La riforma luterana.

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Transcript della presentazione:

La riforma luterana

Lutero L’esigenza bonaventuriana e scotista di affermare la libertà divina contro “la fatale necessità degli Arabi”, in Lutero si tramuta “in un’ansia, mai placata, di riaffermare l’assoluta dipendenza di tutto il creato – e in primo luogo dell’uomo – dall’onnipotenza divina”. Il rapporto tra Dio e il mondo, sulla scia dell’insegnamento di Ockham, non è più mediato dalle idee divine: Dio è l’absconditus. E’ vana la differenziazione tra potentia ordinata e absoluta”. L’assoluta libertà della volontà divina è conoscibile solo nell’incontro con la sua Parola. La teologia della gloria è un’impresa inutile, l’unica prospettiva possibile è quella della teologia della croce.

Diritto naturale in Lutero? Theodor Herr: eredità della tradizione di cui Lutero non si è ancora liberato, ma che rimangono estranei e contraddittori rispetto al suo pensiero. Gabriella Cotta: l’uomo di Lutero non è capace di produrre altro che il male ed è pertanto incapace di riconoscere naturalmente la positività del bene. La volontà prevale sull’intelletto ma senza libertà: reductio dell’uomo ad esser desiderante se stesso, che non può rivolgersi a Dio ex puris naturalibus. L’individuo, ridotto al desiderio di sé, è in conflitto con ogni altra volontà, divina e umana: si pongono pertanto le basi di quanto Hobbes espliciterà in seguito. Lauri Haikola sulla base della concezione nominalista della contingenza del mondo, per Lutero non è la ragione a poter stabilire una relazione con Dio, ma la volontà; e tuttavia questa volontà non è arbitraria: proprio qui si crea lo spazio per comprendere i passaggi in cui il Riformatore apprezza positivamente la legge naturale, appunto in quanto esprime la volontà divina.

Contro la ragione – per la ragione Anti-aristotelismo di Lutero. La natura non è in grado di conoscere e di volere il bene. La filosofia è studium vanitatis et perditionis, che può essere affrontata solo come si studiano le arti malefiche, per distruggerle, o gli errori, per confutarli. Tutta la saggezza umana costituisce uno sforzo corrotto e vano, (cf. 1 Cor 1, 23). Ma la ragione, castigata quando pretende di giocare un ruolo regolatore nella teologia, viene apprezzata quando resta nei suoi limiti: “È certamente vero che la ragione sia la cosa più importante e più alta tra tutte le cose e, comparata alle altre cose di questa vita, la migliore e qualcosa di divino”. In tutta la disputa si assiste da una parte alla lode della ragione, dall’altra all’affermazione della sua impotenza a risolvere le questioni essenziali della vita cristiana. Una divisione di campi, non in termini di separazione. Come distinguere i precetti legali nei confronti del quale i cristiani sono liberi, dai comandamenti che rimangono in vigore come parola di Dio che indica i doveri dei cristiani? Lutero si richiama a Rm 2 e 13 per affermare la necessità di obbedire alla legge naturale, precetti scritti nel cuore dell’uomo, che vengono pedagogicamente ribaditi dalla rivelazione per aiutarne la conoscenza. Complementarietà tra ragione e rivelazione nell’etica di Lutero, che apre problemi ermeneutici di difficile soluzione.

I due regni Eliminata la partecipazione metafisica e l’analogia, ridotta la relazione a completa dipendenza di ciascun uomo dall’imperscrutabile volontà divina circa la salvezza o la dannazione, consegue un’indipendenza nuova nell’azione e nell’organizzazione della sfera umana, che dovrà strutturarsi, d’ora in poi, secondo criteri esclusivamente terreni. Mentre la vita dello spirito dominata dall’inconoscibilità e imponderabilità degli accadimenti ispirati unicamente da Dio, sfuggirà completamente a ogni possibile influenza da parte dell’uomo. Nel regno di Dio non c’è posto per la legge e per la spada, ma gli uomini rimangono – anche se battezzati – come bestie selvagge che devono essere tenute in catene per non distruggersi e distruggere: queste catene costituiscono il regno della terra. Gli ordinamenti temporali sono in se stessi naturali, seguono le loro proprie leggi, le quali non hanno bisogno di alcun controllo spirituale. Entrambi i regni, quello dell’amore divino come quello dell’ira divina, hanno la loro “propria essenza” e devono essere distinti tra loro come il “cielo” e la “terra”. Le esortazioni del Discorso della Montagna che richiedono di non opporsi al malvagio e rimettere ogni genere di offesa, sono richieste ai cristiani, ma non sono applicabili ai non-cristiani: questi stanno sotto un altro ordinamento e devono essere costretti a fare ciò che è giusto. Tuttavia anche i cristiani si sottomettono all’autorità secolare e prestano volentieri ad essa il proprio servizio, spinti non dalla legge ma dalla carità. Dio resta sovrano anche nei confronti del suoi ordini temporali, che non sono territori autonomi di fronte a lui. In questo senso si può parlare di una autonomia “relativa” dell’ordinamento secolare, ben diversa dall’autonomia “assoluta”, propria delle concezioni del diritto naturale che cominceranno a sorgere nel secolo successivo, e tuttavia le teorizzazioni successive non sarebbero concepibili senza l’impostazione luterana.

Triplice uso della legge Uso intra-mondano, che consente di sopravvivere in modo sufficientemente ordinato in un mondo segnato dal peccato; Uso teologico (elenchtico), che costringe il peccatore a vedere il proprio peccato e quindi a pentirsi e ricevere la giustificazione per grazia; Uso pedagogico (Gal 3, 24), perché l’uomo – anche se giustificato dalla fede – rimane pur sempre peccatore e quindi in necessità della guida legale.

Legge naturale La relazione tra Dio e l’uomo non è concepita sul piano dell’essere, ma su quella della volontà: quella umana deve piegarsi a quella divina. Le inclinazioni naturali, irrilevanti nella prospettiva di Scoto e Ockham, con Lutero diventano rilevanti per contrario. La legge naturale continua ad operare dopo la caduta del peccato e provvede il fondamento per tutte le leggi positive e la pubblica moralità nel regno temporale. Per questo Dio ha costituito le autorità del regno temporale: i cristiani devono comunicare la legge naturale con le parole e con i fatti, i predicatori devono istruire i loro fedeli e i magistrati devono elaborarla nelle leggi positive e nelle politiche pubbliche. La politica, d’altra parte, non ha più nulla a che fare con l’inclinazione naturale alla vita sociale: essa si pone soltanto il fine tecnico-operativo di un efficace mantenimento dell’ordine allo scopo di evitare «che la terra sia fatta simile a un deserto». La relazione tra legge naturale e legge civile si pone all’interno della dottrina dei due regni. Una legge di natura “positivizzata” che riguarda l’aspetto esteriore della vita umana.

Melantone Una dottrina apparentemente tradizionale, ma decisamente nella via moderna del volontarismo nominalista. La prospettiva non è quella dell’ordine, della perfezione, della realizzazione, della dignità (Tommaso): è invece quella del dovere, dell’obbedienza e del giudizio. Al centro non c’è la razionalità e la finalità, ma unicamente la volontà e la sottomissione.

Conoscenza della legge naturale La legge naturale discende dalla volontà divina, quindi non può essere dedotta dalla ragione umana con i mezzi propri. Perciò viene comunicata direttamente da Dio tre volte: come legge naturale innata nella mente umana, poi (data l’ignoranza causata dal peccato) nel Decalogo e infine nel Vangelo. I pagani conoscono la legge naturale per le notitiae innatae, esse sono notitiae e non inclinazioni, perché se così fosse tutto il comportamento dell’uomo sarebbe “naturale” e non avremmo la possibilità di distinguere il bene dal male. Anche se alcuni affetti naturali sono buoni, l’insegnamento delle inclinazioni è talmente contraddittorio che esse non possono esser chiamate legge. Con questo, la biologicità della legge naturale, l’elemento ulpianeo, centrale nella visione dei civilisti medievali, viene definitivamente ed esplicitamente esclusa. Giacché l’anima non può configurare il corretto ordine dell’amore, il compito passa alla fede. Pertanto la legge naturale dev’essere subordinata alla legge biblica.

Compito della legge naturale Regolare non l’ordine della carità, ma semplicemente l’ordine sociale: cura le azioni esterne, senza preoccuparsi degli atti interni. Le regole generali del diritto naturale sono collocate all’interno di un sistema composto da premesse, sentenze e deduzioni connotate da un differente grado di necessità logica a seconda della posizione relativa di ogni enunciato. In virtù di quest’ordine, i principii inferiori devono cedere a quelli superiori qualora entrino in conflitto, come ad esempio nel sacrificio di Abramo, in cui il principio che impone di non uccidere è subordinato a quello che impone di obbedire a Dio. Il regno temporale deve essere organizzato sulla base della legge naturale, la cui migliore formulazione sintetica si trova nei Dieci comandamenti; ogni legge che violasse quest’ordine sarebbe illegittima. Interprete e custode dei Comandamenti è la Chiesa coi suoi teologi, che diventano così i consultori dei magistrati.