Distribuzione del reddito, politiche pubbliche e crisi economica Stefano Toso Università di Bologna SEMINARIO Un osservatorio per le politiche di Inclusione Attiva: il contributo dell’economia sociale Bologna, 1 Dicembre 2010
Le caratteristiche di fondo della diseguaglianza e della povertà in Italia La crisi economica e le politiche pubbliche
La diseguaglianza dei redditi in Italia: una prospettiva internazionale L’Italia è tra i paesi con più alta diseguaglianza (insieme a Uk e Usa), all’estremo opposto il nord-Europa, in mezzo l’Europa continentale. Trend comune ai paesi: gli anni ‘70-80 non hanno fatto segnare incrementi rilevanti della diseguaglianza, che è invece aumentata nel periodo successivo (‘80-’90). Il periodo più recente mostra variazioni di segno opposto tra paesi. Uniche eccezioni: Uk e Usa, per le quali vi è stato un aumento sensibile in almeno 2 decenni su 3.
Indice di Gini alla metà del primo decennio del 2000 Il trend della diseguaglianza in alcuni paesi avanzati Variazione della diseguaglianza da metà anni ’70 a metà anni ’80 Variazione della diseguaglianza da metà anni ’80 a metà anni ’90 Variazione della diseguaglianza da metà anni ’90 a metà primo decennio del 2000 Indice di Gini alla metà del primo decennio del 2000 Svezia - + ++ 0,234 Finlandia 0,269 Francia 0,270 Olanda 0,271 Belgio Germania 0,298 Australia 0,301 Canada 0,317 Irlanda 0,328 Regno Unito 0,335 Italia - - 0,352 Stati Uniti 0,381 (-) lieve calo (-1%;-6%); (--) forte calo (-7%;-15%); (+) lieve aumento (1%;6%); (++) forte aumento (7%;15%); (0) variazione non significativa. Fonte: LIS-OECD.
La diseguaglianza in Italia (1995-2006) La diseguaglianza in Italia è stabile nell’ultimo decennio (Gini intorno allo 0.33-0.35) Tuttavia, se si esamina l’evoluzione del reddito disponibile reale delle famiglie, distinte per condizione del principale percettore di reddito nel nucleo, emergono alcuni mutamenti significativi: il reddito disponibile dei lavoratori indipendenti è cresciuto più della media, quello di operai e impiegati meno della media
per condizione professionale del principale percettore di reddito Reddito disponibile equivalente reale (al netto degli affitti imputati) per condizione professionale del principale percettore di reddito in famiglia, euro 2006 Fonte: Baldini ( 2009) [elaborazioni sull’archivio storico dell’Indagine Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie]
La diseguaglianza in Italia (1995-2006): alcune possibili spiegazioni Colpa dell’Euro? No o non solo, perché il miglioramento relativo dei redditi da lavoro autonomo inizia a metà degli anni ’90, prima della sua introduzione (2002), che può solo aver accentuato una tendenza di fondo. La scarsa crescita dei redditi da lavoro dipendente ha due cause principali, la prima internazionale, la seconda tipica dell’Italia: 1) la globalizzazione, che comprime il loro potere negoziale a causa della concorrenza dei beni provenienti dai paesi a basso costo del lavoro e della minaccia di delocalizzazione 2) la dinamica insoddisfacente della produttività, che ha determinato una crescita del Pil pro capite inferiore alla media europea a partire dalla metà degli anni ’90. A parità di potere d’acquisto, il reddito italiano per abitante nel 2000 era del 4% più alto della media dell'UE-15; nel 2006 era più basso dell’8%.
La povertà in Italia: una prospettiva internazionale Il ranking tra paesi riflette quello relativo alla diseguaglianza: i meno poveri sono i paesi del Nord-Europa, i più poveri gli anglosassoni. L’Italia ha un livello di povertà simile a quello di questi ultimi La povertà negli anni’80-90 è aumentata in quasi tutti i paesi L’incremento ha però riguardato soprattutto i minori, mentre la condizione degli anziani è spesso migliorata
Povertà relativa nelle economie avanzate: trend e livelli recenti (dati LIS)
La povertà in Italia negli ultimi 30 anni La fascia centrale di età (18-64 anni) ha un andamento vagamente ad U, simile a quello complessivo I due rimanenti (<18 e >64) si sono mossi in modo opposto: aumento della povertà minorile, riduzione della povertà tra gli anziani, che è ora di poco inferiore alla media Riflesso delle caratteristiche del welfare state italiano (spesa pensionistica che assorbe più della metà della spesa sociale totale, scarso peso della spesa per assistenza, in moneta e in natura), non intaccate dalle riforme degli ultimi 15 anni
Diffusione della povertà relativa in Italia per classi di età, 1977-2006 Fonte: Baldini (2009) [elaborazioni sull’archivio storico dell’Indagine Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie]
Perché la diseguaglianza e la povertà economica sono così alte in Italia? Bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro basso numero di percettori di reddito 2) Disparità regionali molto pronunciate (livelli di prezzo, tassi di occupazione, reddito, performance scolastica, …) 3) Basso impatto redistributivo della spesa sociale: alta correlazione dei trasferimenti monetari con il reddito disponibile
Partecipazione femminile al mercato del lavoro Tassi di occupazione femminile - 2009 Nord: 57.5% Italia 2008: ripartizione per area Centro: 52.7% Sud: 31.3% Fonte: Eurostat
2) Disparità regionali molto pronunciate Rapporto tra i redditi familiari disponibili medi dei nuclei residenti nelle aree più sviluppate e meno sviluppate del paese: Italia: 1.60 Germania: 1.22 USA: 1.06 Fonte: Brandolini (2009)
3) Basso impatto redistributivo della spesa sociale Povertà relativa prima e dopo i trasferimenti pubblici - 2008 Short Description: The share of persons with an equivalised disposable income, before social transfers, below the risk-of-poverty threshold, which is set at 60 % of the national median equivalised disposable income (after social transfers). Retirement and survivor's pensions are counted as income before transfers and not as social transfers.
Tassi di povertà tra gli immigrati e i nativi Persone in famiglie con capofamiglia nato all’estero Persone in famiglie con capofamiglia nato in Italia Quota di immigrati Fonte: Brandolini (2010), www.neodemos.it
La lotta alla povertà: il nuovo orientamento del governo La povertà “vera” è quella assoluta la povertà relativa è un concetto vago e troppo simile a quello della diseguaglianza, meglio concentrarsi sulla povertà assoluta (→ “Libro Bianco sul futuro del modello sociale” del Ministero del Lavoro). Nonostante questo orientamento, il governo non intende introdurre uno schema di reddito minimo garantito (sussidio in moneta riservato ai soli poveri) L’Italia, assieme a Grecia e Ungheria, è l’unico paese nella UE-27 a non avere uno schema di reddito minimo garantito (sperimentazione del RMI 1999-2003, poi lasciata cadere). Introdotta la Carta acquisti (Social Card) nel 2008.
La Carta acquisti Un buono spesa (voucher) in forma di bancomat riservato alle famiglie con anziani (over 65enni) o con almeno un minore di 3 anni Finalizzato al contrasto della povertà assoluta: criteri di means-testing molto selettivi La carta può essere usata per acquistare qualunque tipo di bene e/o servizio, seppure solo in negozi e supermercati selezionati, o per il pagamento delle utenze energetiche (gas, luce, acqua) Importo mensile accreditato sulla carta: 40 euro, indipendentemente dal grado di povertà della famiglia La carta è riservata ai cittadini italiani residenti Brutta copia del modello a cui ci si è ispirati, il Food Stamp USA, di cui recepisce le caratteristiche meno attraenti
La Carta acquisti Brutta copia del modello a cui si ispira poiché: non impone i vincoli merceologici alla spesa del Food Stamp, consentendo l’acquisto di generi alimentari non coerenti con standard dietetici corretti non ha le medesime caratteristiche di universalità è di un importo mensile ridotto (copre poco più di un quarto della spesa mensile in alimentari di un pensionato con più di 65 anni) non è differenziato territorialmente e quindi non tiene conto del diverso costo della vita in generi alimentari tra macroaree non è condizionato alla disponibilità a lavorare essendo rivolto in prevalenza alla popolazione anziana. recepisce le caratteristiche meno attraenti del programma USA (means-testing molto stringenti, costi amministrativi di gestione elevati e probabili effetti di stigma nei beneficiari), tipiche di un modello di welfare caritatevole e non inclusivo
Effetti distributivi della Carta acquisti Beneficiari stimati: 800.000 persone, 1,4% della popolazione totale (3% di famiglie). Spesa annua complessiva: 400 milioni Quasi il 50% dei beneficiari vive in 4 regioni del Sud (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) 60% della spesa totale va al 10% più povero della famiglie, … ma solo il 17% delle famiglie povere in senso assoluto ha diritto alla social card Motivo principale: tutte le famiglie senza anziani o con minori con più di 3 anni sono esclusi dalla platea dei potenziali beneficiari. La social card è di fatto un trasferimento a favore degli anziani: 80% dei beneficiari hanno più di 65 anni! nonostante la Carta acquisti e i nuovi orientamenti in tema di contrasto della povertà, l’efficacia redistributiva delle politiche pubbliche a favore dei più deboli rimane insoddisfacente.
Gli effetti della recessione Difficili da stimare, ma guardando alla recessione del 1993, è probabile un incremento della diseguaglianza nei redditi e della povertà [Eu-Silc relativa ai redditi del 2009 disponibile solo nel 2001-12] Aumento del tasso di disoccupazione (che si aggiunge a un fortissimo incremento del ricorso alla CIG)
La crisi ha colpito in particolare: Lavoratori temporanei, principalmente giovani e con bassi livelli di istruzione Molti di loro vivono ancora in famiglia e possono quindi essere mantenuti dai redditi di genitori e nonni (la famiglia come ammortizzatore sociale) Lavoratori stranieri (senza voce politica) Effetti sociali della recessione ancora poco evidenti Il ricorso alla CIG ha interessato soprattutto le regioni del Nord a causa della loro struttura produttiva (forte dipendenza dalla domanda di importazione che proviene dall’estero), le fasce centrali di età e i lavoratori dell’industria
Come il governo ha affrontato la crisi Nessuna riforma strutturale delle politiche pubbliche per l’assistenza Incremento della spesa corrente per ammortizzatori sociali (estensione della CIG in deroga) Introduzione di un “bonus famiglia” (solo 2009) di 200-1.000 euro annui, riservato alle famiglie con redditi prevalenti da lavoro dipendente o da pensione, inferiori a 15-22.000 euro annui Mancata revisione del sistema degli ammortizzatori sociali, che lascia molte categorie di disoccupati senza sostegno monetario (lavoratori temporanei, “atipici” e con carriere frammentate). Le misure anti-crisi non intaccano i limiti strutturali di due comparti nevralgici della spesa sociale, la spesa per assistenza e il sistema degli ammortizzatori sociali
Conclusioni Diseguaglianza e povertà relativa sostanzialmente stabili nell’ultimo decennio, fino alla recente crisi economica La stabilità dei valori aggregati nasconde alcuni effetti di ricomposizione: peggiora la condizione relativa dei lavoratori dipendenti e dei minori; migliora quella dei lavoratori indipendenti e degli anziani Il decennio è trascorso senza che si sia posto mano ad una riforma strutturale del sistema di protezione sociale Ricorso a misure temporanee o insufficienti a sostegno del reddito delle famiglie colpite dalla recessione Problemi strutturali di stagnazione della produttività del lavoro e tendenziale impoverimento della società italiana, resi più evidenti dalla crisi economica.