Ψ(x,t)=∑iciΦi(x)e(-itEi/ℏ) Un po’ di precisazioni -i Eit Ψ (x,t)= Φ (x) e i=1,2,3,.....,∞ ĤΦ =EiΦi i i i Abbiamo detto che un generico stato può sempre essere scritto come: Ψ(x,t)=∑iciΦi(x)e(-itEi/ℏ) Preciazione: Questa è una scrittura semplificata, in cui l’indice “i” indica in realtà tutti gli indici che servono per descrivere lo stato del sistema.
Ψ(r,θ,φ,t)=∑n,l,m cn,l,m ψn,l,m(r,θ,φ)e(-itEn/ℏ) Es. Le autofunzioni per l’hamiltoniano dell’atomo di idrogeno sono del tipo: lo stato del sistema è specificato da 3 numeri quantici Ψ(r,θ,φ)=Rn,l(r)Ylm(θ,φ); i livelli energetici del sistema sono specificati dal solo n, e sono pertanto degeneri ĤΨ(r,θ,φ)=EnΨ(r,θ,φ); Ψ(r,θ,φ,t)=∑n,l,m cn,l,m ψn,l,m(r,θ,φ)e(-itEn/ℏ) <ψn,l,m(r,θ,φ)|ψn’,l’,m’(r,θ,φ)>=δn,n’δl,l’δm,m’
Ψ(x,t)=∑i,j,k cijk(t) fi,j,k(x) Ovviamente posso avere indici multipli anche scrivendo lo stato del sistema come combinazione lineare di autofunzioni di operatori diversi dall’hamiltoniano. Ψ(x,t)=∑i,j,k cijk(t) fi,j,k(x) In verità finora non abbiamo considerato un caso importante, ovvero quello di spettri continui.
px =-iℏ x f(x)= ipf(x) -iℏ f(x)=pf(x) x x ℏ f(x)=Aeipx/ℏ Lz Autofunzioni dell’operatore momento (1D) px =-iℏ x f(x)= ipf(x) -iℏ f(x)=pf(x) x x ℏ f(x)=Aeipx/ℏ Lz Identiche a quelle di ? No! 1. La condizione f(o)=f(2π) discretizzava i valori possibili degli autovalori 2. Lo spazio di Hilbert corrispondente era L2(0,2π) su cui potevo imporre la normalizzazione.
p=autovalore, p∈R f(x)=Aeipx/ℏ≡ fp(x) |A|2 dx diverge per |A|≠0 Autofunzioni dell’operatore momento (1D) p=autovalore, p∈R f(x)=Aeipx/ℏ≡ fp(x) +∞ |fp|2= |A|2; |A|2 dx diverge per |A|≠0 -∞ Noi avevamo dimostrato che px era autoaggiunto in L2(R), possibile che ammetta autofunzioni non appartenenti a L2(R)?Sì. E tutta la questione del sonc, etc? Non è vera, ma è “quasi vera”.
1 f(x)= dk eikx f(k) 2π 1 f(k)= dx e-ikx f(x) 2π 1 f(x)= dkxdkydkz Rappresentazione in integrale di Fourier +∞ 1 f(x)= dk eikx f(k) 2π -∞ +∞ 1 f(k)= dx e-ikx f(x) 2π -∞ (Estensione in 3D immediata) +∞ +∞ 1 +∞ f(x)= dkxdkydkz eik·xf(k) 3/2 (2π) -∞ -∞ -∞
δ(x-x0)=0 se x≠x0; f(x0)= dx δ(x-x0) f(x) 1 1 f(k)= dx e-ikx δ(x)= 2π Delta di Dirac δ(x-x0)=0 se x≠x0; +∞ f(x0)= dx δ(x-x0) f(x) -∞ +∞ 1 1 f(k)= dx e-ikx δ(x)= 2π 2π -∞ +∞ 1 δ(x)= dk eikx 2π -∞
Delta di Dirac +∞ 1 δ(x)= dk eikx 2π -∞ +∞ 1 δ(k)= dx eikx 2π -∞
<fp’(x),fp(x)>= |A|2 fp’(x)fp(x)dx Aeipx/ℏ≡ fp(x) Autofunzioni dell’operatore momento (1D) +∞ * <fp’(x),fp(x)>= |A|2 fp’(x)fp(x)dx Aeipx/ℏ≡ fp(x) -∞ <fp’(x),fp(x)>= |A|22πℏ δ(p’-p) eipx/ℏ fp(x)= <fp’(x),fp(x)>= δ(p’-p) 2π ℏ <fn’(x),fn(x)>= δn’,n Spettro continuo->autofunzioni “improprie” o “alla Dirac”. In senso generalizzato sono un sonc!
<fp’(x)|f(x)>= dx dp fp’(x) c(p)fp(x)dp eipx/ℏ fp(x)= f(x)=∑ncnfn(x); cm=<fm|f(x)> 2π ℏ +∞ f(x)= c(p)fp(x)dp Certo che posso scriverla sempre così. Equivale alla rappresentazione in integrale di Fourier! -∞ +∞ +∞ * <fp’(x)|f(x)>= dx dp fp’(x) c(p)fp(x)dp -∞ -∞ +∞ +∞ * <fp’(x)|f(x)>= dp c(p) dx fp’(x) fp(x)=c(p’) -∞ -∞
<fp’(x)|f(x)>=c(p’) Questa scrittura altro non dice che i c(p) sono la trasformata di Fourier di f(x) |c(p)|2dp=prob. di trovare la particella in un intervallino attorno all’autostato improprio
f(x)= c(p) dp eipx/ℏ 2π ℏ c(p,t) dp eipx/ℏ Ψ(x,t)= 2π ℏ +∞ -∞ +∞ -∞ Funzione d’onda nello “spazio della posizione” Funzione d’onda nello “spazio dei momenti”
xfy(x)=λyfy(x); fy(x)=Aδ(x-y) Autofunzioni dell’operatore posizione Âfy(x)=λyfy(x); xfy(x)=λyfy(x); fy(x)=Aδ(x-y) ma A=1 già garantisce ortonormalità generalizzata. Autovalori: ogni y∈R +∞ <fy’(x)|fy(x)>= dxδ(x-y)δ(x-y’)=δ(y’-y)->ortonormalità generalizzata -∞ +∞ Dim: porre g(x)=δ(x-y’) e considerare che f(y)= dx δ(x)f(x-y) -∞
Autofunzioni dell’operatore posizione La completezza generalizzata è banale: è ovvio che per ogni f(x) posso scrivere: +∞ f(x)= dy c(y) δ(x-y): basta porre c(y)=f(y); ovviamente: -∞ +∞ +∞ <δ(x-y’)|f(x)>= dx dy δ(x-y’) c(y) δ(x-y) -∞ -∞ +∞ +∞ +∞ = dy c(y) dx δ(x-y’)δ(x-y)= dyc(y)δ(y-y’) =c(y’) cvd -∞ -∞ -∞
Formalismo di Dirac (cenni) 1. Ogni elemento dello spazio di Hilbert è indicato con |f e viene detto “ket”. Di un ket non si specificano le variabili da cui dipende (tipo x,y,z vs r,θ,φ vs altre, vedi oltre); il formalismo vuole essere il più generale possibile. Può (dipende dai libri, in generale lo si capisce dal contesto) invece essere specificata la dipendenza temporale: |f(t) . Fin qui niente di strano. E’ solo una questione di nomenclatura.
Formalismo di Dirac (cenni) 2. Si introduce il concetto di “bra”. In particolare, il simbolo g| indica un funzionale lineare che agisce sui ket, assegnando ad ogni vettore |f dello spazio di Hilbert il numero complesso dato dal prodotto interno g| f I bra vivono nello spazio “duale” dello spazio di hilbert H, indicato con H*. Ad ogni ket │g>∈H posso associare il bra <g|∈H* che agisce su ogni │f>∈H associandogli <g|f>. In quest’ottica, ogni prodotto interno <g|f> è visto come il risultato dell’azione del bra <g| sul ket │f>: <g|(│f>)≡ <g|f>.
Formalismo di Dirac (cenni) 2. Si introduce il concetto di “bra”. In particolare, il simbolo g| indica un funzionale lineare che agisce sui ket, assegnando ad ogni vettore |f dello spazio di Hilbert il numero complesso dato dal prodotto interno g| f Oss: Dati f,g,h∈H, a,b∈C, <g│af+bh>=a<g│f>+ b<g│h> Ok, è proprio lineare ...
Formalismo di Dirac (cenni) Non è un concetto così strano. Un operatore  associa ad ogni elemento dello spazio di Hilbert (e, quindi, ad ogni ket), un altro vettore dello spazio di Hilbert (e, quindi, un altro ket) |f |h =  |f Un bra, invece, assegna ad ogni vettore un numero complesso. In quest’ottica un prodotto interno è visto come il risultato dell’applicazione di un bra su un ket.
Formalismo di Dirac (cenni) Osservazione: se λ,μ∈C; u,f,a,b∈Hilbert e |u =λ|a +μ|b allora <u│f> =(vecchio formalismo)=<(λa+μb)|f>= λ*<a│f>+μ*<b|f>= =(nuovo formalismo) =(λ*<a│+μ*<b│)│f>, e quindi, se │u>=λ│a>+μ│b>, allora il bra associato al ket │u> è <u│=λ*<a│+μ*<b│ (Segue anche da <u│f>= <f│u>*). Si dice che la corrispondenza tra bra e ket è antilineare.
Formalismo di Dirac (cenni) Osservazione: se λ∈C; f∈Hilbert │λf>=λ│f>=│f>λ <λf│=λ*<f│=<f│λ* Quindi nel prodotto tra uno scalare e un bra o tra uno scalare e un ket l’ordine non è importante. Ovviamente, lo è invece tra bra e ket: <f│g>∈C; │g><f│ è un operatore! │g><f│h>=<f│h>│g>
Formalismo di Dirac (cenni) Adesso considero un operatore Â. Evidentemente, tale operatore agisce in modo naturale sui ket. Â│f>=│h>. Definisco l’azione di un operatore su un bra, di modo che fornisca un nuovo bra. Se <f│ indica il funzionale che associa ad ogni ket │g> un numero complesso dato dal prodotto interno <f│g>, definisco  applicato ad <f│ come un funzionale che prende un vettore │g>, gli applica  e poi calcola il prodotto interno con <f│. Si indica con <f│Â, e la sua azione è espressa da (<f│ )│g>≡ <f│(Â│g>) so cosa vuol dire
Formalismo di Dirac (cenni) (<f│ )│g>≡ <f│(Â│g>) Se <f│ è un bra, <f│ è anche un bra. Se agisce su │g> fornisce il numero complesso <f│Â│g>. Notare che le parentesi non servono. Vista la definizione (*) è uguale pensare che  sia applicato al ket │g> o al bra │f>. Oss: se avessi usato il simbolo Â<f│, la sua applicazione a │g> si sarebbe scritta Â<f│g> (operatore che agisce su numero complesso?)
Formalismo di Dirac (cenni) (<f│ )│g>≡ <f│(Â│g>) Abbiamo detto che <f│ è un bra. Quale sarà il suo ket corrispondente? Notare che dato │f> e presa una │g>, <f│g>=<g│f>* che può essere presa come definizione del bra <f│ Usando la vecchia notazione: <g│Âf>*= <Âf│g>= <f│†g>-> <f│†g>= <g│Âf>* (nuova notazione: <f│†│g>= <g│Â│f>*) Il bra associato al ket │Âf> (=Â│f>) è il bra <f│†
Formalismo di Dirac (cenni) Autovettori Se  ammette autovalori α1,...,αn, allora indicherò gli autovettori con │αi>. Se j è un indice di degenerazione, allora gli autovettori saranno del tipo │αi, j>  │αi, j>=αi│αi, j>; A volte si condensa ancora di più la scrittura. Es: atomo di idrogeno: autovettori │n,l,m>; Ĥ│n,l,m>=En│n,l,m> (En=-13.6eV/n2). Ortonormalità: <n’,l’,m’│n,l,m>=δn’,nδl’,lδm’,m Se lo spettro è continuo, la notazione non cambia: ad esempio  │α>=α│α>; α∈R
Formalismo di Dirac (cenni) Proiezione su un sonc Supponiamo che l’insieme di ket │yn> costituisca un sonc. Preso un qualunque vettore (ket) │f>, la sua proiezione su │yn> è data da <yn│f> │yn>, che nella nuova notazione può essere vista come l’applicazione dell’operatore Pn= │yn> <yn│ sul ket │yn> (ovviamente, │yn> <yn│f>=<yn│f> │yn>). Bene, ma se gli │yn> sono un sonc, allora deve valere: │f>=∑n<yn│f> │yn>=∑n (│yn> <yn│)│f>=(∑n │yn> <yn│)│f>➞ ∑n │yn> <yn│ = 1 (nel senso di operatore identità).
Formalismo di Dirac (cenni) ∑n │yn> <yn│ = 1 (nel senso di operatore identità). Se il sonc è continuo e gli autovalori sono tutti i reali, la relazione diventa: +∞ │α> <α│dα = 1 -∞ Proiezione su un sonc discreto <f│g>=<f│1│g>=<f│ ∑n │yn> <yn│g>= ∑n <f│yn><yn│g> Prodotto interno tra due vettori astratti espresso in termini della somma dei prodotti delle loro componenti (la prima c.c.).
Formalismo di Dirac (cenni) Equazione agli autovalori per l’operatore-posizione x│x>=x│x>; x∈R. Le │x> sono un sonc ➞ +∞ │x’> <x’│dx’ = 1 -∞ +∞ │f(t)>= │x’> <x’│f(t)> dx’ = 1. -∞ Coefficiente che fornisce la proiezione di f(t) sull’autofunzione specifica della posizione➞ |<x’│f(t)>|2 dx’ = probabilità di trovare la particella attorno a x’. Ehy, ma questa è la funzione d’onda f(x’,t)
Formulazione generale della meccanica quantistica e “rappresentazioni”. Postulato 1: Ad ogni sistema fisico S è associabile uno spazio di Hilbert H(S). Ogni stato del sistema è rappresentato da un elemento │Ψ(t)>∈ H(S). L’evoluzione del sistema è determinata dall’equazione di Schrödinger: Ĥ│Ψ(t)>=iℏd/dt(│Ψ(t)>) dove Ĥ è un opportuno operatore autoaggiunto. Dopodichè, se prendo il vettore astratto │Ψ(t)> e gli applico il bra <x│, ottengo la “funzione d’onda nella rappresentazione di Schrödinger (o “nello spazio delle posizioni”) Ψ(x,t)= <x│Ψ(t)> In tale rappresentazione, l’operatore posizione è quello di moltiplicazione, il momento quello di derivazione, e l’equazione di Schrödinger è quella cui siamo abituati. Ma è solo una “scelta”.
Rappresentazione nello spazio dei momenti Equazione agli autovalori per l’operatore-momento p│p>=p│p>; p∈R. Le │p> sono un sonc ➞ +∞ │p’> <p’│dp’ = 1 -∞ +∞ │f(t)>= │p’> <p’│f(t)> dp’ = 1. -∞ Coefficiente che fornisce la proiezione di f(t) sull’autofunzione specifica del momento➞ |<p’│f(t)>|2 dp’ = probabilità di trovare la particella con momento attorno a p’. Ehy, ma questa è la trasformata di Fourier (c(p,t)) della funzione d’onda nello spazio delle posizioni.
p│p>=p│p>; p∈R. x│x>=x│x> Come agiscono? Prendo una generica │f> e considero: x│f> applico il bra <x│ <x│ x│f>=x<x│f>. Ho scritto che, nella rappresentazione dello spazio delle posizioni: xf(x)=xf(x)
ℏ∂x Come agiscono? Prendo una generica │f> e considero: p│f> applico il bra <x│ <x│ p│f>=<x│pf>. questo vuol dire considerare la funzione pf(x), che conosciamo: <x│ p│f>=-i ℏ∂x <x│f> ma nella rappresentazione dei momenti <p│p│f>=p<p│f> diventa l’operatore di moltiplicazione! (pensare a cosa fa una derivata che agisce sulla TdF)
eipx/ℏ 2π ℏ Notare che: <x│p>= Tutto è ovviamente estendibile in 3 (o più) dimensioni. In 3D, se indico con │n,l,m> le autofunzioni per un potenziale centrale, allora: <x│n,l,m>=Rnl(r)Ylm(θ,φ)