TIPI DI SISTEMA ECONOMICO

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Transcript della presentazione:

TIPI DI SISTEMA ECONOMICO La nostra società si basa sull’economia di mercato, ossia sulla compravendita di beni e servizi contro un prezzo in denaro. In Occidente, negli ultimi due secoli è stata propugnata l’idea che l’economia di mercato sia l’unico modo naturale di organizzare gli scambi. Tuttavia antropologi e sociologi dell’economia hanno mostrato che tale naturalizzazione è impropria e tra le varie centinaia di sistemi economici è possibile distinguere almeno tre istanze principali: capitalismo, socialismo e comunismo.

IL CAPITALISMO Il capitalismo è un sistema economico che riconosce il diritto alla proprietà privata e al suo investimento, sotto forma di capitale, in imprese produttive concorrenti con altre imprese attive sul mercato. La condizione fondamentale del sistema capitalistico è quindi la libera concorrenza tra soggetti. Le figure umane principali del capitalismo sono gli imprenditori: questi reperiscono un capitale, proprio o altrui, e lo investono in un’impresa con l’intento di recuperare quanto investito con l’aggiunta di un profitto. Nella loro azione, gli imprenditori sono soggetti a un rischio di impresa. La rapida crescita del capitalismo nei secoli XVIII e XIX fu possibile anche grazie all’intenso sfruttamento della manodopera e ciò provocò tensioni, spinte, e nel tempo l’emergere di movimenti riformatori e rivoluzionari.

IL CAPITALISMO Al crescere delle forme di opposizione, i capitalisti mutarono atteggiamento nei confronti dello Stato. Se prima avevano chiesto benevola indifferenza nei confronti della libera impresa, ora chiedevano protezione e sostegno. La risposta degli Stati si esplicò in forme diverse, tra cui preminenti i programmi di welfare promossi nella maggior parte dei paesi occidentali del dopoguerra. Attraverso il welfare il reddito veniva in parte redistribuito tra le fasce di popolazione, attraverso previdenza sociale, indennità di disoccupazione, assistenza sanitaria. I programmi di welfare erano ispirati a una filosofia economica denominata keynesismo (dal nome dell’economista John Maynard Keynes). Il keynesismo, nelle sue linee fondamentali, prevede che i governi abbiano il compito di stabilizzare la domanda economica e, in caso di crisi, sostenere la domanda aggregata.

IL CAPITALISMO Le politiche keynesiane di regolazione del sistema capitalistico hanno cominciato a entrare in crisi a partire dagli anni Settanta, in corrispondenza con una fase di stagnazione economica e inflazione monetaria. A quel tempo, diversi governi cominciarono ad attribuire alle politiche di welfare la responsabilità dei deficit nei bilanci pubblici e dei livelli eccessivi di inflazione. Gli attacchi ai sistemi di welfare, iniziati da Ronald Reagan negli Stati Uniti e Margaret Tatcher in Inghilterrra, portarono alla progressiva affermazione delle politiche e istituzioni c.d. neoliberiste. Basi del neoliberismo, oggi prevalente in tutto il mondo occidentale, sono gli istituti della deregulation e della privatizzazione dei beni pubblici.

IL SOCIALISMO Il socialismo non è una ideologia rigidamente definita, e sono variabili i modi con cui esso è stato tradotto in politiche. In questo senso, il “socialismo” è altrettanto ben associabile alla semplice gestione pubblica dei servizi essenziali, così come a forme di controllo esteso dello Stato sull’attività economica attraverso la programmazione. La teoria socialista affonda le sue radici in un vasto movimento sviluppatosi tra il XVIII e il XIX secolo in reazione alla durezza dei cambiamenti sociali prodotti con la Rivoluzione industriale. Nel pensiero socialista esistono due anime: da una parte i rivoluzionari, che interpretano la realtà politica come scontro di classe e vedono nella rivoluzione l’unico modo di superamento del sistema capitalistico; dall’altra gli utopisti, che aspirano a una nuova organizzazione di vita basata su piccole unità cooperative. Tra il XIX e il XX secolo il movimento socialista si frammentò: in Russia prevalse l’approccio rivoluzionario, in Inghilterra e altrove una forma maggiormente gradualista di pensiero e azione.

IL COMUNISMO L’ideale politico del comunismo è il raggiungimento di un sistema economico, sociale e politico incentrato sui seguenti caratteri: proprietà collettiva dei mezzi di produzione; struttura sociale senza classi; assenza di sfruttamento; abolizione della gerarchia tra lavoro intellettuale e manuale. I regimi comunisti presentano specificità ben riconoscibili: il controllo politico è esercitato da un partito unico; l’intero sistema economico è regolato e controllato da una rigida pianificazione di natura generalmente pluriennale; i prezzi sono regolati da soggetti politici che ignorano la legge della domanda e dell’offerta. Storicamente, i sistemi comunisti europei hanno incontrato un successo evidente. Un discorso parzialmente diverso vale per la Cina, che anche nella sua fase di transizione al mercato sta mantenendo diversi caratteri del suo comunismo tradizionale.

L’APPROCCIO DI LINDBLOM Alcuni economisti, insoddisfatti della tripartizione appena proposta, hanno cercato di costruire modelli alternativi. Le relazioni tra sistema politico e sistema economico sono state classificate all’interno di due polarità: autonomia, quando l’attività economica procede senza interferenze politiche; dipendenza, quando l’attività economica è controllata da soggetti politici. Basandosi su questo approccio, Lindblom (1977) ha classificato i sistemi economici a seconda che siano fondati sull’impresa privata o pubblica e a seconda che la produzione risponda alle esigenze dei consumatori o dei pianificatori. Le categorie di Lindblom hanno il vantaggio di evidenziare che tutti i sistemi economici presentano una mescolanza di elementi diversi. Inoltre tale impostazione consente di far oscillare l’attenzione dal versante della produzione a quello del consumo.

SCIENTIFIC MANAGEMENT E FORDISMO All’inizio del XX secolo il mondo industriale fu rivoluzionato da un approccio organizzativo e produttivo rivoluzionario: lo scientific management. Lo scientific management è basato sull’analisi scientifica dei tempi e modi di lavoro industriale e sulla suddivisione dei compiti in unità elementari. Perfezionato da Henry Ford, lo scientific management trova la sua espressione material-simbolica più alta nella catena di montaggio. Dalle catene di montaggio, le grandi quantità di beni prodotti vengono portate su mercati di massa. Dal nome di Ford, tale movimento ha da allora assunto il nome di fordismo. Il fordismo, nelle sue varie espressioni locali, ha avuto uno straordinario successo sia in Occidente che nei sistemi socialisti dell’Europa orientale, e ha costituito, fino agli ultimi decenni del XX secolo, il perno organizzativo di tutte le economie avanzate.

LE NUOVE FORME DI PRODUZIONE E DI CONSUMO Negli ultimi anni del Novecento, in Occidente hanno preso a manifestarsi tendenze diverse da quelle proprie dell’economia e organizzazione fordista. Prima di tutto, è emersa una nuova forma di organizzazione del lavoro incentrata sulla produzione flessibile. Questa non è più affidata a una catena di montaggio, ma a gruppi produttivi di dimensioni ridotte e composizione mutevole. La produzione flessibile prevede il coinvolgimento di lavoratori altamente specializzati, che impiegano tecnologie avanzate per la produzione di piccole quantità di merci da destinare a mercati di nicchia. Per differenziarlo da quelli delle età precedenti, a tale nuovo regime è stato dato il nome di postfordismo. Altra novità contemporanea è data dall’accresciuta centralità dei processi di produzione e consumo di beni immateriali. Si parla in questo senso di economia della conoscenza.

I CONTESTI DEL LAVORO E DELLO SCAMBIO L’interazione economica si basa, in Occidente, su assunti base ormai naturalizzati da cittadini e decisori: nella maggior parte dei casi il lavoro extradomestico trova un corrispettivo in denaro; simmetricamente, per acquisire beni e servizi sul mercato è necessario versare del denaro. Gli studi degli antropologi (ad es. Malinowski, 1922) mostrano per contro come i meccanismi di funzionamento economico di altre società possano anche essere basati su assunti completamente diversi. La logica che guida le azioni dei melanesiani, studiati da Malinowski, è quella del benessere del clan, e non quella della massimizzazione dell’utile. Inoltre Malinowski mostrò la rilevanza sociale di forme di scambio irriducibili e inspiegabili attraverso la teoria della domanda e dell’offerta: si tratta delle transazioni riconducibili all’economia del dono.

IL LAVORO NELLE SOCIETA’ SVILUPPATE Nelle società contemporanee, lo sviluppo economico si accompagna ad alcune forme di cambiamento ricorrenti: la fusione di piccole unità produttive locali in organizzazioni di scala maggiore; il passaggio dal lavoro agricolo a quello non agricolo; la tendenziale prevalenza della produzione di servizi (amministrativi, bancari, assicurativi e simili) rispetto a quella di beni. In un periodo recente, a queste tendenze di lungo periodo se ne è affiancata una emergente, che va sotto il nome di “lavoro atipico”. Tale espressione individua forme di lavoro tra loro diverse, come il part-time, il lavoro temporaneo, il lavoro para-subordinato, che sono poste in opposizione al lavoro a tempo pieno e indeterminato.

LE PRESSIONI SUI LAVORATORI LEGATE ALLE NUOVE FORME DI LAVORO Con il progresso delle tecnologie impiegate per produzione e distribuzione, cambia radicalmente il ruolo del lavoro. Alcuni compiti prima “umani” vengono automatizzati, altri compiti vengono supportati tecnologicamente e coloro che li eseguono si trovano spossessati del proprio controllo sul processo lavorativo (deskilling). Tali tendenze investono tanto il settore manufatturiero che quello dei servizi. Associata alla questione della pressione sui lavoratori è anche quella dell’alienazione, nella quale rientrano diversi aspetti: la sensazione di impotenza associata alla perdita di controllo sugli strumenti e i processi di lavoro; la perdita di senso associata alla parcellizzazione del lavoro, che impedisce al soggetto di vedere l’interno processo; l’estraniazione, derivante dal venir meno dell’occupazione come possibilità di promozione professionale e sociale.

LE PRESSIONI SUI MANAGER LEGATE ALLE NUOVE FORME DI LAVORO Con l’espandersi delle organizzazioni, i manager sono soggetti a pressioni crescenti e devono assumersi compiti nuovi, sommariamente riconducibili a due categorie principali: acquisizione e circolazione di informazioni; conciliazione tra esigenze organizzative conflittuali La centralità dei processi informativi e la complessificazione dei processi decisionali portano con sé alcune forme di tensione precipue. Secondo i sociologi, i problemi principali per i manager sono legati all’esigenza di: fronteggiare esigenze contrastanti, spesso non conciliabili tra loro nell’unità di tempo; assumere decisioni strategiche in breve tempo, spesso senza possedere tutte le informazioni all’uopo necessarie; assumere atteggiamenti impersonali, a volte privi di scrupoli.

LE PRESSIONI SUI PROFESSIONISTI LEGATE ALLE NUOVE FORME DI LAVORO La centralità delle libere professioni è un carattere riconosciuto delle società economicamente sviluppate: medici, avvocati, notai, ingegneri, architetti sono tipici “eroi” contemporanei. I semiprofessionisti, come, ad esempio, i paramedici, occupano uno status intermedio e avvertono spesso un forte disagio per tale collocazione. Per far fronte a tale situazione, i semiprofessionisti battono spesso la strada della professionalizzazione, attuata a partire dalla creazione di percorsi formativi o di certificazione ad hoc.

TENDENZE ATTUALI DELL’ECONOMIA MONDIALE Negli ultimi decenni, il grado di internazionalizzazione degli scambi economici è cresciuto in maniera radicale. In una prima fase, tale processo si è realizzato a partire dalla creazione, crescita e moltiplicazione delle cosiddette multinazionali, cioé imprese che pur essendo basate in un certo paese operano in una varietà di stati-nazione diversi. In una seconda fase, l’internazionalizzazione ha assunto più compiutamente le forme di quella che ci stiamo abituando a chiamare globalizzazione, e cioé il processo di crescente integrazione planetaria a tutti i livelli: economico, culturale, politico e tecnologico.