Dinamica della Litosfera
isostasia
Teoria della deriva dei continenti di Wegener
La teoria come formulata da Wagener affermava che circa 200 milioni di anni fa tutti i continenti erano riuniti in un solo grande continente, la Pangea, circondato dal mare Panthalassa. Circa 180 milioni di anni fa la Pangea cominciò a smembrarsi.
L’Amasia è un possibile supercontinente del futuro, che potrà formarsi probabilmente fra 250 milioni di anni, circondato dall’oceano Atlantico. . Secondo altre previsioni ai potrebbe tra 250 milioni di anni formare un supercontinente, la Pangea Ultima, circondato dall’oceano Pacifico.
Le prove della teoria della deriva dei continenti Wegener presentò, come prove a favore della sua teoria, alcune osservazioni: - la corrispondenza geomorfologica tra le coste.
- Diverse prove paleontologiche (ad esempio Mesosaurus, rettile vissuto circa 250 milioni di anni fa sia in Africa che in Sudamerica, privo di strutture che potessero permettere la capacità natatoria).
- Prove paleoclimatiche.
Wegener e i punti deboli della sua teoria Secondo Wegener lo spostamento dei continenti era dovuto all'energia di marea esercitata dalla Luna. Il fisico Harold Jeffreys contestò il fatto affermando che un attrito tale da spostare i continenti avrebbe fermato la rotazione terrestre in poco tempo.
Wegener e i punti deboli della sua teoria Wegener sosteneva anche che una causa di deriva era la «fuga dai poli», cioè lo spostamento dei continenti per la forza centrifuga prodotta dalla rotazione della terra. I fisici criticarono anche questo meccanismo perché la forza riscontrata dall'analisi dei dati era estremamente debole e, inoltre, non c'erano prove che il fondo oceanico potesse esser così plastico da permettere lo scorrimento dei continenti.
Teoria dell’espansione dei fondali oceanici di Hess
Dorsali oceaniche Un sistema di rilievi che attraversa gli oceani, per una lunghezza totale di 70.000 km.
Sulle rocce dei fondali oceanici si osservarono inoltre strane anomalie magnetiche: il basalto della crosta oceanica presenta bande di inversione di polarità magnetica; un po’ come se periodicamente il Polo Nord migrasse al Polo Sud e poi tornare nella sua posizione.
Le creste delle dorsali presentano un avvallamento centrale, la rift valley, largo poche decine di km e profondo anche 2 km.
Le pareti del rift presentano delle faglie, da cui fuoriescono lave femiche. La dorsale non è una struttura continua, presenta inoltre delle faglie trasformi, perpendicolari ai rift, che scorrono tra loro, in modo reciproco.
Faglie trasformi
Pianura abissale
Fosse oceaniche La fossa delle Marianne è la fossa oceanica conosciuta come la più profonda al mondo. La fossa è delimitata dall'incontro di due placche tettoniche, in una zona di subduzione, dove la placca del Pacifico si insinua sotto la placca delle Filippine. Il punto più profondo si trova a 10.994 metri sotto il livello del mare.
Teoria dell’espansione dei fondali oceanici
paleomagnetismo Le inversioni di polarità del campo magnetico del nostro pianeta sono documentate dallo stato di magnetizzazione assunto dalle rocce basaltiche dei fondali oceanici (bande a magnetizzazione normale/inversa speculari rispetto alle dorsali oceaniche).
Negli anni 1967-68 l’imponente sforzo di ricerca dette i suoi frutti generando un modello che tendeva a rappresentare l’attività del nostro pianeta come un tutt’uno: terremoti, vulcani, formazione delle montagne, isole vulcaniche e altre strutture secondarie non erano altro che la conseguenza di un’unica causa connessa con il movimento relativo di tratti di crosta terrestre.
Teoria della tettonica a placche (o zolle) La superficie terrestre è costituita da una serie di grosse placche (o zolle). Queste sono in continuo movimento, probabilmente determinato da correnti convettive al di sotto delle placche. Il motore delle celle di convezione è il calore endogeno del pianeta. I limiti di placca sono sede di importanti fenomeni geologici: terremoti, orogenesi, vulcanesimo.
Margini Ciascuna placca è limitata da margini. Si osservano tre tipi di margine: Margini divergenti costruttivi Margini convergenti distruttivi Margini conservativi
Margini divergenti costruttivi I margini divergenti o costruttivi: coincidono con le dorsali oceaniche e i rift continentali (aree di distensione) dove vi è una continua produzione di crosta, mentre la porzione già formata tende ad allontanarsi. Intensa attività vulcanica, debole attività sismica.
Rift Valley africana
Margini convergenti distruttivi Quando i margini di due placche si avvicinano si parla di margini convergenti. Gli effetti che ne derivano dipendono dalla natura delle due placche. Possiamo osservare tre diverse situazioni: collisione litosfera oceanica - oceanica collisione litosfera oceanica – continentale collisione litosfera continentale - continentale.
Collisione litosfera oceanica – continentale
Conseguenze del processo sono: La formazione di una fossa oceanica nel limite tra le due placche. Attività sismica intensa lungo il piano di subduzione. Formazione di un arco vulcanico e orogenesi (formazione di sistemi montuosi) lungo le coste.
Cordigliera delle Ande
Collisione litosfera oceanica- oceanica
Crosta continentale – crosta continentale
Margini conservativi I margini conservativi lungo i quali le zolle adiacenti semplicemente scivolano l’una accanto all’altra generando faglie trasformi analoghe a quelle che si formano sulle dorsali. Forte attività sismica.
Motore della tettonica a placche Le cause del movimento delle placche sono ancora poco chiare e motivo di ricerca e discussione in ambito scientifico.
Moti convettivi nel mantello: presenza di celle termiche convettive Moti convettivi nel mantello: presenza di celle termiche convettive. Rami ascendenti di celle convettive collocati sotto le dorsali, discendenti in corrispondenza alle zone di subduzione.
Secondo altri modelli la forza in grado di muovere le placche sarebbero i pennacchi di magma che provengono dall’interno della Terra e che costituiscono i cosiddetti "punti caldi" (hot spot), che si trovano per esempio in corrispondenza delle Isole Hawaii.
Hot spot I “punti caldi” indicano fenomeni vulcanici isolati, ovvero non connessi ai margini delle placche. Sono probabilmente generai da pennacchi di materiale caldo che risale dal mantello.
Il punto di risalita sembra mantenersi costante, mentre le placche si muovono.