Il progetto riabilitativo nel Nucleo Alzheimer Azienda di Servizi alla Persona ISTITUTI MILANESI MARTINIT E STELLINE E PIO ALBERGO TRIVULZIO Il progetto riabilitativo nel Nucleo Alzheimer dott Pierluigi Rossi, Specialista Fisiatra direttore U.O.C. Recupero, Rieducazione Funzionale e Poliambulatorio Pio Albergo Trivulzio Milano - 07 ottobre 2016
Il Progetto Riabilitativo è un progetto che formula uno specifico piano d’intervento ad hoc per ogni paziente, individuando obiettivi, interventi da attuare per perseguirli, e operatori che entrano in gioco. Si basa sulla valutazione: dei bisogni del paziente, del contesto ambientale, delle figure relazionali e accudenti (caregivers)
L’obiettivo realistico del Progetto Riabilitativo nelle demenze è dato: dal rallentamento della disabilità per conservare le risorse residue; dalla riabilitazione delle disabilità derivanti dalle acuzie concomitanti; dalla facilitazione di strategie utili per contenere i disturbi comportamentali e gestirli al meglio attraverso adattamenti ambientali, utilizzo di ausili, presidi e formazione
Il Progetto Riabilitativo si articola con programmi di Intervento sul paziente:mantenimento delle prestazioni motorie, cognitive, funzionali, delle attività relazionali attraverso trattamenti in piccolo gruppo o individuali. Intervento sul caregiver: i caregivers nel Nucleo sono essenzialmente tre: personale di reparto (formali), famigliari e badanti, volontari (informali). Il Progetto Riabilitativo si interfaccia con il PAI . Il personale viene costantemente informato sui progressi del paziente, affinchè questi ricadano funzionalmente in ambito quotidiano, riducendo il livello di dipendenza, dando significato al faticoso lavoro condiviso I parenti vengono sempre ascoltati cercando una piena condivisone dei vissuti negativi quando il ricovero vissuto come un “fallimento famigliare “ genera disagio e dolore
L’equipe riabilitativa si avvale di figure dedicate che quotidianamente vivono la realtà del nucleo (fisioterapista, terapista occupazionale e psicomotricista) e di professionisti che intervengono su richiesta (logopedista, massofisioterapista, podologo). I terapisti pur mantenendo la propria specificità, si integrano fortemente consolidando reciprocamente i rispettivi programmi (Equipe interprofessionale e non multiprofessionale). .
Il fisioterapista (modalità di intervento): Mantiene e attiva le risorse motorie per deambulare in autonomia in percorsi e scale con controllo dell’equilibrio in particolare in presenza di wandering; recupera la funzionalità e il controllo posturale nei pazienti in carrozzina, mobilizzazione arti superiori e inferiori; previene l’aggravamento delle retrazioni muscolo –tendinee e anchilosi cura la postura a letto per i pazienti allettati
Il Terapista occupazionale (modalità di intervento) attiva la funzionalità per mantenere le autonomie; orienta nei parametri familiari e spazio-temporali (ROT); Individua le attività significative per ogni persona e le modula alle abilità ancora presenti; stimola la sensorialità, l’attenzione e la memoria con materiali specifici adatta l’ambiente per renderlo più familiare
Lo psicomotricista (modalità di intervento) Stimola la percezione del sè corporeo attraverso la motricità e la drammatizzazione di azioni semplici di vita quotidiana e attività simboliche Incoraggia l’espressione di sé attraverso l’autonarrazione e gesti significativi per esprimere emozioni ed affettività Favorisce l’orientamento attraverso stimoli inerenti al contesto e mediante la rievocazione della memoria affettiva Lavora sul rinforzo della stima di sè favorendo la comunicazione e promuovendo le relazioni all’interno del piccolo gruppo
Il Logopedista (modalità di intervento): valuta principalmente i deficit deglutotori promuove la formazione degli operatori nella gestione della disfagia Interviene con l’impiego di strategie compensatorie per migliorare le prassie bucco-facciali fornisce counseling ai familiari sui comportamento da adottare con la persona disfagica
Per tutti i professionisti l’intervento con il malato non è sempre facile per la presenza dei disturbi comportamentali e per la perdita degli schemi motori che impediscono alla persona ogni approccio cosciente ad attività pianificate e controllate.
Le 3 C: Cura, Comunicazione, Comportamento. perché l’atto riabilitativo abbia successo si deve tener conto della CURA intesa come prendersi cura di tutto il sistema paziente che comprende la sua persona il suo ambiente, i suoi famigliari e gli operatori. Il terapista compreso deve prendersi cura di se’ stesso perché il rischio del born-out non è infrequente.
L’atto riabilitativo perché abbia successo deve tener conto della COMUNICAZIONE perché non si avrà successo riabilitativo senza la predisposizione a comunicare con il malato . Saper comunicare vuol dire comprendere il linguaggio dei gesti , degli sguardi , della postura per sintonizzarsi sullo stesso canale e raccogliere la complicità del paziente.
L’atto riabilitativo perché abbia successo deve tener conto del COMPORTAMENTO che diventa problematico nella malattia ostacolando spesso l’iter riabilitativo . Il terapista deve essere in grado di affrontare i disturbi comportamentali facendo ricorso a tutte le sue competenze , consapevole che il suo stesso comportamento può fare la differenza sul buon esito del l’intervento.
Grazie per l’attenzione In conclusione: L’obiettivo ultimo della riabilitazione, è fare del paziente una “persona familiare” da seguire nelle varie fasi della malattia, rispondendo ai differenti bisogni che man mano si evidenziano e cambiano. Il Progetto Riabilitativo, per come è stato concepito, ne rappresenta la codifica, e soddisfa tale esigenza con l’attivazione delle figure riabilitative che si confrontano e sinergizzano nel tempo, in uno sforzo continuo teso alla personalizzazione delle strategie riabilitative. Grazie per l’attenzione