5 Dicembre 2016 – Dott. Enrico Andreoli Le fonti europee
Il sistema giuridico dell’Unione Europea è costituito dall’insieme di norme che regolano l’organizzazione e lo sviluppo dell’Unione Europea e i rapporti tra questa e gli Stati membri.
Il diritto dell’UE diritto originario (Trattati istitutivi delle Comunità europee 1951-1957; atti successivi modificativi o integrativi: Atto Unico europeo 1986, Trattato sull’Unione Europea 1992, Trattato di Amsterdam 1997, Trattato di Nizza 2001, Trattato di Lisbona 2007; principi generali del diritto, enucleati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea) diritto derivato (tutte le norme giuridiche emanate dalle istituzioni, come atti tipici – regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri – e i c.d. atti atipici)
Il diritto originario dell’UE è fonte di primo grado (c. d Il diritto originario dell’UE è fonte di primo grado (c.d. diritto primario), posto che le norme che lo costituiscono formano il quadro “costituzionale” dell’UE. Il diritto derivato rappresenta invece una fonte di secondo grado, in quanto gli atti che lo costituiscono sono gerarchicamente subordinati ai Trattati.
I Trattati istitutivi non prevedono formalmente alcuna gerarchia tra le fonti europee L’art. 288 TFUE indica solo gli atti che le istituzioni dell’UE devono adottare per svolgere la propria azione. Se non viene indicato alcun atto particolare, la scelta è lasciata alla discrezionalità delle istituzioni.
L’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’UE Il principio di autonomia dell’ordinamento giuridico dell’UE è stato elaborato dalla Corte di Giustizia dell’UE ancora nel 1963, con la sentenza Van Gend en Loos: “… la Comunità economica europea costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati membri hanno rinunciato, seppure in settori limitati, ai loro poteri sovrani ed al quale sono soggetti non soltanto gli Stati membri, ma pure i loro cittadini.”
Le esigenze sono: l’uniforme applicazione del diritto europeo su tutto il territorio dell’Unione; il rapporto di coordinamento ordinamentale, ossia la stretta integrazione e interdipendenza tra ordinamento dell’UE e ordinamento interno dello Stato membro. In caso contrario, qualsiasi disposizione nazionale potrebbe introdurre un’interpretazione restrittiva delle norme europee, circostanza che non consentirebbe, appunto, un’uniforme applicazione del diritto sovranazionale sul territorio dell’Unione
Due principi cardine, elaborati dalla Corte di Giustizia dell’UE: il principio della diretta applicabilità del diritto dell’Unione; il principio della preminenza del diritto dell’Unione rispetto alla norma conflittuale statale, anche se posteriore.
I Trattati istitutivi e i Trattati di modifica. Trattato istitutivo della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), 1951 Trattato istitutivo della CEE (Comunità Economica Europea) e dell’Euratom (Comunità Europea per l’energia atomica), 1957 Trattato istitutivo dell’Unione Europea (Trattato di Maastricht), 1992 Trattato di Lisbona, 2007: istituisce il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e il Trattato sull’Unione Europea (TUE)
I principi generali del diritto dell’UE. Possono avere una duplice derivazione: normativa o giurisprudenziale. Esempio della prima categoria può essere desunto dai principi inseriti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (ad es., il diritto alla tutela giurisdizionale), oppure dai Trattati (ad es., il principio di legalità). La maggior parte di essi, tuttavia, appartengono alla seconda categoria (c.d. diritto non scritto dell’UE).
Il nucleo centrale dei principi generali è quello che riguarda la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, esigenza affermata sin dal 1969 dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE. I Trattati istitutivi, infatti, non contenevano alcuna norma relativa alla tutela di tali diritti: vi era però una tutela indiretta, dato che le libertà individuali erano strumentali alla realizzazione del mercato comune.
Con il Trattato di Lisbona è stato introdotto l’art. 6, par Con il Trattato di Lisbona è stato introdotto l’art. 6, par. 1, TUE: “L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei Trattati.” esplicita equiparazione della Carta ai Trattati
L’art. 6, par. 2, TUE, inoltre, pone la base giuridica per l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) Il par. 3, infine, esplicita come i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri fanno parte del diritto dell’Unione, in quanto principi generali.
La Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Adottata originariamente a Nizza nel 2000, essa accoglie in un testo organico i diritti civili e politici, economici e sociali, quali risultano dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni degli Stati membri, dal Trattato sull’UE, dalla CEDU, dalla Carta sociale europea, dalla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, nonché dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE e della Corte dei diritti umani.
Il diritto derivato dell’UE. Art. 388 TFUE: “per esercitare le competenze dell’Unione le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.”
Gli atti giuridici dell’UE i regolamenti: hanno una portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili; le direttive: sono indirizzate agli Stati membri (al singolo Stato o a tutti gli Stati), non sono obbligatorie in tutti i loro elementi, in quanto vincolano i destinatari solo riguardo al risultato da raggiungere, lasciando alla loro discrezione la scelta dei mezzi e della forma; le decisioni: sono obbligatorie in tutti i loro elementi, se designano i destinatari sono obbligatorie solo nei confronti di questi; le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti per i loro destinatari.
La distinzione tra atti legislativi e atti non legislativi dipende dalla procedura adottata per la loro emanazione: l’art. 289, par. 3, TFUE, indica che gli atti adottati mediante procedura legislativa sono atti legislativi. Gli atti adottati mediante procedura legislativa ordinaria o speciale sono i regolamenti, le direttive e le decisioni. Tra gli atti non legislativi rientrano gli atti delegati (integrano elementi di un atto legislativo) e gli atti di esecuzione (di competenza della Commissione).
I regolamenti (art. 288 TFUE). Sono atti: a portata generale: presentano il carattere dell’astrattezza, in quanto non si rivolgono a destinatari determinati. I destinatari sono tutti i soggetti giuridici dell’UE; obbligatori in tutti i loro elementi: le norme poste sono destinate a disciplinare la particolare materia e vanno osservate come tali dai destinatari; direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri: acquistano efficacia senza la necessità di un atto di ricezione o di adattamento da parte dei singoli ordinamenti statali.
Le direttive (art. 288 TFUE). Esse vincolano lo Stato membro (o gli Stati membri) cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere, senza incidere sulla competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi necessari a raggiungere tale risultato.
non hanno portata generale, ma hanno come destinatari gli Stati membri; non sono obbligatorie in tutti i loro elementi, in quanto impongono un’obbligazione di risultato, lasciando liberi gli Stati di adottare le misure dagli stessi ritenute opportune; secondo la Corte di Giustizia, gli Stati devono però scegliere le forme e i mezzi più idonei a garantire la reale efficacia delle direttive, alla luce dello scopo di queste ultime (devono essere atti vincolanti, chiari e certi) non hanno efficacia diretta, in quanto essa è mediata attraverso i provvedimenti che gli Stati andranno concretamente ad adottare.
Nella prassi dell’Unione è sempre più frequente il ricorso a direttive dettagliate o particolareggiate (c.d. self-executing), le quali indicano con precisione le norme interne che gli Stati sono tenuti ad adottare: la discrezionalità dello Stato si riduce soltanto alla scelta della forma giuridica interna da dare alla norma già fissata sul piano europeo.
Sotto il profilo delle misure nazionali di attuazione delle direttive, queste devono essere adottate entro il termine fissato dalla stessa direttiva: in caso di inosservanza, gli Stati membri commettono una violazione che può dar luogo a una procedura di infrazione, oltre che al risarcimento dei danni.
Le decisioni (art. 288 TFUE). Sono obbligatorie in tutti i loro elementi e, se designano i destinatari, obbligatorie solo nei confronti di questi. Sono adottate solitamente nell’ambito della disciplina sulla concorrenza.
Gli atti non vincolanti (art. 288 TFUE). raccomandazioni (art. 292 TFUE): il potere generale di adottarle spetta al Consiglio; pareri (art. 292 TFUE): il potere generale di adottarli spetta al Parlamento europeo. La distinzione tra i due atti concerne le finalità: la raccomandazione ha lo scopo di sollecitare il destinatario a tenere un determinato comportamento, considerato più rispondente agli interessi comuni; il parere tende a fissare il punto di vista dell’istituzione che lo emette in ordine a una specifica questione.
Gli atti atipici. Sono atti non vincolanti, emanati dalle istituzioni, che non rientrano tra quelli indicati nell’art. 288 TFUE: regolamenti interni; accordi interistituzionali; dichiarazioni comuni; codici di condotta; orientamenti generali; libri verdi e libri bianchi.