Il processo civile telematico

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Transcript della presentazione:

Il processo civile telematico Seminario di approfondimento Dott. Giorgio g. poli 2/11/2015

La questione terminologica: cos’è il processo telematico Il “processo telematico” non è un nuovo rito che si affianca ai numerosi già esistenti. È una modalità di gestione delle relazioni scritturali tra gli attori del processo (giudici, avvocati, cancellerie) in via dematerializzata. Sostituzione della carta con il BIT

La questione terminologica: cos’è il processo telematico I servizi effettivamente operativi oggi sono: “Trasmissione dei documenti da parte dei soggetti abilitati esterni ed interni” → il deposito telematico degli atti e documenti di parte e dei provvedimenti giudiziari; le notificazioni e comunicazioni telematiche da parte della cancelleria tramite PEC (artt. 136 e 149 bis c.p.c.); le c.d. notifiche in proprio da parte degli avvocati, senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario; Rilascio delle copie di atti e documenti in via telematica la consultazione on line (dal proprio studio professionale) degli atti e dei provvedimenti in cui il difensore è costituito, depositati nel c.d. fascicolo informatico presente sul Polisweb (P.S.T.); pagamento, in via telematica, del contributo unificato e degli altri diritti di copia.

Obiettivi ancora non raggiunti Ancora ben lungi dall’essere realizzate sono: le modalità telematiche di gestione dell’udienza (verbalizzazione su pc e assunzione in forma digitale delle prove testimoniali e delle altre prove orali); l’attivazione del Pct in Corte di cassazione e davanti ai Giudici di pace; la formazione di una banca dati delle pronunce di ciascun ufficio giudiziario consultabile in modo rapido e trasparente da ciascuno degli utenti.

Il sistema delle fonti C’era una volta il progetto POLIS (Pagine On line di Informazione ai Servizi per il lavoro): nato spontaneamente nel Tribunale di Bologna nel 1993 come gruppo di lavoro tra avvocati e magistrati con l’intento di mettere in rete le informazioni all’interno dell’ufficio giudiziario, per rendere conoscibili agli utenti (giudici e avvocati in primis) gli orientamenti giurisprudenziali e scongiurare il rischio del c.d. dissenso occulto…

Il sistema delle fonti Gli albori dal punto di vista normativo di un progetto di informatizzazione della giustizia civile risalgono al d.p.r. 23 febbraio 2001, n. 123 – «regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile» – ove veniva abbozzata una disciplina dei depositi, della formazione del fascicolo e delle comunicazioni e notificazioni telematiche, che avrebbe trovato più dettagliata attuazione nelle c.d. regole tecniche del p.c.t., emanate con il d.m. 14 ottobre 2004, poi integralmente soppiantato dal d.m. 17 luglio 2008.

Il sistema delle fonti Prima però la l. 59/1997 (c.d. «Legge Bassanini»), il cui art. 15, 2° comma, in un complessivo piano di informatizzazione delle p. a., aveva conferito pieno valore legale a «tutti gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici» nonché alla loro archiviazione e trasmissione digitale, provvedendo contestualmente a delegificare la materia, affidandone la disciplina a specifici regolamenti: tra questi, il d.p.r. 513/1997 aveva parificato il documento informatico munito di firma digitale alla scrittura privata, conferendogli l’efficacia probatoria dell’art. 2712 c.c. (art. 5) ed equiparato la trasmissione per via telematica del documento informatico alla notificazione a mezzo posta (art. 12).

Il sistema delle fonti Sistema pionieristico e comunque ancora sperimentale, che si poneva come facoltativo per le parti e per l’ufficio; Sistema chiuso, in cui i flussi di trasmissione degli atti del processo erano veicolati tramite una casella di posta elettronica speciale dedicata al processo telematico (CPECPT), che forniva maggiori garanzie di affidabilità e protezione dalle intrusioni esterne (spam, virus) di quante non ne garantisse la comune casella di «posta elettronica certificata» disciplinata dal d.p.r. 68/2005 ed adottata ai fini della digitalizzazione di altre amministrazioni pubbliche.

Il sistema delle fonti: il passaggio alla PEC Art. 4, 2° comma, d.l. 193/2009 (conv. con mod. in l. 24/2010) sancisce il ritorno alla posta elettronica certificata “comune” (con tutti i rischi di maggiore permeabilità ad essa connessi): un sistema tutto italiano→ i professionisti iscritti in albi hanno l’obbligo di dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata e, nel caso degli avvocati, di comunicarlo al proprio consiglio dell’ordine di appartenenza.

Il sistema delle fonti: la PEC L’art. 1, 2° comma, lett. g) del d.p.r. 68/2005 definisce la posta elettronica certificata come «ogni sistema di posta elettronica nel quale é fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici», quale veicolo di trasmissione con effetti legali dei documenti informatici: ogni messaggio PEC restituisce al mittente una ricevuta di avvenuta accettazione (prova dell’invio) ed una ricevuta di avvenuta consegna (prova che il messaggio è pervenuto nella casella PEC del destinatario).

Il sistema delle fonti: “le regole tecniche” La disciplina contenuta nel d.m. 11 febbraio 2011, n. 44 – regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in attuazione dei principi previsti dal C.A.D.- (tuttora in vigore, sebbene più volte modificata da decreti ministeriali successivi) costituisce la cornice tecnico-giuridica su cui poggia il processo civile telematico

Il sistema delle fonti: le c.d. “specifiche tecniche” L’art. 34 del D.M. ha demandato ad una fonte ulteriormente subordinata la disciplina concreta delle regole tecnico-informatiche per la redazione e trasmissione degli atti/provvedimenti da depositarsi in via telematica, per le comunicazioni e notificazioni telematiche di cancelleria nonché per le notificazioni in proprio da parte degli avvocati, per la consultazione delle informazioni contenute nel c.d. «dominio giustizia», per i pagamenti telematici: tale disciplina è oggi racchiusa nelle «specifiche tecniche» del processo telematico, adottate con il provvedimento del 16 aprile 2014 da parte del responsabile D.G.S.I.A. presso il Min. Giustizia.

Il sistema delle fonti: le c.d. “specifiche tecniche” Potremmo definirle come la “grammatica” del p.c.t. non standard meramente tecnologici, privi di specifica cogenza, perché hanno già avuto pesanti riflessi sul processo civile: le prime prassi giurisprudenziali sanzionano l’inosservanza dei dettami contenuti nelle specifiche tecniche con inammissibilità/nullità degli atti o del procedimento, come di fatto è già avvenuto nel caso di atto giudiziario erroneamente depositato in formato PDF immagine non testuale (perché scansionato dall’originale cartaceo) o di deposito telematico di atti non assentiti dai decreti dirigenziali emessi ai sensi dell’art. 35, d.m. 44/2011.

I rischi: il deposito di un PDF immagine Le regole processuali degli atti sono confinate in provvedimento di rango inferiore alla legge e sono fuori dal codice di rito, ma la loro inosservanza può avere riflessi negativi sul processo: L’art. 12 delle c.d. specifiche tecniche dispone che «l’atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti: è in formato PDF; è privo di elementi attivi; è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini» E cioè: il PDF deve essere nativo e non ottenuto tramite la scannerizzazione di un documento analogico (cartaceo)

I rischi Tribunale Livorno, 25 luglio 2014 – Giud. Pastorelli Il ricorso per decreto ingiuntivo depositato telematicamente in formato PDF immagine, ottenuto a seguito di scansione dall’originale cartaceo (anziché come atto nativo digitale, ottenuto mediante trasformazione di un documento testuale senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti) deve essere dichiarato nullo, ai sensi dell’art. 156, 2° comma, c.p.c., in quanto carente dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo, consistente nella possibilità che l’atto sia “navigabile” ad ogni attore del processo e, dunque, che sia consentito l’utilizzo degli elementi (o parti) dell’atto stesso senza la necessità di ricorrere a programmi di riconoscimento ottico dei caratteri.

I rischi Tribunale Roma, 13 luglio 2014 (ordinanza) – Giud. Renato Castaldo Il ricorso per decreto ingiuntivo depositato in via telematica come scansione di immagine, che non consenta operazioni di selezione e copia di parti (anziché derivare, come prescritto dalla disciplina tecnica del p.c.t., dalla trasformazione in formato PDF di un documento testuale nativo digitale) deve essere dichiarato inammissibile, per carenza dei requisiti indispensabili al raggiungimento dello scopo; per scopo dell’atto processuale dovendosi intendere, non solo quello di significare alle altre parti ed al giudice i propri intendimenti, ma anche quello di inserirsi efficacemente in una sequenza assoggettata alle regole tecniche che impongono l’adozione di particolari formati al posto di altri.

I rischi Sanzionata, con la immediata chiusura in rito del processo, la condotta dell’avvocato “non sufficientemente telematico” il quale, anziché convertire in formato PDF di testo l’atto giudiziario creato sul proprio pc con apposito programma di videoscrittura (di tipo word, open office, Libre Office, ecc.), lo abbia erroneamente stampato (per apporvi semmai la sottoscrizione autografa) e successivamente acquisito tramite scanner, prima di provvedere al deposito telematico: tale operazione finisce per generare inevitabilmente un file PDF di immagine (nulla più che una foto del cartaceo) dal contenuto e testo non modificabili.

Opinione della dottrina 1) Inaccettabile che una sanzione processuale possa derivare dal mancato rispetto di una disposizione sub regolamentare (il provvedimento DGSIA è un mero provvedimento dirigenziale); 2) principio del raggiungimento dello scopo: l’atto arriva comunque a destinazione attraverso la casella PEC dell’ufficio giudiziario, direttamente sul pc del Giudice; 3) L’unica utilità frustrata è la possibilità di compiere il copia/incolla per il Giudice, ma questo non è lo scopo dell’atto presupposto dall’art. 156 c.p.c.

Legislazione dell’obbligatorietà (dal 2012 ad oggi) La storia più recente del processo civile telematico è scandita dalla frenetica legislazione della obbligatorietà, inaugurata dal d.l. 179/2012 (conv. in l. 221/2012) che ha optato per il canale esclusivamente telematico delle comunicazioni e notificazioni di cancelleria (v. art. 16, 4° comma) e dei depositi di atti e provvedimenti (v. art. 16-bis);

Legislazione dell’obbligatorietà (dal 2012 ad oggi) il d.l. 90/2014 (conv. in l. 114/2014) che ha modulato l’entrata in vigore dell’obbligo di deposito esclusivamente telematico (art. 44), prevedendolo con effetti immediati a partire dal 30 giugno 2014 per i soli procedimenti “nuovi” instaurati dopo il 30 giugno 2014; e differendone l’entrata in vigore al 31 dicembre 2014 per quanto riguarda i procedimenti già iniziati alla data del 30 giugno 2014; l’art. 18 del d.l. 132/2014 (conv. con mod. in l. 162/2014) ha introdotto, nell’art. 16 bis, comma 2, d.l 179/2012, l’obbligo di iscrizione a ruolo in via esclusivamente telematica delle procedure di espropriazione, mobiliare, immobiliare e presso terzi, attraverso il deposito in formato digitale della nota di iscrizione a ruolo, insieme alle copie conformi di titolo esecutivo, precetto, pignoramento restituite dall’ufficiale giudiziario, conferendo all’Avvocato il potere di certificare la conformità all’originale delle copie informatiche estratte dall’originale cartaceo;

Legislazione dell’obbligatorietà (dal 2012 ad oggi) L’art. 19 d.l. 83/2015 (conv. con mod. in l. 132/2015) ha disposto una serie di nuove misure tra cui: 1) la facoltà di depositare in via telematica anche gli atti introduttivi dei giudizi (atto di citazione, comparsa di risposta) fino ad oggi assai controversa (e secondo alcuni condizionata all’esistenza all’interno del singolo ufficio giudiziario di un decreto dirigenziale autorizzativo emesso ai sensi dell’art. 35 del D.m. 44/2011); 2) misure (ministeriali) per la produzione, gestione e conservazione delle copie cartacee (c.d. copie di cortesia) degli atti depositati in formato telematico; 3) modalità di attestazione della conformità degli atti da parte degli avvocati ai fini della notifica: rilascio sulla copia analogica (di un documento nativo digitale); su copia informatica di un documento originariamente cartaceo.

Legislazione dell’obbligatorietà (dal 2012 ad oggi) Nel sistema delle fonti vanno inseriti anche i numerosi protocolli in materia di p.c.t. elaborati in seno ai diversi uffici giudiziari → Spontaneismo giudiziario → “Tribunale che vai, processo telematico che trovi”→ vanificazione dell’obiettivo di delocalizzazione della professione forense, necessità di nominare un domiciliatario (anche se non più previsto dalle norme grazie al sistema della PEC) per non violare le regole locali → V. infra il problema delle copie di cortesia le Circolari del Ministero della Giustizia che vanno assumendo, in materia, valore integrativo o interpretativo della disciplina del telematico.

E il Codice di procedura civile? Recita la parte della comparsa. Pochissime sono le norme che sono state adeguate ai nuovi metodi di gestione telematica degli atti: l’art. 83 c.p.c., sulla procura rilasciata su documento informatico (nativo o copia per immagine); l’art. 125 c.p.c., ove è stato eliminato il superfluo onere, prima gravante sull’avvocato a pena di sanzione pecuniaria (raddoppio del contributo unificato), di indicazione negli atti processuali del proprio indirizzo PEC, già reperibile sui pubblici elenchi consultabili dall’ufficio giudiziario (RegInde); l’art. 126 c.p.c., ove è stata eliminata la necessità di sottoscrizione del verbale ad opera delle parti intervenute; l’art. 207 c.p.c., che ha eliminato la necessità di sottoscrizione sul processo verbale di assunzione della prova orale da parte del teste o del dichiarante (ma v. Trib. Milano 15 luglio 2014 per sottoscrizione delle parti su accordo transattivo e stampa in cartaceo del verbale digitale);

E il Codice di procedura civile? rispettivamente gli artt. 133 c.p.c., relativo alla comunicazione telematica del testo integrale della sentenza (cmq inidonea a far decorrere i termini brevi per le impugnazioni) e l’art. 45 disp. att. c.p.c., che disciplina forma e contenuto del biglietto telematico contenente le comunicazioni di cancelleria; l’art. 149-bis, sulla notifica a mezzo posta elettronica da parte dell’ufficiale giudiziario; rispettivamente gli artt. 111 e 137 disp. att. c.p.c., ove si è cancellato l’obbligo di consegnare al cancelliere le copie in cartaceo degli atti da parte del difensore che abbia provveduto al deposito telematico delle comparse o del ricorso o controricorso in cassazione.

Ambito di applicazione: il deposito telematico Nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, dinanzi ai Tribunali ed alle Corti di appello (commi 1 e 9 ter dell’art. 16 bis d.l. 179/2012): il deposito degli atti processuali e dei documenti delle parti «precedentemente costituite» ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, trasmissione e la ricezione dei documenti informatici

1a conseguenza: l’atto endoprocessuale L’obbligo di deposito è riferito ai soli atti c.d. endoprocessuali, depositati dalle parti già costituite in giudizio: restano estranei all’obbligo, invece, l’atto di citazione (o qualsiasi altro atto introduttivo) e la comparsa di risposta (o qualsiasi altra memoria di costituzione, come quella del terzo interveniente ex art. 267 c.p.c.), atti che potranno continuare ad essere depositati in forma cartacea, unitamente ai documenti allegati.

1a conseguenza Nozione di atto c.d. endoprocessuale (o successivo alla costituzione della parte) Tribunale di Asti, ord. 23 marzo 2015 Il ricorso per reclamo cautelare ha natura di atto introduttivo del relativo giudizio, con la conseguenza che spetta alla parte la facoltà di scelta tra deposito in forma cartacea o telematica dell’atto. Anche se si volesse qualificare tale atto come proveniente da una parte già costituita (nella precedente fase del giudizio cautelare), il deposito del reclamo in forma cartacea dovrà nondimeno ritenersi valido, in assenza di una specifica previsione di inammissibilità ed in virtù dei principi di libertà delle forme e di raggiungimento dello scopo degli atti nulli.

1a conseguenza Tribunale di Foggia, ord. 15 maggio 2015 L’obbligo di deposito degli atti processuali in modalità esclusivamente telematica opera anche per il reclamo cautelare, in quante tale atto proviene da una parte che deve ritenersi precedentemente costituita nell’unico giudizio instaurato con l’originario ricorso cautelare. L’erroneo deposito del ricorso per reclamo cautelare in formato cartaceo deve essere sanzionato con l’inammissibilità, atteso che la previsione normativa della «esclusiva» modalità telematica per il deposito degli atti endoprocessuali suppone l’impossibilità di ammettere modalità di deposito alternative.

1a conseguenza Un problema analogo può porsi in tutti i procedimenti di natura bifasica o in quei giudizi (di carattere sommario) caratterizzati dalla presenza di eventuali “appendici” o subprocedimenti volti, lato sensu, al riesame del provvedimento concesso dal giudice della prima fase: si pensi, ad esempio, al deposito dell’atto per l’«inizio del giudizio di merito» ex art. 669 octies c.p.c.; al deposito dell’atto di «prosecuzione» del giudizio di merito possessorio ex art. 703, comma 4, c.p.c.; al deposito degli atti della fase istruttoria dei giudizi di separazione o divorzio; a quello degli atti introduttivi e di costituzione nel giudizio di opposizione alla fase sommaria del c.d. “Rito Fornero” ex art. 1, comma 51°, l. n. 92/2012.

1a conseguenza In relazione a ciascuna di tali ipotesi, per ritenere che sussista l’obbligo di deposito telematico dei relativi atti, occorre stabilire se la fase procedimentale successiva alla prima possa considerarsi meramente prosecutoria dell’unico giudizio instaurato con il ricorso originario e se, di conseguenza, la costituzione originariamente effettuata dalle parti nella prima fase possa continuare a spiegare effetti. Se invece la fase è considerata nuova ed introduttiva di un autonomo procedimento (nuovo numero di ruolo ad es.) allora il deposito potrà avvenire in cartaceo, perché riguarda un atto introduttivo.

Soluzioni normative L’art. 19 d.l. 27 giugno 2015 n. 83 ha introdotto la facoltà di deposito telematico anche dell’atto introduttivo o del primo atto difensivo in qualsiasi procedimento dinanzi al tribunale o alla corte d’appello (v. art. 16 bis, comma 1-bis, d.l. 179/2012): nel dubbio alla parte converrà sempre la forma digitale, ormai valida tanto per gli atti c.d. “endoprocessuali” quanto per quelli introduttivi o di costituzione. La forma cartacea invece esporrebbe ad inconvenienti, ogni volta che il giudice ritenesse endoprocessuale l’atto che si sta depositando.

2a conseguenza: deposito cartaceo Il deposito cartaceo non è più ammesso per gli atti c.d. endoprocessuali → inammissibilità dei tentativi di deposito in forma tradizionale di atti assoggettati al deposito telematico: l’interpretazione liberale (sanatoria della nullità per il 121 c.p.c. o per il raggiungimento dello scopo) rischia di vanificare totalmente la telematizzazione del processo → «il deposito ha luogo esclusivamente con modalità telematiche» secondo l’art. 16 bis d.l. 179/2012

2a conseguenza Trib. Palermo 4 marzo 2015 Pur non essendo prevista una esplicita sanzione di irricevibilità, o ancora d’inammissibilità, deve escludersi la concreta possibilità per le parti di depositare atti in forma diversa da quella telematica, espressamente prevista dal legislatore come forma “esclusiva”. Si pone qui una questione che attiene sia alla forma dell’atto (ex art. 121 c.p.c., 156 c.p.c.), che alla modalità di “ingresso” dell’atto nel giudizio. Sotto entrambi i profili va evidenziato che la specifica finalità cui è preordinata la norma (accelerazione dei processi, efficienza ed efficacia del processo), in quanto destinata a tutelare interessi sopraordinati a quelli delle parti, non consente la sanatoria dell’atto ex art. 156 c.p.c, posto che la conoscenza acquisita dell’atto ad opera dell’altra parte, mediante la relativa lettura, non vale ad escludere che comunque la finalità pubblicistica della norma resta vanificata

3a conseguenza: il valore delle regole tecniche Il deposito deve avvenire «nel rispetto della normativa anche regolamentare…»: v. quanto visto sopra a proposito del formato degli atti (artt. 11 D.m. 44/2011 e art. 12 provvedimento Dgsia) e della inesistenza di una espressa comminatoria, nella legge o nei regolamenti, di nullità o inammissibilità degli atti depositati in formato difforme da quello prescritto dalle specifiche tecniche.

4a conseguenza: le parti che stanno in giudizio personalmente Per le parti abilitate a stare in giudizio personalmente (v. art. 82, 1° comma, c.p.c.) non si applica l’obbligo di deposito telematico la parte privata è solitamente sprovvista della apparecchiatura necessaria per il deposito digitale (dispositivo di firma digitale, c.d. redattore atti, indirizzo PEC) quid iuris se una delle parti, pur non essendo tenuta a farlo abbia deciso di nominarsi un difensore? La controparte dovrebbe avere il diritto di ottenere dalla cancelleria le informazioni necessarie tratte dal fascicolo informatico il problema però si pone assai raramente, perché le cause in cui le parti possono stare in giudizio personalmente sono per lo più quelle dinanzi al Giudice di Pace, di fronte al quale il processo telematico non è ancora operativo. L’art. 16 bis comma 1° esenta dall’obbligo («per difensori non si intendono») i dipendenti di cui si avvalgono le p. a. per stare in giudizio personalmente → D.l. 83/2015 ha concesso anche a questi soggetti la facoltà (non l’obbligo) di provvedere al deposito telematico

Ambito di applicazione: nel procedimento ingiuntivo L’art. 16 bis, 4° comma, d.l. 179/2012 prevede che nel procedimento ingiuntivo, escluso il giudizio di opposizione, il deposito dei provvedimenti, degli atti di parte e dei documenti abbia luogo in modalità esclusivamente telematica: il procedimento monitorio è tuttora l’unico integralmente telematico nella fase inaudita altera parte, in cui anche il giudice ha l’obbligo di depositare in digitale il provvedimento conclusivo. Per il giudizio di opposizione torna in vigore la regola generale, secondo cui è obbligatorio il deposito telematico degli atti successivi alla costituzione delle parti e solo facoltativo quello degli atti introduttivi (atto di citazione o ricorso in opposizione e comparsa di costituzione).

Nel processo esecutivo Nei processi esecutivi (art. 16 bis, 2° comma, d.l. 179/2012) l’obbligo di deposito in forma telematica del comma 1 si applica «successivamente all’atto con cui inizia l’esecuzione» (e quindi, di regola, dopo il pignoramento) A chi si applica? A tutte le parti (ad es. anche ai soggetti intervenuti nel processo esecutivo) oppure soltanto ai difensori delle parti precedentemente costituite in giudizio? In ogni caso il secondo capoverso prevede che dal 31 marzo 2015 sussiste l’onere di depositare in forma telematica la nota di iscrizione a ruolo con la copia conforme del titolo esecutivo del precetto e del pignoramento a cura del creditore procedente entro un termine perentorio previsto a pena di inefficacia. A questo fine è attribuita all’avvocato la facoltà di attestare la conformità delle copie agli originali, anche al di fuori dei limiti di cui al comma 9 bis.

Nel procedimento esecutivo: l’attestazione di conformità Per una delle prime applicazioni: Trib. Pesaro, ordinanza 10/06/2015 (G. E. Dott. S. Gianni) «L’iscrizione a ruolo del pignoramento presso terzi effettuata, ex art. 543, 4° co., c.p.c., mediante deposito telematico delle copie informatiche di precetto, titolo esecutivo ed atto di pignoramento, sottoscritte digitalmente, ma non accompagnate dalla relativa attestazione di conformità ai rispettivi originali, può comportare l’inefficacia del pignoramento a mente dell’ultimo periodo dell’art. 543, 4° co c.p.c. cit., a nulla rilevando che gli originali di detti atti siano stati depositati all’udienza di comparizione e che il terzo pignorato abbia comunque reso dichiarazione positiva».

Nelle procedure concorsuali Nelle procedure concorsuali, invece, l’obbligo è soggettivamente circoscritto agli atti depositati dal curatore, dal commissario giudiziale, liquidatore, dal commissario liquidatore e commissario straordinario.

Profili pratici del deposito telematico L’obbligatorietà del flusso telematico dei dati consente di dare sfogo alle due funzioni principali del P.C.T.: Funzione veicolare di scambio dei dati a distanza, dalla stanza del proprio ufficio, con prefigurabile risparmio di tempo e di costi; Funzione c.d. ordinatoria di classificazione e catalogazione dei dati all’interno del c.d. “fascicolo informatico”, con infinite possibilità di consultazione ed utilizzo dei dati, anche in funzione della valorizzazione del precedente a livello locale per miniminazzare il c.d. dissenso occulto dei giudici all’interno dello stesso ufficio.

Trasmissione telematica di atti e documenti da parte di soggetti abilitati esterni (avvocati) Indirizzo del mittente Indirizzo del destinatario Al deposito di un atto del processo si provvede mediante invio di un messaggio PEC attraverso l’indirizzo di posta elettronica certificata del mittente (soggetto abilitato esterno) censito nel Registro generale degli indirizzi elettronici (v. art. 7 D.M. 44/2011). L’art. 4 del decreto del Ministero della Giustizia del 18 luglio 2011 – c.d. “Specifiche Tecniche” del processo civile telematico – adottato in attuazione dell’art. 34 del D.M. 44/2011, chiarisce che al predetto indirizzo P.E.C. del Ministero della Giustizia possono essere inviati soltanto atti e documenti da indirizzi di posta certificata, mentre le email inviate tramite posta ordinaria verranno automaticamente scartate. Secondo l’art. 4, comma 2°, d.m. 44/2011 «gli indirizzi di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari e degli UNEP, da utilizzare unicamente per i servizi di cui al presente decreto, sono pubblicati sul portale dei servizi telematici e rispettano le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 34  sul sito pst.giustizia.it (portale dei Servizi telematici del Ministero della Giustizia) nella sezione Uffici Giudiziari, divisa per distretto, c’è la possibilità di recuperare l’indirizzo di posta elettronica del Tribunale.

Profili tecnici del deposito di un atto processuale: redazione dell’atto L’atto da depositare deve avere formato “.pdf” (v. art. 12 delle specifiche tecniche), ricavato da un file testuale creato con un programma di videoscrittura (v. word), non può presentare restrizioni per le operazioni di selezione o copia di parti, e dunque non può mai essere ricavato da una scansione di immagini di un file precedentemente stampato o di un atto formato in via analogica. L’atto deve essere firmato digitalmente con l’apposito dispositivo di smart card Esso è sempre corredato da un altro file in formato .XML che contiene le informazioni identificative essenziali dell’atto (nome delle parti, difensore, numero di ruolo, codice fiscali delle parti e difensori, ecc.) nonché la nota di iscrizione a ruolo (che viene generata automaticamente durante la compilazione del file atto.xml) anch’esso sottoscritto con firma digitale o elettronica qualificata: questo file è fondamentale per far si che l’atto del processo (quello in formato .pdf) confluisca nel fascicolo informatico appropriato.

Profili tecnici del deposito di un atto processuale: documenti allegati La creazione dei documenti allegati all’atto (si pensi, ad esempio, alle prove documentali su cui si fonda il decreto ingiuntivo) è disciplinata dall’art. 13 delle “specifiche tecniche”, secondo cui essi non presentano particolari vincoli di formato, potendo essere redatti in .pdf, ma anche in .tiff, .jpg, .txt e così via e perfino zippati con i diversi software disponibili sul mercato. Anche gli allegati possono (ma non devono!) essere firmati con firma digitale, con lo stesso dispositivo di smart card di cui innanzi (in pratica è sconsigliabile l’apposizione della firma digitale, perché questo aumenta notevolmente il peso della trasmissione telematica). Poiché verosimilmente questi documenti verranno scannerizzati dall’originale analogico, ed atteso che vi è un limite di dimensione per il messaggio di Pec (30 MB) il consiglio tecnico, soprattutto in presenza di un nutrito numero di documenti da allegare, è quello di operare scannerizzazioni a bassa risoluzione, che risulteranno più leggere dal punto di vista informatico.

Profili tecnici del deposito di un atto processuale: imbustamento ed invio Atti e documenti sono contenuti in una Busta Telematica: che contiene il file DatiAtto.xml, l’atto in senso stretto in formato .pdf, gli allegati eventualmente firmati con firma digitale, tra cui anche la procura alle liti rilasciata su foglio separato e scannerizzata dall’analogico (o la procura digitale) e la copia scannerizzata del contributo unificato e della marca da bollo. La Busta ha una dimensione massima di 30 MB ed è inviata in allegato ad un messaggio di posta elettronica certificata che deve rispettare alcuni criteri chiariti dall’Allegato 6 delle specifiche tecniche: L’indirizzo del mittente deve essere rappresentato da un indirizzo di posta elettronica certificata censito dal REGINDE; Il destinatario deve essere l’indirizzo PEC dell’Ufficio giudiziario; L’Oggetto della PEC è: “DEPOSITO” seguito da un eventuale testo libero identificativo dell’atto o della controversia che viene ignorato dal sistema. Il corpo del testo nella mail è un testo libero, anch’esso ignorato dal sistema. Gli allegati sono racchiusi nella c.d. busta telematica.

Profili tecnici del deposito di un atto processuale: ricevute A questo punto, il flusso di trasmissione di un atto del processo a mezzo posta elettronica certificata restituisce una serie di ricevute (v. art. 6 D.p.r. 68/2005, sull’utilizzo della posta elettronica certificata): Ricevuta di accettazione (RAC) restituita all’indirizzo di posta elettronica del mittente (avvocato) dallo stesso gestore privato di posta elettronica certificata del mittente (ad es. “legalmail”) che costituisce prova dell’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata; Ricevuta di avvenuta consegna (RDAC) restituita dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario (Ministero della Giustizia), che costituisce la prova che il messaggio di posta elettronica spedito dal mittente sia pervenuto all’indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario e certifica il momento (data e ora) nel quale si è perfezionato il deposito. Il Gestore dei Servizi Telematici compie tre verifiche formali scaricando il messaggio dal gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia: l’indirizzo del mittente non è censito dal Reginde; il formato del messaggio non è aderente alle specifiche; la dimensione del messaggio eccede la dimensione massima consentita (30 MB). Questa ricevuta (RDAC) non fornisce in alcun modo la prova che il deposito sia stato effettivamente accettato dalla cancelleria, ma ha lo scopo di attribuire un contrassegno temporale al deposito effettuato.

Profili tecnici del deposito di un atto processuale: “Esito controlli automatici” Ulteriore ricevuta restituita a seguito del deposito degli atti, con un codice riportato nel corpo dell’atto. Gli errori potrebbero essere di tre tipi: WARN: manca la procura alla lite; ERROR: errore bloccante, lasciato alla discrezione dell’ufficio, che può accettare o meno il deposito (certificato di firma non valido; mittente diverso dal firmatario dell’atto); FATAL: errore non gestibile dal sistema (busta non decifrabile) Esito dei controlli automatici a seguito di deposito atto Mittente Indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario interessato. Destinatario Indirizzo di posta elettronica certificata di un soggetto abilitato esterno registrato nel ReGIndE. Depositante dell’atto. Oggetto Sintassi: ESITO CONTROLLI AUTOMATICI [oggetto_mail_deposito] Dove [oggetto_mail_deposito] = oggetto della mail di deposito, escluso il prefisso “POSTA CERTIFICATA: “ (inserito automaticamente dal gestore di PEC). Esempio: ESITO CONTROLLI AUTOMATICI DEPOSITO Ricorso A vs. B Corpo codice esito [come riportato in EsitoAtto.CodiceEsito] Descrizione esito [come riportato in EsitoAtto.DescrizioneEsito] Allegati EsitoAtto.xml, documento xml aderente alle attuali specifiche (EsitoAtto.dtd); l’elemento IdMsg conterrà l’ID univoco del messaggio di PEC (elemento identificativo in DatiCert.xml); elementi relativi a codifiche PdA saranno valorizzati con stringhe vuote

Profili tecnici del deposito di un atto processuale: “Esito intervento ufficio” definitiva accettazione del deposito da parte della cancelleria, con il relativo codice riportato nel corpo della mail Esito Intervento ufficio a seguito di deposito atto Mittente Indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario interessato Destinatario Indirizzo di posta elettronica certificata di un soggetto abilitato esterno registrato nel ReGIndE. Depositante dell’atto. Oggetto Sintassi: ACCETTAZIONE [oggetto_mail_deposito] Dove [oggetto_mail_deposito] = oggetto della mail di deposito, escluso il prefisso “POSTA CERTIFICATA: “ (inserito automaticamente dal gestore di PEC) Esempio: ACCETTAZIONE DEPOSITO Ricorso A vs. B Corpo codice esito [come riportato in EsitoAtto.CodiceEsito] Descrizione esito [come riportato in EsitoAtto.DescrizioneEsito] Allegati EsitoAtto.xml, documento xml aderente alle specifiche (EsitoAtto.dtd); l’elemento IdMsg conterrà l’ID univoco del messaggio di PEC (elemento identificativo in DatiCert.xml); elementi relativi a codifiche PdA saranno valorizzati con stringhe vuote.

Quanto costa una scortesia? Una delle questioni più dibattute nel processo telematico è quella delle c.d. “copie di cortesia”, ovvero le copie in formato analogico (cartaceo) da fornire al Giudice dei documenti già depositati in formato digitale. AVVOCATI non vogliono avere l’onere di portare in cancelleria materialmente le copie degli atti che hanno già depositato in telematico (pensate a chi deposita in un tribunale geograficamente lontano dalla sede del suo studio) MAGISTRATI pongono il problema, in parte reale in altra parte pretestuoso, della difficoltà di leggere al pc atti processuali e poterne comprendere e memorizzare a pieno il senso ai fini di una decisione ponderata. V. documento dell’ANM sul PCT del 5 ottobre scorso secondo cui: il PCT, allo stato in regime ibrido, non può in alcun modo comportare l’abbandono del fascicolo cartaceo, e il necessario mantenimento del cartaceo non può gravare sul magistrato

Da che parte stare? Riferimenti normativi Secondo il citato art. 16 bis, comma 8, d.l. 179/2012, «Fermo quanto disposto al comma 4, secondo periodo, il giudice può autorizzare il deposito degli atti processuali e dei documenti di cui ai commi che precedono con modalita' non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti». Comma 9. «Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche».

Da che parte stare? Lo stesso art. 16 bis, comma 1, chiarisce che il deposito ha luogo «con modalità esclusivamente telematiche» e finanche il comma 1 bis (aggiunto dal d.l. 83/2015), quando autorizza il deposito facoltativo anche degli atti introduttivi e del primo atto difensivo del giudizio, precisa che in tal caso (cioè se la parte abbia optato per il deposito telematico) «il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità». Infine il d.l. 90/2014 ha inserito nell’art. 111 disp. att. c.p.c. (che prevedeva l’obbligo per la parte che deposita le comparse, di consegnarne contemporaneamente copie in carta libera per il fascicolo d’ufficio) la precisazione che questa disposizione non si applica quando le comparse sono depositate in formato telematico.

La prassi prevale sulla norma… Ciò nonostante, i protocolli sul p.c.t. ed alcune circolari emanate negli uffici giudiziari hanno variamente disciplinato la prassi delle “copie di cortesia”: uno per tutti, la circolare diramata dal Presidente del Tribunale di Bari del febbraio 2015 con cui si è ravvisata «l’opportunità-esigenza della allegazione da parte dei difensori di copie informali degli atti – documenti, depositati telematicamente»… Il Protocollo sottoscritto dal Tribunale di Milano e dal Consiglio l’Ordine degli Avvocati di Milano il 26 giugno 2014 richiede «ai difensori di consegnare in cancelleria (…) copia cartacea di dette memorie ad uso esclusivo del giudice (…); le copie verranno depositate su tavolo/scaffale all’uopo predisposto dalla cancelleria, in sezione distinta per ogni giudice, senza attendere intervento di operatore».

La realtà supera la fantasia… Decreto del Tribunale di Milano 15 gennaio 2015, n. 534: «Va osservato come parte opponente abbia depositato la memoria conclusiva autorizzata solo in forma telematica, senza la predisposizione delle copie “cortesia” di cui al Protocollo d'Intesa tra il Tribunale di Milano e l'Ordine degli Avvocati di Milano del 26.06. 014, rendendo più gravoso per il Collegio esaminarne le difese. Tale circostanza comporta l’applicazione dell’art.96, comma 3, c.p.c. come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'opposizione allo stato passivo promossa da (…) nei confronti di (…) avverso il decreto del G.D., in data 13.12.2013, così provvede: 1 - rigetta l'opposizione; 2 - condanna (…) al pagamento in favore di (…), al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 12.000,00 per competenze. oltre IVA e C.o.a. come per legge ed oltre al 15% rimborso spese generali; condanna (…); al pagamento in favore di FALLIMENTO (…) ex art. 96, comma 3, c.pc. dell'importo ulteriore di euro 5.000,00

Le reazioni Intervento del Presidente del Tribunale di Milano (Livia Pomodoro) che in una nota del febbraio 2015 definisce «incompatibile, con l’ottica di collaborazione tra tribunale e foro per la spontanea attuazione del PCT, il ricorso a sanzioni pecuniarie processuali, a fronte di difficoltà ed incertezze applicative connaturate alla realizzazione di un intervento così ampio e innovativo quale il PCT». Gli effetti della pronuncia vengono in parte mitigati da un successivo provvedimento del giudice delegato (Trib. Milano 7 febbraio 2015) della stessa procedura con cui, ritenuto «opinabile il principio su cui si è fondata la condanna per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96, comma 3» approva la proposta formulata dal curatore al comitato dei creditori di rinunciare ad avvalersi del capo del decreto che condannava l’opponente al pagamento della somma di € 5.000 ex art. 96 in cambio del pagamento entro dieci giorni delle altre spese di lite.

Lo stato dell’arte… L’ultima puntata: Modifica legislativa introdotta dal d.l. 83/2015 all’interno dell’art. 16 bis d.l. 179/2012 (comma 9) secondo cui «Fatto salvo quanto previsto dal periodo precedente» e cioè il deposito cartaceo ordinato dal giudice per specifiche esigenze «con decreto non avente natura regolamentare il Ministro della giustizia stabilisce misure organizzative per l’acquisizione anche di copia cartacea degli atti depositati con modalita' telematiche nonché per la riproduzione su supporto analogico degli atti depositati con le predette modalità, nonché per la gestione e la conservazione delle predette copie cartacee….

Reazioni Nuova sollevazione dell’Avvocatura: è tornata la copia cartacea!  Il ministero smentisce, se pur in modo sibillino, nel comunicato ufficiale del 4 agosto 2015 osservando che   In ordine alle preoccupazioni che agitano una parte dell’avvocatura associata riguardo l'emendamento dell’articolo 19 del dl 83 che demanda a un decreto ministeriale “le misure organizzative per l’acquisizione anche di copia cartacea degli atti depositati con modalità telematica”, il ministro Orlando incontrerà giovedì prossimo 6 agosto le predette associazioni dell’avvocatura. Il regolamento, già in lavorazione dagli uffici del ministero, avrà il principale obiettivo di una più corretta gestione delle copie cartacee che negli uffici giudiziari ad oggi vengono prodotte, indipendentemente, ed anzi a prescindere, dall’esistenza di protocolli di prassi sulle copie di cortesia. In altri termini il decreto ministeriale sul Processo civile telematico detterà alle cancellerie le regole per le modalità di acquisizione e conservazione del materiale cartaceo (che ai sensi dell’articolo 16 bis  del dl 179/2012 e dell'articolo 156 cc viene legittimamente prodotto allo stato della normativa vigente) ed indicherà in maniera esplicita che le copie di cortesia oggetto dei vari protocolli non saranno più gestite e accettate dalle cancellerie

Reazioni Peccato che lo stesso Ministero, nella circolare del 28 ottobre 2014 interpretativa dell’entrata in vigore del PCT, aveva espressamente escluso tale necessità: La messa a disposizione del giudice di tale copia, ad opera delle parti o degli ausiliari, costituisce soluzione o prassi organizzativa adottata a livello locale e non può essere oggetto di statuizioni imperative, né, in generale, di eterodeterminazione. Laddove se ne ravvisi la necessità, quindi, potrà essere individuata, presso i singoli uffici, una modalità per mettere a disposizione dei magistrati la copia cartacea di atti e documenti già depositati mediante invio telematico. Tale prassi, libera da qualsiasi vincolo di forma, lo si sottolinea, non sostituisce né si aggiunge al deposito telematico, ma costituisce soltanto una modalità pratica di messa a disposizione del giudice di atti processuali trasposti su carta… …Corre l’obbligo, infine, di aggiungere che, considerata l’eccezionalità del momento, nel caso non vengano adottate le prassi sopra indicate, e poiché i magistrati dovranno modificare in modo rilevante le proprie modalità di organizzazione del lavoro, può esservi la necessità di procedere, da parte della cancelleria, alla stampa di atti e documenti su richiesta del giudice, soprattutto laddove si tratti di ‘file’ di grandi dimensioni.

Sinteticità degli atti Anche qui netta contrapposizione tra giudici, che pretendono atti snelli quasi schematici che favoriscano la celerità della decisione, e avvocatura, che vede ogni rigida regolamentazione delle modalità di redazione degli atti come una inammissibile ingerenza e limitazione del diritto di difesa.

La giurisprudenza Cass. civ., sez. lav., 06-08-2014, n. 17698. Il mancato rispetto del dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva espone il ricorrente per cassazione al rischio di una declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione, in quanto esso collide con l’obiettivo di attribuire maggiore rilevanza allo scopo del processo, tendente ad una decisione di merito, al duplice fine di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa di cui all’art. 24 cost., nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all’art. 111, 2º comma, cost. e in coerenza con l’art. 6 Cedu, nonché di evitare di gravare sia lo stato che le parti di oneri processuali superflui

La giurisprudenza Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza del 30.9.2014, n. 20589 Il ricorso per Cassazione deve rispettare i criteri della chiarezza e sinteticità espositiva; ciò rappresenta un preciso dovere processuale, il cui mancato rispetto, da parte del ricorrente per cassazione, lo espone al rischio di una declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione. E’ necessaria la sintetica esposizione dei fatti (nel caso di specie il ricorso era lungo oltre cento pagine) perché altrimenti si affida alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto, la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso.

La giurisprudenza Tribunale di Milano, sez. IX, 1 ottobre 2013 Non rispettano il principio del giusto processo gli atti depositati dalle parti con contenuti sovrabbondanti dove, nel merito, rispetto alle precedenti difese ed al thema decidendum, non introducano elementi di particolare differenziazione o novità. Infatti, la particolare ampiezza degli atti certamente non pone un problema formale di violazione di prescrizioni formali ma non giova alla chiarezza degli atti stessi e concorre ad allontanare l'obiettivo di un processo celere che esige da parte di tutti atti sintetici, redatti con stile asciutto e sobrio. ... Nel caso di atti sovrabbondanti il violazione del principio di sinteticità, il giudice può tenere conto del comportamento in sede di liquidazione delle spese processuali, ex artt. 91, 92 c.p.c.

La giurisprudenza Linee guida diramate dalla stessa sezione IX del Tribunale di Milano il 6 febbraio 2014, dettano regole minuziose di redazione degli atti: Si raccomanda agli Avvocati di redigere gli atti in modo sintetico, adottando il carattere Times New Roman, valore n. 12, interlinea 1,5. Gli atti introduttivi del procedimento non dovrebbero superare le 50 pagine. Le memorie integrative non dovrebbero superare le 20 pagine. Le successive memorie non dovrebbero superare le 15 pagine. Ogni singolo giudice può, con le parti del processo, alla prima udienza, stabilire limiti condivisi.

Le norme “Norma manifesto” inserita nel comma 9 octies dell’art. 16 bis d.l. 179/2012, secondo cui «Gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalita' telematiche sono redatti in maniera sintetica» È un monito, più che una prescrizione normativa, per ora priva di specifica cogenza→ raffronto con l’art. 26 d.leg. 2 luglio 2010 n. 104 (Codice del processo amministrativo) secondo cui il giudice provvede sulle spese del giudizio tenendo anche conto del rispetto dei principi di chiarezza e sinteticità degli atti di cui all’art. 3 comma 2 («il giudice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica»).

Le notifiche in proprio degli avvocati (a norma della l. 53/1994, come modificata dalla l. 228/2012)

Nozione Le notifiche “in proprio” degli avvocati ai sensi della l. 21 gennaio 1994, n. 53 sono delle notifiche effettuate autonomamente dal difensore della parte, senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario: 1) a mezzo del servizio postale (art. 1); 2) mediante la posta elettronica certificata (art. 3 bis); 3) tramite consegna diretta dell’atto, nei casi in cui il destinatario sia altro avvocato che abbia la qualità di domiciliatario (artt. 4-5).  Gli atti per cui è consentito avvalersi di questa speciale forma di notificazione sono quelli: «in materia civile, amministrativa, stragiudiziale», con esclusione quindi degli atti in materia penale.

Requisiti L’avvocato che voglia effettuare validamente la notifica “in proprio”, a mezzo di posta elettronica certificata, deve essere munito di: Procura alle liti a norma dell’art. 83 c.p.c. Indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi

Modello PROCURA ALLE LITI TELEMATICA Io sottoscritto Sig. [TIZIO], nella mia qualità di legale rappresentante della società [ALPHA], delego l’Avv. (C.F..) ad assistere, rappresentare e difendere detta società, in ogni fase e grado del presente giudizio (Tribunale di …, Sezione …, RG …), sia in fase di procedimento cautelare o possessorio, sia nel giudizio di merito, con ogni e più ampia facoltà, compresa quella di impugnare, sottoscrivere precetto, promuovere esecuzione, incassare e rilasciare quietanza, transigere e conciliare anche ai sensi dell’art. 185 c.p.c., e sin d'ora espressamente ai sensi del D.Lgs. n. 28/2010, nonché rinunciare ed accettare rinuncia agli atti del giudizio, farsi sostituire, eleggere domicili, nominare procuratori, rinunziare alla comparizione personale delle parti, riassumere la causa, proseguirla, chiamare terzi in causa, proporre domande riconvenzionali ed azioni cautelari di qualsiasi genere e natura in corso di causa, chiedere ed accettare rendiconti. Autorizzo il medesimo al trattamento dei miei dati personali anche sensibili ai sensi del Codice Privacy e successive modifiche. Dichiaro di essere stato informato della possibilità di avvalermi del procedimento di mediazione disciplinato dal D.Lgs n. 28/2010 e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20 del decreto medesimo, nonché dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie in materia di: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, da responsabilità sanitaria e medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. La presente procura alle liti deve intendersi in calce all'atto… (art. 18, co. 5, DM n. 44/2011, come modificato dal D.M. 48/2013), con cui è unitamente notificato. Nella mia predetta qualità, eleggo domicilio presso lo studio e la persona del predetto difensore in…, Via … n. ... , ... F.to Sig. [TIZIO] per [ALPHA].......................... Si certifica l’autografia della sottoscrizione. F.to Avv.................................

Requisiti: Indirizzo di posta elettronica certificata del notificante 1/2 La notificazione può essere eseguita esclusivamente DA un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi e VERSO un indirizzo (di posta elettronica certificata) risultante da pubblici elenchi  secondo l’art. 16 ter d.l. 179/2012 a far data dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale, si intendono per «pubblici elenchi» quelli: contenenti gli indirizzi PEC delle Amministrazioni Pubbliche (art. 16, comma 12, del d.l. 179/2012): l’elenco, formato dal Ministero della Giustizia, è consultabile soltanto dagli Uffici giudiziari e dagli Uffici Notificazioni, esecuzioni e protesti. contenenti gli indirizzi di posta elettronica certificata di cui al d.l. 185/2008 che le P.A. erano tenute a comunicare al C.N.I.P.A. (Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione) poi soppresso e sostituito da DigitPa nuovamente soppresso e sostituito dalla Agenzia per l’Italia Digitale (v. l. 134/2012): l’elenco è liberamente consultabile al sito www.indicepa.gov.it contenenti gli indirizzi costituenti il c.d. «domicilio digitale del cittadino», che il cittadino ha facoltà di comunicare alla Pubblica Amministrazione e che valgono soltanto per le «comunicazioni tra Pubblica Amministrazione e Cittadino» e confluiscono nell’ANPR (v. art. 4 d.l. 179/2012)  sarà a regime dal 31.12.2014

Requisiti: indirizzo di posta elettronica certificata del notificante 2/2 contenenti gli indirizzi censiti dal REGinde (soggetti abilitati esterni del processo telematico): questo elenco è già istituito e raggiungibile sul sito del Ministero della Giustizia (Portale dei Servizi telematici) tramite autenticazione crittografica contenenti gli indirizzi delle imprese costituite in forma societaria (o delle imprese individuali) o dei professionisti iscritti in albi, di cui all'articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 confluito nel c.d. INI-PEC (indice generale delle imprese e dei professionisti) di cui all’articolo 6-bis d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82: tale elenco è consultabile liberamente dai cittadini, senza necessità di autenticazione al sito www.inipec.gov.it (attivo dal 19.12.2013) All’esito della ricerca di uno degli indirizzi presenti in questo elenco, viene fuori questo messaggio: AVVERTENZA:Il servizio fornisce informazioni in ordine agli indirizzi di Posta Elettronica Certificata dei professionisti ed imprese presenti sul territorio italiano, con esclusione di qualsiasi garanzia in merito alla correttezza e validità temporale dei predetti indirizzi PEC. Pertanto, l'utente, consultando l'indice, accetta di esonerare il MISE ed InfoCamere S.C.p.A, in qualità di gestore dell'infrastruttura tecnologica, da qualsiasi responsabilità in ordine alla correttezza e validità degli indirizzi PEC contenuti nell'indice stesso. Come se l’ufficio Anagrafe scrivesse che non è responsabile per la corrispondenza dei dati censiti.

Modello di richiesta autorizzazione del consiglio dell’ordine (non più necessaria ) Spett.le Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di … Il sottoscritto Avv. ____________________, regolarmente iscritto all’Albo degli Avvocati di… al numero…. con studio in ____________________________________ CHIEDE di essere autorizzato ad avvalersi delle facoltà previste dalla legge n. 53/1994 in materia di notificazioni civili, amministrativi e stragiudiziali. A tal fine, DICHIARA -di non avere alcun procedimento disciplinare pendente a suo carico; - di non aver mai riportato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale, né altra sanzione più grave. Infine, ALLEGA (solo in caso di notifica a mezzo posta ordinaria) il registro cronologico previsto dall’art. 8 della succitata legge, conforme al modello stabilito dal Ministero della Giustizia, per i provvedimenti di competenza. Con osservanza. , __________________ __________________________

Come si esegue la notifica in proprio? Innanzitutto, bisogna chiarire che per procedere alla notifica in proprio a mezzo PEC non è necessario possedere un software redattore atti, al pari di quanto accade nei depositi telematici, ma soltanto un dispositivo di firma digitale che servirà a sottoscrivere l’atto, la relata di notifica e l’eventuale procura allegata.

Atto da notificare L’atto può essere nativo informatico o cartaceo. Nel primo caso, l’atto va redatto con un qualsiasi software di videoscrittura (word, openoffice, libreoffice), convertito in pdf (secondo le specifiche tecniche sul processo telematico) e poi firmato digitalmente Nel secondo caso, e cioè qualora l’atto non consista in un documento informatico ma sia analogico (si pensi alla copia autentica di un provvedimento giudiziario in formato cartaceo), l’avvocato, ai sensi dell’art. 3 bis l. 53/1994, provvederà ad estrarre copia informatica dell’atto analogico, tramite scannerizzazione, e ne attesterà la conformità all’originale cartaceo a norma dell’art. 16 undecies del d.l. 179/2012: l’avvocato che compila le attestazioni o la relazione di notificazione è infatti considerato «pubblico ufficiale ad ogni effetto» dall’art. 6 della l. 53/1994  Se la copia informatica è destinata alla notifica l’attestazione di conformità è inserita nella relazione di notificazione (di cui all’art. 3 bis l. 53/’94, come da ultimo disposto dal D.M. 48/2013 che ha modificato l’art. 18 del D.M. 44/2011 sulle regole tecniche del processo telematico). La notifica si eseguirà in entrambi i casi mediante allegazione dell’atto da notificarsi, debitamente firmato con firma digitale, al messaggio di posta elettronica certificata. Può essere opportuno allegare al messaggio anche la c.d. “copia di cortesia degli atti” non firmata digitalmente, che ha il vantaggio di essere più leggera e dunque più agevolmente leggibile per il destinatario.

Oggetto del messaggio di posta elettronica certificata Il messaggio di PEC dovrà indicare nell’oggetto la dicitura: «notificazione ai sensi della legge n. 53/1994». Nulla sarà invece necessario inserire nel corpo del messaggio, in quanto si tratta di informazioni non censite dal sistema di posta elettronica certificata (e dunque superflue).

La relata di notifica Essa deve essere redatta come documento nativo informatico separato (anch’esso in formato .pdf) sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata: non si deve scannerizzare la relata. A norma del comma 5 dell’art. 3 bis l. 53/’94 essa deve contenere: nome, cognome, codice fiscale dell’avvocato notificante gli estremi del provvedimento autorizzativo del consiglio dell’ordine nel cui albo è iscritto nome, cognome o denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti nome, cognome o denominazione e ragione sociale del destinatario l’indirizzo di posta elettronica certificata cui l’atto viene notificato l’indicazione dell’elenco (pubblico) da cui l’indirizzo è stato estratto l’attestazione di conformità dell’originale cartaceo alla copia digitale per le notificazioni effettuate in corso di procedimento, anche l’indicazione dell’ufficio giudiziario, sezione, numero ed anno di ruolo. Per l’avvocato che si avvalga della notificazione in proprio a mezzo PEC è invece venuto meno l’obbligo di annotazione di ogni notificazione sul registro cronologico (che egli non è neppure tenuto a richiedere) e della conseguente indicazione nella relata di un numero cronologico; obbligo tuttora sussistente per l’avvocato che provveda alle notifiche in proprio a mezzo posta ordinaria.

Relazione di notifica Io sottoscritto Avv. [NOME, COGNOME e CF] iscritto all’albo degli Avvocati presso l’Ordine degli Avvocati di _______, in ragione del disposto della L. 53/94 e ss.mm. nonché in virtù dell’autorizzazione rilasciata ai sensi e per gli effetti dell’art. 7 della stessa legge dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di _______, come da delibera del [DATA ED ESTREMI DELLA DELIBERA AUTORIZZATIVA DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE], quale difensore della [DATI DELLA PARTE DIFESA DALL’AVVOCATO NOTIFICATORE], per la quale si procede alla presente notifica in virtù della procura alle liti, che si allega ai sensi dell’art. 18 DM 44/2011 e 83, 3° comma c.p.c. NOTIFICO l’allegato atto [BREVE DESCRIZIONE DELL’ATTO] a [DATI DEL DESTINATARIO (inserire qui l’eventuale domiciliazione presso un legale come, ad esempio, per gli atti di opposizione a decreto ingiuntivo)] all’indirizzo di posta elettronica [INDIRIZZO PEC DI DESTINAZIONE] estratto da [INSERIRE L’ELENCO PUBBLICO DA CUI È TRATTO L’INDIRIZZO; IN VIA ALTERNATIVA]: - dal Registro delle Imprese di [SEDE DEL DESTINATARIO]; - dal Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (consultabile dal sito http://pst.giustizia.it/PST/); - dall'Indice delle amministrazioni pubbliche, brevemente IndicePA o IPA, consultabile dal sito http://www.indicepa.gov.it” (eventuale se in corso di giudizio) DICHIARO che la presente notifica viene effettuata in relazione al procedimento pendente avanti al Tribunale di [TRIBUNALE AVANTI AL QUALE PENDE IL PROCEDIMENTO RELATIVO ALLA NOTIFICA – SEZIONE DEL TRIBUNALE – GIUDICE - RG DEL PROCEDIMENTO E ANNO] (eventuale se si deve attestare la conformità di un atto da parte dell’avvocato) ATTESTO ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 3-bis comma 2 e 6 comma 1 della L. 53/94, così come modificata dalla lettera d) del comma 1 dell’art. 16-quater, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, aggiunto dal comma 19 dell’art. 1, L. 24 dicembre 2012, n. 228 e dell’art. 22 comma 2 del Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e ss.mm., che l’atto notificato è copia informatica conforme all’originale analogico da cui è stata estratta.

Il momento perfezionativo della notifica L’art. 3 bis comma 3 ha accolto il principio di scissione del momento perfezionativo della notifica tra notificante e notificato recepito nell’art. 149 c.p.c. (notifiche a mezzo posta) a seguito di Corte cost. 477/2002. Infatti la notifica in proprio ai sensi della l. 53/94 si perfeziona: per il notificante, al momento in cui viene generata la Ricevuta di Avvenuta Accettazione, rilasciata dal gestore di posta elettronica del mittente, che costituisce prova della spedizione del messaggio PEC per il destinatario, nel momento in cui viene generata la Ricevuta di Avvenuta Consegna, rilasciata dal gestore di posta elettronica del destinatario, che costituisce prova che il messaggio di posta elettronica certificata sia pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario, indipendentemente dalla avvenuta lettura da parte del destinatario. Secondo il D.M. 48/2013, la ricevuta di consegna è quella completa, ovvero quella in grado di restituire anche copia completa del messaggio di posta elettronica certificata inviato dal mittente. La scissione del momento perfezionativo costituisce un deciso passo in avanti rispetto alla previsione dell’art. 149 bis c.p.c., in tema di notifica telematica a cura della cancelleria, che continua a disporre che la notifica può considerarsi perfezionata solo nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario Viene in rilievo per le notifiche a mezzo PEC, il disposto dell’art. 147 c.p.c. secondo cui le notifiche non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21: l’art. 147 c.p.c. è norma volta a tutelare la quiete del destinatario della notifica, il solo che potrebbe eccepire l’irregolarità formale della stessa. Questi non può rifiutare la ricezione della notifica, come poteva fare in caso di notificazione cartacea : v. però ar. 16 septies d.l. 179/2012

La prova del perfezionamento della notifica Art. 9 comma 1-bis. Qualora non si possa procedere al deposito con modalita' telematiche dell'atto notificato a norma dell'articolo 3-bis, l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformita' ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. ((1-ter. In tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalita' telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis.)). Cass. 7 ottobre 2015, n. 20072 La notifica a mezzo posta elettronica certificata non si esaurisce con l'invio telematico dell'atto, ma si perfeziona con la consegna del plico informatica nella casella di posta elettronica del destinatario, e la prova di tale consegna è costituita dalla ricevuta di avvenuta consegna. La mancata produzione della ricevuta di avvenuta consegna della notifica a mezzo p.e.c. del ricorso per cassazione, impedendo di ritenere perfezionato il procedimento notificatorio, determina quindi l'inesistenza della notificazione, con conseguente impossibilità per il giudice di disporne il rinnovo ai sensi dell'art. 291 cod. proc. civ., in quanto la sanatoria ivi prevista è consentita nella sola ipotesi di notificazione esistente, sebbene affetta da nullità

Ignorantia legis non excusat Tribunale di Mantova 3 giugno 2014 ha dichiarato tardiva l’opposizione a un decreto ingiuntivo notificato a mezzo PEC, escludendo la remissione in termini chiesta dall’opponente per mancata conoscenza dell’utilizzo degli applicativi per la lettura dei file firmati digitalmente (la parte ingiunta, coltivatore diretto provvisto di PEC, non era riuscito ad aprire i file contenenti il ricorso e decreto che gli erano stati notificati e solo dopo due mesi si era rivolto ad un tecnico che aveva decifrato il contenuto di questi files)

… «La tecnologia non è più appannaggio esclusivo di scienziati, ingegneri e addetti ai lavori, ma è entrata nelle case, negli uffici, negli studi professionali e la portata rivoluzionaria di questa irruzione appare riflettersi inevitabilmente nel campo del diritto, ponendo nuove sfide al giurista; per queste ragioni, non può più considerarsi tale chi si ostini a non volersi occupare dell’informatica, a rifiutare di capire come e quanto possa servire a migliorare la qualità della vita, a non cercare di vederne le applicazioni professionali. Un avvocato che si rifiutasse di compiere questo sforzo si porrebbe allo stesso livello di chi volesse comprendere il diritto vigente senza saper essere uomo del suo tempo» R. Borruso (Magistrato, pres. Aggiunto on. Corte di cassazione)