Contratto a termine Silvia Borelli Associata di Diritto del lavoro Università degli studi di Ferrara
Evoluzione storica Art. 2097 c.c. e libertà di recesso L. 230/1962: cinque causali di lavoro a termine (stagionali, sostituzione di lav. assenti, esecuzione di opera o servizio, lav. specializzati, spettacoli televisivi o radiofonici) art. 23 l. 56/87: rinvio ai contratti collettivi della possibilità di introdurre nuove causali del c. termine e clausole di contingentamento D. lgs. 368/2001: ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo a carattere temporaneo L. 92/2012: primo contratto a termine acausale e contributo addizionale (1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziale) a carico del datore di lavoro D. L. 76/2013: acausalità del contratto a termine nelle ipotesi previste dai contratti collettivi D. L. 34/2014: contratto a termine acausale di durata non superiore a 36 mesi + cl. contingentamento (20%)
Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro (art. 1 d. lgs. 81/2015). «Qualora nell’ambito di una determinata tipologia contrattuale di natura subordinata non si riscontrino gli elementi di specialità previsti dal legislatore – elementi sia di carattere sostanziale che formale– il rapporto di lavoro deve essere ricondotto necessariamente alla «forma comune» e cioè al contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato» (lettera circolare 22/4/2013 del Ministero del lavoro).
Apposizione del termine (art. 19 d. lgs. 81/2015) «Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a trentasei mesi». Non sono più richieste «ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo». Per la prima volta viene introdotto un limite al primo contratto a termine e alla somministrazione a tempo determinato.
Successione di contratti a termine «Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi [v. art. 51], e con l'eccezione delle attività stagionali (…), la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro, non può superare i 36 mesi. Ai fini del computo di tale periodo si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell'ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato. Qualora il limite dei 36 mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento» (art. 19 co. 2).
Successione di contratti a termine Ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti, della durata massima di 12 mesi, può essere stipulato presso la DPL competente per territorio. In caso di mancato rispetto della procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato (art. 19 co. 3).
Divieti di assunzione a termine (art. 20) sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti, per assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi; presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato; da parte di imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi prevista dalla normativa in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro.
Forma della clausola del termine (art. 19 co. 4) L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione. Eccezione: La scrittura non è necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a 12 giorni. Sanzione: in assenza di atto scritto, la clausola si considera inesistente e il rapporto si considera a tempo indeterminato.
Proroga del termine (art. 21 co. 1) Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 36 mesi, e, comunque, per un massimo di 5 volte nell'arco di 36 mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della sesta proroga.
Continuazione del rapporto (art. 22) Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20 % fino al decimo giorno successivo e al 40 % per ciascun giorno ulteriore. Qualora il rapporto di lavoro continui oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
Successione di contratti a termine (art. 21 co. 2) Qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro 10 gg. dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a 6 mesi, ovvero 20 gg. dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a 6 mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. La disposizione non si applica: ai lavoratori impiegati nelle attività stagionali individuate con d.m. nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi alle imprese startup innovative per 4 anni dalla costituzione della società [La regola non si applica ai contratti a termine previsti dall’art. 8 co. 2 l. 223/91; l’assunzione mediante contratto intermittente, seppur non vietata, potrebbe configurare una frode alla legge; lettera circolare 22/4/2013]
Principio di non discriminazione (art. 25) Al lavoratore a tempo determinato spetta il trattamento economico e normativo in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato, sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a tempo determinato. Sanzione amministrativa
Tribunale Milano 27/1/2011 appare configurabile l'avvenuta violazione del principio di non discriminazione - avuto particolare riguardo al mancato riconoscimento a parte ricorrente degli scatti di anzianità riconosciuti ai colleghi di pari anzianità e livello assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato - con conseguente illegittimità dei contratti a termine impugnati, ex. art. 6 D. Lgs. 368/01, e con diritto dei ricorrenti a vedersi corrispondere, a titolo risarcitorio, una somma ammontante alla differenza tra quanto percepito, nel medesimo periodo, dai dipendenti assunti a tempo indeterminato con pari anzianità e livello e quanto percepito dagli stessi.
Tribunale Milano 1/8/2011 - la progressiva reiterazione di rapporti di lavoro a tempo determinato ha di fatto realizzato un contesto del tutto identico, sotto il profilo dello sviluppo della professionalità, a quello tipico di un rapporto a tempo indeterminato. - deve essere dichiarato il diritto al risarcimento del danno patito, consistente nella mancata percezione negli anni passati delle retribuzioni di volta in volta adeguate alla corrispondente anzianità: risarcimento, quindi, che dovrà essere quantificato in misura pari alla differenza tra la retribuzione percepita e quella che la ricorrente avrebbe percepito in considerazione della maggiore anzianità e professionalità di volta in volta raggiunta. - appare discriminatorio il trattamento retributivo sfavorevole applicato ai dipendenti del Ministero con contratto a termine, i quali, a parità di anzianità maturata nei periodi lavorati, non si vedono riconosciuta quest'ultima ai fini retributivi (T. Milano 2/8/2011)
Tribunale Milano 13/12/2011
L’anzianità di servizi incide… …sull’inquadramento al momento dell’assunzione (Cgue, Valenza) …sulle progressioni di carriera verticali (che possono essere subordinate a una certa anzianità: Tar Veneto, 4/6/2010; Cgue, Rosado Santana) …sulle progressioni di carriera orizzontali (T. Milano e C. Appello Milano)
Cass. S.U. 20074/2010 La disposizione contenuta nel art. 3 co. 5 e 12 D.L. 726/1984 (conv. L. 863/1984), secondo cui in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro 12 mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio, opera anche quando l’anzianità è presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che hanno fondamento nella sola contrattazione collettiva, come nel caso degli aumenti periodici di anzianità previsti dall’art. 7 lett. c), dell’accordo nazionale 27 novembre 2000 per i dipendenti di aziende di trasporto in concessione.
Circ. INPS 30/2012 nel caso in cui i lavoratori, continuando a prestare la stessa attività per il medesimo appaltante, transitino da una impresa all'altra per successione di appalti, l'anzianità aziendale – ai soli fini della concessione dell'integrazione salariale [anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno 90 giorni] e della indennità di mobilità [anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato], anche in deroga alla normativa ordinaria – deve essere valutata cumulando i periodi prestati alle dipendenze delle diverse imprese appaltatrici, anche nell’ipotesi in cui non sussista la fattispecie del trasferimento di azienda di cui all’art. 2112 c.c.
Anzianità lavorativa La clausola 4 dell’accordo quadro osta a che i periodi di servizio prestati da un dipendente pubblico temporaneo di un’amministrazione pubblica non vengano presi in considerazione ai fini dell’accesso di quest’ultimo, divenuto nel frattempo dipendente pubblico di ruolo, ad una promozione per via interna cui possono esclusivamente aspirare i dipendenti pubblici di ruolo, a meno che tale esclusione non sia giustificata da ragioni oggettive [elementi oggettivi, precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di impiego nel particolare contesto in cui s’inscrive, e che rispondano ad una reale necessità, siano idonei a conseguire l’obiettivo perseguito e risultino a tal fine necessari]. (Cgue, Rosado Santana).
Cass. 3871/2011 e 17401/2011 In base ad un’interpretazione coerente con il principio di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato (art. 6 D.Lgs. 368/2001 in attuazione della direttiva 70/1999) deve ritenersi che l’art. 13 del c.c.n.l. del 16 maggio 2001, relativo al comparto Ministeri nel prevedere la fruibilità di permessi retribuiti per motivi di studio, nella misura di 150 ore, da parte dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non esclude che i medesimi permessi debbano essere concessi a dipendenti assunti a tempo determinato, sempre che non vi sia un’obiettiva incompatibilità in relazione alla natura del singolo contratto a termine; né l’esclusione del beneficio potrebbe giustificarsi, in ragione della mera apposizione del termine di durata contrattuale, per l’assenza di uno specifico interesse della pubblica amministrazione alla elevazione culturale dei dipendenti, giacché la fruizione dei permessi di studio prescinde dalla sussistenza di un tale interesse in capo al datore di lavoro, pubblico o privato, essendo riconducibile a diritti fondamentali della persona, garantiti dalla Costituzione (artt. 2 e 34 Cost.) e dalla Convenzione dei diritti dell’uomo (art. 2 Protocollo addizionale CEDU), e tutelati dalla legge in relazione ai diritti dei lavoratori studenti (L. 300/1970, art. 10)
Diritto di precedenza (art. 24) Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell'esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Il congedo di maternità usufruito nell'esecuzione di un contratto a tempo determinato presso lo stesso datore di lavoro, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza. Alle lavoratrici che hanno usufruito del congedo di maternità è altresì riconosciuto il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine. Il lavoratore stagionale ha diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali. Il diritto di precedenza può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (3 mesi per gli stagionali).
Diritto alla formazione (art. 26) I contratti collettivi possono prevedere modalità e strumenti diretti ad agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale
Diritti di informazione (art. 19 co. 5 e art. 23 co. 5) Il datore di lavoro informa i lavoratori a tempo determinato, nonché le rappresentanze sindacali aziendali ovvero la rappresentanza sindacale unitaria, circa i posti vacanti che si rendono disponibili nell'impresa, secondo le modalità definite dai contratti collettivi. I contr. coll. definiscono modalità e contenuti delle informazioni da rendere a r.s.a. o r.s.u. in merito all’utilizzo dei lavoro a tempo determinato.
Computo dei lavoratori (art. 27) Salvo che sia diversamente disposto, ai fini dell'applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell'effettiva durata dei loro rapporti di lavoro
Clausole di contingentamento (art. 23) Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20 % del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.
Clausole di contingentamento (art. 23) Sono esenti da tale limite, nonché da eventuali limitazioni quantitative previste da contratti collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi: a) nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi b) da imprese startup, per il periodo di 4 anni dalla costituzione della società c) per lo svolgimento delle attività stagionali d) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi e) per sostituzione di lavoratori assenti f) con lavoratori di età superiore a 50 anni. Il limite cui all’art. 23 co. 1 non si applica ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati tra università private.
Clausole di contingentamento (art. 23) In caso di violazione del limite percentuale, restando esclusa la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato, per ciascun lavoratore si applica una sanzione amministrativa di importo pari: a) al 20 % della retribuzione, per ciascun mese, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a uno; b) al 50 % della retribuzione, per ciascun mese, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a uno.
Recesso dal contratto a termine Il recesso dal contratto a termine è possibile solo ai sensi dell’art. 2119 c.c. (causa che non consenta la prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto). In caso di recesso illegittimo, il datore di lavoro è tenuto a risarcire il danno (= retribuzioni perdute dal lavoratore fino alla scadenza; aliunde perceptum)
Azione in giudizio (art. 28) L'impugnazione del contratto a tempo determinato deve avvenire entro 120 gg. dalla cessazione del singolo contratto con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore, anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale. L'impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 gg. [dall’impugnazione; C. cost. 303/2011], dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.
Azione in giudizio – principi generali Per garantire la certezza del diritto, termini di decadenza possono essere previsti ma non devono essere così brevi da ledere il diritto di difesa (art. 24 Cost.). Le misure previste da una normativa nazionale a difesa dei diritti garantiti dalla normativa comunitaria non devono essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna, né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (Cgue, Affatato).
Risarcimento del danno (art. 28 co. 2) Nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro. In presenza di contratti collettivi che prevedano l'assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine, il limite massimo dell'indennità è ridotto alla metà.
Risarcimento del danno – sistema previgente Nel sistema precedente, in caso di conversione del contratto, era riconosciuto al lavoratore il diritto al risarcimento del danno che, di regola, corrispondeva alle retribuzioni non percepite a partire dal momento in cui il datore di lavoro è messo in mora (offerta della prestazione lavorativa; art. 1206 ss. c.c.) sino alla ripresa del lavoro, detratto l’aliunde perceptum [o percipiendum, i.e. guadagno che sarebbe lecito attendersi dal lavoratore diligentemente attivatosi nella ricerca di un nuovo posto di lavoro] In caso di conversione in un unico contratto a tempo indeterminato di più contratti a termine, gli intervalli non lavorati non sono retribuiti (Cass. S.U. 2334/91)
Corte costituzionale sentenza n. 303/2011 L’art. 32 co. 5 e 6 forfetizza il risarcimento del danno dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine, integrando la garanzia della conversione del contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato;
Corte cost. sent. 303/2011 Il danno forfetizzato dall’indennità copre soltanto il periodo “intermedio”, quello, cioè, che corre dalla scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullità di esso e dichiara la conversione del rapporto. A partire dalla sentenza con cui il giudice, rilevato il vizio della pattuizione del termine, converte il contratto di lavoro in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il datore di lavoro è obbligato a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli le retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva.
Corte cost. sent. 303/2011 L’indennità onnicomprensiva assume una chiara valenza sanzionatoria in quanto è dovuta in ogni caso, anche in mancanza di danno, per avere il lavoratore prontamente reperito un’altra occupazione. L’importo dell’indennità è liquidato dal giudice a prescindere dall’intervenuta costituzione in mora del datore di lavoro e dalla prova di un danno effettivamente subito dal lavoratore (senza riguardo, quindi, per l’eventuale aliunde perceptum), trattandosi di indennità “forfetizzata” e “onnicomprensiva” per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto “intermedio” (dalla scadenza del termine alla sentenza di conversione) (Cass. 3056/2012).
Corte cost. sent. 303/2011 La normativa impugnata risulta adeguata a realizzare un equilibrato componimento dei contrapposti interessi. Al lavoratore garantisce la conversione del contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, unitamente ad un’indennità che gli è dovuta sempre e comunque, senza necessità né dell’offerta della prestazione, né di oneri probatori di sorta. Al datore di lavoro assicura la predeterminazione del risarcimento del danno dovuto per il periodo che intercorre dalla data d’interruzione del rapporto fino a quella dell’accertamento giudiziale del diritto del lavoratore al riconoscimento della durata indeterminata di esso.
Corte cost. sent. 303/2011 L’art. 32 co. 5 e 6 non crea alcuna illegittima discriminazione tra il lavoratore che ottiene una sentenza favorevole in tempi brevi in primo grado, e il lavoratore che risulti vittorioso solo a notevole distanza di tempo (magari nei gradi successivi di giudizio), ovvero tra il lavoratore che nelle more del processo è stato spontaneamente riammesso in servizio, e il lavoratore dipendente da un datore che abbia invece “resistito” ad oltranza. Tali circostanze sono inconvenienti solo eventuali e di mero fatto, che non dipendono da una sperequazione voluta dalla legge, ma da situazioni occasionali e talora patologiche (come l’eccessiva durata dei processi in alcuni uffici giudiziari), e che non rilevano ai fini del giudizio di legittimità costituzionale (C. cost. 298/2009, 86/2008, 282/2007, 354/2006).
Corte cost. sent. 303/2011 L’esigenza di misure di contrasto dell’abusivo ricorso al termine nei contratti di lavoro, proporzionate, sufficientemente effettive e dissuasive – quale si ricava dalla dir. 1999/70 nella ricostruzione operatane dalla Corte di giustizia dell’Unione – risulta soddisfatta dalla sanzione dalla trasformazione del rapporto lavorativo da tempo determinato a tempo indeterminato, corroborata da un’indennità di ammontare certo.
Casi di assunzione a termine a cui non si applica il d. lgs Casi di assunzione a termine a cui non si applica il d. lgs. 81/2015 (art. 29) lavoratori in mobilità assunti con contratto di lavoro a termine di durata non superiore a dodici mesi (in questi casi la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a quella prevista per gli apprendisti) rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato assunzione di manodopera nei settori del turismo e dei pubblici esercizi per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a 3 gg. determinata dai contratti collettivi
Casi di assunzione a termine a cui non si applica il d. lgs. 368/2001 contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, e con il personale sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi quelli dei dirigenti - rapporti di lavoro a termine con i dirigenti. Tali rapporti non possono avere durata superiore a cinque anni. Ai dirigenti è riconosciuto il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2118 c.c. dopo 3 anni. Contratti a tempo determinato stipulate dale Università
Rapporti esclusi dal campo di applicazione del d. lgs. 368/2001 La qualificazione formale, da parte del legislatore nazionale, del rapporto costituito tra una persona che svolge lavori socialmente utili e l’amministrazione pubblica per cui vengono effettuati questi lavori non può escludere che a detta persona debba essere conferita la qualità di lavoratore in base al diritto nazionale, se tale qualifica formale è solamente fittizia e nasconde in tal modo un reale rapporto di lavoro. Anche se il giudice del rinvio dovesse giungere alla conclusione che, tenuto conto delle sue caratteristiche e delle circostanze in cui vengono effettuati i lavori socialmente utili, il rapporto tra il lavoratore e l’amministrazione pubblica costituisce un rapporto di lavoro, i lavori socialmente utili sarebbero effettuati nell’ambito di programmi specifici di inserimento o di riqualificazione professionale pubblici o che usufruiscano di contributi pubblici ai sensi della clausola 2, punto 2, dell’accordo quadro, e potrebbero essere esclusi dal suo ambito di applicazione (Cgue, Sibilio).
Contributo addizionale ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (art. 2 co. 28 l. 92/2012). La legge non si riferisce al contratto a termine di cui al d.lgs. n. 368/2001 ma a qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro subordinato rispetto alla quale è individuata la data di cessazione del rapporto stesso (Interpello n. 15/2013)
Contributo addizionale Il contributo addizionale non si applica: a) ai lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti; b) ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali nonché, per i periodi contributivi maturati dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, di quelle definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative; c) agli apprendisti; d) ai dipendenti pubblici. Il comma 29 del medesimo art. 2 contempla alcune tassative eccezioni.