FONOLOGIA, ORTOGRAFIA, PUNTEGGIATURA

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FONOLOGIA, ORTOGRAFIA, PUNTEGGIATURA

Fonemi e grafemi - l'alfabetoLe parole di una lingua si ottengono attraverso una combinazione di suoni detti fonemi. Ci sono suoni autonomi, le vocali (favole), e suoni che si appoggiano alle vocali, le consonanti (favole). Per trascrivere questi suoni si usano segni grafici detti grafemi o lettere. L'insieme delle lettere forma l'alfabeto. L'alfabeto italiano comprende 21 lettere, più 5 per scrivere parole straniere. Convenzionalmente le lettere sono elencate in un ordine detto ordine alfabetico: ABCDEFGHIJKLMNOPQRSTUVWXYZ (caratteri maiuscoli) abcdefghijklmnopqrstuvwxyz (caratteri minuscoli). Cinque lettere italiane (A, E, I, O, U) servono per trascrivere le vocali. A, E, O sono dette vocali forti; I, U sono dette vocali deboli. Le altre lettere servono per trascrivere le consonanti. Non sempre c'è piena corrispondenza tra fonemi e grafemi. Per esempio, in italiano la lettera C ha un suono diverso in "casa" e in "cena"; la lettera C di "cuore" si pronuncia come la Q di "quota"; le lettere GL trascrivono un singolo fonema in "mogli", ma non in "glicine".  VEDI ANCHE

Le vocali e l'accento fonicoPer trascrivere le vocali, l'alfabeto italiano usa 5 lettere: A, E, I, O, U. In realtà i fonemi vocalici sono 7, perché la E e la O possono essere pronunciate in due modi: aperte (erba, corpi) o chiuse (verdi, doni). Per indicare la pronuncia corretta, sui dizionari si usa un segno detto accento fonico: l'accento grave (èrba, còrpi) indica la pronuncia aperta; l'accento acuto (vérdi, dóni) indica la pronuncia chiusa. Comunemente, l'accento acuto si usa solo scrivendo, a macchina o col computer, parole come "perché", "affinché", "ventitré", "né", "sé" ecc.   

Le consonanti - digrammi e trigrammiLe lettere BCDFGHLMNPQRSTVZ servono per trascrivere suoni che si appoggiano alle vocali, le consonanti. In molti casi (BDFLMNPRTV) a ogni lettera corrisponde un unico fonema. Altre lettere invece vengono pronunciate diversamente, in contesti diversi: cena/casagiro/garasole/rosagrazie/zetaCi sono inoltre dei fonemi che vengono trascritti con una combinazione di due lettere (digramma). Alcuni digrammi trascrivono un fonema che non ha una sua lettera: figli, gnocchi, scena. Altri digrammi indicano il suono dolce o duro di C e G con certe vocali: chilo, ghiro, ciabatta, giallo. In qualche caso un fonema è trascritto con tre lettere (trigramma): maglia, ascia.   

Dittongo e iato Nelle parole, due vocali accostate possono essere pronunciate unite o separate. Nel primo caso formano un dittongo, nel secondo uno iato. I dittonghi sono formati da una vocale debole (I, U) non accentata e da una vocale accentata: fiàto, suòno, càusa, fiùme ecc. Tre vocali accostate che si pronunciano unite formano un trittongo: mièi, tuòi, aiuòla. Gli iati sono formati da due vocali forti (A, E, O: maestro, poeta), oppure da una forte e una debole accentata (zìo, paùra). Il dittongo forma un'unica sillaba (fia-to), lo iato no (ma-e-stro).

L'ortografia L'ortografia stabilisce come si scrivono le parole di una lingua. La scrittura corretta delle parole non è sempre semplice e si impara soprattutto attraverso la lettura, perché in italiano non c'è piena corrispondenza tra suoni e lettere; inoltre, a volte la pronuncia di chi scrive è diversa dalla pronuncia "standard" dell'italiano. I principali problemi ortografici riguardano la scrittura diversa di suoni uguali, la distinzione tra suoni simili, la distinzione tra consonanti semplici e doppie, l'uso dell'accento e dell'apostrofo.

Uso della lettera «H»In italiano la lettera H non si pronuncia; essa infatti serve per formare digrammi (CH, GH) che indicano la pronuncia "dura" di C e G davanti a I ed E. Serve inoltre per distinguere alcune voci del verbo avere (ho, hai, ha, hanno) e alcune interiezioni (ah, ahi, oh ecc.). Compare inoltre in alcune parole di origine straniera (hotel, hamburger, handicap ecc.).  

Si scrive «ce» o «cie»?In italiano i gruppi CIE, GIE, SCIE, GNIA si pronunciano diversamente da CE, GE, SCE, GNA solo se la I è accentata: farmacìe, bugìe, scìe, compagnìa. In questo caso bisogna sempre scrivere la I. Se invece la I non è accentata, questi gruppi si pronunciano nello stesso modo, anche se si scrivono diversamente. Per esempio, si scrivono senza la I: cena, piacere, soddisfacente, agente, diligente, scena, conoscenza, compagna; si scrivono con la I: cielo, superficie, società, specie, sufficiente, igiene, scienza, coscienza, sogniamo. Non hanno la I il plurale di parole che finiscono in -scia o in -cia o -gia precedute da consonante (asce, lance, frecce, spiagge) e alcune voci di verbi in -ciare, -giare, -sciare, quando la desinenza comincia con E (comincerò, mangeremo, lascerebbero ecc.). Il gruppo GNIA (con la I non accentata) compare solo in alcune voci dei verbi in -gnare: insegniamo (indicativo e congiuntivo) e insegniate (congiuntivo).    

Si scrive «cu» o «qu»? In italiano la lettera Q è sempre seguita da U e da un'altra vocale. Il gruppo QU e il gruppo CU però si pronunciano nello stesso modo e ciò pone spesso problemi di ortografia. Si usa prevalentemente QU prima di A, E, I (quando, quaderno, questo, aquila), con poche eccezioni (arcuato, circuito, circuire, cui). Si scrive QUO in parole come: quotidiano, quota, liquore, equo, obliquo ecc. Si scrive CUO in parole come: cuore, cuoco, scuola, innocuo, riscuotere, promiscuo ecc. Per esprimere il doppio suono della consonante si scrive sempre CQ: acqua, acquisto, tacque, piacque ecc. L'unica eccezione è la parola soqquadro.

«mb» e «mp»In italiano, il suono nasale davanti a B e P è sempre M e non N: ambiente, bambino, ampio, campagna. Si scrive NP solo in alcune parole composte, come: benpensante, benparlante, Gianpiero (o anche Giampiero).   

Si scrive «li» o «gli»? «Ni» o «gn»? Alcuni non distinguono bene la pronuncia di li (olio) e gli (aglio), o di ni (geniale) e gn (ingegnoso). Per questo motivo non sanno distinguere pronomi come li (li ho visti) e gli (gli ho detto...), o non sanno scrivere correttamente altre parole; per esempio: milionemigliorepaliopagliabaliabigliaconcilioconsiglioGiulioGuglielmo  nienteinsegneragioniereingegnerescrutinioassegnoconiugareinsegnare

Consonanti semplici o doppie Consonanti semplici o doppie?Non sempre la pronuncia aiuta a capire se bisogna scrivere una consonante semplice o doppia. In molti casi non si può che memorizzare la scrittura di certe parole molto usate. Per esempio, si scrivono con doppie consonanti alcune parole composte come soprattutto, dappertutto, cosiddetto, appena, neppure, fabbisogno, contraddire ecc. Si scrivono semplici le consonanti Z e G davanti a -ia, -ie, -io, -ione, -ionale (astuzia, grazie, pregio, eccezione, ragione, razionale ecc.) e la B davanti a -ile (nobile, affabile ecc.).  

Le sillabeLa sillaba è quella parte di una parola che si pronuncia con una sola emissione di voce.Ogni sillaba è composta da una vocale (o da un dittongo), a volte da sola (a-pe, io-ne, ma-e-stro), più spesso insieme alle consonanti che si appoggiano ad essa: una sola consonante si appoggia alla vocale successiva (ta-vo-lo); un gruppo di due o tre consonanti si unisce alla vocale successiva se esistono parole che iniziano con quel gruppo (spa-da, ve-spa, stra-da, de-stra); altrimenti si dividono tra la vocale precedente e quella seguente (gat-to, can-to, cal-do, ac-qua ecc.). Si chiamano monosillabi le parole di una sillaba (sì, no, qui, ciò ecc.), polisillabi quelle di più sillabe: ca-sa, strac-cio, zi-o (bisillabi); ca-stel-lo, a-iu-to (trisillabi); tra-spor-ta-re, av-ve-ni-men-to, re-ste-reb-be-ro ecc.    

L'accento tonico Pronunciando una parola, la voce si posa con più forza su una sillaba che sulle altre: li-be-ro, li-be-ra-re, li-ber-tà. Questa particolare intensità si chiama accento tonico. La posizione dell'accento tonico distingue le parole in: tronche: sono parole che hanno l'accento sull'ultima sillaba: se-ve-ri-tà. piane: sono le parole che hanno l'accento sulla penultima sillaba: se-ve-ro. sdrucciole: sono le parole che hanno l'accento sulla terzultima sillaba: ge-ne-ro. Le parole con l'accento sulla quartultima sillaba (bisdrucciole: con-si-de-ra-no) e oltre (co-mu-ni-ca-me-lo) sono rare. Le parole italiane sono per la maggior parte piane.    

Gli omografi Si dicono omografi le parole che si scrivono nello stesso modo ma si pronunciano diversamente: con la E o la O aperte o chiuse: egli lègge/una légge, io vòlto la pagina/il vólto ecc. con l'accento su una sillaba diversa: àncora/ancóra, benèfici/benefìci, sùbito/subìto, desìderi/desidèri ecc.

Uso dell'accento grafico L'accento tonico si scrive sempre sui polisillabi tronchi (virtù, verità, trentatré) e su alcuni monosillabi che contengono un dittongo (ciò, già, giù, più, può) o che potrebbero essere confusi con altre parole, come:è (verbo), e (congiunzione), dà (verbo), da (preposizione), lì (avverbio di luogo), li (pronome) là (avverbio di luogo), la (articolo o pronome) né (negazione),ne (pronome), sì (affermazione), si (pronome), sé (pronome), se (congiunzione) e altri meno usati. Tutti gli altri monosillabi si scrivono senza accento: tu, me, fu, fa, va, sta, sto ecc.    

Elisione e troncamento Nel parlato succede spesso di legare tra loro due parole, tagliando la parte finale della prima: a volte facciamo un'elisione, altre volte un troncamento. L'elisione è la caduta della vocale finale di una parola davanti alla vocale iniziale di un'altra: una opera => un'opera bello uomo => bell'uomo ecc. Nella scrittura l'elisione viene sempre indicata con l'apostrofo.Il troncamento è invece l'accorciamento di una parola, ottenuto tagliando la vocale o la sillaba finale: uno ragazzo => un ragazzo uno amico => un amico bello voto => bel voto. Il troncamento può avvenire sia davanti a vocale sia davanti a consonante, e nello scritto normalmente non è indicato con l'apostrofo. Il troncamento è frequente nel parlato ("non andar via", "lo fan tutti" ecc.) e in poesie e canzoni (fior, cuor, amor ecc.). Nello scritto è presente in parole molto usate, come un (articolo maschile), nessun, qual, buon, quel, bel, san, fra, suor, signor, dottor, professor ecc.   

Quando si usa l'apostrofo L'apostrofo si usa per indicare l'elisione, che avviene solo davanti a una vocale: un'amicauna ragazzanessun'altranessuna cosacom'ècome sono ecc.In alcuni casi l'elisione è obbligatoria: la amica - l'amica - lo amico - l'amico; una amica - un'amica; quello uomo - quell'uomo; di oro - d'oro; di epoca - d'epoca; lo ho visto - l'ho visto - la ho vista - l'ho vista; ci è, ci era - c'è, c'era; santo Antonio - sant'Antonio e altre forme fissate dall'uso (senz'altro, mezz'ora, d'ora in poi ecc.)

In altri casi è facoltativa: mi/m'è capitato; si/s'incontrarono; lo,la/l'ascolto; gli/gl'individui, questo/quest'onore; come/com'era ecc. Non si elidono i pronomi li, le; la particella ci davanti ad a, o, u; la preposizione da; l'articolo gli davanti ad a, e, o, u. Non si usa l'apostrofo, invece, quando la parola accorciata va bene anche per parole che cominciano con consonante: un amicoun ragazzonessun altronessun casoqual èqual buon vento ecc.In questo caso non è elisione ma troncamento. L'apostrofo si usa per indicare il troncamento solo in pochi casi: con un po' e con gli imperativi da', di', fa', sta', va' (tu).    

La punteggiatura La punteggiatura indica l'organizzazione sintattica e logica di un discorso, che nel parlato è segnalata da intonazioni e pause. Attenzione: non sempre c'è corrispondenza tra segni di punteggiatura e pause del parlato.

Il punto Il punto (o punto fermo) si usa quando finisce un periodo: Piove. La campagna ne aveva proprio bisogno. Le previsioni del tempo dicono che la pioggia durerà per almeno tre giorni. Dopo il punto si usa l'iniziale maiuscola. Quando si passa ad un altro argomento, dopo il punto si usa andare a capo. Il punto si usa anche nelle abbreviazioni (ecc.) e nelle sigle (C.G.I.L., ma anche CGIL o Cgil). Il punto interrogativo si usa dopo domande dirette: Mi domandò: "Hai finito?" Il punto esclamativo si usa dopo ordini, esortazioni, espressioni di gioia, dolore, meraviglia: Esci! Che bello! ecc.  

La virgola La virgola si usa per separare i termini di un elenco: Ho mangiato spaghetti alle vongole, pesce ai ferri, insalata mista.   per separare complementi che hanno un valore aggiuntivo: (Dopo cena (,) siamo andati al cinema). Se queste aggiunte si trovano tra soggetto e verbo, possono essere chiuse tra due virgole (Aldo e Ugo (,) dopo cena (,) sono andati al cinema); le due virgole sono obbligatorie con apposizioni e vocativi (Al Cenobio (,) un ristorante sul mare (,) abbiamo mangiato bene - Rifletti bene (,) ragazzo mio (,) sui tuoi errori).

La virgola si usa spesso per separare le frasi di un periodo La virgola si usa spesso per separare le frasi di un periodo. In particolare, separa le frasi coordinate introdotte da ma, però, invece, perciò, quindi ecc. (Vorrei uscire, ma sono stanco) e molte frasi subordinate (Uscirei volentieri, se potessi - Non sono uscito, nonostante ne avessi molta voglia); è quasi sempre necessaria alla fine di una frase subordinata che precede la frase reggente (Mentre andavo a scuola, ho incontrato Anna - Vedendo la ragazza, sorrise); se si trova in mezzo alla reggente, la subordinata va chiusa tra due virgole (Ugo, vedendo la ragazza, sorrise). Non si usa la virgola tra soggetto e verbo (Il professore (-) era assente) e, in generale, tra elementi strettamente legati: Ho ricevuto (-) un bel regalo / Vado (-) a casa (-) di Luca. Analogamente, non si usa con frasi soggettive e oggettive (È meglio (-) che tu non esca / Ti ricordo (-) che devi studiare) o con frasi relative che specificano un nome (La ragazza (-) che ho salutato (-) è mia cugina) o tra la congiunzione e il resto della frase (Puoi uscire, ma prima (-) aiutami).  

Altri segni di punteggiatura Il punto e virgola si usa al posto del punto quando due idee sono più legate tra loro di altre: Improvvisamente si mise a piovere forte. Alcuni corsero a ripararsi sotto un portone; altri, che avevano la giacca a vento, rimasero in mezzo alla piazza a giocare. Poi cominciò a grandinare. I due punti si usano per introdurre un discorso diretto: Disse: "Andiamo al cinema?". Possono introdurre una spiegazione o un elenco (Ho mangiato bene: spaghetti alle vongole, pesce ai ferri, insalata mista) dopo una frase di senso compiuto (NON: Ho mangiato: spaghetti alle...). Un elenco può essere introdotto da una frase incompleta usando gli a capo: Le principali caratteristiche dei wwwwwwww sono: (a capo) a) xxxxxxxx xxxxxxxxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxx ; (a capo) b) yyy yyyyyyyy yyyyyyyyyyyy yyyyyyy yyyyyy ; (a capo) c) zz zzzzzzzzz zzzzzzzzzz zzzzzzzzzzzz . (a capo) I tre puntini di sospensione si usano quando una frase non viene completata (Devi studiare, altrimenti...) o per segnalare esitazioni (Devo dirti una cosa...delicata).

Altri segni grafici Le virgolette si usano soprattutto: nel discorso diretto (Disse: "Eccomi qua!"), nelle citazioni (Per Leopardi la giovinezza è "dell'arida vita unico fiore"), nei titoli di opere ("Il passero solitario" di G. Leopardi) ecc. Le parentesi si usano soprattutto per aggiungere esempi, spiegazioni o commenti non legati sintatticamente alla frase. Sui libri e nella scrittura al computer si usano vari stili di scrittura, come il TUTTO MAIUSCOLO, il corsivo, il grassetto, le sottolineature ecc.

Le maiuscole Si usa l'iniziale maiuscola all'inizio di un testo e dopo ogni punto (Piove. È mercoledì. Sono a Cesena.), all'inizio di un discorso diretto (Disse: "Eccomi qua!"), nei titoli di opere (Abbiamo letto "Il passero solitario" di Leopardi), con i nomi propri di persona, di animale, geografici, astronomici (Paolo, il signor Rossi, Pluto, l'Italia, il Po, Milano, Vega ecc.). In certi contesti, si usa anche per nomi di secoli, epoche, correnti artistiche (l'Ottocento, il Medioevo, il Verismo), di popoli, istituzioni, cariche politiche (i Longobardi, il Senato, il Presidente della Repubblica). Attualmente si usa l'iniziale maiuscola molto meno che in passato.