Lo sviluppo del potere signorile I re non riuscivano a tenere interamente sotto controllo i territori da loro governati. Comitati e marche si frantumavano: al loro interno si formavano numerosi centri di potere minori, dove un signore locale (un discendente del conte o del marchese, l’abate di un monastero, un grande proprietario di terre), organizzava la difesa di un territorio più o meno esteso ed esercitava la giustizia su coloro che vi abitavano.
Il potere di un signore poteva derivare dal possesso di grandi proprietà terriere e, più spesso, oltre che dalle terre, anche dal controllo di uno o più castelli. Il castello era la residenza del signore e il segno visibile della sua potenza, anche i contadini indifesi potevano trovare rifugio quando un pericolo li minacciava. Essi pagavano la protezione del signore con la sottomissione.
Il signore esercitava la sua autorità su tutti coloro che proteggeva. Egli imponeva tasse e manteneva l’ordine con il suo esercito di armati. Inoltre amministrava la giustizia, in caso di piccoli reati e a volte anche di grandi.
I contadini avevano molti obblighi da rispettare: pagavano numerose tasse, come la taglia per la protezione militare, e altre, dette bannalità, per l’uso – che era obbligatorio – del mulino del signore, del suo forno, del suo pozzo, del suo frantoio. A volte dovevano pagare per servirsi delle risorse del territorio, come far legna nei boschi o far pascolare le bestie.
Con il tempo molte famiglie signorili donarono le proprie terre a un re, perché questi gliele restituisse sotto forma di feudo. Con la concessione del feudo, la loro autorità era ribadita e resa più solida.
Una società guerriera Ai più alti livelli della società stava la nobiltà guerriera (conti, duchi, marchesi e signori di castelli, ma anche vescovi e abati) In quest’epoca le guerre erano quasi sempre spedizioni rapide e violente contro il castello di un nemico, seguite da saccheggi, incendi e rapine. Fra le schiere dei cavalieri c’erano soprattutto cadetti (cioè figli non primogeniti) delle famiglie nobili più modeste
Dall’XI secolo, però, il titolo di cavaliere fu riservato quasi esclusivamente ai nobili, che se lo trasmisero di padre in figlio: la cavalleria divenne un gruppo chiuso (non erano ammessi nuovi membri) e privilegiato.
All’inizio i cavalieri non si comportarono molto diversamente dai briganti: si riunivano in bande e usavano la forza delle armi per terrorizzare, aggredire, rapinare la popolazione indifesa. Ma nell’XI secolo cominciarono a diffondersi fra i cavalieri valori e ideali nuovi, in parte tratti dalla cultura cristiana. Furono istituite le tregue di Dio e le paci di Dio, che proibivano ogni tipo di combattimento in certi luoghi (ospizi, mercati) e in certi periodi dell’anno (avvento, quaresima e ogni settimana fra venerdì e domenica).
L’ingresso nella cavalleria iniziò a essere celebrato con un rito solenne di carattere religioso e, accanto agli obblighi guerreschi, i cavalieri ebbero il compito di difendere la Chiesa e di proteggere i deboli e gli indifesi.
La società dei tre ordini All’inizio dell’XI secolo un vescovo-poeta, Adalberone di Laon, descrisse la società del suo tempo: la società era divisa in tre ordini, cioè in tre gruppi di persone: quelli che pregano (vescovi, preti, diaconi, abati e monaci, cioè coloro che formano il clero), quelli che combattono (i nobili e i guerrieri) e quelli che lavorano (il popolo, costituito per la massima parte da contadini, che procurano a tutti il necessario per nutrirsi). Questa divisione della società in ordini si immaginava naturale e voluta da Dio.
In realtà la società medievale era meno rigida e più complessa, e il passaggio da un gruppo a un altro non era impossibile. Vescovi e abati erano spesso anche signori e avevano compiti di governo. Non era raro che i nobili, sul finire della vita, entrassero in monastero per purificare i propri peccati.
Perfino i contadini avevano, benché raramente, la possibilità di cambiare condizione, entrando come guerrieri nelle truppe di un signore oppure, come vedremo, fuggendo in città e facendo fortuna.