SIMPOSIO Platone
Cosa è il Simposio? Il simposio, in greco “bere insieme“, rappresentava per i Greci una sorta di rito collettivo dagli importanti risvolti etici, politici, sociali, ma anche sacrali e religiosi. Nelle abitazioni private c’era solitamente una sala apposita in cui allestire il simposio; questa veniva denominata andrón e vi erano ammessi solo i convitati adulti di sesso maschile. Infatti, salvo alcune eccezioni (come nel caso delle etère e delle suonatrici), al simposio non potevano partecipare le donne. Prima di dare inizio al simposio, veniva eletto il simposiarca, figura di fondamentale importanza, a cui spettava il compito di misurare la quantità di vino da bere per ogni convitato. Lo stato che gli ospiti dovevano raggiungere era quello mediano tra l’ubriachezza e la sobrietà, in modo tale che fossero allegri e disinvolti, ma non eccessivamente, per godere della conversazione, della poesia e dei vari intrattenimenti e attività. A questo punto i commensali potevano dedicarsi al momento centrale del loro incontro, la CONVERSAZIONE; questa poteva vertere su vari argomenti: dalla politica, alle questioni personali dei presenti, ma sempre veniva affrontata in maniera corale: non si verificavano mai chiacchierate a due a due.
Il Simposio di Platone Il Simposio è uno de dialoghi più famosi di Platone e fa parte degli scritti della maturità. Tratta solamente il tema dell’amore. Il Simposio ha una struttura particolare. Il titolo innanzitutto richiama la scena di un banchetto, infatti è ambientato nella seconda parte di esso dedicata alla discussione. I commensali erano tutti provati dalla sbornia del giorno precedente e decisero quindi di bere poco e parlare tanto. Scelto l’argomento, l’amore appunto, a turno tutti i commensali dovevano fare un discorso. Il primo fu Fedro, che aveva scelto il tema, e si procedette poi in senso antiorario.
Personaggi ERISSIMACO FEDRO PAUSANIA AGATONE ALCIBIADE ARISTOFANE SOCRATE DIOTIMA Diranno in prevalenza ciò che Eros non è o ciò che è ma in un’ottica errata e sfocata. Diranno quello che Eros veramente è, con eccezionale abilità artistica. Socrate parlerà secondo il vero, perché per lui bello e vero coincidono.
Discorso di Fedro È la maschera del letterato, retore dilettante, ma sensibile e intelligente. Sostiene che Eros è il più antico degli dei, e non ci sono beni maggiori di quelli che da Lui derivano. La vergogna per le cose volgari ed il desiderio di quelle oneste derivano dal legame fra amante e amato. Porta come esempio la storia di Alcesti, che decidendo di morire al posto del marito Admeto, riceve come grazia divina la possibilità di rivivere. Un ulteriore esempio è quello di Achille, spinto a sacrificarsi per l'amico Patroclo dal suo sentimento, gesto che gli vale il soggiorno perpetuo nell'isola dei beati. Fedro conclude affermando che l'amante, essendo pieno del dio, è più divino dell'amato.
Discorso di Pausania È la maschera del raffinato retore-politico, il quale cerca di fornire una giustificazione dell’amore maschile per i giovani. Pausania parte dalla relazione esistente tra Afrodite ed Eros: non c'è Afrodite senza Eros. Di conseguenza non esistendo una sola Afrodite, non esiste un solo Eros, ma due: uno Pandemio, l'altro Uranio. La caratteristica del primo è l'essere volgare e senza ritegno, e agire alla cieca: questo è il tipo di Eros che amano le persone di poco valore, quelle che si rivolgono al corpo invece che all'anima; il secondo, poiché non partecipa alla natura femminile ma solo a quella maschile è sublime, e ha come fine ultimo la virtù. Questo tipo di Amore è il rapporto onesto e consapevole che si crea tra un ragazzo e il suo educatore. Il suo è un tentativo di nobilitare il piacere erotico e pederastico. Non ogni eros è bene né degno di essere elogiato, ma solo quello che ci spinge ad amare in modo bello.
Discorso di Erissimaco È la maschera del medico che si ispira ai filosofi naturalisti, in particolare ad Eraclito. Pronuncia un elogio a Eros basandosi sulla teoria citata da Pausania, secondo cui Amore è scindibile in due parti. Secondo lui Amore non esiste solo nelle anime degli uomini, ma anche nei corpi di tutti gli animali e dei vegetali ed è sempre rivolto verso quelli che sono belli, verso altre cose e altre sedi. Questo spiega come Eros estenda il suo controllo e il suo potere su ogni cosa. Dai due tipi di Eros scaturiscono diversi tipi di sentimenti: dall'Eros Uranio deriva la felicità e l'armonia tra le varie parti del corpo e l'anima, i dall'Eros Pandemio scaturiscono il disordine e la sofferenza. Eros è il principio universale della natura. L’Eros buono consiste nell’armonia fra gli opposti. La medicina produce armonia negli elementi contrari.
Discorso di Aristofane È la maschera della Musa dell’arte della commedia di cui Platone si serve per rivelare ai pochi e nascondere ai più. Aristofane racconta una storia paradossale: un tempo gli uomini erano di tre sessi (maschile, femminile e androgino) e avevano due volti, quattro braccia, quattro gambe, due apparati riproduttori ed erano dotati di una forza straordinaria. Zeus temendo la loro potenza, decise di dividerli in due parti: dall'androgino nacquero maschi e femmine che ricercano la loro anima gemella attraverso l'amore eterosessuale; i maschi e le femmine derivati dagli antichi maschi e dalle antiche femmine ricercano la loro metà nell'amore omosessuale. Eros è nostalgia, è rimedio che consegue al male della divisione in due; è ricerca dell’altra metà. Il superamento della dualità si realizza cercando qualcosa di più alto, vale a dire il bene in sé. Amore= ricerca dell’altra metà, ossia il fare di due uno e quindi il tentativo di risanare l’umana natura, riportandola alla antica natura.
Mito dell’androgino “In un tempo molto antico esistevano tre sessi, maschile, femminile ed androgino. Quest’ultimo era sia maschile che femminile. Tutti gli esseri umani avevano due teste, quattro braccia e quattro gambe. Un giorno questi esseri tentarono la scalata all’Olimpo per prendere il posto degli dei e Zeus, per difendere la sede degli dei, intervenne a colpi di fulmine e divise a metà tutti questi esseri. In questo modo gli esseri umani si indebolirono e rinunziarono alla conquista dell’Olimpo. Da allora ogni essere umano è alla ricerca dell’altra sua metà per ricostituire l’essere unico originario”.
Limiti del discorso di Aristofane Eros è desiderio dell’uno (nostalgia dell’unità). Ma il raggiungimento dell’altra metà non è sufficiente per raggiungere l’unità. (l’unità non è la somma delle due parti) Non è possibile oggettivare l’amore e intenderlo solo come completamento. L’unità e il bene è qualcosa che trascende l’uomo come spiegherà Socrate (non può coincidere solo con l’altra metà)
Discorso di Agatone È la maschera della Musa dell’arte poetica della tragedia (raffinatezza). Agatone comincia il suo discorso dopo un breve scambio di complimenti. Il suo elogio è di tipo estetico perché ritiene indispensabile definire le qualità del dio Eros: egli è il più felice tra gli dei perché è il più bello e buono; è giovane, delicato e porta temperanza, giustizia e sapienza agli uomini. Il discorso di bravura di Agatone su Eros è il discorso del poeta sofista, che, da un lato in Eros elogia se medesimo e dall’altro risolve quasi per intero la materia nella forma, il concetto nell’immagine e il contenuto nella parola.
Discorso di Diotima Sacerdotessa dietro la quale si nasconde Socrate che prima del Simposio aveva ricevuto una rivelazione nel vestibolo. Diotima fa notare a Socrate che essere non-bello non significa necessariamente essere brutto. In termini logici, fra "bello" e "brutto" c'è una relazione di contrarietà e non di contraddittorietà. Mentre non si può essere contemporaneamente belli e non belli senza violare il principio di non contraddizione è invece possibile essere allo stesso tempo non-belli e non-brutti. Fra l'estremo del bello e quello del brutto c'è una gradazione: possiamo dunque dire che chi è brutto non è bello e chi è bello non è brutto, ma l'essere non-bello di un termine non implica affatto che esso sia brutto: potrebbe infatti trovarsi, nella scala della piacevolezza estetica, a un grado intermedio, diverso da quello, estremo, della bruttezza. Similmente, prosegue Diotima, chi non è sapiente non è necessariamente ignorante. C'è, infatti, un grado intermedio fra sapienza e ignoranza: l’opinione corretta. L'opinione corretta non è scienza, perché chi la professa non è in grado di darne ragione, ma neppure ignoranza perché s'imbatte in ciò che è: è, dunque, una via di mezzo. Eros, analogamente, non è né bello né brutto, né buono né cattivo, ma una via di mezzo. Se si ammette che gli dei sono felici e belli e che la felicità consiste nel possedere cose belle e buone, allora Eros non può essere un dio, perché, desiderandole, manca di bellezza e bontà e - a differenza degli dei - non è né bello né felice.
Il mito della nascita di Eros Quando nacque Afrodite, gli dèi banchettarono, e fra gli altri c'era Poros, figlio di Metis. Dopo che ebbero pranzato, venne Penia a mendicare, poiché c'era stato un gran banchetto, e se ne stava vicino alla porta. Successe che Poros, ubriaco di nettare, dato che il vino non c'era ancora, entrato nei giardini di Zeus, appesantito com'era, si addormentò. Penia, allora, per la mancanza in cui si trovava di tutto ciò che ha Poros, escogitando di avere un figlio da Poros, giacque con lui e concepì Eros. Per questo, Eros divenne seguace e ministro di Afrodite, perché fu generato durante le feste natalizie di lei, ad un tempo e per natura amante di bellezza, perché Afrodite è bella. In quanto Eros è figlio di Penia e di Poros, gli è toccato un destino di questo tipo. In primo luogo, è povero sempre, ed è tutt'altro che bello e delicato, come credono i più. Invece, è duro e ispido, scalzo e senza casa, si sdraia sempre per terra senza coperta, e dorme all'aperto davanti alle porte o in mezzo alla strada, perché ha la natura della madre, sempre accompagnato con la povertà. Per ciò che riceve dal padre, invece, egli è insidiatore dei belli e dei buoni, è coraggioso, audace, impetuoso, straordinario cacciatore, intento sempre a tramare intrighi, appassionato di temperanza, pieno di risorse, ricercatore di sapienza per tutta la vita, straordinario incantatore, preparatore di filtri, sofista. E per sua natura non è né mortale né immortale, ma in uno stesso giorno, talora fiorisce e vive quando riesce nei suoi espedienti, talora invece muore, ma poi torna in vita a causa della natura del padre. E ciò che si procura gli sfugge rapidamente di mano, sicché Eros non è mai né povero né ricco.
Il demone sta in mezzo tra sapienza e ignoranza Il demone sta in mezzo tra sapienza e ignoranza. Nessuno degli dei fa filosofia e non aspira a diventare sapiente, dal momento che lo è già; infatti i sapienti non filosofano. Ma neanche gli ignoranti fanno filosofia; infatti l’ignoranza ha proprio questo di dannoso: chi non è né buono né bello né saggio, ritiene invece di esserlo in modo conveniente. Colui che non ritiene di essere bisognoso, non desidera ciò di cui non ritiene di aver bisogno. Coloro che filosofano, dunque, sono quelli che stanno in mezzo tra i sapienti e gli ignoranti e tra questi vi è anche Eros. Lui è amore per il bello: ha il padre sapiente pieno di risorse e la madre non sapiente priva di risorse.
Differenze tra il discorso socratico e i precedenti Il discorso di Socrate punta alla verità: piano conoscitivo (verità di amore – tentativo di conoscere Eros) Negazione degli aspetti retorici ed elogiativi presenti nei discorsi precedenti: la verità va cercata in quanto tale, senza preoccuparsi di cercare parole raffinate. Il mezzo per giungere alla verità è il dialogo (prima con Agatone e poi con Diotima) La verità viene raccontata dalla sacerdotessa Diotima (che diviene maestra, mentre Socrate è allievo) Le verità che la sacerdotessa propone sono in qualche modo rivelazione sacre.
Amore= desiderio di ciò che è bello e buono. Discorso di Socrate Era per Platone la maschera emblematica del filosofo dialettico per eccellenza, imposta il problema come Agatone aveva cercato di fare (indicare l’essenza di Eros), ma a differenza di Agatone, che aveva fatto solo un elenco di attributi, lo risolve in maniera perfetta. Il discorso di Socrate segna uno stacco nello svolgimento del dialogo. Il filosofo si preoccupa di prendere le distanze dai contenuti dei precedenti discorsi e dai modelli degli altri oratori. Socrate formula la questione sul piano ontologico: è indispensabile chiedersi cosa sia Amore e quale sia la sua vera essenza perché solo in questo modo si può determinare l'oggetto dell'amore. Socrate non crea un discorso basandosi sulle sue opinioni, ma riporta il pensiero di Diotima di Mantinea. Per lei Eros non assomiglia all'amato, ma va cercato in chi ama: questi, infatti, ama ciò che non possiede. L'amore è, per la sua stessa natura segnato dalla mancanza e costituisce per ogni uomo lo slancio verso qualcosa di estraneo da sé ed è per questo che Eros viene rappresentato come un povero lacero e scalzo. Eros è amore e desiderio di eterno possesso del Bene quindi è necessario che, assieme al bene, si desideri anche l'immortalità e l'unico modo per ottenerla per chi è mortale è la procreazione e la generazione nel bello, sia a livello corporale sia a livello dell'anima. Diotima a questo punto delinea un itinerario attraverso vari gradi che corrispondono ai vari modi di intendere l'Eros, che porta dall'apprezzamento delle bellezze terrene alla visione del Bello in sé. La tappa finale dell'ascesa è la contemplazione della verità che consiste nell'idea del Bello in sé, il quale non nasce e non muore, è sempre se stesso in un'unica forma a cui tutte le altre cose belle partecipano. Amore= desiderio di ciò che è bello e buono.
L’eros filosofico Diotima presenta a Socrate un processo di emancipazione dal particolare verso l'universale, i cui gradi sono i seguenti: l’amore della bellezza dei corpi: non come piacere sessuale, ma ricerca di quella emozione che produce il bello; l’amore della bellezza delle anime: la vera bellezza dell’uomo non è quella del corpo, ma dell’anima; l’amore delle attività umane e delle leggi: l’armonia, l’ordine, la giusta misura; l’amore della bellezza delle conoscenze: l’ordine, il definito, la giusta misura sono ciò che le varie scienze rivelano; visione del bello in sé; Al vertice sta l’idea del Bello che è strettamente connessa con l’idea del Bene. Può considerarsi la suprema manifestazione del Bene.
Idea del Bello Bello in sé Scienze Istituzioni e norme Anime Corpi
EROS Di solito si intende la parola amore in un senso restrittivo, come se riguardasse solo l'amore per le belle persone; anche questo è un errore: in realtà tutti amano. Si è detto, infatti, di che cosa è desiderio l'amore: del bello. Ma non si è detto che cosa desidera l'amante rispetto al bello: egli desidera che diventi suo. E non si è detto perché lo desidera: lo desidera per essere felice, il che significa che è bene per lui. Ebbene, il desiderio di bene e di felicità è comune assolutamente a tutti gli uomini: dunque tutti amano. Semplicemente, è diverso l'oggetto del loro amore, ossia ciò in cui identificano il loro bene: alcuni, invece di orientarsi verso le persone, si orientano vero l'arte, la politica, il guadagno; ma, qualsiasi cosa ritengano bene, desiderano possederla per sempre. EROS = odiernamente si intende un impulso d’amore, culminante nell’istinto sessuale. Nella psicoanalisi freudiana, l’istinto di vita, di autoconservazione. Invece nella filosofia platonica l’amore spiritualizzato è considerato come impulso verso il bene supremo.
Definizioni di amore Amore è desiderio di possedere il bene per sempre! L'azione mediante la quale si manifesta l'amore è la procreazione: chiunque ami, infatti, e qualsiasi cosa ami, è pregno, e come tale desidera procreare, com'è evidente nel rapporto tra uomo e donna. La procreazione è cosa immortale in un essere mortale, e come tale è di natura divina: proprio per questo è impossibile procreare nel brutto, perché ciò che è brutto e disarmonico ripugna alla natura divina. La bellezza è dunque indispensabile per la procreazione. Amore è desiderio di procreare nel bello. La procreazione è una forma di immortalità Amore è desiderio di immortalità. Se è vero che non esiste altro mezzo di immortalità, per un essere umano, che la procreazione, occorre però precisare che generazione non è solo quella del corpo: esiste infatti anche una generazione dell'anima. Vi sono persone che sono pregne non fisicamente, bensì spiritualmente: il loro amore le porta a generare arte, pensiero, politica. Ma per questo tipo di persona è necessaria una vera e propria iniziazione ai misteri di Amore, senza la quale egli non sarà in grado di chiarire a se stesso le proprie esigenze
Discorso di Alcibiade È la maschera del giovane che ha grandi doti, ma che è incapace di ascoltare Socrate fino in fondo. Alcibiade ubriaco fa la sua comparsa poco dopo che Socrate ha finito il suo discorso e Aristofane sta per replicare; appena entrato incomincia ad incoronare Agatone e Socrate con nastri e corone di fiori e poi invita tutti a bere da una tazza enorme. Erissimaco a questo punto afferma che loro avevano deciso limitare le bevute e di fare a turno l'elogio di Eros. Alcibiade non vuole mettersi in gara, ma propone di fare un elogio a Socrate. Egli dichiara che il filosofo assomiglia al satiro Marsia, un ibrido mitologico con testa e tronco umano, zampe e coda animalesche, che faceva parte del corteo di Dioniso e riconduce la sua figura a quelle dei Sileni, statuette vuote all'interno e apribili per riporvi immagini di divinità. Secondo Alcibiade, Socrate è un arrogante perché non si è lasciato sedurre dalla sua bellezza e perché ha ironizzato sulla sapienza di Agatone e incanta gli uomini con la forza del suo ragionamento. Alcibiade si vergogna davanti a Socrate per la vita che conduce e si sente soggiogato da lui. A questo punto Alcibiade racconta di aver sempre desiderato conoscere la sapienza del filosofo e quindi inizia a lodare le sue qualità in battaglia, la sua resistenza alla fame e al freddo. Poi passa dall'esteriorità all'interiorità dicendo che per capire i discorsi di Socrate occorre penetrarvi dentro. Come conclusione del suo discorso lancia un avvertimento ad Agatone: egli non deve lasciarsi ingannare dal filosofo ma imparare dalla sua esperienza. Mentre i convitati ridono e discutono su ciò che è accaduto, un gruppo di ubriachi entra nella sala creando confusione.
Conclusione Tutti acclamano Alcibiade, tranne Socrate che ironizza sugli scopi reconditi del suo discorso, accusandolo di voler mettere male fra lui ed Agatone. Improvvisamente sopraggiunge un'allegra brigata, che si unisce al simposio e ne sconvolge tutte le regole. Si beve senza più ritegno, e quando Aristodemo, la mattina seguente, si desta, trova svegli solo Socrate, Agatone ed Aristofane, impegnati in una discussione molto seria, di cui Aristodemo ricorda solo un particolare: Socrate costringeva gli altri ad ammettere che un vero poeta deve saper comporre sia tragedie sia commedie. Infine s'erano addormentati anche Agatone ed Aristofane, mentre Socrate, fresco come una rosa, se n'era andato con Aristodemo ed aveva trascorso la giornata come al solito.