PIRANDELLO E LA POETICA DELL’UMORISMO SEMINARIO DI LETTERATURA ITALIANA 14/12/16
I PRIMI PASSI VERSO L’UMORISMO Le premesse dell’umorismo pirandelliano Pirandello e l’inevitabile confronto con la grande stagione della narrativa verista meridionale. La spinta dell’amico Capuana a cimentarsi con la prosa; nascita dell’Esclusa, pubblicata a puntate nel 1901. La lettera di Pirandello a Capuana nell’edizione in volume dell’Esclusa del 1908 e il “germe” della “malattia umoristica”. La contrapposizione tra visione naturalistica e visione umoristica Residui veristi nella narrazione pirandelliana: l’eredità verista nella smania di concretezza.
Tracce di umorismo nell’Esclusa e nel Fu Mattia Pascal Il tema del contrasto tra apparire ed essere già nell’Esclusa Mattia Pascal: la nascita del personaggio e la ricerca della propria autenticità Avvertenza sugli scrupoli della fantasia la “maschera nuda” Credo che non mi resti che congratularmi con la mia fantasia se, con tutti i suoi scrupoli, ha fatto apparir come difetti reali, quelli ch’eran voluti da lei: difetti di quella fittizia costruzione che i personaggi stessi hanno messo su di sé e della loro vita, o che altri ha messo su per loro: i difetti insomma della maschera finché non si scopre nuda
Il tema anti-romanzesco del Fu Mattia Pascal e il definitivo distacco dal romanzo naturalistico. Io non dovevo uccider me, un morto, io dovevo uccidere quella folle, assurda finzione, che m’aveva torturato, straziato due anni, quell’Adriano Meis, condannato ad essere un vile, un bugiardo, un miserabile; quell’Adriano Meis dovevo uccidere, che essendo, com’era, un nome falso, avrebbe dovuto aver pure di stoppa il cervello, di cartapesta il cuore, di gomma le vene, nelle quasli un po’ d’acqua tinta avrebbe dovuto scorrere, invece di sangue: allora sì! Via, dunque, giù, giù, tristo fantoccio odioso! Annegato, là, come Mattia Pascal! Una volta per uno! Quell’ombra di vita, sorta da una menzogna macabra, si sarebbe chiusa degnamente, così, con una menzogna macabra!
IL SAGGIO SULL’UMORISMO Un primo approccio al saggio - La pubblicistica giovanile e la discussione sulla poesia di Cecco Angiolieri Il concorso presso il Regio Istituto superiore di magistero femminile e la nascita occasionale dell’Umorismo La sproporzione tra idealità e realtà tra vita vissuta e opera Il motto del Candelaio di Giordano Bruno e il “sentimento del contrario”
La lettera a Ugo Ojetti del 21 febbraio 1909 e l’umorismo “in senso stretto” e ”in senso largo” Se tu puoi ridere d’un contrario, o sdegnartene, o fingere di lodarlo con grazia mordace: vuol dire che tu non lo senti, fino a piangerne, questo contrario che ti fa ridere: e, mancandoti il sentimento di esso, ne farai una rappresentazione comica, o lo assalterai con la satira o lo morderai ironicamente: non farai umorismo, appunto perché ti mancherà il sentimento del contrario, Certo, è questione di temperamento; ma non si tratta qui d’una gradazione del comico: l’umorista nega il comico, lo supera attraverso il comico stesso; penetra nel suo contrario (nel contrario appunto del comico) e ne acquista tanto il sentimento, che attraverso la rappresentazione di esso comico, te lo distrugge.
La polemica con Benedetto Croce La dura recensione di Croce su “La Critica” del 20 maggio 1909 Il capitolo XII dell’Estetica e l’articolo L’umorismo del 1903 Umorismo e psicologia Punti deboli del saggio pirandelliano e conseguenti aggiunte, tagli e modifiche L’insistenza di Pirandello sulla definibilità dell’umorismo e sull’intervento della riflessione nella concezione dell’opera umoristica
L’UMORISMO Divisone del saggio in due parti di sei capitoli ciascuna: Prima parte di erudizione e storico-filologica Seconda parte di natura estetica
La parola “umorismo” Prima parte Discussione sul significato da attribuire al termine “umorismo” Contrapposizione dell’ironia verbale all’umorismo
Questioni preliminari Smentita dell’umorismo fenomeno moderno e proprio del mondo anglosassone L’inadeguatezza della distinzione tra “poesia ingenua” e ”poesia sentimentale” in Schiller: Euripide, Orazio, Properzio, Virgilio, non si erano fatti un concetto ingenuo della natura e quindi concludere che vi erano anime sentimentali presso gli antichi e anime greche presso i moderni e cancellare così, come impossibile a mantenere, la linea divisoria tra ispirazione antica e ispirazione moderna (parte prima, cap. II, Questioni preliminari, p. 29) - Confutazione dell’esistenza di un riso antico e uno moderno
Distinzioni sommarie Confronto tra Aristofane e Socrate che assiste alla rappresentazione delle Nuvole In Aristofane: non abbiamo veramente il contrasto. Egli non è mai tenuto tra il sì e il no, egli non vede che le ragioni sue, ed è per il no, testardamente, contro ogni novità […] contro la nuova musica […], contro la tragedia d’Euripide […] contro la filosofia di Socrate […] ecc. (parte prima, cap. III, Distinzioni sommarie, p. 43) Socrate invece: ha il sentimento del contrario; Aristofane ha un sentimento solo, unilaterale, e Aristofane, dunque, se mai, può esser considerato umorista soltanto se intendiamo l’umorismo nell’altro senso molto più largo, e per noi improprio, in cui siano compresi la burla, la baja, la facezia, la satira la caricatura, tutto il comico insomma nelle sue varie espressioni (parte prima, cap. III, Distinzioni sommarie, p. 45)
“L’errore è sempre quello: della distinzione sommaria” Obiettivi polemici di Pirandello sono il Positivismo, le sintesi hegeliane e il loro influsso su chi il Positivismo o l’aveva accolto o l’aveva superato
L’umorismo e la Retorica La Retorica come “guardaroba dell’eloquenza”: (la Retorica) regolata com’era dalla ragione, vedeva dappertutto categorie e la letteratura come un casellario: per ogni casella un cartellino. Tante categorie, tanti generi; e ogni genere aveva la sua forma prestabilita: quella e non altra. […] Prima nasceva il pensiero, poi la forma […] Il vestito era la forma. La Retorica, insomma, era come un guardaroba: il guardaroba dell’eloquenza dove i pensieri nudi andavano a vestirsi (parte prima, cap. IV, L’umorismo e la retorica, pp. 55 s.)
Don Quisciotte vero esempio di umorismo Negazione del presunto intento satirico attribuito dalla lettura hegeliana- desanctisiana del romanzo nell’oscura carcere della Mancha, egli si riconosce, egli si vede finalmente; si accorge che i giganti eran molini a vento e l’elmo di Mambrino un vil piatto da barbiere. Si vede, e ride di se stesso. Ridono tutti i suoi dolori. Ah, folle! folle! folle! Via, al rogo, tutti i libri di cavalleria! […] Noi tutti amiamo questo virtuoso cavaliere (che) a quel mondo meraviglioso delle leggende cavalleresche ci crede sul serio; lo porta, lo ha in sé quel mondo, che è la sua realtà, la sua ragion d’essere […] E allora la satira dov’è? […] Le sue disgrazie se da un canto ci fanno ridere, dall’altro ci commuovo profondamente” (parte prima, cap. V, L’ironia comica nella poesia cavalleresca, pp. 134 s.)
Presenza di tre temi pirandelliani: la follia, il vedersi e lo sdoppiamento. Don Quisciotte quale alter ego del poeta
Definizione dell’umorismo e esempi Seconda parte Definizione dell’umorismo e esempi Esempio della “signora tutta imbellettata” Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti uniti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario. MA se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l’umoristico (parte seconda, cap. II, pp. 173 s.)
Il Marmeladoff di Dostoevskji: Signore, signore! oh! signore, forse, come gli altri, voi stimate ridicolo tutto questo; forse vi annoio raccontandovi questi stupidi e miserabili particolari della mia vita domestica: ma per me non è ridicolo, perché io sento tutto ciò (parte seconda, cap. II, p. 174) Un grido, quello di Marmeladoff, che, come ci dice Pirandello è appunto la protesta dolorosa ed esasperata d’un personaggio umoristico contro chi, di fronte a lui, si ferma a un primo avvertimento superficiale e non riesce a vederne altro che la comicità (p. 174)
Esempio del Giusti e del Don Quisciotte Noi abbiamo una rappresentazione comica, ma spira da questa un sentimento che ci impedisce di ridere o ci turba il riso della comicità rappresentata; ce lo rende amaro. Attraverso il comico stesso, abbiamo anche qui il sentimento del contrario. L’autore l’ha destato in noi perché s’è destato in lui, e noi ne abbiamo già veduto le ragioni (parte seconda, cap. II, pp. 176 s.)
Ciò che ci porta al “sentimento del contrario” è una “speciale attività della riflessione”: La riflessione, dunque, di cui io parlo, non è un’opposizione del cosciente verso lo spontaneo; è una specie di proiezione della stessa attività fantastica: nasce dal fantasma, come l’ombra dal corpo; ha tutti i caratteri della “ingenuità” o natività spontanea; è nel germe stesso della creazione, e spira infatti da essa ciò che ho chiamato il sentimento del contrario (parte seconda, cap. III, p. 184)
Indicazione di una situazione psicologico-esistenziale di partenza e sottolineatura della forte autonomia e specificità artistica: se indubbiamente, una innata o ereditata malinconia, le tristi vicende, un’amara esperienza della vita, o anche un pessimismo o uno scetticismo acquisito con lo studio e con la considerazione su le sorti dell’umana esistenza, sul destino degli uomini, ecc. possono determinare quella particolar disposizione d’animo che si suol chiamare umoristica, questa disposizione poi, da sola, non basta a creare un’opera d’arte. Essa non è altro che il terreno preparato: l’opera d’arte è il germe che cadrà in questo terreno, e sorgerà, e si svilupperà nutrendosi dell’umore di esso, togliendo cioè da esso condizione e qualità. Ma la nascita e lo sviluppo di questa pianta debbono essere spontanei. Apposta il germe non cade se non nel terreno preparato a riceverlo, ove meglio cioè può germogliare. La creazione dell’arte è spontanea […] Un’opera d’arte, insomma, è, in quanto è “ingenua”; non può essere il risultato della riflessione cosciente (p. 183)
Personificazione dell’ambivalenza dell’umorismo pirandelliano nell’uomo “fuori di chiave”. si trova ad essere sempre quasi fuori di chiave, ad essere a un tempo violino e contrabbasso; d’un uomo a cui un pensiero non può nascere, che subito non gliene nasca un altro opposto, contrario; a cui per una ragione ch’egli abbia di dir sì, subito un’altra e due e tre non ne sorgano che lo costringano a dir no; e tra il sì e il no lo tengan sospeso, perplesso, per tutta la vita; d’un uomo che non può abbandonarsi a un sentimento, senza avvertir subito qualcosa dentro che gli fa una smorfia o lo turba e lo sconcerta e lo indispettisce. Questo stesso contrasto, che è nella disposizione dell’animo, si scorge nelle cose e passa nella rappresentazione (parte seconda, cap. IV, pp. 189 s.)
La riflessione come “demonietto” che smonta il congegno di ogni immagine, d’ogni fantasma messo su dal sentimento […] (parte seconda, cap. IV, p. 191) Cosicché ogni sentimento, ogni pensiero, ogni moto che sorga nell’umorista si sdoppia subito nel suo contrario: ogni sì in un no, che viene infine ad assumere lo stesso valore del sì (p. 192)
L’umorismo in Cervantes e in Manzoni: Don Quisciotte e don Abbondio Gran cosa, come si vede, avere un ideale - religioso come il Manzoni; cavalleresco come il Cervantes - per vederselo poi ridurre dalla riflessione in don Abbondio e in Don Quisciotte! (parte seconda, cap. IV, p. 199)
Tematica della “scomposizione” umoristica della vita (L’uomo è) sempre mascherato, senza volerlo, senza saperlo, di quella tal cosa ch’egli in buon fede si figura di essere: bello, buono, grazioso, generoso, infelice ecc. ecc. E questo fa tanto ridere a pensarci (parte seconda, cap. V, p. 214 ) - Secondo il pensiero pirandelliano, è possibile che due affermazioni contrarie siano unite non in un rapporto dialettico che consentirebbe di superarle giungendo ad una sintesi, bensì in una una paradossale compresenza. Solo così possiamo comprendere l’ambivalenza relativistica dell’umorismo pirandelliano, solo così è possibile capire come il nulla possa, al contempo, essere tutto; nulla per il pensiero cosciente, tutto per il sentire inconscio.