastocita E' una cellula contenente sostanze attive sulla muscolatura dei vasi come l'istamina, responsabile principale delle reazioni allergiche nonché sostanze interferenti nel processo di coagulazione del sangue come l'eparina; quindi le funzioni del mastocita sono molteplici, le più importanti delle quali sono la mediazione delle reazioni immunologiche, allergiche e infiammatorie. c. Istiocita o macrofago Svolge un ruolo fondamentale nei processi di difesa, consistente essenzialmente nel recarsi nel luogo aggredito da una sostanza esterna che può essere, per esempio, un batterio o una cellula ormai morta, di avvicinarsi ad essa e distruggerla tramite gli enzimi litici, dopo averla fagocitata.

d. Cellule di derivazione ematica Sono globuli bianchi, come linfociti, granulociti neutrofili e monociti, che accorrono nel derma in sua difesa, nel caso che quest'ultimo sia danneggiato con formazione di un processo infiammatorio.

FIBRE DEL DERMA Costituiscono l'impalcatura di sostegno del derma e ne garantiscono la resistenza alle tensioni e trazioni e l'elasticità. 1. Fibre collagene 2. Fibre elastiche 3. Fibre reticolari

Fibre collagene Le fibre collagene sono di gran lunga la categoria di fibre più abbondanti, rappresentando circa il 75% del peso secco del derma; dal punto di vista biochimico sono costituite da collagene, che è una proteina fibrosa la cui sintesi inizia nei fibroblasti e si completa fuori di essi, nella matrice intercellulare. La molecola di collagene è formata da unità proteiche semplici dette tropocollagene, organizzate in tre catene di aminoacidi, che formano una spirale tripla a forma di corda; ciò conferisce rigidità e robustezza alle fibre collagene, responsabili della funzione di sostegno e tenuta del derma. Gli aminoacidi sono rappresentati dalla glicina in massima parte, da prolina ed idrossiprolina; in discreta quantità troviamo l'idrossilisina a cui si legano alcuni tipi di zuccheri, come il galattosio, i quali a loro volta tengono unite tra loro le tre catene polipeptidiche.

Nel processo di formazione delle fibre collagene, le unità elementari si associano tra loro negli spazi intercellulari a formare strutture filamentose via via più complesse dette microfibrille e fibrille, le quali si organizzano in un fine reticolo tridimensionale e prendono il nome di fibre reticolari. Per assemblaggio di più fasci di fibrille, si formano le vere e proprie fibre collagene, che decorrono parallelamente alla superficie cutanea, intersecandosi tra loro ad angolo retto.

Il collagene rappresenta una proteina inerte ma caratterizzata da un turnover continuo. L'organizzazione fibrosa delle proteine dermiche e il tipo di interazioni molecolari, determina le proprietà biomeccaniche (elasticità, resistenza) della cute. La biosintesi delle proteine fibrose del derma è supportata da due aminoacidi, la lisina e la prolina, che rientrano tra gli elementi costitutivi del collagene e dell'elastina.

Degradazione del collagene Proteasi aspecifiche trasformano il collagene polimerico in monomerico, la cui degradazione è dovuta all'azione di una specifica collagenasi; poi i frammenti collagenici vengono degradati a livello lisosomiale da proteasi specifiche dette catepsine, dopo essere stati fagocitati dai macrofagi.

Abbiamo diversi tipi di collagene: tipo I: è il più rappresentato nel derma ed è strutturato in grossi fasci di fibrille tipo II: si trova nella cartilagine ialina tipo III: si trova nel derma, in quantità minore rispetto al collagene di tipo l, ma anche nelle arterie, nei polmoni e nei tessuti fetali; è strutturato in esili fibrille come quelle reticolari tipo IV: si trova nelle membrane basali Con l'età però il collagene subirà delle modificazioni sia qualitative (strutturali e fisiche, per cui le fibre diventano meno estensibili e quindi insolubili) che quantitative (diminuzione della sua presenza numerica ma aumento della grandezza o ispessimento di ogni fibra) condizionando una riduzione di elasticità cutanea.

Fibre reticolari Altro non sono che strutture sintetizzate nei primi stadi o momenti del complesso processo di formazione delle fibre collagene.

Fibre elastiche Sono scarse nel derma, rappresentando appena il 4% delle sue proteine; sono più numerose nei distretti corporei dove è più necessaria la loro presenza come nelle arterie e ligamenti; esse non decorrono in fasci come le fibre collagene, ma decorrono isolate, si ramificano e si intersecano formando un reticolo tridimensionale attraverso tutto lo spessore del derma; sono più grosse delle fibre collagene, sono formate da una proteina strutturale detta elastina, che ha meno idrossiprolina e più valina rispetto alle fibre collagene; contengono, inoltre, un aminoacido che non compare nel collagene, che è la desmosina, derivante dalla lisina; contengono pure glicina e alanina.

Le fibre elastiche sono così chiamate perché sono le maggiori responsabili delle proprietà elastiche della pelle; essa infatti non è rigida ma è deformabile; può cioè modificare la propria forma per azione di una forza meccanica e ritornare alle condizioni primitive quando cessa lo stimolo. Nei soggetti giovani la cute si trova fisiologicamente in condizioni di moderata tensione elastica, che si distribuisce secondo linee particolari dette di Langer; negli anziani l'elasticità è minore. Il tessuto elastico è costituito da elastina e da una glicoproteina microfibrillare, che funge da impalcatura di sostegno per l'elastina; essa diminuisce con l'età.

Linee di Langer

Sostanza fondamentale intercellulare E' un materiale simile ad un gel vischioso che riempie gli spazi tra le fibre e le cellule e comprende un liquido interstiziale e una matrice amorfa, che è una specie di gelatina, composta essenzialmente da mucopolisaccaridi e glicoproteine.

Mucopolisaccaridi Recentemente indicati con il nome di glucosaminoglicani, sono sostanze complesse formate da lunghe catene di zuccheri o esosamine (glucosamina o galattosamina), alternate ad acidi glucuronico e iduronico a cui sono legate delle molecole di proteine, la cui proprietà principale è quella di resistere alle forze di compressione agenti sul derma; non meno importante è la capacità di essi a legare e trattenere acqua e quindi di idratare il derma e renderlo turgido; ciò è di particolare importanza, in quanto, attraverso l'acqua, vengono trasportati nutrienti, sali minerali ed ossigeno dai capillari alle cellule ed anidride carbonica e prodotti di scarto dalle cellule ai capillari. Altre funzioni, oltre a quella di mantenere l'equilibrio idro-salino, sono quelle di connettere e sostenere, ossia di supporto meccanico per le varie componenti del derma; i mucopolisaccaridi intervengono, infine, nella differenziazione, crescita e migrazione cellulare.

I glucosaminoglicani Costituiscono circa lo 0,1-0,3% del peso secco del derma e sono rappresentati principalmente da: 1. acido ialuronico (70 %) 2. dermatan-solfato 3. condroitinsolfato ed eparansolfato;

ACIDO IALURONICO L'acido ialuronico è una molecola fortemente idrofila, ossia capace di legare acqua ed essendo estraibile facilmente, la troviamo incorporata in numerose formulazioni cosmetiche, cosmeceutiche e nei filler, nonché in topici idratanti e favorenti il processo di cicatrizzazione in caso di ferite cutanee; nel processo di invecchiamento si ha una notevole diminuzione del contenuto di tutte queste sostanze, specie di acido ialuronico, oltre che una notevole riduzione di acqua ad esse collegata. L'acido ialuronico viene sintetizzato a livello degli istiociti e dei fibroblasti ed è costituito da una sequenza ripetitiva di unità disaccaridiche (zuccheri) costituite da acido glucuronico ed N-Acetil-glucosamina, che legate tra loro da legami glicosidici, formano lunghe catene. Spazialmente l'acido ialuronico, in soluzioni diluite, si configura ad elica con i gruppi carbossilici disposti verso l'esterno e sono essi che legano l'acqua; un grammo di acido ialuronico può legare fino a 3 litri di acqua. Per cui esso dà turgore, idratazione ed elasticità alla pelle. La sua polimerizzazione e idrofilia è alla base delle proprietà biomeccaniche della pelle, di cui l'elasticità è una delle componenti. ./.

L'acido ialuronico contribuisce all'elasticità cutanea anche in modo diretto limitando la conversione del collagene da solubile (estensibile) ad insolubile (rigido), caratterizzato da una maggiore rigidità. In ultima analisi esso rappresenta un fattore lubrificante in grado di favorire lo scorrimento della componente fibrosa. Poi è direttamente coinvolto nei processi di riparazione tissutale poiché regola le diverse fasi del processo riparativo. L'acido ialuronico gioca un ruolo fondamentale nel caratterizzare le interazioni tra cellule e matrice, la mobilità cellulare e l'organizzazione della stessa matrice extracellulare; durante il processo riparativo l'acido ialuronico interviene direttamente nello stimolare, specie nella fase precoce, la proliferazione fibroblastica, si lega alla fibrina del coagulo e lo stabilizza, regola la migrazione (chemiotassi) delle cellule infiammatorie e stimola l'attività fagocitaria dei polimorfonucleati. ./.

I livelli di acido ialuronico aumentano precocemente durante la prima fase di riparazione tissutale per poi diminuire in 10^ giornata. Anche nel processo di riparazione tissutale l'acido ialuronico ha una stretta correlazione con le fibre collageniche influenzandone l'aggregazione e l'orientamento e poi favorisce il processo di neoangiogenesi. Interviene quindi sulle fasi che connotano il processo di riparazione tissutale, sia nella fase coagulativa, infiammatoria che fibroblastica ed in ultima analisi riduce i tempi necessari alla riparazione tissutale. L'acido ialuronico ha una emivita di circa 5 gg ed è degradato dalla ialuronidasi. Infine costituisce la componente più importante della sostanza amorfa dermica, sia quantitativamente che qualitativamente e interagisce con le altre componenti strutturali del derma, particolarmente quelle fibrose, verso cui esplica un marcato effetto lubrificante. Le fibre collagene, senza l'acido ialuronico, conferirebbero più rigidità alla pelle.

Glicoproteine Anch'esse sono costituite da proteine e zuccheri, però varia il rapporto quantitativo tra queste due componenti; le proteine prevalgono sui glicidi e quest'ultimi sono ricchi in acido sialico, sostanza che è contenuta in molti cosmetici anti-invecchiamento.

Fibronectina E' una glicoproteina globulare composta da due unità molecolari, una di natura oligosaccaridica (composta di zuccheri come la glucosamina, il mannosio, il galattosio, l'acido sialico) legata mediante un ponte disolfuro ad unità di natura proteica. Esistono due diversi tipi di fibronectina, una plasmatica e l'altra cellulare. Le sue funzioni sono molto importanti poiché la fibronectina solubile o ematica interviene nei processi di riparazione tissutale, servendo come base per i fibroblasti che si allineano lungo il suo asse e per la deposizione di collagene, mentre quella cellulare influenza le proprietà viscoelastiche della pelle, in quanto è in grado di interconnettere la componente cellulare, fibrosa ed amorfa del derma. Si contrae o si allunga se sottoposta a stimolo deformante. Essa varia la sua conformazione al variare del pH; a pH basico si espande, a pH neutro o acido si ritrae compattandosi.

Liquido interstiziale E' un liquido, in condizioni normali, legato ai glucosaminoglicani; se fosse fluido o libero avremmo l'edema o una flogosi; la matrice amorfa ed i liquidi interstiziali sono dunque intimamente associati e l'interazione molecolare tra queste due componenti costituisce la base della funzione trofica del derma.

4. TESSUTO SOTTOCUTANEO E' uno strato fibro-adiposo interposto fra la cute e la fascia aponeurotica, composto da lobuli di grasso delimitati da setti di fibre collagene ed elastiche di derivazione dermica, in cui decorrono vasi sanguigni, linfatici che poi si diramano all'interno dei lobuli, cellule dermiche e cellule del sistema di difesa; questi ultimi sono formati da raggruppamenti di cellule piene di grasso dette lipociti, su cui influiscono svariate sostanze ormonali come l'insulina, tiroxina, ormoni surrenali, adrenalina, ecc.. Lo spessore del pannicolo adiposo varia a seconda del sesso, età, stato di nutrizione, razza, fattori costituzionali ed endocrini.

CUTE IN SEZIONE

STRUTTURE VASALI Nel derma sono presenti due grandi plessi vascolari costituiti da arterie e venule che decorrono paralleli alla superficie cutanea. Plesso superficiale: localizzato al limite tra derma papillare e reticolare, si continua con quello annessiale. Plesso profondo: localizzato al limite tra il derma reticolare e il sottocutaneo. I due plessi sono collegati con vasi orientati perpendicolarmente alla superficie cutanea (arterie a candelabro) Dal plesso superficiale o subpapillare si distaccano vasi terminali che irrorano le papille tramite le anse capillari Nel derma reticolare sono presenti anastomosi artero-venose (“glomi” arteriolari) più numerose a livello dei polpastrelli.

Le principali funzioni del sistema vascolare sono: 1. fornire nutrimento alla cute 2. mantenere costante la temperatura corporea

STRUTTURE NERVOSE La cute è provvista di una ricca innervazione con fibre di origine cerebro-spinale, prevalentemente sensitive, e fibre vegetative del sistema simpatico e parasimpatico. Le fibre sensitive possono presentare: terminazioni libere, filamentose o arborizzate, che raggiungono il derma papillare costituiscono un fitto intreccio attorno ai follicoli piliferi. terminazioni corpuscolare (dischi di Merkel-Ranvier e canestri di Dogiel nell'epidermide, i corpuscoli di Meissner e di Krause nel derma papillare, corpuscoli di Pacini, di Golgi e di Ruffini nel derma profondo e ipoderma).

STRUTTURE NERVOSE DERMOEPIDERMICHE

CORPUSCOLO DI MERKEL: sensibilità tattile della mucosa orale e della lingua

Ogni recettore è potenzialmente capace di evocare qualunque tipo di sensazione, semplicemente in rapporto alla natura, intensità e durata dello stimolo. Molte di queste fibre sono in grado di rilasciare perifericamente peptidi neuroregolatori, quali la sostanza P, VIP, CGRP 9 con importanti funzioni nella induzione e regolazione della flogosi. Le fibre vegetative di tipo simpatico e parasimpatico si distribuiscono: alla muscolatura dei vasi al muscolo erettore del pelo alle ghiandole apocrine (fibre adrenergiche) alle ghiandole eccrine (fibre colinergiche)

Ghiandole sebacee Sede e struttura anatomica: sono ghiandole acinose ramificate a secrezione olocrina specializzate nella sintesi dei lipidi, generalmente associate ai follicoli piliferi a formare il complesso pilo-sebaceo. Sono presenti su tutta la superficie cutanea ad eccezione delle regioni palmo-plantari e dorso del piede. La dimensione e la densità delle ghiandole sebacee varia con la sede corporea (più grandi e numerose al viso e in regione presternale) Funzione: Lo sviluppo e l'attivazione delle ghiandole sebacee è in larga misura controllato dagli androgeni. Sono già sviluppate nella vita embrionale e il sebo costituisce gran parte della vernice caseosa. Subiscono involuzione nel periodo prepuberale. Alla pubertà aumenta la spinta ormonale; nell'età avanzata diminuisce il numero e la quantità di sebo prodotta. La fuoriuscita di sebo è continua e indipendente da stimoli neurologici e adrenergici immediati. Non è dimostrato che l'attività delle ghiandole sebacee è influenzato dalla stagionalità (la cute appare oleosa per deposizione del sebo sopra il film di sudore quando c'è molto caldo).

Composizione del sebo trigliceridi cere ed esteri del colesterolo steroli (colesterolo libero, colesterolo combinato, altri steroli) Squalene paraffina acidi grassi liberi (insaturi, saturi)

Ghiandole apocrine Sono ghiandole tubolari semplici, a secrezione merocrina, la cui porzione profonda, a gomitolo, si trova nel derma profondo e si collega al 3° superiore del follicolo pilifero. Sono presenti solamente sulla cute provvista di peli e concentrate in alcune sedi: cavi ascellari regione periombelicale areole mammarie regione perineale sedi atipiche: palpebre (ghiandole di Moll), condotto uditivo esterno (ghiandole ceruminose ) Le ghiandole apocrine rimangono piccole e non funzionali fino alla pubertà. Ricevono stimoli di tipo adrenergico e la loro produttività è sotto controllo degli ormoni sessuali circolanti. La secrezione apocrina non è continua, ma di tipo pulsorio. Rivestono un ruolo filogenetico importante nella determinazione dell'odore delle specie, come quello dell'individuo all'interno della specie.

Composizione del secreto apocrino colesterolo e suoi esteri cere e esteri squalene acidi grassi steroidi androgeni (5 alfa androstenolo, 5 alfa androsterone) Alla formazione dell'odore della secrezione apocrina contribuiscono il sebo, i derivati della microdesquamazione cutanea e la flora batterica.

Origine dell'odore corporeo L'odore corporeo si deve a piccole molecole volatili odorose che si formano per interazione della flora microbica presente sulla cute con i prodotti di secrezione delle ghiandole apocrine e sebacee. Tra i prodotti presenti nel cavo ascellare sono state identificate due classi di prodotti odorosi: 1. acidi grassi a catena corta (da 5 a 10 carboni) 2. steroidi androgeni

Esiste una relazione tra la composizione della flora microbica ascellare residente e la natura dell'odore prodotto. Se predominano i batteri corineiformi (difteroidi lipofilici) si sviluppa odore acre a partire dagli steroidi (s. liberi) Se sono prevalenti i micrococchi (stafilococco epidermidis) si sviluppa odore di nota caprina a partire da acidi grassi di origine sebacea o apocrina (produzione di acidi grassi a catena corta: acido caproico, caprilico, caprico).

Odore patologico Possono provocare modificazioni dell'odore le seguenti malattie cutanee: infettive (intertrigini micotiche-batteriche) della cheratinizzazione (psoriasi, ittiosi) autoimmuni-bollose (pemfigo, pemfigoide) In questi casi l'odore ascellare è costituito dalla combinazione delle secrezioni ghiandolari, degli essudati, della degradazione delle cheratine e dello sviluppo della flora microbica anomala.

1. iperuremia (l'urea si concentra nel sudore eccrino) Patologie a carattere sistemico 1. iperuremia (l'urea si concentra nel sudore eccrino) 2. diabete mellito non controllato 3. alcune febbri infettive Bromidrosi od osmidrosi: condizione nella quale il cavo ascellare emana un odore eccessivo ed offensivo. Vera e propria patologia a causa spesso sconosciuta, indotta da alterazione batterica della secrezione apocrina o eccrina.

Ghiandole eccrine Sedi e struttura anatomica: Sono disseminate sul 99% della superficie cutanea. Maggiormente concentrate su pianta, palmo, fronte, petto. Mancano a livello delle pseudomucosa delle labbra, del glande e foglietto interno del prepuzio, delle piccole labbra, faccia interna padiglione auricolare. ll loro numero è composto tra i 2 e i 5 milioni, il volume è diverso a seconda degli individui, regione corporea e tasso di sudorazione.

Anatomia: sono costituite da un glomerulo localizzato nel derma profondo e un condotto sudoriparo. Il glomerulo secretivo è formato da 3 tipi cellulari: Cellule chiare, periferiche, ricche di glicogeno Cellule scure, orientate verso il lume, ricche di mucopolissaccaridi Cellule mioepiteliali, ricevono stimoli colinergici

Funzione: La secrezione della ghiandola eccrina è sotto il controllo di fibre nervose simpatiche, che funzionano però con un mediatore colinergico. La secrezione eccrina non è continua ma intermittente (stimolata da alte temperature del corpo e stress) Composizione del sudore eccrino Acqua 98-99% Sali 0,5% Acido lattico 0,5% Urea, acido urocanico, glucosio, acido acetico, aminoacidi, proteine, acido propionico.

Ghiandole eccrine Non associate ai follicoli piliferi Stimolate da calore ed emozioni Secernono un liquido prevalentemente acquoso, la cui evaporazione regola la temperatura cutanea Sono distribuite sul 99% del corpo.

Ghiandole apocrine Associate ai follicoli piliferi Stimolate dalle emozioni Secernono un liquido lattiginoso che viene degradato dai batteri in lipidi e steroidi che determinano l'odore Presenti prevalentemente nell'ascella e area pubica.

5. Ipoderma Tessuto di derivazione mesenchimale interposto tra il derma e la fascia muscolare scheletrica. È costituito da adipociti che si organizzano in lobi e lobuli adiposi separati tra loro da setti connettivali dove decorrono i vasi arteriosi e venosi. Un adipocita è una cellula rotondeggiante il cui citoplasma è ripieno di lipidi, in maggioranza trigliceridi, che schiacciano il nucleo contro la membrana plasmatica. Lo spessore dell'ipoderma varia a seconda della sede cutanea (più rappresentato ai glutei, molto più sottile alle palpebre e scroto). Funzioni: Isolante Ammortizzatore Deposito di lipidi che possono essere mobilizzati in condizioni di necessità Favorisce la mobilità della cute rispetto alle strutture sottostanti.

La cute come organo immunitario La cute ha la proprietà di iniziare risposte infiammatorie e immunitarie verso le sostanze potenzialmente nocive che vengano a contatto con essa: sia che penetrino dall'esterno (prodotti batterici, irritanti, apteni) sia che si formino al suo interno (prodotti metabolismo farmaci) sia che giungano da altri distretti dell'organismo

Diversi componenti cellulari intervengono nell'iniziare e regolare queste risposte: cellule dendritiche o cellule di Langerhans: specializzate nel presentare gli antigeni ai linfociti cheratinociti: in grado di produrre citochine immunoregolatrici linfociti T di memoria: presentano propensione a ricircolare nell'ambiente cutaneo (homing receptor) triade funzionale mastociti. Terminazioni nervose-microvasi costituiscono un sistema integrato di rapida risposta infiammatoria. Questa specializzazione cutanea chiamata S.l.S. (skin immune system) è coinvolta nelle risposte fisiologiche della cute, nelle patologie flogistiche o immunomediate e nel controllo della crescita di neoplasie cutanee.

MELANOGENESI CUTANEA Nell'ambito della fotoprotezione il ruolo fondamentale viene svolto dalla “unità melaninica epidermica”, unità funzionale e strutturale che comprende due tipi di cellule: il melanocita che è una cellula di forma ramificata specializzata nel sintetizzare pigmento (melanina) e da un grappolo di cheratinociti circostanti al melanocita, che ricevono il pigmento (36 per ogni melanocita). ./.  

I melanociti sono situati a livello dello strato germinativo dell'epidermide nel rapporto di 1 a 4, 1 a 10 (ossia un melanocita ogni 4 o 10 cellule basali) e messi insieme non occuperebbero un volume superiore a 1,5 cc. Allorché i raggi UVB arrivano sulla cute vi è un aumento del numero dei melanociti funzionanti e della quantità di melanina prodotta. In particolare all’interno dei melanociti vi sono alcuni organelli citoplasmatici di forma ellissoidale denominati melanosomi nei quali avviene la reazione biochimica che porta alla sintesi del pigmento, la melanina. La stimolazione dei raggi UVB farebbe sì che i melanosomi vengano prodotti in quantità maggiore e più velocemente siano trasferiti attraverso le ramificazioni, dette processi dendritici (che subiscono un maggiore accrescimento e diramazione) ai cheratinociti e successivamente dispersi nell’epidermide. Il risultato visibile di tale processo è l’abbronzatura. ./.

È bene ribadire che questa è la vera abbronzatura, perché frutto della melanogenesi, indotta dagli UVB (cosiddetta pigmentazione indiretta o ritardata). Invece la pigmentazione che si manifesta dopo l’esposizione agli UVA è definita pigmentazione diretta o immediata. È una abbronzatura labile, di breve durata, espressione di una semplice dismissione di melanina dai melanosomi senza aumento di sintesi di melanina. È solo un fenomeno di superficie, che non può proteggere a sufficienza da successivi irraggiamenti, mancando la produzione di pigmento. Il prodotto ultimo della melanogenesi è la melanina. Se ne distinguono due tipi: la eumelanina (di colore bruno-nero, alto peso molecolare, struttura polimerica, insolubile nei comuni solventi) e la feomelanina (giallo-rossa, solubile nelle basi diluite, rinvenibile nelle urine). ./.

La eumelanina è presente nella etnia caucasica e negroide, quindi in soggetti di pelle scura con capelli scuri o neri, mentre la feomelanina è tipica della etnia celtica, di coloro cioè che hanno la pelle chiara con numerose efelidi, con i capelli ramati o color carota. Nell’etnia negroide i melanosomi, oltre ad essere più grandi e maturi in quantità maggiore, sono trasferiti come unità nei cheratinociti, non sono digeribili e quindi non degradano, ritrovandosi intatti anche nella parte superficiale della cute, a formare uno strato continuo che assorbe i raggi ultravioletti. ./.

Avvenuto il trasferimento dei melanosomi dai melanociti ai cheratinociti, questi si raggruppano a forma di cappa sopra il nucleo (fenomeno capping) proteggendo così il materiale genetico della cellula. La eumelanina, inoltre, oltre a servire da filtro e da schermo che diffrange e riflette una parte dei raggi incidenti, ha una struttura stabile trappola per i radicali liberi che si formano a seguito della esposizione alle radiazioni UV. Le feomelanine invece aumentano la produzione di radicali liberi dimostrandosi, pertanto, non solo prive di attività fotoprotettiva, ma veri aggressori chimici, spiegando così la fotosensibilità e l'accresciuta carcinogenesi dei soggetti feomelanici.

SISTEMI DI DIFESA DELLA CUTE La pelle non è solo un semplice mantello che ricopre l'organismo e lo protegge dagli insulti esogeni, ma è un apparato organico complesso e dinamico che mette in relazione il nostro organismo con il mondo esterno; vi è una stretta interdipendenza tra cute ed equilibrio organico generale e la pelle molto spesso si comporta come specchio di ciò che succede nel corpo. Nel presente capitolo si esaminano dapprima le funzioni della pelle, strato per strato, e successivamente le si analizzano nei particolari.

FUNZIONI DELL'EPIDERMIDE Strati inferiori e medi Rinnovano continuamente le pelle, sostituendo le vecchie cellule superficiali con quelle giovani e vitali Mantengono molto unite le cellule (resistenza alle forze fisiche) Concorrono alla cicatrizzazione di ferite Concorrono nell'idratazione della pelle, grazie alla sintesi di sostanze che trattengono acqua e non la fanno perdere (grassi ed eleidina) Protezione verso la luce solare (produzione di melanina)

Strato corneo Protegge meccanicamente la pelle (si ispessisce se sottoposto a ripetuti sfregamenti) Funge da barriera in doppio senso; previene così la disidratazione e lo squilibrio elettrolitico grazie alla bassa o nulla permeabilità ad acqua e ioni Offre una protezione chimica, radiante e contro le infezioni, grazie alla presenza di cheratina, del mantello acido e delle cellule di Langerhans Funzione di eliminazione catabolica

FUNZIONI DEL DERMA protezione meccanica da sollecitazioni varie come pressioni anche violente e contusioni, grazie alla presenza delle fibre. supporto fisico per l'epidermide e funzione nutritiva nei suoi confronti dal momento che attraverso la circolazione sanguigna dermica arrivano i nutrienti per l'epidermide funzione idratante grazie alla presenza di acido ialuronico funzione di riserva di sali minerali funzione immunitaria

Funzione delle ghiandole sudoripare e della sudorazione Termoregolazione protezione chimica della pelle funzione escretrice e disintossicante

Funzioni delle ghiandole Sebacee e del Sebo idratazione dello strato corneo (controlla la perdita dell'acqua attraverso la cute e funge da emolliente) protezione verso microbi (miceti e batteri) con azione fungistatica e batteriostatica; le micosi si osservano di più nelle sedi con scarsa o assente attività secretrice sebacea funzione barriera contro sostanze esogene aggressive cutanee contribuisce all'odore cutaneo

FUNZIONI DEL SOTTOCUTANEO protezione da stimoli meccanici essendo un cuscinetto morbido barriera termica, opponendosi alla dispersione del calore sede di diverse attività metaboliche come la sintesi dei grassi e la produzione di calore riserva di energia; in caso di digiuno, i grassi vengono mobilizzati a scopo energetico

FUNZIONI CUTANEE D'INSIEME Funzione di protezione meccanico-fisica -chimica Funzione immunitaria e antimicrobica Funzione secretoria ed escretoria Funzione di barriera e di assorbimento Funzione sensoriale Funzione di riserva di acqua

PROTEZIONE MECCANICA Grazie alla sua complessa e robusta struttura (epidermide, fibre collagene), compressibilità, elasticità, distensibilità (fibre elastiche, cuscinetto adiposo), resistenza (derma) e alla sua pieghevolezza e mobilità sui piani profondi, la cute svolge in maniera egregia la funzione di protezione dagli insulti traumatici e meccanici provenienti dal mondo esterno. A stimoli meccanici continui come strofinio e attrito, la cute risponde con ispessimento del corneo o ipercheratosi, i cui aspetti più comuni sono il callo e la callosità. PROTEZIONE CONTRO AGENTI FISICI Questa funzione si esplica verso le variazioni di temperatura che potrebbero danneggiare la pelle (termoregolazione), verso gli agenti radianti rappresentati per lo più dai raggi solari e verso l'energia elettrica.

La cute è un importante organo di termoregolazione. 1. come sensore specifico informa il centro termoregolatore ipotalamico della temperatura ambiente 2. come organo effettore è in grado di disperdere calore nell'ambiente o di trattenerlo nel corpo. .

In condizioni normali e in clima temperato la dispersione del calore è affidata a: evaporazione: correlata alla sudorazione e alla perspiratio insensibilis radiazione: dovuta alla differenza di temperatura tra la cute ( 35° ) e l'ambiente esterno, proporzionale alla estensione della superficie cutanea. Più modeste sono le quote di calore eliminato per convezione: cui contribuisce soprattutto il flusso ematico degli organi interni alla superficie cutanea conduzione: per la scarsa conduttanza dell'atmosfera che ci circonda. Al variare delle condizioni climatiche il corpo risponde trattenendo o aumentando la dispersione di calore.

Le risposte della cute per limitare le perdite di calore comprendono: modificazioni comportamentali con riduzione della superficie esposta piloerezione che forma un intercapedine di aria isolata sulla cute vasocostrizione comporta una diminuzione del trasferimento di calore alla superficie corporea.

Le risposte della cute per aumentare le perdite di calore sono: modificazioni comportamentali con aumento delle superfici esposte vasodilatazione. aumento della sudorazione che comporta un aumento della perdita di calore nell'ambiente tramite l'evaporazione. La sudorazione inoltre diminuisce l'isolamento termico emulsionando ed allontanando il mantello lipidico.

Protezione contro agenti radianti La cute si difende dalle continue aggressioni ambientali provenienti in particolare dai raggi ultravioletti del sole attraverso la produzione di melanina che conferisce alla pelle un colorito bruno, noto come fenomeno dell'abbronzatura. A tal fine concorrono pure l'integrità del corneo che disperde e riflette le radiazioni e la presenza nell'epidermide di una particolare sostanza di origine aminoacidica detta acido urocanico che assorbe gli U.V. Protezione verso l'energia elettrica Al passaggio della corrente elettrica la cute, che è un cattivo conduttore, reagisce trasformando l'elettricità in calore a causa della sua resistenza; si spiegano così le ustioni da scossa elettrica (elettrocuzione).

Protezione chimica In condizioni fisiologiche la cute si difende entro certi limiti contro un eventuale contatto dannoso di soluzioni saline acide e alcaline, operando la cosiddetta funzione tampone, ossia di contrapposizione alle variazioni del grado di acidità della sua superficie, funzione che viene meno quando la pelle non e più integra; concorrono a questa funzione la cheratina del corneo, il mantello idro-lipidico mantenuto da una buona idratazione del corneo; la superficie cutanea, in condizioni normali ha un pH lievemente acido, intorno a 5,5, valore questo che garantisce il potere tampone grazie alla presenza di acido lattico del sudore e agli acidi grassi del sebo; la cute resiste senza danni a pH fino a 1- 2 circa, reagendo al massimo con una irritazione, mentre risponde con lesioni anche gravi se il pH scende ulteriormente, a meno che questi fenomeni non sono guidati e curati dal medico a fini terapeutici, come succede con l'applicazione di sostanze per eseguire un peeling. La funzione di mantenimento dell'idratazione della cute è fondamentale nella prevenzione dei fenomeni senili della pelle.

Funzione di difesa contro le infezioni Tale funzione è svolta: dallo strato corneo che funge da barriera meccanica all'ingresso di eventuali microbi dal mantello idro-lipidico di superficie dalle cellule del sistema immunitario della pelle rappresentate a livello superficiale dalle cellule del Langerhans e a livello profondo dai macrofagi, istiociti e cellule di origine ematica grande importanza ha pure la flora residente abituale della pelle che tramite fenomeni di antagonismo batterico non fa proliferare i microbi per così dire "cattivi" contribuendo cosi all'equilibrio fisiologico della cute.

Funzione secretoria ed escretoria Tutte le strutture cutanee possono partecipare a questa funzione; la stessa cheratina che si dispone sulla superficie della pelle può essere considerata un secreto, come pure la melanina. Ma è alle ghiandole sudoripare e sebacee che spetta la parte predominante di detta funzione, consistente nella produzione del sudore e del sebo. Il sudore è formato dall'80 % di acqua, per il resto troviamo sali minerali, anidride carbonica, urea e acido urico, creatinina, ammoniaca e altre sostanze di scarto del metabolismo cellulare; anche quando non è visibile la sudorazione avviene lo stesso e in un giorno di vento vengono prodotti circa 600 ml di sudore. Da questa breve disamina traspare molto bene la funzione disintossicante della pelle, in quanto essa si comporta come un organo attraverso cui vengono eliminate alcune scorie dell'organismo con il sudore. Infine con le secrezioni cutanee vengono emesse nell'ambiente circostante alcune sostanze, dette ferormoni, a cui si attribuirebbe una capacità di attrazione e attivazione sensuale.

Funzione di barriera e assorbimento Queste due proprietà sembrano essere contrastanti tra loro e invece ad uno studio più approfondito appaiono essere due facce della stessa medaglia. La cute rappresenta un ottima barriera contro il passaggio di sostanze potenzialmente dannose per l'organismo, ma anche di acqua e sostanze idrosolubili che passano sulla pelle solo col sudore, mantenendo cosi l'omeostasi idrosalina dell'organismo; la cute invece si fa attraversare da grassi, sostanze liposolubili specie in seguito a massaggio o con l'uso di composti chimici in grado di ridurre la tensione superficiale. E' noto come spesso la via cutanea è utilizzata in medicina per introdurre a scopo terapeutico dei topici contenenti farmaci specie se veicolati da idonei eccipienti e lo stesso vale per la cosmetologia. La cute quindi non è una barriera impermeabile, bensì semipermeabile e le vie di assorbimento si esplicano attraverso gli spazi intercellulari e perighiandolari, i follicoli piliferi e le stesse cellule per gradiente di pressione. Il passaggio attraverso gli annessi è minimo e riguarda soprattutto i sali.

La vera barriera è rappresentata dallo strato corneo e in particolare dalle membrane dei corneociti su cui si stratificano i lipidi di superficie; in caso di malattie della pelle o di lesioni superficiali o comunque in caso di infiammazione, si può verificare una certa permeabilità, anche per le sostanze idrosolubili; dal punto di vista biochimico l'assorbimento cutaneo è un fenomeno per lo più passivo, messo in atto soprattutto da forze di origine fisico-chimiche. I fattori influenzanti tale fenomeno sono diversi e principalmente sono rappresentati da: spessore del corneo, il cui aumento riduce l'assorbimento tourn-over cellulare, il cui rallentamento diminuisce anch'esso l'assorbimento ./.

elevazione della temperatura cutanea e vasodilatazione dermica: entrambi i fenomeni favoriscono l'assorbimento; il contrario succede ovviamente in caso di freddo e vasocostrizione stato di idratazione cutanea che facilita l'assorbimento, cosi come fanno i bendaggi occlusivi che idratano; la secchezza senile della pelle si comporta all'opposto età: è inversamente proporzionale all'assorbimento a causa di vari fattori, tra cui la secchezza e l'ispessimento del corneo zone del corpo: in quelle in cui l'epidermide è più sottile, l'assorbimento sarà favorito, come alle grandi pieghe microcircolazione locale integrità del corneo

Idratazione della pelle L'idratazione della pelle è importante per il mantenimento della suo stato di salute somato-estetica ed è determinata dal contenuto di acqua nei diversi strati di della cute: 1. a livello del derma, dove è poco soggetta agli influssi esterni 2. a livello dell'epidermide, dove è in continua modificazione secondo le esigenze funzionali 3. a livello del corneo, unico livello influenzabile per mezzo dei trattamenti cosmetici topici, dove il grado di idratazione varia a seconda di diversi fattori fra cui l'umidità relativa ambientale e la temperatura ambientale. ./.

A concorrere a non far perdere acqua dalla pelle è il film idrolipidico di superficie che rafforza la proprietà di barriera dell'epidermide. E' noto come le funzioni di barriera siano indebolite quando c'è disidratazione, per esempio provocata dall'azione di un solvente, tipo acetone o alcol che rimuove momentaneamente i lipidi del corneo; anche i lipidi intercellulari si oppongono alla disidratazione (perdita di acqua) della pelle, specie le cerammidi.

Funzioni sensoriali cutanee La pelle è uno degli organi di senso attraverso cui si riconoscono le seguenti sensazioni: tattili (di contatto, di pressione, di solletico) termiche per il freddo e per il caldo dolorifiche per il dolore e in casi particolari per il prurito

Alterazioni Istopatologiche della Cute Ipercheratosi: Il termine si riferisce ad un ispessimento dello strato corneo. L'ipercheratosi può essere ortocheratosica o paracheratosica Ipercheratosi ortocheratosica: Le cellule dello strato corneo hanno perso regolarmente il nucleo. Questa alterazione si associa costantemente ad una granulosi (o ipergranulosi), cioè un ispessimento dello strato granuloso. Ipercheratosi paracheratosica Le cellule dello strato corneo ispessito mantengono il nucleo anche se picnotico. Questa alterazione è accompagnata da una riduzione di spessore fino alla scomparsa dello strato granuloso sottostante.

Acantosi: Ispessimento dello strato spinoso che può interessare elettivamente le creste epidermiche intrapapillari (come accade nella psoriasi) oppure essere estesa anche allo strato spinoso più superficiale. Acantolisi: E' una rottura primitiva (quella secondaria va sotto il nome di desmolisi) delle unioni intercellulari dello strato spinoso. È il presupposto per la formazione di vescicole e bolle intraepidermiche. Spongiosi: Non è altro che un edema intercellulare dell'epidermide che costituisce l'inizio della formazione delle vescicole spongiotiche intraepidermiche tipiche dell'eczema. Papillomatosi La papillomatosi è un'alterazione a carico del derma superficiale con allungamento e ipertrofia delle papille dermiche. Questa lesione è caratteristica della psoriasi

INFIAMMAZIONE

INFIAMMAZIONE L'infiammazione è un meccanismo di difesa non specifico innato, nonché una risposta protettiva, il cui obiettivo finale e l'eliminazione della causa iniziale di danno cellulare o tissutale. Si caratterizza per una intensa reazione vascolare che porta al passaggio di liquidi dal letto vascolare al tessuto leso. L'infiammazione serve, dunque, a distruggere, diluire e confinare l’agente lesivo, ma allo stesso tempo mette in moto una serie di meccanismi che favoriscono la riparazione o la sostituzione del tessuto danneggiato. Segni cardini dell'infiammazione sono: RUBOR, TUMOR, CALOR, DOLOR e FUNCTIO LESA, ovvero: Arrossamento, Tumefazione, Calore, Dolore, Alterazione funzionale. Sono manifestazione delle modificazioni tissutali che prevedono: vasodilatazione, aumento permeabilità capillari, stasi circolatoria con reclutamento dei leucociti, espressione di molecole di adesione che provvederanno alla fase di adesione sulla superficie endoteliale dei leucociti, diapedesi. Segue poi la chemiotassi per risposta dei leucociti presenti nello spazio interstiziale agli agenti chemiotattici, i quali li indirizzano verso la sede del danno. È possibile distinguere l'infiammazione in: infiammazione acuta, infiammazione cronica, infiammazione granulomatosa.

INFIAMMAZIONE ACUTA L'infiammazione acuta è una risposta immediata e precoce a uno stimolo lesivo. È una reazione vascolare e cellulare al danno tissutale. Si caratterizza per: modificazioni vascolari; passaggio dei leucociti dal letto capillare al tessuto leso; migrazione dei leucociti all'interno del tessuto soggetto al processo flogistico. Queste fasi portano alla formazione di un essudato, ricco di sostanze proteiche, con la finalità di contrastare, nell'area lesa, l'agente lesivo. Il suffisso “ ITE” è usato per definire qualunque forma di infiammazione. Segni cardinali di infiammazione acuta sono: Rubor (arrossamento, con aumento di sangue nell'area lesa) Tumor (rigonfiamento dovuto all'edema) Calor (aumento di temperatura e iperemia, associati ad aumento del metabolismo cellulare) Dolor (per alterazioni biochimiche locali) la "funzio laesa" (ovvero la perdita di funzione)

Fasi principali dell'infiammazione: 1) Vasocostrizione (fase iniziale): transitoria, incostante, dura pochi secondi fino a qualche minuto (non sempre presente). Interessa arteriole precapillari nelle immediate vicinanze della zona colpita. Dipende dalla liberazione di sostanze di tipo catecolaminico vasocostrittorie (adrenalina, noradrenalina). 2) Vasodilatazione o iperemia attiva: inizia dalle arteriole: si traduce in una apertura di nuovi letti capillari. La dilatazione avviene per rilascio degli sfinteri. È associata a un aumento della permeabilità dei vasi: aumenta la quantità di sangue presente nel tessuto e si ha iperemia (calor, aumento della temperatura e rubor, arrossamento) attiva, perché richiede l'intervento della muscolatura dei vasi. 3) Essudazione: aumento della permeabilità capillare e fuoriuscita dai vasi di liquido (passaggio di liquidi, proteine, cellule, dai vasi ai tessuti o alle cavità sierose). Questo provoca edema infiammatorio (tumor, segno distintivo dell'infiammazione acuta). L'aumento della permeabilità è contemporaneo alla vasodilatazione che porta ad un aumento della massa di sangue presente e la pressione che esso esercita sulle pareti con aumento della permeabilità. L'aumento della pressione idrostatica e l'aumento della pressione colloido-osmotica determina la dilatazione delle arteriole (aumento del flusso di liquidi verso l'esterno), l'apertura del letto capillare, la dilatazione venulare che porta ad un aumento del flusso di liquidi verso l'esterno.

4) Fuoriuscita dai vasi dei leucociti: una funzione fondamentale dell'infiammazione è quella di permettere ai leucociti di giungere nella sede del danno dove inglobano gli agenti lesivi, uccidono batteri, degradano il tessuto necrotico e gli agenti estranei. Questo avviene in 5 fasi: marginazione: un maggior numero di leucociti si posizione lungo la parete del vaso (poiché il flusso rallenta); b. rotolazione: i leucociti prima singolarmente poi in file intere, rotolano lungo l'endotelio leso aderendovi transitoriamente. L'endotelio viene poi rivestito tramite un processo detto di pavimentazione. c. adesione: i leucociti rotolano fino a quando non aderiscono saldamente all'endotelio. d. diapedesi: i leucociti inseriscono i loro pseudopodi nelle giunzioni tra le cellule endoteliali, oltrepassando anche la membrana basale. e. chemiotassi: i leucociti si dirigono vero spazi extracellulari, attirati da sostanze chemiotattiche (esogene ed endogene) e una volta giunti nel sito di lesione, svolgono al loro funzione.

I leucociti hanno diverse funzioni: a). Fagocitosi: consiste nel riconoscimento e adesione ai microrganismi che sono meglio riconosciuti se rivestiti da fattori (opsonine) che si legano a specifici recettori leucocitari (l'opsonizzazione aumenta di molto l'efficienza della fagocitosi); ingestione: dalla cellula si formano estensioni citoplasmatiche (pseudopodi) che avvolgono l'agente estraneo (fagosoma) e successivamente si forma il fagolisosoma; uccisione: che può essere ossigenodipendente o ossigeno indipendente; degradazione: dopo l'uccisione dei batteri le idrolasi acide dei granuli dei leucociti degradano il batterio, il pH scende a valori di 4, ottimale per l'attivazione di questi enzimi. b). Produzione di metaboliti dell'acido arachidonico; c). Degranulazione e secrezione di enzimi lisosomiali; d) Produzione di metaboliti attivi dell'ossigeno; e) Modulazione di molecole di adesione del leucocitaria.

5) FASE DI RALLENTAMENTO DEL CIRCOLO o IPEREMIA PASSIVA: dopo la fuoriuscita di liquidi (essudazione) e di cellule (diapedesi) la velocità del flusso del sangue diminuisce e diminuisce la viscosità del sangue. Si ha quindi stasi e sangue denso: c'è ancora più sangue della norma (iperemia), ma dovuto al rallentamento del circolo e diminuito ritorno venoso (iperemia passiva). Le cause sono dovute alla compressione esercitata sulle venule da tessuto rigonfio di liquido che ostacola così il passaggio di sangue e porta ad una diminuzione della parte liquida del sangue contenuto nei capillari che porta ad un aumento relativo della parte solida. FENOMENl PRODUTTIVI E RIPARATlVI: La risoluzione dell'infiammazione si ha per ritorno alla normale permeabilità del vaso, drenaggio linfatico, pinocitosi, fagocitosi, eliminazione e rimozione di macrofagi. Un'infiammazione acuta si discosta da quella cronica non per la durata del processo (quella acuta è più breve), ma per la prevalenza di fenomeni vasali ed essudativi (angioflogosi) su quelli cellulari (istoflogosi).

INFIAMMAZIONE CRONICA Si ha infiammazione cronica quando persiste lo stimolo lesivo che ha causato l'insorgere dell'infiammazione acuta. È un'infiammazione di lunga durata in cui coesistono: infiammazione attiva distruzione tissutale tentativi di riparazione. L'infiammazione cronica è secondaria all’infiammazione acuta e dà risposte di grado lieve o asintomatiche.

Cause: Infezioni persistenti (tubercolosi, sifilide) Esposizione prolungata ad agenti tossici (silicosi, cirrosi, aterosclerosi) lmmunità (reazioni autoimmuni e di ipersensibilità) Caratteristiche: Infiltrazione di cellule mononucleate (macrofagi, linfociti, plasmacellule) Distruzione o necrosi tissutale,indotta soprattutto dalle cellule infiammatorie Tentativi di riparazione del tessuto danneggiato: angiogenesi e fibrosi (deposizione di connettivo)

Il macrofago è il protagonista principale e la sua attivazione può avvenire in maniera: Immune: il linfocita T attivato agisce sul monocita macrofago e lo attiva Non immune: endotossine, fibronectina e altri mediatori agiscono sul monocita macrofago. Durante l'infiammazione cronica i macrofagi si accumulano per un reclutamento continuo di monociti dal circolo, per proliferazione locale di macrofagi e per immobilizzazione dei macrofagi. Le altre cellule dell'infiammazione cronica sono: Linfociti B (plasmacellule) che producono anticorpi diretti contro antigeni presenti nella sede dell'infiammazione, o contro componenti tissutali modificati. Linfociti T Mastociti Eosinofili Neutrofili

Ci sono diversi tipi di infiammazione cronica: a). Infiammazione cronica suppurativa b). Infiammazione granulomatosa Infiammazione cronica suppurativa Interviene quando non viene rimosso l'agente causale o se non viene rimosso il pus. lnfiammazione granulomatosa Si manifesta in malattie infettive di tipo immunitario (tubercolosi, lebbra, sifilide, malattia da graffio del gatto). È un tipo particolare di reazione infiammatoria cronica caratterizzata da accumulo di macrofagi attivati (cellule epitelioidee), innescata da una varietà di agenti infettivi e non infettivi. Per la formazione di un granuloma sembrano necessari la presenza di materiale poco digeribile e una risposta immunitaria mediata dai linfociti T. Si osserva in un numero limitato di malattie croniche infettive o immunitarie e spesso le cellule epitelioidi si fondono tra di loro e formano le cellule giganti tipo cellule di Langerhans, contenenti fino a 20 nuclei.

I granulomi possono essere: GRANULOMA DA CORPO ESTRANEO (inerte non vivente), quando il materiale è troppo grosso per poter essere fagocitato e le cellule epitelioidi e le cellule giganti circondano il corpo estraneo aderendo alla sua superficie. GRANULOMA DI TIPO IMMUNOLOGICO (da agenti vivi), con persistenza dell'organismo o di sue parti non digerite. L'immunità è mediata da linfociti T. Si viene a formare un granuloma tubercolare con una parte centrale caratterizzata da necrosi caseosa, circondata da cellule epitelioidi e da cellule giganti di Langerhans. All'esterno linfociti e plasmacellule e più esternamente si trova una reazione connettivale data da fibroblasti. L'aspetto morfologico può essere atipico, essendo allora è necessaria l'identificazione dell'agente eziologico. L'evoluzione più frequente è verso la necrosi, mentre la guarigione comporta sclerosi con formazione di cicatrici deturpanti.

Lesioni Elementari Ci sono tre gruppi di lesioni primitive che devono essere correttamente identificate per fare una corretta diagnosi di un'affezione dermatologica. Le tre categorie sono: Lesioni elementari primitive: lesioni primarie. Lesioni elementari secondarie: sono l'evoluzione delle lesioni primarie Lesioni primitive-secondarie: lesioni che in alcune patologie figurano come primitive mentre in altre compaiono come evoluzione di lesioni primarie.

Lesioni Primitive: Eritema: Arrossamento cutaneo che scompare alla digitopressione. L'eritema è dovuto a fenomeni vasomotori: dilatazione arteriolare (eritema attivo) in caso di eritema di color rosso vivace oppure dilatazione venulare (eritema passivo) con il conseguente colorito bluastro. Quando interessa la cute è definito esantema, quando colpisce le mucose è definito enantema. Pomfo: Edema circoscritto del derma di dimensioni e colore vari. Il pomfo è una lesione fugace e molto pruriginosa che si risolve senza esiti cicatriziali. La formazione dei pomfi è tipica dell'orticaria. Vescicola: Rilievo cutaneo di dimensioni inferiori a 0,5 cm, sostenuto da una cavità contenente liquido sieroso. In base alla loro collocazione istologica si distinguono vescicole intraepidermiche e subepidermiche (o dermo-epidermiche). Le vescicole possono presentarsi in grappolo e in questo caso si parla di raggruppamento erpetico.

Bolla: Rilievo cutaneo di dimensioni maggiori rispetto alle vescicole. Le bolle sono sostenute da una cavità contenente liquido sieroso. Le bolle, come le vescicole possono essere distinte in intraepidermiche e subepidermiche. Papula: Piccolo rilievo cutaneo (minore di 0,5 cm) sostenuto da una componente solida. Le papule possono derivare da: Ispessimento dell'epidermide Infiltrazione del derma superficiale da parte di un processo flogistico o neoplastico Le papule possono confluire a formare placche che naturalmente sono di dimensioni più grandi. Una papula di dimensioni maggiori di 0,5 cm va sotto il nome di nodulo.

Lesioni Secondarie: Crosta: La crosta si forma per essiccamento di un substrato liquido preesistente. L'essiccamento di un substrato sieroso dà colore giallognolo alla crosta, se si è essiccato il sangue il colore della crosta sarà bruno-marrone, in caso di pus sarà di colore giallo carico. Ragade/fissura: Questi termini indicano soluzioni di continuo lineari della cute. La ragade può essere superficiale o profonda a seconda che penetri o meno nel derma. Erosione e ulcerazione: l'erosione è una perdita di sostanza che si limita agli strati superficiali del derma. Guarisce senza cicatrice visibile. L'ulcera invece si riferisce a perdite di sostanza in profondità (oltre il derma superficiale) e guarisce per cicatrizzazione. Le ulcere possono essere l'evoluzione di alcuni noduli.

Lesioni Primitive-Secondarie: Pustola: Rilievo cutaneo sostenuto da una cavità contenente pus. Nella psoriasi pustolosa rappresenta la lesione primitiva (pustole sterili ) mentre qualsiasi lesione vescicolosa che subisca una sovrainfezione si trasforma in una pustola secondaria. Anche le pustole possono essere intraepidermiche o subepidermiche. Squama: Le squame sono il risultato di una desquamazione massiva che si rende evidente a occhio nudo. Le squame possono essere distinte in base alle loro dimensioni in: Squame lamellari: grandi Squame pitiriasiche: piccole Molte lesioni primarie possono evolvere nel corso della loro storia in lesioni desquamanti ma nella psoriasi le squame sono lesioni primarie. Macchia: Si intende una variazione della normale pigmentazione cutanea in senso ipercromico per eccesso di melanina, in senso ipocromico in caso contrario. La pigmentazione dovuta a stravasi emorragici è denominata petecchia (di piccole dimensioni) o ecchimosi. Nella vitiligine le macchie sono lesioni primarie mentre possono essere secondarie a fenomeni flogistici.

ESANTEMA Eruzione cutanea eritematosa patologica che interessa la superficie cutanea, denominata anche rash cutaneo. L'eruzione è una manifestazione associata a cause diverse, quali ad esempio: le malattie esantematiche virali come il morbillo o la varicella e altre malattie di origine virale, le malattie batteriche o parassitarie (quali la tripanosomiasi, la sifilide, il tifo), le malattie di tipo autoimmune come nel LES, le reazioni allergiche (orticaria), l'irritazione locale, come nel caso delle dermatiti da pannolino e da contatto; la tossicità indotti dalla presenza in circolo di tossine batteriche; l'ipersensibilità individuale verso alcuni farmaci (fra i quali bromuri, ioduri, salicilati). L'eruzione cutanea è caratterizzata da arrossamento (eritema) e dalla comparsa di lesioni di colore rosso-rosato o rosso-bluastro, che possono essere di diverso tipo ed estensione a seconda della causa che ne ha determinato la comparsa. L'eruzione cutanea può essere associata a prurito più o meno intenso.

Dermatosi Allergiche Le dermatosi allergiche denominate eczema sono affezioni eterogenee per presentazione clinica, ma caratterizzate fondamentalmente dallo stesso processo patologico: la dermatite e il sintomo pruriginoso intenso. Le varie forme di questa affezione passano per le stesse fasi fisiopatologiche: Fase vescicolosa: vescicole intradermiche formanti una spongiosi (edema dello strato spinoso accompagnato da eritema). Fase umida: la rottura delle vescicole copre la cute lesa con l'essudato sieroso. Fase di essicazione: l'essudato si raccoglie in croste. Fase di desquamazione: le croste lasciano il posto alla desquamazione secca e la lesione guarisce con restitutio ad integrum. L'eczema (dermatite) acuta dura 6-7 giorni e ha il decorso sopra esposto. Ma questo quadro semplificato è una rarità in clinica. Spesso invece l'agente causale persiste e l'eczema da acuto progredisce in subacuto o cronico. L'eczema cronico e caratterizzato da ispessimento cutaneo dermatite ittiosiforme (dermatite pitriasiforme dell'anatomopatologo), secchezza con ragadi dolorose. Istologicamente la spongiosi può non essere più presente. La forma subacuta e una forma intermedia: eczema acuto con riacutizzazioni umide.

Dermatite da Contatto La dermatite da contatto, detta anche eczema da contatto, è un'affezione infiammatoria della cute dovuta al contatto con agenti esterni irritanti (DIC) o allergizzanti (DAC) e può avere evoluzione acuta, subacuta o cronica.Si distinguono due tipi di dermatite da contatto: DIC: dermatite irritativa da contatto, la forma più frequente (interessa circa il 5% della popolazione). La presenza della malattia è determinata da fattori relativi all'agente. Vale a dire che chiunque può avere una dermatite irritativa venendo a contatto con sostanze ad alto potere irritante. La variabilità individuale e la sensibilità alla sostanza determineranno la dose dell'agente necessaria a provocare la dermatite. La DIC è una riconosciuta malattia professionale ed è seconda per frequenza solo alla sordità professionale. DAC: dermatite allergica da contatto, più rara. Avendo una base allergica la presenza della malattia è determinata dalle caratteristiche immunologiche del soggetto e non dal potere irritativo dell'agente.

DIC: La dermatite irritativa da contatto predilige il sesso femminile e colpisce spesso le mani. Frequentemente la donna colpita svolge intense attività casalinghe. Il sintomo prurito è spesso riferito dal paziente come bruciore o dolore, meno spesso si presenta come prurito vero e proprio. Frequentemente il paziente è convinto di essere allergico a quasi tutto perché l'irritazione della cute indebolisce la capacità difensiva di barriera cutanea e facilita l'ulteriore irritazione anche da agenti con basso potere lesivo. Caratteristicamente la DIC si localizza solo nell'area di contatto con l'agente irritante ed è un fattore di differenziazione dalla DAC che si estende oltre la superficie di contatto. DAC: La dermatite allergica da contatto e una reazione immune di tipo IV ad apteni ai quali il soggetto si sia precedentemente sensibilizzato. Gli apteni più frequenti nella DAC sono i metalli, sopratutto il Nichel e il Potassio Bicromato. L'aptene veicolato da una proteina carrier viene presentato alle cellule immunocompetenti a livello linfonodale generando cloni immunitari specifici che rendono il soggetto ipersensibile non solo in area di applicazione dell'aptene ma anche livello sistemico. La sensibilizzazione richiede circa 3 settimane. Una volta sensibilizzato lo sviluppo della lesione da ipersensibilità ritardata si manifesta in genere entro 48 o 72 ore dal momento di contatto. Clinicamente le lesioni seguono lo schema generale delle dermatiti allergiche prima esposto: eritema, vescicole intradermiche, croste, desquamazione e guarigione nella fase acuta. Le lesioni oltre a manifestarsi sulla cute sede di contatto con l'aptene, possono manifestarsi anche a distanza dalla sede di applicazione.

Si sono delineate alcune varietà clinico-eziologiche della DAC: 1. DAC professionale: nichel, K bicromato eccetera 2. DAC extraprofessionale. E' rappresentata da: DAC da cosmetici: spesso l'aptene responsabile è un conservante o una essenza presente in molti cosmetici. DAC da abbigliamento: in questo caso l'antigene responsabile non è il tessuto del capo di abbigliamento ma più frequentemente è relativo al colore dell'abito, spesso colore blu scuro che è ottenuto mediante l'uso di una sostanza fortemente allergizzante. DAC da medicamenti: da cerotto, da conservanti delle creme, dal veicolo del principio attivo. DAC da farmaci: dovute al principio attivo del farmaco, al veicolo o al conservante. Di maggior riscontro sono i FANS e gli antiistaminici locali, quali la prometazina. DAC da fotosensibilizzazione: un aptene innocuo diventa allergizzante mediante una trasformazione sotto la luce solare. Questo ultimo tipo di DAC può essere: Reazione fototossica: rossore e dolore all'esposizione alla luce che si riscontra con l'uso di farmaci fotosensibilizzanti come le tetracicline. Non è una reazione allergica. Reazione fotoallergica: si manifesta con eczema pruriginoso ed è il caso di dermatite allergica da contatto fotoindotta DAC aerotrasmesse: l'aptene è veicolato in aria. Tipicamente sono apteni da polline di fiori come la primula oboconica, che si deposita in polvere sulla pelle.

La DIC favorisce la comparsa della DAC perché l'irritazione cutanea facilita la penetrazione di apteni e quindi la sensibilizzazione, nonché risulta favorito il contatto successivo con l'aptene. Lo stesso meccanismo di elicitazione della DAC si riscontra in soggetti con stasi venosa agli arti inferiori che provoca fenomeni irritativi della cute e riduce l'efficacia della barriera cutanea. In quest'ultimo caso inoltre il paziente suole usare creme che possono fornire l'aptene necessario.

Diagnosi di dermatite da contatto: Ci sono molti elementi, sia clinici che anamnestici e di laboratorio utili per la diagnosi: Anamnesi: familiarità, anamnesi lavorativa. Sede della lesione primaria: la presunta sede di contatto. Può dare un'idea della sostanza responsabile. Test di laboratorio: test epicutanei (patch test) consistenti nella applicazione di apteni più frequentemente in causa sulla cute per osservare un'eventuale reazione di tipo ritardato a distanza di 48-96 ore nella sede di contatto. La positività del test indica l'avvenuta sensibilizzazione alla sostanza, ma sta al clinico capire se quel determinato composto può essere imputato considerando le informazioni cliniche ottenute dal paziente.

Terapia delle dermatiti da contatto: La terapia consiste in applicazione topica di creme e unguenti di cortisonici nell'eczema acuto e eventuale terapia sistemica con cortisonici. L'uso sistemico di antiistaminici non è indicato dal momento che è una reazione di ipersensibilità cellulo-mediata linfocitaria non dovuta a liberazione di istamina che non gioca un ruolo patogenetico in questa affezione.

Dermatite Atopica La dermatite atopica è l'affezione dermatologica più frequente in età pediatrica interessando circa il 10-20% dei bambini. Per contro solo nel 3% dei casi permane o insorge in età adulta. Nel 90% dei casi insorge prima dei 6 anni di età (e circa nel 60% prima di un anno). L'incidenza di questa dermatite registra un aumento costante in tutto il mondo. La dermatite atopica è una forma di dermatite cronica (eczema cronico) caratterizzata da lichenificazione (ispessimento cutaneo con accentuazione di solchi e creste cutanee). Questa malattia fa parte della triade di malattie atopiche: rinocongiuntivite allergica, asma allergico e dermatite atopica. Quest'ultima viene divisa in due categorie: Dermatite atopica estrinseca: accompagnata da elevate IgE sieriche. È la forma più frequente (80%) Dermatite atopica intrinseca: a patogenesi ignota. Manifestazioni cliniche sovrapponibili alla precedente ma senza evidenze cliniche di atopia e quindi di eziologia sconosciuta. Questa situazione si riscontra nel 20% dei casi.

L'incidenza e la prevalenza variano notevolmente in rapporto all'area geografica e ha una maggior incidenza in paesi ricchi. La dermatite atopica è ritenuta una malattia multifattoriale determinata da un'associazione di fattori genetici e ambientali. Sono state proposte varie teorie eziopatogenetiche ma nessuna di queste ha dato una spiegazione esauriente. La predisposizione genetica è confermata dall'alta concordanza tra gemelli, la correlazione familiare è presente nel 2/3 dei casi di dermatite atopica. La trasmissione secondo questo modello sembra essere poligenica. La teoria allergo-immunologica di atopia e risposta immunitaria orientata in senso Th2 (IL-4, 5, 13) spiega la dermatite atopica estrinseca ma non fornisce indizi sulla patogenesi della forma intrinseca.

L'ipotesi igienica secondo la quale l'esposizione alle comuni infezioni dell'infanzia orientino la risposta immune dell'individuo in senso Th 1 è stata recentemente confutata. L'atopia si è dimostrata correlata fortemente ad alterazioni cutanee specifiche che possono favorire l'insorgenza della dermatite atopica: Ridotto contenuto di ceramidi (hanno un ruolo protettivo) nello strato corneoI della cute. Aumentato contenuto in fosfolipidi (favoriscono la flogosi) della cute. Maggiore colonizzazione cutanea da parte di saprofiti e stafilococco aureo. La risposta immunitaria dell'atopico al germe tende ad essere orientata in senso allergico IgE-mediato. Xerosi cutanea: secchezza della cute presente nell'80% degli affetti da dermatite atopica.

Queste alterazioni della barriera fisica della cute favoriscono la penetrazione di antigeni, tra cui allergeni, nell'organismo e quindi la sensibilizzazione. Questi fattori favoriscono anche le irritazioni e le infezioni cutanee. Le infezioni infatti possono fungere da fattori scatenanti della malattia. Fattori che possono aggravare il quadro sono gli irritanti primari che non sono allergeni: Sudore Detergenti forti che seccano la cute Lana: spesso gli atopici riferiscono che la lana causa prurito Grattamento: nella dermatite atopica il grattamento incrementa il prurito.

Diagnosi e clinica: Il quadro clinico della dermatite atopica (DA) è differente a seconda dell'età del soggetto: DA del lattante e della prima infanzia: è il quadro più frequente. Le superfici colpite sono principalmente il volto, con il caratteristico risparmio della porzione centrale, gli arti (superficie flessoria). A volte è interessato il tronco. Il quadro è quello di un eczema acuto e il sintomo prurito determina insonnia nel bambino e eventuali lesioni da grattamento. DA del bambino (2-10 anni): tipicamente le lesioni sono meno numerose e localizzate prevalentemente a livello delle grandi pieghe cutanee del viso, degli arti (mani e polsi) con i caratteristici interessamenti periorale, periorbitale e periauricolare. Questo quadro è un eczema subacuto con lichenificazione ed estremo prurito a livello delle lesioni. DA dell'adulto: quadro come il precedente ma le localizzazioni sono poche; spesso sono colpite le mani, specie la mano dominante.

La diagnosi di dermatite atopica richiede secondo le norme internazionali la presenza di tre criteri maggiori e almeno 3 criteri minori: Criteri Maggiori: Prurito: è il sintomo cardine Morfologia e distribuzione delle lesioni Manifestazioni croniche e recidivanti; infatti la dermatite atopica è una malattia cronica che può avere remissioni (sopratutto estive e con un soggiorno al mare) e riacutizzazioni. Storia familiare o personale di atopia

Criteri minori: sono numerosi, elenchiamo quelli principali: Xerosi: secchezza della cute. Presente nell'80% dei casi Ittiosi e iperlinearità palmare (pelle a scaglie). Esordio in età precoce Prick test, patch test o RAST positivi indirizzano verso la condizione di atopia. Il RAST (dosaggio sierico di IgE) è l'unico test che può essere eseguito anche con terapia antiistaminica in atto, gli altri test risultano alterati lntolleranza a lana, detergenti, sudore eccetera Andamento stagionale: miglioramento in estate e al mare Cheratosi pilare: tipo di cute con cono cheratinico peripilare Pitiriasi alba: chiazze ipocromiche che possono essere confuse con la vitiligine, che insorgono dopo un fugace eritema. Plica infraorbitaria di Denn-Morgan Chielite e dermatite periorale: sono molto frequenti Pliche anteriori del collo Eczema del capezzolo: spesso bilaterale. Entra in diagnosi differenziale con la malattia di Paget del capezzolo (monolaterale) Dermografismo bianco Eczema delle mani Ragade subauricolare :classica della DA Reazioni orticarioidi

Decorso e complicanze Il decorso della DA e distinto in 4 gradi di gravità: Severo: dermatite manifesta tutto l'anno senza remissioni. Moderato-severo: migliora in estate o al mare Moderato: migliora solo in estate ma non al mare Lieve: remissioni spontanee per più di 3 mesi all'anno Le principali due complicanze della dermatite atopica sono complicanze infettive: Sovrainfezione da S. aureus: la sovrainfezione trasforma lesioni sterili infette e va sotto il nome di impetiginizzazione. Si manifesta con lesioni purulenti e peggioramento dell'eczema. Eruzione varicelliforme di Kaposi: eczema erpetico da sovrainfezione con VZV .

Terapia: La terapia della DA è sostanzialmente simile alla terapia degli altri disordini eczematosi. Terapia sistemica: utilizzata in casi gravi e nelle complicanze: Antiistaminici: sono poco efficaci. I più efficaci sono quelli della 1° generazione dotati di maggiori effetti sedativi. Il vantaggio di questi farmaci sta nella possibilità di somministrarli anche ai lattanti. Steroidi sistemici: solo in casi particolari per periodi brevi Bisogna tener presente la possibilità dell'effetto rebound (riacutizzazione alla sospensione). Ciclosporina A: immunosoppressore usato in condizioni severe. Il miglioramento del quadro clinico è rapido ( entro 4-8 settimane). La ciclosporina è somministrata in dosi di 5 mg/kg. I limiti sono la nefrotossicità e la possibilità di linfomi secondari alla terapia prolungata. Fotochemioterapia: sono utilizzati raggi ultravioletti B a banda stretta o UVA con psoraleni. Terapia topica: i presidi a disposizione sono: Emollienti ed idratanti cutanei Antibiotici e antivirali in caso di sovrainfezione cosmeceutici (medical devices): sono prodotti a mezza strada tra cosmetici e medicinali, di origini naturali che possiedono azioni antinfiammatorie non steroidee Corticosteroidi topici: è l' arma principale del dermatologo Immunosoppressori topici

SINDROME ORTICARIA ANGIOEDEMA (SOA)

INTRODUZIONE La Sindrome Orticaria Angioedema (S.O.A.) è un'associazione di manifestazioni infiammatorie dermo-ipodermiche tipicamente pruriginose che interessa la pelle e le mucose, dovuta a stimoli diversi e mediata da sostanze vasodilatanti scientificamente conosciute con il nome generico di amine vasoattive. Lesione Elementare L'aumento di permeabilità vasale che ne deriva si traduce clinicarnente in ponfi, definibili come lesioni fugaci eritemato-edematose e pruriginose a limiti netti, che interessano principalmente la cute. Macroscopicamente si rendono evidenti come rilevatezze rotondeggianti o figurate a contorni festonati, di grandezza variabile, di consistenza molle, di colorito roseo chiaro o rosso acceso, pallido al centro per compressione dell'edema sui vasi del derma. Non lasciano esiti e rappresentano un alterazione microcircolatoria transitoria.

Sede istologica del pomfo Se il bersaglio è rappresentato dal derma e/o mucose, si manifesterà Orticaria. Se interessa l'ipoderma e sottomucose si manifesterà Angioedema, con segni più accentuati dove il tessuto è più lasso (palpebre, labbra, faringe, laringe.) Sede anatomica del pomfo Cute Prime vie aeree, con edema laringeo e della glottide nei casi gravi Tubo Gastroenterico Per le molte lici affinità clinico-causali e per la frequente concomitanza l'orticaria e l'angioederna vengono usualmente trattate insieme. Epidemiologia L'orticaria è una delle dermatosi più frequenti in assoluto in entrambi i sessi, al punto che il 10-20% della popolazione generale può presentare almeno un episodio nel corso della vita

Classificazione A. In base al decorso O. Acuta: (< 6 settimane) con uno o pochi episodi, per lo più in età giovanile. O. Cronica: con decorso superiore 6 settimane, spesso per molti anni, recidivante o persistente. B. In base alle cause 1. Orticaria comune Essenziale o da causa sconosciuta Secondaria a cause note 2. Orticaria fisica E' costituita da un gruppo di forme cliniche dovute a stimoli di natura fisica tra i quali i più importanti sono il caldo, il freddo, l'esercizio fisico, il contatto della pelle con l'acqua, il grattamento, la pressione sulla cute, la luce solare, gli stimoli vibratori ecc. 3. Forme particolari Qrticaria da contatto Prurigo-strofulo Orticaria vasculitica Orticaria su base genetica C. In base al meccanismo di insorgenza

Il meccanismo comune a tutte le forme di SOA, sia su base allergica che non allergica, è l'azione diretta sui vasi dermo-ipodermici di amine biogene vasodilatatrici e edemigene, tra le quali la più importante e conosciuta è l'istamina, prodotta da cellule presenti nei tessuti dette mastociti o nel sangue chiamate basofili. 1. Orticaria Allergica a. Allergia a rapida insorgenza mediata dalle IgE, con immunoreazione di tipo 1 Orticaria comune (numerose forme) Orticaria fisica( alcuni casi) Orticaria da contatto (in parte) b. Allergia a breve insorgenza, mediata dal Complemento e da immunocomplessi, con immunoreazione di tipo III Strofulo (in parte) Orticaria con vasculite leucocitoclasica c. Allergia a ritardata insorgenza, prodotta da immunoreazione di tipo IV, mediata dai linfociti e loro prodotti (linfochine)

2. Orticaria a patogenesi non allergica Liberazione diretta di amine vasoattive Orticaria comune (in minima parte) Orticaria fisica (numerose forme) Orticaria da contatto (in parte) Strofulo (alcuni casi) 3. Orticaria a patogenesi ereditaria: su base genetica

ORTICARIA COMUNE Definizione E' questa la forma di gran lunga più frequente di orticaria, con un incidenza del 70-80% circa a seconda delle statistiche, da alcuni autori definita "forma cronica idiopatica" perché nella stragrande maggioranza dei casi il fattore responsabile rimane sconosciuto per tutta la durata della dermatosi che può essere anche di molti anni. Clinica I caratteristici pomfi, in genere multipli e subentranti, insorgono e scompaiono rapidamente nel giro di qualche ora con tendenza a confluire tra loro. I pomfi sono molto pruriginosi ed evocano il fenomeno del grattamento. Spesso le forme acute di orticaria si associano ad angioedema delle palpebre, delle labbra e del laringe, il cui interessamento si manifesta con raucedine ed abbassamento della voce, stridore respiratorio e dispnea.

Fattori causali Notoriamente la loro ricerca impegna molto il medico e il paziente stesso e in buona parte dei casi, soprattutto cronici, non sono affatto evidenziati. Le principali cause di orticaria, spesso concomitanti, sono le seguenti: Farmaci alimenti additivi di alimenti pneumoallergeni infezioni insetti e artropodi malattie interne fattori psichici

Medicamenti e loro additivi Sono i fattori causali più frequenti, sia se assunti per os che per via parenterale. Sono responsabili di circa il 70% di tutte le orticarie ad eziologia nota. Il meccanismo di insorgenza è per lo più su base allergica di tipo I o di tipo III. Teoricamente tutti i farmaci possono provocare reazioni orticarioidi in quanto sostanzialmente sostanze estranee all'organismo e potenzialmente allergizzanti. Quelli più frequentemente coinvolti sono: Antibiotici Penicillina, suoi derivati e alimenti contenenti sue tracce (prodotti caseari) Cefalosporine Sulfammidici Fans Asa (acido acetilsalicilico o aspirina) può riacutizzare alcune forme croniche, attraverso la liberazione non allergica di istamina derivati del piramidone e analgesici

Barbiturici Benzodiazepine Ormoni e lassativi Additivi coloranti azoici giallo di tartrazina (E 102). eritrosina (E127) Conservanti benzoato di sodio paraidrossibenzoato di metile bisolfito di sodio

Alimenti Gli alimenti sono una causa comune di orticaria acuta, meno in quella cronica, specie in soggetti atopici; gli alimenti possono agire con un meccanismo allergico (uova, pesce, frutta secca), o come liberatori diretti di istamina (crostacei, fragole, bianco d'uovo), oppure come diretti apportatori di sostanze istamino-simili come la tiramina (cioccolato). Additivi alimentari Sono sostanze aggiuntive adoperate nell'industria alimentare per conservare, preservare, colorare e migliorare le derrate alimentari a media e lunga scadenza. A parte vanno considerati gli additivi che comunque si trovano nei cibi della grande distribuzione, la cui presenza prescinde dalla volontà di aggiungerli (antibiotici e medicamenti vari ad uso veterinario). Additivi intenzionali: Antiossidanti: Gallati, Gomma di benzoino, Tocoferolo, Sodio bisolfito

Conservanti e antimicrobici: Parabeni, Polisorbati, Acido idrossibenzoico, Sodio benzoato, Acido formico e derivati Coloranti: Tartrazina, Eritrosina, Amaranto, Sunset yellow ,Quinoline yellow Dolcificanti: Saccarina, Sorbitolo, Ciclamati Aromi e spezie: Vaniglia, Cinnamonio e derivati, Cardamomo, Essenze varie (arancio, limone) Miglioranti farine: Persolfato ammonio, Benzoile perossido Alimenti contenenti solfiti Insalate confezionate, Frutta fresca, Frutta secca, Patate, Avocado, vini e aceti, Birre, alcuni succhi di frutta, Prodotti infornati, Gelatina, Zucchero di barbabietola, Gamberi, Salsiccia.

PATOLOGIA DELLA CHERATINIZZAZIONE Psoriasi Esistono diverse forme di psoriasi di cui la più frequente è la psoriasi volgare di cui ci occupiamo per solo accennare alle forme speciali. La psoriasi colpisce ugualmente i due sessi ed è una malattia cronica caratterizzata da riacutizzazioni con decorso imprevedibile. Classicamente si manifesta con ispessimento epidermico che provoca una desquamazione lamellare. Le sedi elettive delle lesioni psoriasiche sono i gomiti, le ginocchia, il cuoio capelluto e unghie. Una forma speciale è la psoriasi palmo-plantare.

Le lesioni cutanee della psoriasi mostrano caratteristiche cliniche peculiari: Segno clinico di Brock: consiste nel grattamento metodico della placca psoriasica che espone la superficie sottostante alla squama. Questa procedura diventa clinicamente attendibile se si tratta della psoriasi che presenta tipicamente: Aspetto a goccia di cera della squama staccata. Cuticola sottosquamosa: lo scollamento della squama rende visibile la superficie sottostante che è una placca eritematosa. Segno di Auspitz: sanguinamento puntiforme dal fondo della lesione. lsomorfismo reattivo: detto anche fenomeno di Koebner, consiste nella comparsa di una stria di lesioni psoriasiche al semplice graffio o grattamento della cute precedentemente non interessata. Lo stesso si verifica in caso di una cicatrice chirurgica. Onicopatia psoriasica: si può manifestare con i seguenti rilievi che non sono tuttavia ne obbligatori ne esclusivi della psoriasi, ma sono estremamente resistenti alla terapia: Depressioni cupoliformi piccole dell'unghia dette anche pitting ungueale Chiazze a macchia d'olio Unghia a midollo di sambuco: unghia ispessita

Le forme cliniche speciali sono: Eritrodermia psoriasica, con più dell'80% della superficie cutanea e interessata. Il paziente può andare incontro alle complicanze tipiche degli ustionati. Psoriasi palmo-plantare: interessa il palmo delle mani e la pianta dei piedi ed entra in diagnosi differenziale con le micosi e la dermatite da contatto. Le lesioni plantari devono essere differenziate dalla sifilide secondaria. Psoriasi inversa: detta anche intertriginosa o invertita. Interessa le pieghe cutanee maggiori quali l'inguine e le ascelle. Psoriasi pustolosa: caratterizzata da pustole sterili. In base all'estensione delle lesioni pustolose può essere: Palmo-plantare Generalizzata: forma grave assieme alla psoriasi artropatica e l'eritrodermia psoriasica. 5. Artrite psoriasica: o psoriasi artropatica: coinvolge le articolazioni delle mani, dei piedi e le grosse articolazioni. Le mani possono assumere l'aspetto a colpo di vento tipicamente attribuito all'Artrite Reumatoide ma la ricerca del fattore reumatoide è negativa.

Istopatologia: Le alterazioni istologiche riscontrate all'esame bioptico nella psoriasi sono: a. Alterazioni dello strato corneo: Paracheratosi: ispessimento dello strato corneo con mantenimento dei nuclei cellulari Microascessi di Munro- Saboureau: ascessi sterili contenenti grandi quantità di polirnorfonucleati Assenza dello strato granuloso che accompagna costantemente l'ispessimento dello strato corneo Acantosi che interessa solo le creste interpapillari. Assottigliamento dello strato spinoso sovrapapillare. Le papille dermiche assumono l'aspetto definito "a dita di guanto".

Nella cute psoriasica inoltre sono state riscontrate alterazioni a carico dello strato basale, con aumento del numero delle mitosi ed un aumentata velocità di migrazione cellulare verso gli strati superficiali. Tale accelerazione comporta che le cellule raggiungano lo strato corneo in 3 giorni invece dei 30 giorni fisiologicamente previsti. Gli studi genetici effettuati sulla psoriasi hanno concluso che è plausibile una trasmissione autosomica dominante con penetranza incompleta oppure una trasmissione poligenica multifattoriale. Resta fermo il fatto che l'eziologia della psoriasi rimane tuttora non definita.

Terapia: Terapia locale: Cheratolitici: acido salicilico che promuove la desquamazione Riducenti. (catrame e derivati, derivati della vitamina D) e corticosteroidi che riducono l'ispessimento delle placche epidermiche. Terapia sistemica: Steroidi: sono usati poco per la frequenza dell'effetto rebound, cioè per riacutizzazione della malattia alla sospensione della terapia. Metotrexate o ciclosporina PUVA, BAT PUVA o UVB a banda stretta Retinoidi Bagni di sole e di mare (eliobalneoterapia) spesso migliorano la sintomatologia

MALATTIE A CARATTERE DESQUAMATIVO LICHEN RUBER PLANUS Eruzione infiammatoria ricorrente, caratterizzata da piccole papule, lievemente poligonali, violacee in superficie, che tendono a confluire in placche ruvide e squamose, spesso accompagnate da lesioni del cavo orale. La causa è generalmente sconosciuta. Alcune sostanze (p. es., arsenico, bismuto, oro o l'esposizione a certi prodotti chimici per lo sviluppo di fotografie a colori, possono determinare un'eruzione indistinguibile dal lichen planus. La chinacrina o la chinidina somministrate per lunghi periodi di tempo possono produrre un lichen planus ipertrofico delle gambe o un disordine sistemico e dermatologico. Altre cause sono le epatopatie e il rigetto del trapianto contro l'ospite (graft-vs.-host disease).

Sintomi e segni L'esordio può essere immediato o graduale. L'eruzione iniziale può persistere per settimane o mesi e le remissioni possono susseguirsi per anni. L'affezione è molto rara nei bambini. Le lesioni primarie papulose hanno un diametro di 2-4 mm, bordi poligonali, colorazione violacea e caratteristica lucentezza in controluce. Raramente l'affezione assume un aspetto bolloso. L'eventuale prurito può essere moderato o grave e comunque refrattario ad ogni terapia. Le lesioni sono abitualmente simmetriche e localizzate principalmente alle superfici flessorie degli avambracci, alle gambe, al tronco, al glande e alla mucosa orale e vaginale. Talora la dermatosi assume un carattere generalizzato, ma la cute del viso è raramente coinvolta. Le lesioni possono diventare estese, desquamanti e verrucose (lichen planus ipertrofico), particolarmente a livello delle gambe. Durante la fase acuta, compaiono nuove papule nelle zone sottoposte a piccoli traumi, quali il grattamento superficiale (fenomeno di Kobner). Se le lesioni persistono può svilupparsi una iperpigmentazione (e talora atrofia). Raramente il capillizio è colpito da un'alopecia cicatriziale a chiazze. La mucosa orale è interessata nel 50% dei pazienti, spesso prima che compaiono le lesioni cutanee, ma a volte anche in loro assenza. La mucosa buccale, i margini della lingua, la mucosa gengivale nell'area edentula mostrano lesioni asintomatiche, di colore bianco-azzurro, lineari e inizialmente di aspetto reticolare o figurato, che confluiscono tra loro e aumentano di volume. È stata descritta una forma erosiva in paziente con concomitante presenza di ulcerazioni orali superficiali, spesso dolorose e recidivanti, ma che comunque anche se durature raramente divengono cancerose. Sono comuni le esacerbazioni croniche e le remissioni. La diffusione di epatopatie croniche, come la cirrosi biliare primaria, la cirrosi da alcol, l'epatite B e soprattutto l'epatite C, è in aumento.

Diagnosi ll lichen planus ha un carattere distintivo all'esame istologico. Nelle forme persistenti della mucosa orale e vaginale, l'ispessimento cutaneo e la coalescenza dei singoli elementi possono rendere difficile la differenziazione clinica con la leucoplachia. Le forme erosive diffuse della mucosa orale devono essere differenziate dalla candidosi, dal carcinoma buccale, dalle aftosi ulcerative, dal pemfigo, dal pemfigoide cicatriziale, dalla forma cronica dell'eritema multiforme. Deve essere esaminata l'area periferica delle lesioni per rilevare corte estensioni dendritiche e tipiche strutture di colore azzurre chiaro. L'esame bioptico è spesso indicato, ma nelle lesioni di vecchia data non mostra aspetti specifici.

Terapia Le forme asintomatiche di lichen ruber planus non richiedono alcuna terapia. Se si sospetta una causa da sostanze chimiche o medicamentose bisogna sospenderne l'utilizzo. Un antiistaminico può ridurre un prurito moderato, probabilmente grazie al suo effetto sedativo. Nelle forme ipertrofiche o quando il prurito è localizzato vengono usate infiltrazioni superficiali intralesionali di triamcinolone acetonide diluito in sospensione salina, in ragione di 2,5-5 mg/ ml e iniettate in quantità tale da permettere un lieve sollevamento della lesione e da non ripetere più di una volta ogni tre settimane. Un'altra terapia prevede una medicazione occlusiva di corticosteroidi (p. es., creme di triamcinolone acetonide allo 0,1% o cortisonici topici più potenti su fogli polietilenici prima del riposo serale, oppure flurandrenolide impregnato su cerotti medicati). La tretinoina in soluzione allo 0,1%, associata ai corticosteroidi, può essere usata nel lichen planus sulle aree glabre della cute. Viene applicata la sera con un bastoncino cotonato, seguita da tre applicazioni al giorno di creme corticosteroidee ad alta potenza. Per le lesioni erosive della mucosa orale, le soluzioni di lidocaina impiegate come colluttorio prima dei pasti danno un sollievo sintomatico. Le lesioni erosive della mucosa orale e le forme più diffuse e gravi di prurito richiedono spesso una terapia steroidea sistemica (p. es., prednisone 40-60 mg per os la settimana, al mattino e quindi ridurre la dose giornaliera in modo graduale di circa un terzo per settimana). Comunque, appena si sospende la terapia corticosteroidea, ritorna il prurito. In questi casi, si può usare un cortisonico sistemico a basso dosaggio a mattine alterne, anche se i pazienti con prurito incessante potrebbero rispondere positivamente alla PUVA terapia. Altre terapie sistemiche, usate con successo variabile nei casi gravi, comprendono l'etretinato, e l'isotretinoina, la ciclosporina, la ciclofosfamide e la PUVAterapia. Il lichen planus erosivo delle mucose orali può rispondere al dapsone orale o ai collutori con ciclosporina. La malattia tende a essere autolimitante ma può recidivare dopo alcuni anni.

REAZIONI ISOMORFE IN PORTATORI DI MALATTIA PSORIASICA E LICHEN RUBER PLANUS Attenzione ai tatuaggi per chi soffre di psoriasi e lichen ruber planus : Il passaggio tra la forma latente di psoriasi e lichen ruben planus e la forma clinicamente evidente si realizza per l'intervento di una serie di fattori scatenanti; i traumi sono noti per indurre il fenomeno dell'isomorfismo reattivo o fenomeno di Koebner, cioè la comparsa di una lesione psoriasica nella sede del trauma. Quindi nella sede del tatuaggio c'è il rischio che si possa manifestare una chiazza psoriasica.

MALATTIE BOLLOSE AUTOIMMUNI Pemfigo Il pemfigo colpisce sia la cute che le mucose di maschi e femmine in ugual misura. Le lesioni iniziali interessano le mucose, sopratutto il cavo orale, successivamente compare l'interessamento periorifiziale per poi manifestarsi la malattia cutanea che predilige le grandi pieghe cutanee. La lesione elementare del pemfigo è la bolla intraepidermica che può trasformarsi in pustola o passare direttamente alla fase di erosione con croste che evolvono lasciando esiti discromici. Nel pemfigo si manifesta il fenomeno di polimorfismo lesionale evolutivo detto anche polimorfismo falso che si riferisce alla contemporanea presenza di più tipi di lesioni che sono tutte riconducibili alle diverse fasi evolutive della stessa lesione elementare, la bolla in questo caso. Le bolle delle zone declivi del corpo possono avere contenuto siero-ematico dovuto verosimilmente all'azione della forza di gravità. Il segno di Nikolsky è caratteristicamente positivo nel pemfigo, al contrario delle altre condizioni bollose autoimmuni. Il segno si riferisce alla facilità di scollamento della cute apparentemente sana. Esercitando pressione e trazione su una superficie cutanea adesa ad un piano osseo sottostante (tipicamente la cute sternale) lo scollamento diventa evidente.

Eziopatogenesi Le caratteristiche eziopatogenetiche del pemfigo sono gli autoanticorpi lgG diretti contro le giunzioni intercellulari che provocano acantolisi, formando i presupposti per la formazione delle bolle e vescicole intraepidermiche. Il pemfigo può essere indotto da farmaci come la D-penicillammina, captopril, penicillina e molti altri farmaci.

PATOLOGIA MICROBICA DELLA CUTE La cute è un organo barriera, dotato di efficaci sistemi di difesa, rappresentati dal mantello idrolipidico, dalla cheratinizzazione e dal potere tampone. Sulla cute, sono presenti dei germi, ospiti abituali alcuni dei quali, come lo Streptococcus pyogenes (beta-emolitico di classe A) o lo Staphylococcus aureus, possono portare un danno. Può esservi un contagio diretto, aereo o da contatto. Uno dei fattori favorenti l'infezione da batteri è l 'eccesso di detersione, perché con essa vengono meno i fattori di difesa, le barriere fisiologiche cutanee. La patologia microbica conseguente viene chiamata Dermatite piogenica o piodermite

Viene distinta in tre grandi gruppi: Piodermite non annessiale. Impetigo contagiosa. E' una lesione infettivo contagiosa da S. Pyogenes. Il quadro cutaneo è evolutivo. La prima fase è quella che segue all'impianto del germe, cioè l'eritema, conseguente alla lesione dei capillari, che porta verso una condizione simil-edematosa. Quest'ultima evolve a formare dapprima una vescicola, poi una bolla. Il liquido contenuto nella bolla è color acqua di roccia (trasparente, chiaro), che, in breve tempo, si intorbida e diviene purulento, con formazione di una pustola. Il contenuto di PMN emette enzimi, che tendono a distruggere la cupola della pustola, per cui questa tende a rompersi (la lesione è intra o sotto epidermica, per cui non lascia cicatrice). Il materiale purulento fuoriesce, si rapprende e forma delle croste giallastre-meliceriche (simili a miele), facilmente staccabili e friabili (il contenuto in fibrina è ridotto). Al di sotto, si intravede una superficie erosa essudante, rappresentata dal derma o dagli strati più profondi dell'epidermide.

Impetigo bollosa Stafilococcica. È frequente nei bambini durante i mesi estivi, col soggiorno marino. Si localizza agli arti e al tronco. Ha un sito di attacco più basso, a livello della giunzione. Si vengono a formare delle bolle, provocate dalla produzione di epitelio-tossine da parte del germe, con conseguente trasudazione e essudazione. La capsula è resistente, perciò si viene a formare una lesione bullosa con livello, cioè con pus che si raccoglie nella parte declive della bolla stessa e liquido sieroso al di sopra. Tardivamente, la bolla si rompe e il contenuto si rapprende in una crosta grigio-brunastra, mentre il processo si estende centrifugamente, dando luogo a lesioni anulari e circinnate.

Giradito o patereccio microbico E' un'infezione bullosa-purulenta, che interessa la zona periungueale, causata dalla scopertura di parti di epidermide e successiva infezione flogistica. A rapida risoluzione, se non trascurata. Ectima. Infezione batterica, che interessa epidermide e parte del derma. Più aggressiva, inizia con una piccola bolla rapidamente purulenta. La crosta è nerastra e circondata da un bordino purulento, circondato da alone eritematoso. Ne esita una cicatrice incavata, infossata, dato che c'è una distruzione a livello del derma. Erisipela. E' una flogosi circoscritta febbrile, che interessa il derma e il sistema linfatico (linfangite dermica), stafilo-streptococcica. Ha sempre una forame d'entrata, una piccola erosione, ragade, soluzione di continuo. Le sedi più classiche sono il viso e gli arti inferiori. Punti di partenza possono essere gli spazi interdigitali, un raffreddore (le soluzioni di continuo causate dall'essiccamento della pelle indotto dagli spray vasocostrittori anti-starnuto). Comincia con un intenso eritema-edema, col famoso scalino. Ci può essere una dilatazione lenta e blanda della lesione flogistica alla cute sana. C'è dolore, bruciore, febbre, talora vescicolazione o bolle. Il ripetersi di recidive, non rare, può portare a uno stato elefantiasico. L'unico problema di diagnosi differenziale è rappresentato dalla comparsa di una dermatite da contatto da farmaci topici, peraltro solitamente superficiale e priva di sintomatologia generale.

2. Piodermite follicolo-annessiale. La patologia microbica, in questi casi, è sostenuta dallo S. Aureus. Follicolite superficiale. Detta anche ostiofollicolite, è caratterizzata dalla rapida formazione, su base eritematosa, di una pustola emisferica, centrata da un pelo, a contenuto bianco-giallognolo. Follicoliti profonde: Foruncolo. Associato a perifollicolite, ad evoluzione necrotica, è causato dallo S. Aureus. Inizia con un piccolo nodulo infiammatorio perifollicolare, estendendosi, poi, al derma, con conseguente lesione dolente contornata da alone eritematoso ed edematoso. La raccolta purulenta e il cencio necrotico vengono eliminati con l'apertura del foruncolo. Antrace o favo Forma grave e ribelle di foruncolosi, con più elementi aggruppati. Localizzata classicamente alla nuca, residua cicatrici importanti. Rarissima. Sicosi piogenica. Anch'essa rarissima, è una follicolite pustolosa, superficiale e profonda, che interessa più peli, sostenuta dal trauma della rasatura. Il pelo, al centro della pustola, è facilmente estraibile.

3. Piodermite a carico delle ghiandole sudoripare. Miliaria. Causate da profusa sudorazione, da copertura esagerata. Si tratta di lesioni puntiformi, vescicolose e superficiali, che possono essere aflegmasiche (m. alba) o più profonde e eritematose (m. rubra). Sono secondarie alla chiusura del dotto escretore della ghiandola sudoripara, in modo che il sudore si accumula, con effetto irritante. La guarigione, con fase desquamante, è rapida. ldrosadenite. Interessa le ghiandole sudoripare apocrine e si manifesta con un nodulino della grandezza di un cece, dolentissimo, che cresce, fino alle dimensioni di una nocciola e tende ad aprirsi all'esterno, con la fuoriuscita di materiale purulento. È sempre una forma batterica, per lo più causata da trattamenti incongrui di ordine estetico.

Acne e Malattie Correlate 1. Acne Volgare L'acne volgare è definita come dermatosi polimorfa (che presenta più lesioni elementari) da infiammazione del follicolo pilosebaceo. L'acne volgare colpisce l'85-100% delle persone nel corso della vita e coinvolge aree cutanee ad alta densità di follicoli pilosebacei. E' coinvolto, il torace ed il dorso e il viso Nell'acne volgare le lesioni elementari sono di due tipi: Lesioni non infiammatorie: papule e comedoni Lesioni infiammatorie: papule, pustole e noduli. Il tipo prevalente della lesione e la quantità delle lesioni infiammatorie determina i sottotipi e la gravità della patologia. L'acne volgare colpisce diverse fasce di età che contribuiscono ad arricchire la denominazione dei sottotipi. La fascia di età più colpita è l'adolescenza, colpendo più i maschi delle femmine, ma non sono rare le manifestazioni in adulto, dove sono colpite più le femmine dei maschi, ad insorgenza in età adulta o acne non guarito dall'adolescenza.

Le alterazioni fisiopatologiche che contribuiscono ala comparsa dell'acne volgare sono: Iperproliferazione dell'epitelio follicolare con la conseguente ostruzione dello sbocco della ghiandola sebacea associata. L'ipertrofia sembra essere dovuta agli effetti degli ormoni androgeni ed ipersensibilità ad essi. Nell'effetto androgeno sembra essere determinante il diidrotestosterone prodotto dal testosterone ad opera della 5alfa-reduttasi. L'ostruzione dello sbocco di sebo provoca la comparsa del comedone che può essere: a. Aperto: punto nero b. Chiuso: appare come una papula bianca. La papula può infiammarsi trasformandosi in pustola oppure progredire a formare una cisti sebacea. Eccesso di sebo: la produzione di sebo in eccesso è stimolata dagli ormoni androgeni. Altri ormoni giocano un ruolo nell'iperproduzione del sebo, quali il GH e Insulin-like-Growth Factor (ILGF). La pelle grassa e la seborrea sono strettamente associati all'acne volgare. Presenza ed attività di Propionibacterium acnes: gram positivo, anaerobio obbligato. È un normale residente del follicolo pilosebaceo. Questo germe produce delle lipasi che digeriscono i lipidi del sebo trasformandoli in acidi grassi liberi. Sia gli antigeni del batterio che gli acidi grassi liberi fungono da stimoli flogistici. Infiammazione: responsabile delle lesioni flogistiche.

Clinica: La sintomatologia è assente se si esclude dolore alla pressione in corrispondenza delle lesioni infiammatorie. Bisogna però considerare che il disagio psicosociale arrecato al paziente dalla condizione patologica è notevole. Le lesioni elementari dell'acne volgare sono: Comedoni Papule Pustole Noduli Cisti Cicatrici: le cicatrici sono spesso deformanti e possono dare origine a cheloidi in persone predisposte.

Le lesioni si distribuiscono al volto (sopratutto mento, guance, fronte). Le varietà cliniche riconosciute di acne volgare sono: Acne comedonica: in assenza di lesioni infiammatorie. È la forma più lieve. Acne lieve: comedoni e papule infiammate Acne moderata: comedoni, papule e pustole Acne nodulo cistica: la forma più grave. Altre varietà cliniche sono: Acne neonatale Acne escoriata giovanile ( deriva da manipolazioni delle lesioni per cui non ci sono lesioni flogistiche ma solo escoriazioni dovute al courettage autopraticato). Acne tropicale Acne aestivalis: peggiora al sole Acne conglobata Acne da farmaci: i farmaci maggiormente coinvolti sono acido isonicotinico, ormoni, difenilidantoina, iodati e bromuri. Cloracne

2. Forme particolari di acne sono: Acne mentoniera: Riguarda il sesso femminile, presenta esacerbazione ritmata dal ciclo mestruale (per lo più in fase premestruale). Possibile la concomitante esistenza di dismenorrea, ovaio policistico o endometriosi. E' caratterizzata da comparsa ritmica di elementi papulo-micronodulari, tesi e dolenti, a lento riassorbimento. Acne escoriata. L'autoaggressione, frequente nel sesso femminile, o il ricorso alla pulizia estetica del viso, possono aggravare l'acne, con risoluzione cicatriziale estesa della stessa. La vera acne escoriata, in realtà, è la somatizzazione di gravi complessi o conflitti psico-affettivi. Le pazienti, nella disperata ricerca di lesioni cutanee per lo più inesistenti, si infliggono escoriazioni che esitano in cicatrici ipercromiche a stampo. Acne infantum. Compare alla nascita o nei primi mesi di vita. Correlabile con l'apporto esogeno di farmaci seboattivi di tipo progestinico nel periodo gestazionale o anabolizzanti nel neonato.

Acne da farmaci. Costituite da comedoni bianchi, o chiusi, e da cisti di maggiori dimensioni, con fenomeni infiammatori (aumentati dall'autoaggressione). I farmaci imputati in questo tipo di acne sono: vitamina B12. Cortisonici topici. Alogeni (bromo, iodio, fluoro). Isoniazide. Antiepilettici

VIROSI CUTANEE La verruca: Le cosiddette verruche rappresentano una infezione virale dovuta ai virus del genere papilloma virus. La manifestazione clinica di questo genere di infezione è molto varia, dipendendo dalla sede di insorgenza. Ne esistono di vari tipi: le piane (sono spesso multiple e ribelli alle cure, colpiscono preferenzialmente il volto delle persone giovani), le filiformi (facili da guarire, sono frequenti ai lati del naso, della bocca e sul collo), le volgari (sono le più comuni e compaiono sul palmo delle mani e sulle dita), le plantari (tipiche delle piante dei piedi; sono profonde perché crescono verso l'interno del piede e sono difficili da curare) ed in fine le genitali o condilomi (volgarmente note col nome di creste di gallo), a cui attualmente si preferisce dare il nome di verruche genitali.

Vi sono alcuni fattori che rendono alcune persone più suscettibili di altre a contrarre l'infezione con questo virus: fattore genetico: alcune persone sono geneticamente più resistenti di altre quando incontrano questo virus e dunque lo eliminano immediatamente; atopia: le persone cosiddette atopiche (l'atopia è definita come la predisposizione genetica a sviluppare allergie contro sostanze normalmente presenti nel nostro ambiente quali i pollini, gli acari della polvere, le muffe, ecc...) hanno un leggero difetto del sistema immunitario a livello della pelle: esse hanno la tendenza a sviluppare verruche più facilmente, in posti non classici e in numero maggiore. E' dunque importante che il medico verifichi mediante appositi test allergologici se il paziente è un atopico. lo stato della pelle: una pelle sana, ben idratata, non ferita è più resistente di una pelle maltrattata o macerata. E' per questo importante che coloro che soffrono di verruche non portino scarpe di plastica (per esempio scarpe da tennis, scarpe di materiale occludente) che non lasciano evaporare il sudore dei piedi, che crea un terreno ottimale per lo sviluppo di verruche e funghi.

Infezione L'infezione virale causa un ispessimento dello strato superficiale dell'epidermide che risulta clinicamente particolarmente verrucoso. Benché, trattandosi di un virus, le verruche siano trasmissibili e dunque infettive, esse rimangono una malattia banale che resta localizzata negli strati superficiali della pelle. Una disseminazione o una localizzazione in parti molto sensibili del corpo come per esempio le palpebre, può però causare seri problemi. La maggior parte delle verruche guarisce spontaneamente nell'individuo sano. Terapia Esistono varie terapie che dipendono dal tipo di verruca, dalla localizzazione, dalla profondità nonché dal numero e dall'estensione della pelle colpita da questo virus.

Prevenzione dalle infezioni HPV non girare mai a piedi nudi in luoghi frequentati da altre persone ma usare sempre delle scarpette o dei sandali (anche in casa); non portare scarpe da tennis o di plastica, bensì scarpe leggere, aperte, di tela o di pelle fine in modo da lasciare respirare il piede; portare sempre calze tessute con filo di Scozia, che consentono una rapida evaporazione del sudore i pazienti atopici devono inoltre curare regolarmente la propria pelle in modo da minimizzare l'esposizione ai virus ed aumentare la resistenza. In caso insorgessero nuove verruche è opportuno recarsi subito dal medico prima che queste si ingrandiscano troppo o si moltiplichino in maniera esagerata. La terapia consiste nella eradicazione con creme cheratolitiche, a base di urea, acido lattico e acido salicilico, nella crioterapia, nell'escissione chirurgica tradizionale o con laser, previa anestesia locale.

MICOSI CUTANEE La Micologia medica è una disciplina che si occupa dello studio dei funghi che possono parassitare l'uomo o gli animali e delle malattie che ne sono la conseguenza. Le micosi, infezioni di sicuro meno rilevanti rispetto alle forme sostenute da batteri e virus sono però in netto aumento, in relazione alle situazioni di immunosoppressione (HIV, tumori, trapianti e terapie immunosoppressive varie). In dermatologia le micosi superficiali hanno una notevole incidenza e le micosi profonde hanno di solito una espressività cutanea. Per quanto concerne le micosi superficiali, possono essere causate da Lieviti e da Dermatofiti.

LIEVITI I più importanti in patologia dermatologica sono la Candida e il Pityrosporum, agenti eziologici rispettivamente delle Candidasi e delle Pityrosporosi. CANDIDOSI E' un'infezione causata da un lievito, la Candida albicans o occasionalmente da altre specie di candida (brurnptii, guillermondii, parapsilosis, pseudotropicalis, zeylanoides, stellatoidea). Le infezioni cutaneo- mucose sono numericamente le più importanti anche se si possono avere forme più gravi per compromissione di organi profondi (setticemie, endocarditi, meningiti ecc.). La Candida non si trova usualmente al di fuori degli esseri viventi ed è presente come commensale in numerosi serbatoi naturali. L'alterazione degli equilibri che regolano la sua presenza, ne permettono il suo passaggio allo stato di parassita. I fattori che possono influenzare il passaggio da saprofita a parassita sono: fattori ecologici (alterazione della flora competitrice batterica) fattori inerente all'ospite: (scarsa igiene, età), fattori locali (integrità muco-cutanea), fattori endocrini (diabete, Cushing, Addison, ipotiroidismo, ipoparatiroidismo), immunologici (alterazione della risposta umorale e cellulo-mediata).

Il serbatoio intestinale è sicuramente il più rilevante, sia nell'uomo che in altri mammiferi e negli uccelli. Nell'uomo la presenza è frequente ma non costante; si stima infatti che il 70% degli adulti subisca la colonizzazione della candida, già al momento del parto o nella prima infanzia. Il serbatoio vaginale ospita usualmente sia la Candida albicans che la torulopsis, in assenza di segni clinici nel 15% delle donne. La percentuale di donne colonizzate sale al 25% in gravidanza e in corso di terapia contraccettiva, sia orale che con dispositivi intrauterini. Il serbatoio cutaneo si localizza pressoché esclusivamente in prossimità degli orifizi naturali e delle dita. Nelle pieghe cutanee la candida può colonizzare solo in alcuni individui, in certi climi e a seconda dell'età (infanzia, senilità). I quadri clinici principali sono localizzati al cavo orale (Glossite e Stomatite), ai genitali (Balanoposite e Vulvovaginite), alle pieghe (Intertrigine) e alle strutture ungueali (Perionissi).

1. Glossite e Stomatite. L'interessamento del cavo orale, può limitarsi alla sola lingua (ma più spesso si esprime globalmente a tutta la mucosa e coinvolge anche le commissure labiali. La lingua presenta allungamento delle papille e appare ricoperta da un induito biancastro facilmente rimovibile. Piccole chiazze bianche poco adese possono essere presenti "a spruzzatura di calce" in vari punti della mucosa orale, accompagnandosi alla sensazione di bocca urente e di ruvidità della lingua. Questo quadro clinico, oltre alle generiche condizioni predisponenti generali già citate, è spesso correlato ed è indice importante nell'infezione da virus HIV.

2. Balanopostite e Vulvovaginite 2. Balanopostite e Vulvovaginite. Più frequente è la localizzazione ai genitali femminili, con decorso caratterizzato da riaccensioni ricorrenti di eritema della mucosa vaginale con lesioni biancastre a "spruzzo" e interessamento anche dei genitali esterni, arrossati ed edematosi. La presenza di abbondanti secrezioni biancastre (leucorrea) e di prurito è però l'espressione clinica più comune e fastidiosa. Le terapie antibiotiche protratte o contraccettive orali, la gravidanza e lo stress sono le situazioni più frequentemente correlate con questi quadri clinici. La Balanopostite è sicuramente meno frequente e può decorrere con segni infiammatori limitati e si contrae con rapporti con partner sofferenti di candidiasi vaginale. Espressioni cliniche più importanti e fugaci in corso di infezioni correlate e persistenti si correlano perlopiù al Diabete mellito mal compensato.

Intertrigine. Coinvolge soprattutto le pieghe chiuse dagli indumenti, specialmente se sfavorenti la traspirazione, ma anche gli spazi interdigitali della mano in persone che di frequente hanno queste zone più umide o tendenti alla macerazione (guanti di gomma, iperidrosi). Il quadro clinico si esprime con arrossamento, macerazione, fissurazione e prurito. Perionissi. La piega periungueale è sede usuale della Candida che in caso di umidità persistente (guanti di gomma, attività manuali "umide") si virulenta e determina arrossamento, tumefazione, dolore e successiva distrofia dell'unghia, alterata nella sua colorazione.

PITYROSPOROSI. Sono dei quadri clinici causati da un lievito lipofilo, il Pityrosporum, componente della normale flora cutanea, sia umana che animale. La sua presenza può essere stimata nell'ordine del 90% della popolazione normale, con localizzazioni nelle aree seborroiche e in particolare al capo, nuca, collo, spalle, tronco. E' più frequente nella razza bianca, nei maschi specie fra i 20 e i 30 anni. La sua possibilità di trasformarsi in patogeno e legata all'influsso di fattori locali o generali, esogeni (clima caldo umido, cosmetici particolarmente grassi) o endogeni (ereditarietà, razza, seborrea, iperidrosi, gravidanza). La principale malattia dermatologica di questo gruppo è sicuramente la Pityriasis versicolor. Questa malattia ha decorso cronico, con periodica comparsa di recidive. E' ' caratterizzata da chiazze discromiche (ipocromiche o ipercromiche) finemente desquamanti, asintomatiche, localizzate perlopiù al tronco nelle aree più ricche di ghiandole sebacee e sudoripare. Il tipo di lesione e la sede sono legate all'interferenza con la sintesi della melanina (dopatirosinasi) e all'azione filtrante gli ultravioletti da parte delle colonie fungine, nonché al bisogno del Pityrosporum di acidi grassi per la sua crescita (specie saturi e insaturi con catene c12-c24). Questa malattia, contrariamente a quanto ritenuto in passato, non viene contratta e non viene trasmessa ma è legata a motivazioni "proprie", alla pelle del paziente e perciò ha i presupposti per ricorrere in maniera sistematica negli anni.

DERMATOFITI Sono funghi che avendo come substrato alimentare la cheratina, sono dotati di potenzialità patogena per l'uomo e sono responsabili di quel quadro clinico definito Dermatofitosi o Tinea. Tre sono le specie principali che causano tali malattie e cioè Microsporum, Trichophyton ed Epidermophyton. In relazione al loro habitat usuale vengono distinti in Antropofili (prevalentemente localizzati sulla cute umana), zoofili (prevalentemente negli animali) o Geofili (isolati usualmente dal terreno). I Dermatofiti invadono solo il materiale cheratizzato (strato corneo dell'epidermide, peli e unghie) e sono cheratinolitici (dovendo nutrirsi di cheratina sono dotati di attività enzimatiche mirate al suo sfaldamento), non colonizzano le strutture profonde e approfittano di situazioni locali che alterano l'integrità delle barriere cutanee naturali. I quadri clinici principali di ordine di frequenza sono: la Tinea pedis, la Tinea corporis, la Tinea unguium, la Tinea cruris, la Tinea capitis, la Tinea Manum.

La Tinea pedis è correlata soprattutto a ceppi antropofili (specialmente Trichophyton rubrurn) e perciò ad un contagio interumano. E' nota anche come "piede d'atleta" perché viene contratta camminando a piedi scalzi ove la stessa cosa possono averla fatta altri e perciò di frequente, ma non esclusivamente, in piscine o spogliatoi specie di impianti sportivi. L'uso di calzature di gomma e l'iperidrosi costituiscono poi un elemento favorente l'attecchimento che spesso influenza le periodiche fasi di riaccensione e miglioramento. L'aspetto più comune è caratterizzato dalla presenza di ragadi con macerazione e desquamazione, specie all'ultimo spazio interdigitale (quello meno "ventilato"), con prurito intenso nelle fasi di maggiore umidità del piede. La lieve e temporanea presenza di segni clinici spesso porta il paziente a minimizzare questa patologia, rinviando la sua definizione finché non compaiano localizzazioni ulteriori più vistose o fastidiose (unghie, inguine ecc.). Il primo gradino di questa estensione è il coinvolgimento della pianta del piede, con la periodica comparsa di eruzioni vescicolose e bollose ad evoluzione desquamativa.

Tinea corporis Può essere dovuta a specie antropofile, ma è correlata soprattutto all'infezione da Microsporum canis; è l'agente eziologico delle dermatofitosi nei gatti e nei cani. Questa patologia è perciò in relazione ai contatti con gatti ammalati, specie se randagi, ma anche domestici. Colpisce soprattutto i bambini, insorge con tendenza quasi epidemica specie nel periodo estivo ed è caratterizzata da una elevata contagiosità. La lesione tipica è un anello eritemato-desquamativo asintomatico, a partenza da i una papula analoga ad una puntura d'insetto, a lenta estensione centrifuga e tendenza alla risoluzione centrale. Tinea unghium Si associa pressoché sistematicamente alla Tinea pedis, della quale rappresenta negli anni una frequente conseguenza. Condizione predisponente importante sono le alterazioni distrofiche preesistenti di tipo microtraumatico della lamina ungueale e forse perciò la localizzazione più comune è l'alluce. Questi quadri clinici, del tutto asintomatici, sono caratterizzati dal lento presentarsi a partire specialmente dal bordo libero di alterazioni cromatiche giallo-brunastre o più raramente bianche, ispessimento o distacco della lamina ungueale e talvolta disgregazione completa dell'unghia da parte degli enzimi prodotti dai funghi, che attaccano la cheratina per nutrirsene.

Tinea cruris Anche la localizzazione alle pieghe inguinali è pressoché inevitabilmente correlata all'autoinoculazione a partire da una Tinea pedis, misconosciuta o trascurata, sempre da ricercare al momento dell'esame clinico per evitare la possibilità di recidive. E' un quadro altamente pruriginoso, caratterizzato dalla comparsa di lesioni eritemato-desquamative, a lenta estensione centrifuga, a limiti netti e bordi serpiginosi, a partenza dalle pieghe inguinali e che si propaga per lo più verso la radice degli arti inferiori. Tinea capitis E' correlata a specie zoofile, l'agente eziologico più comune è il Microsporum canis; sono valide perciò tutte le conseguenti considerazioni relative all'epidemiologia e alla sua modalità di diffusione già segnalate in precedenza. Il quadro clinico si caratterizza con la caduta dei capelli parassitati e con la comparsa di chiazze alopeciche rotondeggianti, a lenta estensione centrifuga, ricoperte da desquamazione lamellare, talvolta infiammate. La costante caduta di capelli parassitati rende i pazienti affetti dalla malattia altamente contagiosi; ne conseguono perciò spesso piccole epidemie nell'ambito delle comunità frequentate dai pazienti

MECCANISMO PATOGENETICO DELLE INFEZIONI MICOTICHE Ci sono tre modi principali in cui i funghi causano una malattia, sebbene spesso questi meccanismi non siano completamente indipendenti l'uno dall'altro. lnalazione di miceti. Generalmente si tratta di condizioni che costituiscono la causa del 4- 15 % delle malattie respiratorie allergiche, come per es. l'asma. Effetto tossico. Da secoli si conoscono gli effetti provocati nell'organismo umano da sostanze secrete dai miceti. Gli alcaloidi della segala cornuta o della amanita muscaria erano noti anche ai romani. Tossine più attive farmacologicamente, come le aflatossine, l'ocratossina e la tricotecenes, sono state scoperte più recentemente e possono essere causa di diverse malattie umane, per esempio l'epatite necrotizzante. Penetrazione nella pelle. Sono le classiche micosi. Il processo di invasione della pelle dipende da un numero di fattori:

Sopravvivenza delle spore infettive nell'ambiente prima della trasmissione. Molti dermatofiti sopravvivono per oltre due anni in scaglie di pelle infetta. Adesione delle cellule micotiche alle scaglie di pelle tramite un legame fisico-chimico tra la parete delle cellule micotiche e i cheratinociti o le cellule delle mucose PH della superficie cutanea

PARASSITOSI CUTANEE Numerose dermatiti possono essere causate dai parassiti. Il tratto caratteristico è generalmente rappresentato dal prurito e dalla manifestazione rossa puntiforme che, improvvisamente, insorge su una cute normale. È sovente difficile porre una diagnosi precisa del parassita chiamato in causa, poiché ciò che noi vediamo sulla cute e quello che risente il paziente non sono spesso nient'altro che le conseguenze del veleno inoculato o dei frammenti di parassita che muore a livello intra-cutaneo. Talvolta, per contro, la messa in evidenza del parassita è possibile sia ad occhio nudo (in caso di pidocchi, per esempio) sia a livello microscopico (in caso di sarcoptes scabiei, l'agente patogeno della scabbia). Di seguito tratteremo le parassitosi che, comunemente, si riscontrano alle nostre latitudini. Pediculosi Scabbia

pediculosis capitis (pediculosi del capo); La pediculosi Generalmente si distinguono tre entità clinico-eziologiche nell'ambito della pediculosi, a noi nota come affezione da pidocchi: pediculosis capitis (pediculosi del capo); pediculosis corporis (pediculosi del corpo); pediculosis pubis (pediculosi del pube).

1. Pediculosis capitis La sua diffusione non conosce frontiere, anche se una maggiore incidenza è a noi nota nei paesi in periodi bellici, di carestie o di miseria. L'infestazione da parte del pediculus humanus capitis è più frequente nell'età scolare e colpisce soprattutto i bambini con capelli lunghi e sottili. Il contagio, oltre che diretto, può essere mediato da spazzole, pettini, capelli ecc. Si pone la diagnosi grazie all'accurata osservazione dei capelli, soprattutto per il prurito localizzato nelle sedi occipitali del capo. Per la terapia si prescrivono prodotti a disposizione nelle farmacie, ad uso locale. Non è necessaria una rasatura totale dei capelli, quantunque il trattamento si attui meglio in soggetti con capelli corti. Si cerca di evitare l'uso di polverizzazione che potrebbero causare un peggioramento dell'asma a chi ne soffre. I derivati del malatione o dei piretri (permetrina) vanno preferiti al lindano, prodotto quest'ultimo efficace ma che rappresenta una controindicazione per una donna incinta e che deve essere utilizzato con particolare prudenza in caso di bambini di età inferiore ai due anni. Da ultimo è necessario indagare l'ambiente familiare e scolastico al fine di prendere le dovute misure epidemiologiche indispensabili.

2. Pediculosis corporis La pediculosis corporis è oggigiorno rara e colpisce soggetti incuranti della pulizia (nomadi, girovaghi, soggetti affetti da deficienze immunologiche, ecc.). 3. Pediculosis pubis La diffusione della pediculosis del pube è pure correlata all'igiene individuale, alla promiscuità e alla prostituzione.

La scabbia La scabbia umana è una dermatite parassitaria contagiosa causata dal sarcoptes scabiei hominis, assai pruriginosa a diffusione, talvolta, epidemica sia pur non necessariamente legata, come avveniva in passato, a fattori igienico-ambientali. La malattia è diffusa in tutto il mondo ed il contagio e determinato dalle femmine fecondate dell'acaro. Il contatto può essere diretto, talora per via di contatti sessuali oppure mediato dalle lenzuola, indumenti, sacco a pelo, ecc.. L'incubazione è variabile da alcuni giorni a più settimane. L'acaro, una volta allontanato dalla pelle, soccombe in pochi giorni. La diagnosi è confermata dalla valutazione clinica che mette in evidenza delle lesioni cutanee caratterizzate da un cunicolo sottoepidermico dove risiede la femmina fecondata di sarcoptes. Trattasi di un piccolo canale sottocutaneo tortuoso della lunghezza variabile da alcuni millimetri a mezzo centimetro il più delle volte presente negli spazi interdigitali delle mani. Le lesioni pruriginose, che si manifestano con intenso prurito tipicamente al momento di coricarsi, è riscontrabile nelle regioni anatomiche degli spazi interdigitali delle mani, dei polsi, delle ascelle, delle areolari, della regione dei glutei. A livello degli organi genitali, se il processo dell'affezione dura da alcune settimane, si manifesteranno delle lesioni nodulari rosse estremamente pruriginose a livello del prepuzio, dell'asta e dello scroto: sono zone anatomiche molto significative per un decorso cronico della scabbia. Il medico cercherà di mettere in evidenza microscopicamente l'agente causale prelevando dell'epidermide a livello interdigitale, ma non sempre questa tecnica è sufficiente per accertare la presenza del parassita ed è per questo che la scabbia, anche solo sospettata, va comunque curata. La terapia prevede applicazioni di benzoato di benzile o permetrina. La terapia coinvolgerà anche il partner o i componenti della famiglia. La cura sarà completata dal cambio di tutta la biancheria e delle lenzuola dopo aver terminato la stessa. In soggetti con cute secca la terapia antiparassitaria crea un'irritazione: il paziente risentirà ancora del prurito non più dovuto alla scabbia, ma ad un'esacerbazione della dermatite eczematoide. Tutte le manifestazioni devono scomparire entro una settimana.

TUMORI CUTANEI NEVI O NEI: I nevi nevociti sono neoformazioni benigne, sparse sulla cute prevalentemente al capo, tronco e arti superiori, costituiti da melanociti. I nevi comuni compaiono per lo più dopo la nascita e crescono di numero e di dimensioni fin verso i 20 anni di età, raggiungendo il diametro di pochi millimetri, poi sono piuttosto stabili per alcuni decenni, per tendere a scomparire nell'età avanzata per maturazione e diminuzione delle cellule che li compongono. In un neonato su cento è anche possibile osservare un nevo congenito che di solito ha dimensioni leggermente superiori a quelle dei nevi acquisiti. I nevi congeniti, coinvolgendo il derma profondo e gli annessi, sono spesso pelosi e moriformi, di dimensioni piccole, medie o grandi fino al nevo gigante, che interessa ampie aree del corpo, con diametri superiori a 50 cm nell'adulto. Mentre per i piccoli nevi congeniti il rischio di trasformazione in melanoma, non è noto, ma probabilmente molto basso, l'incidenza di MM nei nevi melanocitici giganti è piuttosto elevata, tra il 5% e il 10% dei casi e spesso con insorgenza prima della pubertà. Fortunatamente, i nevi giganti si osservano solo una volta ogni 500.000 neonati.

In rapporto alla localizzazione dei melanociti che li compongono, i nevi si distinguono in dermici, giunzionali oppure misti, quando hanno sedi sia nel derma che alla giunzione dermo-epidermica. Clinicamente, i nevi melanocitari di colore dal marrone chiaro, al bruno, al rossastro, si distinguono in: nevi piani o lentigginosi, nevi cupoliformi del volto o di Miescher, nevi polipoidi, sessili o peduncolati del tronco, detti anche nevi di Unna, nevi di Spitz che insorgono tipicamente nell'infanzia prevalentemente al volto, nevi di Reed più frequenti agli arti inferiori delle adolescenti e giovani adulte, nevi blu, più frequenti al volto e agli arti e caratterizzati da un colore blu verdastro Particolare attenzione è oggi riservata ai nevi displastici di Clark che sono nevi piani o appena rilevati, spesso numerosi, di colorito non uniforme e di forma varia, spesso irregolare. La presenza di tali nevi può essere sporadica o familiare, componendo la sindrome del nevo displastico famigliare. I nevi displastici rappresentano un consistente fattore di rischio per il MM, sporadico o famigliare, e pertanto devono essere asportati, sia per prevenzione sia perché spesso si propone una loro diagnosi differenziale con il MM, oppure attentamente monitorati nel tempo.

EPITELIOMI Gli epiteliomi sono tumori della pelle, istologicamente (per caratteristica delle cellule che li compongono) classificati come tumori maligni (a rigore si tratta di carcinomi), in realtà clinicamente assolutamente benigni. Perché questa differenza tra "istologia" e "clinica" ? La risposta sta nel fatto che questi tumori, pur in tutto e per tutto dei carcinomi esattamente come quelli mortali che colpiscono organi interni, non sono in grado di produrre metastasi, e quindi la loro malignità si esplica solo localmente, con un'erosione progressiva della pelle. In realtà la capacità di metastatizzazione non è completamente nulla, ma molto rara nel caso degli epiteliomi spinocellulari, e addirittura eccezionale nel caso di quelli basocellulari. Questa "benignità" clinica però non deve far si che si possa sottovalutare l'importanza di queste lesioni della pelle, in quanto la capacità di distruggere la cute intorno alla lesione è a volte molto intensa e veloce. Soprattutto sul viso, dove tra l'altro la frequenza dell'epitelioma è molto elevata, la diagnosi e l'asportazione devono essere precoci, per scongiurare esiti estetici invalidanti. Spesso l'epitelioma è preceduto dalla presenza di altre lesioni, da considerarsi preneoplastiche, che prendono il nome di cheratosi attiniche: di per se non richiedono asportazione chirurgica, ma il trattamento mediante crioterapia o topici con azione demolitiva possono prevenirne la trasformazione in epiteliomi.

Esistono due tipi istologici di epiteliomi, quelli basocellulari e quelli spinocellulari. I secondi sono più aggressivi dei primi, e quindi molto più velocemente si espandono e a volte, seppur raramente, possono riprodursi nel linfonodi vicini alla lesione. Morfologicamente invece gli epiteliomi si distinguono in nodulari, piani (cicatriziali), sclerodermiformi e pigmentati, e tutti questi possono essere ulcerati o non ulcerati. L'ulcerazione, e il sanguinamento che si presenta in alcuni casi, è un segno di avanzamento della lesione, e si vede soprattutto nelle lesioni trascurate per troppo tempo. L'incidenza degli epiteliomi è molto più elevata nella popolazione anziana, e tra questi in coloro che, per motivi professionali (muratori, pescatori, agricoltori), sono stati esposti per una vita intera ai raggi del sole in qualunque stagione. E' più alta poi in quelle persone con caratteristiche della pelle più a rischio per fototipo, cioè con capelli e occhi più chiari. Tuttavia l'insorgenza nel giovane non è rarissima, e sembra essere in aumento di pari passo con la moda della tintarella ormai dilagante da anni. Gli epiteliomi spinocellulari (spinaliomi), più rari, hanno caratteristiche più aggressive, e, seppur raramente, si può osservare metastatizzazione a carico dei linfonodi, per esempio del collo in caso di epiteliomi spinocellulari del volto. La maggior velocità della progressione rispetto ai basaliomi fa si che il tumore giunga al dermatologo in fase già avanzata e spesso ulcerata. Un tipo particolare di epitelioma spinocellulare, localizzato al labbro, è il cosiddetto "Cancro del fumatore", che non è quello polmonare (comunque di gran lunga più comune e mortale) ma quello del labbro che insorge tipicamente nel fumatore di sigaro e/ o di pipa.

Oltre alla fondamentale importanza della diagnosi precoce, nella quale la videodermatoscopia in epiluminescenza riveste un ruolo di grande importanza, come nel caso del melanoma, la principale terapia nei confronti di queste lesioni tumorali rimane l'asportazione chirurgica, che necessita spesso di trattamenti di tipo plastico (tagli e suture complesse e disegnate a tavolino) nel caso di lesioni di dimensioni maggiori localizzate in zone delicate come il volto o il cuoio capelluto. L'escissione chirurgica deve essere ampia, e i margini del taglio non devono cadere a meno di 3-5 millimetri dal margine visibile della lesione stessa; sarà poi l'esame istologico, indispensabile, a confermare la completa asportazione della lesione ovvero la permanenza di qualche cellula neoplastica nella cute del paziente. In questo secondo caso si deve prevedere comunque una recidiva locale, rarissima invece nel caso di lesione completamente rimossa, recidiva che potrà però, in seconda istanza, essere in alcuni casi affrontata con tecniche demolitive, meno traumatizzanti per la cute del paziente.

MELANOMI Il melanoma è un tumore cutaneo maligno caratterizzato da una elevatissima propensione alla metastasi, ovvero alla diffusione delle cellule maligne a tutti i tessuti dell'organismo. Esso origina dalle cellule che producono il pigmento e da cui il tumore prende il nome, i melanociti appunto. L'incidenza di questo tipo di tumore è leggermente più alta nella donna rispetto all'uomo, tuttavia la donna mostra una prognosi migliore rispetto all'uomo in termini di sopravvivenza. Nella donna di età compresa tra i 25-29 anni rappresenta addirittura il primo tumore per frequenza mentre è al secondo posto, dopo quello mammario, nelle donne tra i 30 e 34 anni di età. Vi sono differenze tra i due sessi anche per ciò che riguarda le sedi di insorgenza del tumore: nella donna infatti sono più spesso coinvolti le gambe ed il volto, mentre il tronco e la sede più colpita negli uomini. Il melanoma è un tumore che normalmente colpisce il soggetto adulto. Solo lo 0,4% dei melanomi insorge entro la pubertà mentre nel 2% dei casi si manifesta entro i 30 anni.

I fattori di rischio sono: Neo che si modifica Sindrome del nevo displastico Elevato numero di nevi melanocitici comuni (>100) Nevo congenito gigante Familiarità Xeroderma pigmentoso Diagnosi precedente di melanoma (rischio aumentato di 500-1000 volte) Eccessiva esposizione solare acuta ed ustione solare in età infantile Fototipo chiaro Sesso maschile in età superiore a 50 anni Precedenti tumori cutanei non-melanoma

I fattori di rischio riconosciuti per l'insorgenza del melanoma maligno sono molteplici (familiarità per melanoma, fototipo cutaneo chiaro, presenza di un nevo congenito gigante, precedente diagnosi di melanoma, uno stato di immunodeficienza ecc..). I due fattori meglio stabiliti per la popolazione generale risultano essere l'eccessiva esposizione solare e le ustioni cutanee (anche se ciò non giustifica ovviamente la comparsa del melanoma a livello delle mucose, evento non raro). In particolare le ustioni cutanee che si verificano durante l'infanzia risultano essere estremamente pericolose per l'insorgenza del melanoma maligno nella successiva età adulta. Per ciò che riguarda invece la Fotoesposizione solare è ovvio che, durante il periodo estivo, le fasce orarie per l'esposizione solare da sempre raccomandate alle mamme per i loro piccoli dovrebbero essere rigorosamente rispettate: mai esporre i bambini al sole nell'intervallo di tempo che corre tra le 11.00 a.m. e le 16.00 p.m. e, nei periodi di tempo consentiti, utilizzare sempre creme con fattore di protezione solare massimo o comunque altissimo, eventualmente indossare una maglietta in cotone, occhiali e cappellino nei giorni particolarmente assolati. Tali regole non solo dovrebbero essere seguite pedissequamente per il soggetto in età pediatrica ma dovrebbero essere fortemente raccomandate anche nel soggetto adulto. Un'esposizione di questo tipo, cioè controllata, consente comunque ai raggi solari di raggiungere la superficie cutanea ed agire positivamente sul metabolismo osseo, favorendo la crescita del bambino e aiutando in parte la donna giovane-adulta a prevenire un'eventuale osteoporosi in età matura.

Il melanoma tende quindi ad insorgere più spesso su una cute che ha subito un fotodanneggiamento acuto, una ustione, su una cute chiara, ma anche sulla cute del soggetto con predisposizione genetica a manifestare una lesione di questo tipo, oppure nel soggetto portatore di numerosi nei. La regola dell'ABCDE Nel 60% dei pazienti i melanomi si sviluppano su una cute clinicamente normale. Poiché la maggior parte dei soggetti non sviluppa nuovi nei melanocitari durante l'età adulta, qualora una tale eventualità si presentasse, il paziente dovrebbe subito rivolgersi al medico dermatologo per la valutazione clinica ed eventualmente strumentale (tramite osservazione in epiluminescenza ad esempio) del nuovo neo insorto. La restante percentuale dei melanomi origina da nei preesistenti. I nei che fungono da precursori possono essere sia piccoli nei congeniti, nei displastici oppure piccoli nei comuni. In questi casi è importante che il paziente si accorga delle modificazioni cliniche che accompagnano sempre la trasformazione in senso neoplastico a cui il neo è andato incontro. Tali modificazioni sono state da tempo codificate dalla ormai ben nota regola dell'ABCDE.

Tale regola include A. La comparsa di Asimmetria nell'ambito della lesione nevica. B. Bordi irregolari. C. La modificazione del Colore del neo. D. Aumento improvviso delle Dimensioni E. Evolutività: la lesione non appare statica ma continuamente in seno ad essa si presentano eritema, essudazione, sanguinamento con successiva formazione di crosticine, cambiamenti sulla superficie del neo, avvertibili al tatto.

GRANULOMI E CHELOIDI Granuloma L'organismo umano reagisce agli agenti lesivi con una particolare reazione che è l'infiammazione. Questa può essere acuta, quindi di breve durata (una scottatura banale, un foruncolo, ad esempio) ed è caratterizzata dalla congestione dei vasi e dall'essudazione di liquidi più o meno ricchi di proteine, che fuoriescono dai vasi stessi. A questo processo partecipano anche cellule come i granulociti, i macrofagi ed i linfociti. L'elemento principale che caratterizza questo tipo di infiammazione è l'essudazione. Nel processo infiammatorio che dura per lungo tempo l'infiammazione è cronica. In questo caso l'elemento fondamentale non è più l'essudazione, ma una reazione di tipo produttivo messo in atto da vari tipi cellulari. A questo particolare tipo di reazione partecipano infatti fibroblasti, macrofagi, linfociti e plasmacellule. Alcuni agenti patogeni, i corpi estranei, alcuni funghi, il micobatterio della tubercolosi, tanto per citarne alcuni, scatenano tipi particolarissimi di infiammazione cronica che determina la formazione di granulomi. Questi non sono altro che microscopiche masserelle strutturate in maniera ordinata e caratteristica a seconda dell'agente patogeno che ne ha scatenato la formazione. Di solito l'agente patogeno è al centro di questa struttura (un microscopico corpo estraneo, come potrebbe essere una minuscola scheggia di legno), intorno a questo troveremo cellule macrofagiche modificate (che avrebbero il compito di distruggere l'agente patogeno senza riuscirci), una zona di infiltrato linfoplasmacellulare (espressione di reazione del sistema immunitario). Nella parte più esterna del granuloma saranno presenti fibroblasti che producendo tessuto connettivale tendono a delimitare la zona di lesione e a separarla dal tessuto sano. Questo naturalmente è uno schema sommario della struttura granulomatosa. Nella realtà l'ordine potrà non essere cosi perfetto e l'aspetto morfologico sarà diverso a seconda delle modificazioni subite dalla cellule macrofagiche o dalla prevalenza di un tipo cellulare rispetto ad un altro.

Cheloide Non si tratta di una neoplasia, ma di una neoformazione iperplastica di tessuto connettivo, circoscritta, di forma irregolare, consistenza fibrosa dura, colore roseo più o meno intenso. La cicatrice ipertrofica segue traumi o interventi chirurgici, è asintomatica e può regredire, potendo però persistere tutta la vita. Tutte le età possono essere colpite con predilezioni per quelle giovani nella etnia di colore nero, in cui possono apparire cheloidi spontanei anche invalidanti. L'eziologia e sconosciuta. Spesso esiste una familiarità. Il fattore scatenante è spesso una lesione traumatica: intervento chirurgico, ustione, vaccinazione, escoriazione, peeling, sequele di lesioni acneiche, punture, morsi di insetto, follicoliti, cui consegue una esagerata risposta tissutale da parte dei fibroblasti in soggetti geneticamente predisposti. Le dimensioni dei cheloidi variano da un pisello fino a un'arancia con aspetto più o meno mammellonato e frequenti propaggini dendritiformi. Altre volte le lesioni sono rilevate, ma lineari ( esito di ferita chirurgica ). L'epidermide sovrastante è liscia, lucida e sottile. Il colore all'inizio è rosso e la consistenza è elastica; in seguito la lesione diventa roseo grigiastra e assume una consistenza compatta francamente dura. Sedi tipiche sono le regioni sternali, il dorso, il collo, le orecchie e il viso.

È importante distinguere la cicatrice ipertrofica rispetto al cheloide È importante distinguere la cicatrice ipertrofica rispetto al cheloide. La distinzione più netta si basa sulla presenza di aspetto a chele periferiche che non si riscontra in una cicatrice ipertrofica. Questa inoltre non si esterna oltre i limiti del trauma causale e va incontro a regressione o miglioramento spontaneo nei 6- 12 mesi che seguono il trauma. lstologicamente nel cheloide si hanno ialinizzazione e intreccio disordinato di fasci collageni ( non presente nella cicatrice ipertrofica ), grandi quantità di mucopolissaccaridi acidi ( presenti in piccola parte o assenti nella cicatrice ipertrofica ), pochi fibroblasti ( molti nella cicatrice ipertrofica ). La terapia importante è la prevenzione nei soggetti predisposti. Ogni terapia è deludente in quanto il cheloide tende a recidivare costantemente. Miglioramenti si ottengono con l'iniezione intralesionale di triamcinolone acetonide ogni tre settimane cercando di evitare la comparsa di atrofie. Può giovare l'associazione con la crioterapia. Molto utile soprattutto nelle cicatrici ipertrofiche dei bambini e nei cheloidi post ustione e l'elastocompressione continua.

CHIMICA DELLE SOSTANZE IMPIEGATE NEI TATUAGGI Da un’analisi chimica su una serie di campioni di inchiostro per tatuaggi, è emerso che ogni marca di inchiostro ha ingredienti completamente differenti. In generale possiamo affermare che gli inchiostri usati per i tatuaggi hanno diversi componenti chimici a secondo della colorazione: il colore nero è a base di carbone, il colore rosso è costituito dal solfuro di mercurio e dal solfuro di cadmio, il colore giallo contiene solfuro di cadmio, il verde può contenere bicromato di potassio, i pigmenti blu possono contenere cobalto, oppure come più recentemente si è visto, le colorazioni possono essere costituite da una commistione di pigmenti organici ed inorganici non sempre nota e comunque di difficile interpretazione, per la moltitudine dei componenti presenti nelle moderne formulazioni, tanto è vero che da recenti analisi è emerso, che alcuni inchiostri hanno alti livelli di piombo e litio, e gli inchiostri blu contengono una tale quantità di rame da mandare in tilt i macchinari del laboratorio di analisi.

Il tipo professionale è caratterizzato da uniformità e densità del pigmento, dalla presenza anche di più colori, dalla profondità regolare. Quello amatoriale è praticato con tecniche approssimative e da operatori per lo più inesperti oppure è autotatuaggio. È allo studio un tipo di inchiostro che evita qualsiasi reazione allergica nei pazienti trattati, lavorando con pigmenti bio-compatibili ed eliminando sostanze chimiche e quant'altro sia presente nei colori attuali. A questo punto è stato necessario studiare il modo per far sì che tali pigmenti non venissero riassorbiti dal corpo, vanificando l'effetto del tatuaggio. Il professor Mathiowitz, della Brown University, ha creato delle piccolissime microcapsule, nelle quali sono contenuti i pigmenti del colore desiderato, che non lasciano che il colore svanisca sulla pelle. Tali microcapsule vengono realizzate in polimetilmetacrilato (PIVIMA), che si è rivelato non tossico e abbastanza trasparente da garantire un effetto-colore di un certo impatto. L'ultimo ostacolo da superare era così rappresentato dalla messa a punto di un meccanismo che consentisse la rimozione in una sola seduta del tatuaggio. Il tipo cosmetico ha avuto un grande successo per la rifinitura del contorno del labbro, per il trucco definitivo delle palpebre e delle sopracciglia ma anche nella pratica clinica, per ricostruire il contorno dell'areola mammaria, dopo mastectomia, o per identificare con precisione i punti da irradiare in corso di radioterapia. Il tatuaggio traumatico è di colore nero o bluastro a causa delle particelle di carbone o di asfalto inglobate nella cute.

ALLERGIE AI COSTITUENTI DEI TATUAGGI ED AI METALLI LE REAZIONI ALLERGICHE sono legate essenzialmente al materiale usato per tatuare ma anche alla predisposizione del soggetto, che però non sempre può essere al corrente di una sua personale sensibilizzazione a determinati componenti. Naturalmente il materiale usato è diverso a seconda che si tratti di tatuaggi temporanei o di tatuaggi definitivi. Paradossalmente sembra accertato dal dipartimento di dermatologia dell’Università di Tel Aviv che le reazioni allergiche più comuni derivino negli ultimi anni dall'uso di praticarsi tatuaggi temporanei o semipermanenti. Infatti l'uso di una sostanza derivata dalla triturazione delle foglie di un arbusto (Lausonia inermis), chiamata Henné, che in passato non dava reazioni, negli ultimi tempi ha dimostrato un certo potere irritante e la possibilità di creare reazioni allergiche. Si è scoperto che la causa di questi problemi non è l'hennè, ma la parafenilendiamina, una sostanza chimica che spesso viene diluita nel colorante di origine vegetale perché riduce i tempi di fissaggio del tatuaggio, lo fa durare di più e rende i colori più brillanti, per cui da un banale tatuaggio può nascere un problema serio che può durare tutta la vita.

Nella pratica dei tatuaggi, la complicanza più frequente e costituita dalla sensibilizzazione ai pigmenti contenuti nel tatuaggio, che si manifesta sotto forma di lesioni eritematose o eritematovescicolose che configurano una dermatite allergica o fotoallergica. Tali lesioni si possono manifestare a distanza di poche settimane o di anni dalla inoculazione del pigmento. L'allergene maggiormente responsabile di queste reazioni è il solfuro di mercurio, il maggiore costituente dei pigmenti di colore rosso. Nonostante sia stato sostituito con pigmenti alternativi, si continuano ad osservare reazioni allergiche al colore rosso, anche nel caso di pigmenti di origine vegetale, caratterizzate tra l'altro dalla negatività dei test epicutanei. l pigmenti di colore giallo (a base di solfuro di cadmio) sono responsabili di reazioni fotoindotte. Tuttavia anche i pigmenti di colore rosso possono dare questo tipo di reazione, in quanto possono contenere cadmio per effetto schiarente. Meno frequente l'allergia ai colori verde, blu ed il nero. Il verde é associato a reazioni eczematose locali in quanto può contenere tracce di cromo; tali reazioni avvengono preferibilmente in soggetti già sensibilizzati al bicromato di potassio.

I pigmenti blu possono invece contenere cobalto I pigmenti blu possono invece contenere cobalto. Molto rare le reazioni allergiche al nero. In letteratura sono riportati casi di pazienti allergici alle particelle di carbone. In letteratura sono descritte anche reazioni granulomatose provocate dal tatuaggio sia con aggregati di cellule giganti che di cellule epitelioidi. Tali reazioni sono in genere dovute al pigmento di colore rosso (mercurio) tuttavia sono riportate anche reazioni al cromo (verde) e al cobalto (blu). Generalmente tutte queste reazioni sono associate a negatività dei test epicutanei. Più rare e quasi esclusivamente legate al colore rosso sono le reazioni di tipo lichenoide, caratterizzate dalla comparsa di placche verrucose (tipiche del lichen ipercheratosico) nella sede di iniezione del pigmento. Infine tra le reazioni da tatuaggio non vanno dimenticate quelle pseudolinfomatose, consistenti in noduli duri di colore rosso violaceo o placche simili ai linfomi cutanei di tipo B; esse si localizzano in genere nelle porzioni rosse del tatuaggio. Un altro aspetto particolare è costituito dalla possibilità che determinate dermatosi (psoriasi, lichen, ecc.) si localizzano nella sede del tatuaggio, senza alcuna predisposizione di colore. Non è chiaro se ciò sia dovuto ad un fenomeno di koebner o ad un locus minoris resistentiae che predispone allo sviluppo della malattia.

Leslie Wagner, cercando di scoprire per quale motivo il suo tatuaggio stava sbiadendo, ha iniziato ad indagare sulla composizione dell'inchiostro impiegato per realizzarlo, facendo delle inquietanti scoperte. In effetti la studentessa ha, grazie alle sue indagini, evidenziato che in realtà non si conoscono precisamente le sostanze presenti negli inchiostri impiegati per i tatuaggi e che non sono nemmeno note le differenze di ingredienti tra le varie marche di tali prodotti. La studentessa ha sottoposto a differenti analisi chimiche numerosi colori e marche di inchiostro per tatuaggi in modo da cercare di scoprire la loro composizione. I risultati hanno evidenziato che ogni colore e marca di inchiostro ha ingredienti completamente diversi. Inoltre le analisi hanno mostrato che alcuni inchiostri possiedono al loro interno elevati livelli di piombo e litio e che, in particolare, gli inchiostri di colore blu contengono un quantità di rame così elevata da mandare in tilt i macchinari del laboratorio di analisi.

Tutto ciò ha suscitato, naturalmente, elevate preoccupazioni, soprattutto perché sono ben noti i pericoli che tali metalli possono provocare all’essere umano. In effetti già in passato numerosi studi hanno sottolineato la capacità di questi composti di indurre seri problemi alla salute. In particolare: Piombo: può provocare problemi comportamentali, anemia, problemi renali, danni neurologici come attacchi epilettici e in rari casi coma e morte. Litio: può indurre disturbi renali (sete eccessiva, urinazione abbondante), diabete insipido; disturbi neurologici (alterazione della memoria e dell’attenzione, tremori alle mani, debolezza muscolare), disturbi cardiaci (aritmia), problemi cutanei (eruzione, alterazione del pigmento, psoriasi), disturbi gastroenterici (nausea, diarrea, coliche addominali), ipertiroidismo, epilessia, edemi degli arti inferiori, leucocitosi. Rame: può provocare irritazione oculare (rossore, tumefazione e dolore), irritazione cutanea (rossore, prurito, bruciore, tumefazione), problemi respiratori, problemi gastroenterici (nausea, diarrea e/o dolore addominale).

Piercing l piercing sono oggi una delle cause di dermatite. Anelli, barrette, cerchietti fissati all'ombelico, alle orecchie, sul naso, ma anche sulle labbra, e perfino sui genitali, possono provocare i sintomi classici della dermatite: prurito e arrossamento in un primo tempo e, dopo, via via che la reazione peggiora, vescicole e sensazioni di bruciore. Questi sintomi, già evidenti e sgradevolissimi da soli, a volte sono poi aggravati da piccole infezioni e lesioni, con formazione di cicatrici e macchie, che appaiono sulla pelle in corrispondenza del foro del piercing e che rendono la cute ancora più irritata. Responsabile del disagio delle pelle sono i metalli con cui sono realizzati i gioiellini, primo fra tutti il nichel. I piercing in cui vengono usati cerchietti, spilloni, ecc., realizzati in nichel o con leghe metalliche in cui questo materiale è presente, facilmente scatenano dermatiti. A volte per creare conseguenze spiacevoli basta ancora meno: è sufficiente che sia in nichel l'ago con cui viene creato il buco nella pelle in cui viene inserito il piercing.