Quintiliano e la pedagogia Quintiliano fu una delle prime figure di ‘maestro’ - nel senso letterale oltre che metaforico del termine -, occupandosi dell’insegnamento da dare ai bambini, che sarebbero poi diventati la classe dirigente e i futuri oratori del domani sotto il governo imperiale
Il programma educativo di Quintiliano Nato nel 35 d.C., anche lui in Spagna, si trasferì a Roma in gioventù. Fu il primo MAESTRO elementare di cui la storia ricordi il nome (occupandosi dell’insegnamento da impartire ai bambini fin dai primi anni di scuola) ed ebbe fra i suoi discepoli Plinio il giovane e Tacito. Vespasiano gli affidò in seguito la prima cattedra statale di “maestro di retorica” con uno stipendio di centomila sesterzi l’anno (una cifra molto alta). Domiziano lo incaricò dell’educazione dei suoi nipoti. Ritiratosi poi dall’insegnamento alla vita privata, si dedicò solo agli studi e morì nel 95 d.C.
Un programma politico e culturale insieme Il suo programma educativo si riassume nella sua opera Institutio oratoria, in cui l’autore si rivela un retore con una spiccata vocazione pedagogica. In essa Quintiliano espone il proprio intento di ispirarsi al modello di Cicerone (considerato il difensore della libertà repubblicana) di armonia, equilibrio, senso della misura (in una parola la ‘concinnitas’ = ‘simmetria’ non solo di stile ma anche di sostanza) riprendendo tale eredità e riadattandola ai propri tempi nel nuovo contesto politico. La ‘libertas’ repubblicana aveva infatti ceduto il passo a un principato basato su un consenso pressoché forzato.
I bambini di oggi: gli oratori di domani Quintiliano è consapevole che l’educazione impartita ai bambini di oggi formerà gli uomini di domani e nella fattispecie con la sua opera intende fornire ai fanciulli un programma complessivo di formazione culturale e morale (le due cose per lui non sono mai disgiunte) che il futuro oratore dovrà scrupolosamente seguire a partire dagli anni dell’infanzia (importantissimi per un bambino) fino all’ingresso nella vita pubblica. Il tipo di oratore ideale per Quintiliano si avvicina a quello ciceroniano oltre che per le doti morali anche per la vastità di cultura richiesta e per la sua ‘missione’ civile. Tuttavia tale ideale rimane un’utopia ai tempi di Quintiliano, in quanto la figura ciceroniana del perfetto oratore (che è ancora l’antico modello catoniano del “vir bonus dicendi peritus”) risulta ormai anacronistica (e decaduta) nella realtà storica dell’impero. PS) Anche Tacito, più o meno suo contemporaneo, riconoscerà il ruolo ridimensionato dell’oratore nel “Dialogus de oratoribus”.
L’Institutio oratoria L’Institutio oratoria. I bambini imparano quello che vivono: se vivono nel bene, imparano il bene L’opera, in 12 libri, rivela subito il proprio scopo didattico (pedagogico) e l’autore dimostra anche una buona conoscenza dell’animo del fanciullo. Compito del buon maestro è innanzitutto quello di scoprire l’indole di ciascun bambino e di adeguarvi l’opera educativa, ricorrendo prima di tutto al gioco e non a metodi coercitivi né alla violenza. Per quanto riguarda lo stile, quello ideale per Quintiliano è una via di mezzo tra l’asciuttezza di Seneca (con le sue ‘sentenze’ e la sua ‘inconcinnitas’) e l’ampollosità di Cicerone (‘concinnitas’ = intesa sì come armonia, ma anche come eccessiva ricercatezza ed eleganza formale).