La via interna La via interna alla storia delle biblioteche si applica necessariamente ai singoli istituti: è una strada obbligata, preliminare a qualunque altra ricostruzione storica che si prefigga di tratteggiare l’evoluzione dell’istituzione bibliotecaria.
La via interna: obiettivi isolare e comprendere i vari filoni culturali che hanno caratterizzato le sue vicende, il che significa scomporre le sue raccolte per rintracciare eventuali nuclei compatti che hanno contribuito in modo significativo a dare alla biblioteca una specifica connotazione;
La via interna: obiettivi cercare di capire se nel corso del tempo le acquisizioni, le donazioni e, in genere l’incremento delle raccolte abbiano riconfermato le caratteristiche fondamentali della biblioteca o in caso contrario il perché di deviazioni; documentare e ricostruire i modi con cui la biblioteca ha costruito gli strumenti di mediazione indispensabili all’utilizzo delle sue raccolte (sistemi di ordinamento del materiale librario, tipologia di cataloghi allestiti) e come questi siano cambiati nel corso del tempo e perché.
La via interna Chi si accinge ad uno scavo del genere non dovrà soltanto padroneggiare la metodologia dello storico, ma inevitabilmente anche avere cognizioni precise su procedure e tecniche biblioteconomiche.
La via interna Fonti primarie l’archivio della biblioteca stessa, i cataloghi e gli inventari antichi e fuori uso, o che comunque documentino periodi precisi della sua esistenza, i segni rintracciabili sui libri (postille, ex libris, etc.)
La via interna E’ necessario comunque affiancare alla ricostruzione storica interna di una biblioteca anche l’attenzione a ciò che è fuori di essa, ovvero il contesto bibliografico il contesto sociale
Lo studio dei cataloghi Il catalogo costituisce la rappresentazione di una biblioteca ed è al tempo stesso lo strumento d'accesso privilegiato per conoscerla, per avere un'idea della sua formazione e del suo accrescimento.
Lo studio dei cataloghi Catalogo corrente È quello che la biblioteca continua ad alimentare per attuare la propria mission e che consente l’accesso alle raccolte. Può essere unico e relativamente omogeneo, ma anche essere composto da più segmenti con copertura diversa e spesso sovrapposta e presentare in genere una forte stratificazione (compresenza di sistemi diversi di descrizione del libro).
Lo studio dei cataloghi Cataloghi antichi e fuori uso Sono i cataloghi precedentemente in uso, e poi chiusi, o per essere riversati su un supporto diverso (dai volumi alle schede; da un formato di scheda ad un altro), ma possono anche essere la testimonianza di un diverso ordinamento della biblioteca, di imprese catalografiche iniziate e poi interrotte, o ancora riferirsi a collezioni particolari (cataloghi che hanno accompagnato l'ingresso in biblioteca di un nucleo librario specifico) .
Lo studio dei cataloghi Lo studio di un catalogo di una biblioteca può essere finalizzato in primo luogo alla conoscenza delle letture e quindi delle idee che hanno circolato in una determinata epoca storica. Questo tipo di approccio deve essere affiancato da una serie di cautele metodologiche: 1. È un dato di fatto che una parte della cultura di una società, ieri ed oggi, si esprime e si alimenta anche attraverso segni diversi dalla scrittura. 2. I libri conservati in una biblioteca e registrati nel suo catalogo non sono sempre oggetto di lettura da parte dell'individuo o del gruppo di individui che utilizza quella raccolta libraria.
Lo studio dei cataloghi Quando un nucleo librario passa da chi lo ha formato agli eredi, ad esempio, o confluisce in una istituzione pubblica, possono recidersi i legami fra i contenuti culturali dei libri e gli interessi, i gusti e i bisogni dei nuovi utenti. Questo non significa che il nucleo librario rimanga inerte, ma anzi spesso un passaggio del genere dà origine ad una nuova fase vitale: un tipico esempio è la trasformazione in biblioteche pubbliche delle grandi raccolte private sei-settecentesche.
Lo studio dei cataloghi La vitalità della biblioteca si esprime attraverso due azioni, quella passiva di conservazione e quella attiva di forza di aggregazione, che ne assicura la continuità e l'accrescimento.
Lo studio dei cataloghi Il catalogo dunque di una grande biblioteca con un passato storico costituirà la somma di tutte le diverse componenti culturali che l'hanno generata e che hanno contribuito nel tempo al suo accrescimento, ma al tempo stesso proprio in questo processo di fusione andranno perdute le fisionomie delle singole porzioni.
Lo studio dei cataloghi Per riuscire a ricostruire questo reticolo di apporti diversi in una grande raccolta libraria sarà dunque necessario applicare al catalogo procedure specifiche di analisi che permettano di individuare quei nuclei librari che possano riflettere momenti culturali e storici precisi. In questo lavoro di destratificazione possono essere di massima utilità i cataloghi antichi o fuori uso che la biblioteca ha eventualmente conservato.
Lo studio dei cataloghi Lo studio dei cataloghi ha dunque prima di tutto un carattere strettamente filologico-letterario, culturale in senso lato, che ha come obiettivo quello di ricostruire scenari anche parziali e frammentari, utili ad offrire contributi importanti a ricostruzioni di carattere storico, letterario e sociologico. Questa possibilità si basa sulle caratteristiche della biblioteca, in quanto istituzione fortemente caratterizzata in senso sociale e sull'indiscutibile nesso fra la biblioteca e la sua rappresentazione sintetica incarnata nel relativo catalogo.
Lo studio dei cataloghi Alcuni esempi: una biblioteca appartenuta ad un personaggio importante e rappresentativo di una certa area culturale, sociale o politica; nuclei librari di personaggi ignoti, che possono però essere riconosciuti sicuramente come appartenenti ad un determinato segmento della società.
Lo studio dei cataloghi Raccolte librarie che furono il prodotto di iniziative collettive, politiche o confessionali (ad es. Inchiesta della Congregazione dell'Indice; le soppressioni delle corporazioni religiose)
Inchiesta della Congregazione dell'Indice Indice clementino (1596), promulgato da Clemente VIII, dopo una lunga fase di gestazione segnata da discussioni accese, prima in seno alla Congregazione del Sant’Uffizio, poi tra quest’ultima e la Congregazione dell’Indice.
Inchiesta della Congregazione dell'Indice L’Indice affidava all’episcopato locale la competenza in tema di espurgazione . Riluttanza degli ordini religiosi a sottoporsi al controllo Settembre 1596 prende avvio l’inchiesta (ordine di inviare centralmente le liste i tutti libri posseduti dalle biblioteche conventuali e di quelli in uso ai singoli religiosi) Precise direttive in merito alla norme di descrizione bibliografica (autore ,titolo, luogo e data di stampa, nome dello stampatore, lingua del testo e formato).
Inchiesta della Congregazione dell'Indice Tra il 1599 e il 1603 arrivarono alla Congregazione, in numero cospicuo, gli inventari dei libri prodotti in ottemperanza alle disposizioni. In età napoleonica la documentazione fu trasportata a Parigi. Nel 1817 fu di nuovo depositata presso il Palazzo della Cancelleria. Un secolo dopo, quando la Congregazione dell’Indice è stata soppressa, è stata versata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana ed è oggi raccolta nel fondo dei manoscritti Vaticani Latini con la numerazione 11266- 11326 (61 mss).
Inchiesta della Congregazione dell'Indice Obiettivo primario è la messa a disposizione degli studiosi di una fonte estremamente preziosa per lo studio della storia religiosa in Italia nel passaggio dal XVI al XVII secolo. Le potenzialità sono comunque più alte ed hanno carattere interdisciplinare. Le informazioni messe a disposizione dalla banca dati possono interessare: La storia delle biblioteche Storia della circolazione del libro Bibliografia Storia dell’indicizzazione e della citazione bibliografica
Soppressioni L'altro momento è costituito dalle soppressioni, interventi legislativi dell'amministrazione centrale che sopprimendo giuridicamente una serie di istituzioni corporative di carattere culturale (università e accademie) e religiose (ordini monastici) ne prescrivevano l'incameramento statale dei beni, comprese le biblioteche. Largamente praticata già nella seconda metà del Settecento dalle monarchie illuministe (i Lorena di Toscana e Maria Teresa in Lombardia), ha il suo momento culminante nella Francia rivoluzionaria, dove ovviamente coinvolge anche le biblioteche nobiliari.
Soppressioni L'espansione napoleonica in Europa, Italia compresa, porta anche all'estensione nei paesi conquistati della legislazione rivoluzionaria. Quindi il fenomeno delle soppressioni determina uno dei più importanti sommovimenti librari che la storia moderna abbia conosciuto. È l'epilogo del lungo cammino con il quale la nuova classe sociale la borghesia, dopo aver conquistato il potere economico e quello politico, sancisce anche la sua supremazia culturale.
Soppressioni Le conseguenze pratiche furono per certe aspetti rovinose: furono distrutti libri e manoscritti, il cui contenuto non veniva avvertito più come aderente allo spirito del tempo; una parte del materiale librario riuscì a sfuggire al trasferimento forzoso e prese la via del commercio antiquario; la maggior parte però confluirono nelle biblioteche pubbliche, anzi in alcuni casi furono i nuclei che le costituirono (Francia). L'Italia fu coinvolta in modo massiccio fra il 1808 e il 1811, e ancora una volta molti anni più tardi, nel , nel 1867, anche se in modo meno massiccio (Stato pontificio, ma non solo).
Soppressioni In tutte queste occasioni furono anche requisiti inventari e cataloghi e ne furono prodotti di nuovi, una documentazione immensa la cui analisi e il cui studio consentirebbe oltre che di capire meglio i mutamenti di valori imposti dalla rivoluzione, anche di rintracciare libri considerati perduti, di identificare la provenienza di altri, di ricostruire la storia di intere collezioni, di misurare la ricaduta che l'affluire simultaneo di queste raccolte in istituzioni pubbliche ebbe, gli eventuali cambiamenti prodotti, la capacità o meno delle biblioteche ospitanti di garantire l'armonizzazione delle nuove raccolte con quelle precedenti, il loro ordinamento e la loro utilizzazione.
Lo studio dei cataloghi Lo studio dei cataloghi può dunque avere anche una significativa valenza anche ai fini della storia delle biblioteche, soprattutto quanto vengano studiati non solo dal punto di vista delle opere registrate, ma dal punto di vista della loro organizzazione interna, dei sistemi di indicizzazione, di descrizione
Lo studio dei cataloghi L'attenzione per i cataloghi e gli inventari antichi, soprattutto per quelli manoscritti e per le biblioteche medievali, non è nuova, ma deriva essenzialmente da interessi di tipo paleografico, codicologico o al limite catalografico, nel senso di ricostruire e illustrare la tecnica descrittiva applicata. L'utilizzo, invece, di queste fonti, per la ricostruzione del profilo bibliografico di intere raccolte e quindi ai fini di ricostruire la storia di una biblioteca è relativamente recente.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Cataloghi e inventari Manoscritti o a stampa Cataloghi in uso e fuori uso Inventari Cataloghi di vendita Cataloghi domestici
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Una prima distinzione, del tutto esterna, che non investe le potenzialità informative degli strumenti, è legata al fatto che essi siano manoscritti o a stampa. La ragione di una distinzione del genere è solo da ricondurre ad un problema pratico, ovvero la diverse modalità di reperimento e la maggiore o minore possibilità di rintracciarli.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche La differenza fra cataloghi in uso e cataloghi antichi (fuori uso) è stata introdotta nella pratica bibliotecaria italiana da un censimento operato dalla rivista «Accademie e biblioteche d'Italia» fra il 1927 e 1933 (I cataloghi delle biblioteche italiane, Roma, 1933). Sono in genere manoscritti o comunque possono essere assimilati ad essi, nel senso che costituiscono un unicum, non destinato alla circolazione commerciale (catalogo a schede di una biblioteca, anche se le schede sono a stampa, non ha una circolazione esterna).
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Nella terminologia biblioteconomica moderna la distinzione fra inventario e catalogo ha un significato molto preciso, essendo il primo un indice compilato ad esclusivo uso patrimoniale, caratterizzato da una descrizione sommaria dell'unità libraria e solitamente organizzato o secondo l'ordine d'ingresso dei libri in biblioteca o secondo la disposizione fisica dei libri stessi, mentre il catalogo costituisce lo strumento di mediazione fra le raccolte e il lettore, con un dichiarato ed esplicito scopo informativo.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Questa distinzione non ha invece molto senso se applicata alla documentazione più antica: solitamente si tratta in ogni caso di liste di libri, compilate inizialmente con la sola funzione di controllo patrimoniale, a cui si aggiunge successivamente anche una funzione di localizzazione riportando la segnatura di collocazione. Possono essere definiti inventari quelli compilati al momento della fine di una determinata istituzione oppure nel momento di passaggio di proprietà, di uno scarto, oppure anche dopo la morte di un individuo singolo (inventari delle soppressioni, inventari dei pupilli studiati da Bec, etc.).
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Queste distinzioni fra le varie liste di libri sono necessarie perché si prestano a documentare fenomeni diversi e danno informazioni diverse; di conseguenza non possono essere utilizzati e studiati in modo indifferenziato.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Gli inventari post-mortem, ad esempio consentono di valutare a grandi linee la diversa circolazione del libro tra i vari ceti e l'evoluzione delle biblioteche, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, nel corso del tempo, ma non permettono di capire cosa rappresentasse il libro per il proprietario, se frutto di una scelta personale o di un'eredità: strumento di lavoro o oggetto non utilizzato. L'inventario post-mortem documenta una biblioteca morta, chiusa, di cui difficilmente si può prefigurare la sorte al momento della stesura dell'inventario stesso.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche La stessa funzione la svolgono i cataloghi di vendita, con una importante differenza Essendo i primi atti amministrativi, riproducono integralmente la biblioteca, mentre la stessa completezza può non essere assicurata nei cataloghi di vendita: il libraio può aver fatto delle scelte, scartato qualcosa, ma anche aggiunto, a seconda delle proprie convenienze economiche.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Esistono vari tipi di cataloghi di vendita. Ci sono cataloghi redatti dai librai, strumenti indispensabili all'attuazione pratica della vendita stessa, ma anche quelli compilati dagli stessi proprietari, che al momento di disfarsi della propria raccolta, provvedevano a redigerne il catalogo o davano l'incarico di redigerlo a bibliofili o eruditi coevi.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Un'ulteriore tipologia è costituita dai cosiddetti cataloghi domestici, ovvero i cataloghi che lo stesso proprietario (talvolta anche più di uno all'interno della stessa famiglia) redigono a partire da un dato momento. Questa documentazione è particolarmente interessante perché fotografa la biblioteca nel suo farsi nel tempo, soprattutto se il catalogo, come spesso avviene in quelli che si sono conservati manoscritti, è corredato da note, da commenti, da notizie di acquisti, di prezzi, etc.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche In alcuni casi i cataloghi domestici approdano alla stampa, per una serie di motivi diversi (autocelebrazione, volontà di conservare la memoria della biblioteca, anche in caso di possibili dispersioni, la consapevolezza che una raccolta libraria non può essere solo conservata). Questo tipo di cataloghi è spesso compilato dallo stesso proprietario o, nel caso di biblioteche nobiliari o ecclesiastiche, dal bibliotecario o da un erudito. In ogni caso la stampa coincide anche con la cristallizzazione della biblioteca; difficilmente infatti un privato provvede a stampare aggiunte e supplementi, come potrebbe fare una biblioteca pubblica.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Ci sono poi cataloghi redatti, per lo più dagli stessi proprietari, con lo scopo preciso di predisporre strumenti bibliografici specializzati in determinate discipline: spesso non descrivono l'intera raccolta, ma piuttosto un suo settore specializzato e corrispondono generalmente ad un momento vitale della biblioteca stessa, quando ancora il possessore continua ad alimentarla.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Registri dei donatori e delle donazioni possono integrare il materiale archivistico relativo all'attività di incremento della biblioteca
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche I segni lasciati sui libri Ex libris, note di possesso, sottoscrizioni, segnature di precedenti collocazioni, timbri ci possono aiutare a ricostruire un nucleo librario, di cui manchi qualsiasi documentazione inventariale e che sia stato disseminato nelle raccolte della biblioteca ospitante, oppure a rintracciare individui di una biblioteca dispersa in modo stellare.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Le segnature di collocazione apposte dalle biblioteche pubbliche, ma anche spesso da quelle private ci forniscono informazioni sull'organizzazione fisica delle raccolte che spesso si raccorda alla funzione e al modo di utilizzo della biblioteca; sulle variazioni di questa organizzazione e, quindi aiutarci a capirne le ragioni. Anche i timbri che una biblioteca pubblica appone sui libri, come attestato di proprietà, possono fornire informazioni, quando siano stati identificati e ricondotti a precisi archi cronologici.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche I carteggi Questa tipologia documentaria può rivelarsi utile anche per la storia delle biblioteche, quando ovviamente chi scrive o riceve lettere sia un bibliotecario o un collezionista, ma anche un libraio antiquario. Il carteggio può far emergere momenti importanti della formazione della collezione, o della sua parziale dispersione, addirittura in certi casi chiarirci come e quando un certo esemplare è entrato a far parte della collezione.
Tipologia delle fonti per la storia delle biblioteche Ma sono soprattutto i carteggi dei bibliotecari che possono risultare utili sotto più punti di vista: per ricostruire ad esempio le modalità di formazione delle raccolte, ma anche per capire la vita interna delle biblioteche, l’organizzazione del servizio ad esempio
Gli studi di provenienza Interessano la storia non-editoriale degli esemplari, ovvero di un solo esemplare, ma anche di un gruppo di documenti che siano appartenuti ad un unico soggetto.
Gli studi di provenienza . Per provenienza si intendono cioè tutti quei segni che possono individuare un episodio o un periodo o una fase nella vita del documento e/o della raccolta, ovviamente dopo che l’esemplare sia uscito dall’officina tipografica o se manoscritto dal luogo di produzione. Rientrano nel concetto di provenienza anche attestazioni che rinviino a librai o legatori. In sostanza le attestazioni di provenienza interessano gli ambiti di uso, commercializzazione e conservazione del documento e possono riferirsi ad una persona fisica, ad una famiglia, ad un ente o a un’istituzione
Gli studi di provenienza Una prima metodologia di ricerca è di tipo induttivo (parte cioè dal singolo esemplare), mentre la seconda è di tipo deduttivo (parte cioè dai dati che è possibile rilevare all’interno di una raccolta).
Gli studi di provenienza Non è sufficiente cioè rilevare ed attribuire le provenienze di un singolo documento, occorre anche ricostruire il contesto bibliografico e culturale della provenienza, ricercare, se e quando è possibile, la connessione tra le provenienze o quella di singole provenienze con contesti più ampi, individuare le fonti che possono aiutare a svolgere queste operazioni in maniera più completa possibile.
Gli studi di provenienza Tali indagine possono aiutarci a ricostruire gli apporti che nel tempo hanno alimentato le collezioni di una biblioteca, le loro caratteristiche di natura bibliografica e culturale. Ma questo nuovo ambito di studio potrà offrire materiali importanti anche per altri settori, come la storia della lettura, quella della circolazione libraria, la storia del libro e dell’editoria, etc.