ALIMENTAZIONE DEL SUINO Prof. Vito Laudadio
Utilizzazione dei carboidrati strutturali Dal punto di vista alimentare il suino è un animale monogastrico onnivoro Il rilevante sviluppo dell’intestino crasso del suino favorisce, particolarmente nell’animale adulto (scrofe e verri) una discreta capacità di digestione anche degli alimenti cosiddetti “fibrosi”. La popolazione microbica ospitata a livello di cieco-colon-retto è infatti particolarmente abbondante (fino a 10 miliardi di microrganismi per grammo di contenuto) e, grazie a specifiche produzioni enzimatiche, può fermentare (e quindi digerire) tanto la cellulosa quanto le emicellulose e le pectine rendendo questi principi alimentari almeno in parte disponibili sotto forma di acidi grassi volatili (acetico, propionico e butirrico).
Produzione di vitamine idro-solubili Nel grosso intestino inoltre si ha una buona produzione di vitamine idrosolubili alcune delle quali vengono assorbite direttamente ed altre possono essere “recuperate” attraverso la coprofagia che, negli animali allo stato brado, rappresenta un comportamento fisiologico mentre viene praticata in misura assai limitata nel suino in allevamento intensivo. Tutto ciò però non toglie che il maiale sia un animale monogastrico e di conseguenza incapace, soprattutto nel giovane allevato in stabulazione permanente, di sintesi aminoacidiche e vitaminiche di concreto interesse pratico sotto il profilo nutrizionale: ne deriva che almeno nei soggetti in allevamento intensivo i fabbisogni debbano venire quasi interamente coperti da apporti esogeni (dietetici).
I fabbisogni nei suini Per poter praticare un corretto razionamento dei suini così come per gli altri animali in produzione zootecnica, è necessario in primo luogo conoscere i fabbisogni delle diverse categorie di animali, fabbisogni che purtroppo non sono costanti ma variano oltre che in relazione al momento fisiologico, al sesso, al clima, al tipo di suino che si intende produrre (leggero o pesante), alla quantità ed alla modalità di distribuzione degli alimenti, anche e soprattutto al tipo genetico. Più in particolare i fabbisogni aminoacidici e soprattutto quelli di lisina sono largamente influenzati dalla costituzione genetica dell’animale tant’è che nei soggetti ad alta specializzazione per la produzione di carne magra, la concentrazione di questo aminoacido nella dieta dovrà essere sensibilmente aumentata (fino al 20-25%) rispetto a quella contenuta nei mangimi destinati a suini di tipo tradizionale.
Fabbisogni energetici Per esprimere i fabbisogni energetici dei suini si può ricorrere sia all’energia DIGERIBILE (E.D.), sia alla METABOLIZZABILE (E.M.) e alla NETTA (E.N.). L’ultimo metodo (E.N.) è senza dubbio il più corretto da un punto di vista scientifico perché esprime l’energia di cui il suino effettivamente dispone per il mantenimento e per la produzione; però anche un metodo di difficile valutazione e per questo si fa ancora ricorso ai valori dell’E.D. e dell’E.M. che vengono espressi sia in Calorie (cal) sia in Joule (J). L’adozione dell’una o dell’altra unità di misura non comporta problemi particolari in quanto si può passare dalle Calorie ai Joule moltiplicando per il coefficiente 4.184 e dai Joule alle Calorie per quello 0.239: di norma però i dati vengono espressi in Chilocalorie (kcal) corrispondenti a mille Calorie e in MegaJoule (MJ) che equivale a un milione di Joule o 239 kcal.
UTILIZZO DI ENZIMI NELL'ALIMENTAZIONE DEL SUINO PROTEASI CELLULASI, EMICELLULASI, PECTINASI, GLUCANASI AMILASI FITASI L'USO DEGLI ENZIMI E' PARTICOLARMENTE UTILE FINO A 25 kg P.V. LA FITASI DATO CHE MIGLIORA LA DISPONIBILITA' DEL FOSFORO PRESENTE NEGLI ALIMENTI COME FITATI E' UTILE PER TUTTE LE CATEGORIE DI SUINI.
ASSORBIMENTO DEL FOSFORO DEGLI ALIMENTI VEGETALI NEL SUINO MATERIA PRIMA ASSORBIMENTO (% P TOTALE) ORZO 39.8 MAIS 14.3 GLUTINE DI MAIS 17.8 INSILATO DI MAIS 35.3 PISELLI 42.0 PULA DI RISO 10.1 BUCCETTE DI SOIA 38.0 MANIOCA 23.8 CRUSCA FRUMENTO 23.5 FRUMENTO 18.4 PANELLO DI COCCO 24.6 PANELLO DI LINO 18.4
Fabbisogni proteici Della ventina di amminoacidi presenti in natura negli alimenti la metà sono essenziali per il suino; essi pertanto devono essere forniti con l’alimento non solo in quantità sufficiente, ma anche in giusta proporzione (in equilibrio). Esistono infatti delle competizione fra amminoacidi chimicamente affini sia per l’assorbimento a livello intestinale sia per i siti di attacco metabolico; un eccesso di un amminoacido può dunque peggiorare l’utilizzazione di un altro rendendolo di fatto carente anche se nel mangime è presente in quantità apparentemente adeguate. Su queste acquisizioni è stato elaborato il concetto di “proteina ideale” studiata per i suini in accrescimento e ingrasso, partendo dalla composizione amminoacidica della proteina dell’intero organismo che è relativamente costante e non dipende ne dal peso ne dall’età dell’animale.
Proteina Ideale Su queste acquisizioni è stato elaborato il concetto di “proteina ideale” studiata per i suini in accrescimento e ingrasso, partendo dalla composizione amminoacidica della proteina dell’intero organismo che è relativamente costante e non dipende ne dal peso ne dall’età dell’animale. Molto più difficoltoso è formulare una proteina ideale per le scrofe gestanti e allattanti variando i fabbisogni in funzione della dimensione della nidiata e della produzione di latte. Una volta identificati i rapporti fra gli aminoacidi essenziali è sufficiente individuare il fabbisogno dell’aminoacido più frequentemente limitante primario, la lisina, per risalire ai fabbisogni di tutti gli altri.
Rapporti fra gli amminoacidi essenziali consigliati per il suino e “proteina ideale”. Di cui almeno il 55% di Metionina (2) Di cui almeno il 50% di Fenilalanina (3) Non sembra essere un aminoacido essenziale nella scrofa in gravidanza
Proteina minima equilibrata La quantità minima di proteina grezza equilibrata, cioè della quota sufficiente ad apportare l’azoto che l’animale utilizza per la sintesi degli aminoacidi non essenziali, può essere calcolata con la formula: P.M.E. = 6,1 x % di lisina nel mangime x 2,1 dove 6,1 è il rapporto fra lisina totale e il totale degli AA essenziali della proteina ideale; 2,1 è il rapporto fra totale degli AA (100) e gli AA essenziali (47) nella proteina ideale. In pratica i valori di proteina grezza dei mangimi normalmente utilizzati sono più alti dal momento che i dati ottenibili con questa equazione si raggiungono solo facendo ampio ricorso ad aminoacidi di sintesi, cosa che non è sempre economicamente giustificata anche se positiva per migliorare l’efficienza alimentare e ridurre la polluzione azotata.
Rapporto Lisina/Energia È necessario anche assicurare un giusto rapporto nel mangime fra energia e aminoacidi in modo da garantire la miglior utilizzazione di ogni nutriente. Per questo motivo per i suini in accrescimento-ingrasso di solito si esprime il fabbisogno di lisina in g/1000 kcal di E.D. o E.M. Tanto maggiore è la specializzazione del suino a produrre “carne magra” tanto più elevato sarà il valore del rapporto lisina/energia.
Rapporto tra lisina ed energia (grammi di lisina per 1000 kcal di E. D Rapporto tra lisina ed energia (grammi di lisina per 1000 kcal di E.D. della dieta) per i suini in accrescimento-ingrasso
Apporti proteici nel suino La nutrizione azotata rappresenta il fulcro attorno al quale ruotano, performance zootecniche, qualità della carne,stato di salute degli animali e inquinamento ambientale. La ricerca scientifica ha verificato che il fabbisogno di amminoacidi del suino varia in funzione del miglioramento genetico e delle condizioni di allevamento. Ciò significa che la composizione della cosiddetta “proteina ideale” è un concetto dinamico: essa si differenzia a seconda dell’età, del peso, della categoria produttiva e del tipo genetico. Altra recente conoscenza nella nutrizione del suino è quella relativa al ruolo di alcuni amminoacidi semi-essenziali (cioè sintetizzati dall’organismo, ma in quantità inferiore alle necessità), il quale si esplica principalmente nella funzionalità intestinale: la glutamina, in particolare, esercita importanti funzioni sui tessuti intestinali e quindi sull’integrità e sulla funzionalità assorbente e metabolica degli epiteli.
Apporti proteici ed impatto ambientale È importante la relazione esistente tra livello proteico degli alimenti e la quantità di azoto liberata nell’ambiente. L’efficienza con la quale l’azoto è trattenuto dal suino in accrescimento, infatti, si aggira mediamente attorno al 30-40% Le fonti di eliminazione sono le feci e le urine, con quote che sono dell’ordine del 75-80% per le urine e del 20-25 per cento per le feci. È perciò necessario ottimizzare, specialmente dal punto di vista qualitativo, l’apporto proteico della dieta, sia a scopo produttivo, sia ai fini della tutela ambientale.
Linee guida per l’ottimizzazione degli apporti proteici Per aumentare la quota di azoto trattenuto sull’ingerito si può operare su due linee diverse: aumentare la digeribilità delle proteine alimentari per ridurre l’azoto eliminato con le feci. Ciò è possibile scegliendo materie prime molto digeribili o praticando su queste trattamenti di tipo enzimatico e/o tecnologico che ne aumentino la digeribilità; limitare ogni eccesso alimentare di proteine ed ogni forma di spreco di azoto a livello metabolico. Questo obiettivo è raggiungibile migliorando l’equilibrio amminoacidico dell’alimento (anche con l’ausilio di amminoacidi di sintesi da introdurre nella formulazione) e adattando puntualmente le sue caratteristiche ai fabbisogni dell’animale (separazione dei sessi e alimentazione per fasi).
Impatto ambientale delle escrezioni azotate La riduzione dell’eliminazione dell’azoto con le urine rappresenta l’obiettivo principale, non solo sotto il profilo quantitativo, ma anche per ragioni ambientali. Questa, infatti, è la quota di azoto escreto a più alto rischio, trattandosi prevalentemente di forme solubili e quindi più pericolose per l’inquinamento delle acque e dell’aria.
Fabbisogni minerali e vitaminici I fabbisogni minerali espressi come contenuto dei singoli alimenti nelle differenti diete dei suini sono influenzati, oltre che da fattori legati all’individuo (peso, sesso, momento fisiologico e produttivo, ecc.) anche e soprattutto dal tipo di composto chimico in cui si trovano e dai rapporti con gli altri nutrienti.
Equilibri tra i micro-ingredienti È noto ad esempio che il Fosforo apportato sotto forma di fitati (largamente rappresentanti negli alimenti di origine vegetale) è assai poco disponibile, così come è dimostrato che eccessi di calcio, di fosforo e di altri elementi minerali interferiscono negativamente sull’utilizzazione di macro e micro elementi. Analoghi problemi si possono rilevare a carico delle vitamine alcune delle quali si trovano negli alimenti in forme scarsamente disponibili (biotina presente in molti mangimi vegetali, ad esempio) ed altre,se fornite in eccesso creano squilibri nutrizionali e metabolici a volte anche gravi (vit. D; vit. A; ecc.). Ne deriva che, tanto per i minerali quanto per le vitamine, così come si è rilevato per gli aminoacidi, non è sufficiente assicurare apporti dietetici minimi: si dovranno altresì stimare sia la disponibilità biologica sia gli equilibri tra i vari costituenti la dieta e quindi i reciproci rapporti.
Apporti in macro e microelementi minerali dei mangimi per suini
COMPOSIZIONE DEL LATTE DI SCROFA SOSTANZA SECCA 18.3 % PROTEINE 5.8 % GRASSI 6.2 % LATTOSIO 5.4 % CENERI 0.9 %
Alimentazione dei suinetti Il latte prodotto dalla scrofa è in grado di soddisfare quanti-qualitativamente, eccezion fatta per il ferro, i fabbisogni dei suinetti nei primi 15-20 giorni di vita. Ciononostante è importante cominciare a fornire ai suinetti, fin dai primi giorni dopo il parto, alimenti complementari del latte materno (creep feed o prestarter) anche se i consumi saranno molto ridotti. Ciò risponde a diverse finalità: 1) si abitua il suinetto ad alimentarsi precocemente (ogni animale ne dovrebbe consumare almeno 500-600 grammi prima dello svezzamento); 2) si induce precocemente la secrezione di enzimi in grado di digerire alimenti di natura diversa da quella del latte materno; 3) si evita la comparsa di fenomeni di ipersensibilità transitoria agli antigeni di origine alimentare che sono spesso alla base della patologia da svezzamento e trovano la loro causa principale in un limitato contatto fra mucosa intestinale del suinetto e proteine non presenti nel latte.
Alimenti sotto-scrofa Per indurre un precoce consumo di alimenti prestarter è importante disporre di mangimi molto appetiti in quanto il suinetto usufruisce già di latte materno notoriamente assai gradito ed in quantità sufficiente. Per questo motivo devono essere presenti sia materie prime molto digeribili ed appetibili e di elevato valore nutritivo e biologico (farine di latte e derivati – siero -, farina di aringhe, destrosio, ed altri edulcoloranti, carrubina, maltodestrine, cereali fioccati o estrusi o comunque trattati per aumentarne la digeribilità, olii o grassi di ottima qualità), sia gli alimenti che saranno alla base dei mangimi nei periodi successivi (farine di cereali, farina di estrazione di soia). Il mangime sotto-scrofa deve essere somministrato ad libitum rinnovandolo frequentemente per evitare inquinamenti e fermentazioni che lo rendano meno appetibile e possibile fonte di agenti in grado di alterare il delicato equilibrio microbico intestinale. Nei giorni seguenti allo svezzamento è necessario ridurre la quantità di alimento ingerito dai suinetti se compaiono turbe digestive; in caso contrario è opportuno che l’alimento (starter) venga somministrato ad libitum almeno fino ai 25-30 kg di peso.
Acidi organici negli alimenti per suinetti L’inclusione di acidi organici nelle diete per suinetti è una strategia da tempo presa in considerazione come possibile strada per ridurre il cosiddetto “post-weaning lag”, lo stress da postsvezzamento,nel suinetto. A tre-quattro settimane di vita, il sistema digestivo del suinetto non è ancora capace di digerire in maniera efficiente una dieta costituita da soia e cereali. La popolazione batterica del tratto gastrointestinale allo svezzamento è instabile e suscettibile di essere colonizzata da batteri patogeni. L’aggiunta di acidi organici può favorire le performance di crescita e migliorare lo stato di salute dei suinetti
Meccanismi d’azione degli acidi organici Fra i meccanismi d’azione degli acidi organici le teorie scientifiche più accreditate sono le seguenti: la stabilizzazione del pH gastrico, l’alterazione della microflora attraverso la loro azione battericidae batteriostatica, il miglioramento dell’attività enzimatica, lo stimolo delle secrezioni pancreatiche, lo stimolo della proliferazione cellulare e del metabolismo intermedio.
Potere tampone della dieta Elevati valori di pH gastrico portano ad una minor proteolisi gastrica, dovuta ad una inefficiente azione della pepsina; una parte di proteine indigerite raggiunge l’intestino aumentando il rischio di diarree ed altre patologie intestinali. Il potere tampone è il quantitativo di acido necessario a riportare il pH dell’alimento ad un dato valore standard. I valori di potere tampone dipendono in larga misura dal contenuto in minerali e proteine della dieta.
Valori di potere tampone Valori di potere tampone* di alcuni ingredienti utilizzati nei mangimi per suinetti. Ingrediente Meq/kg Orzo 200-250 Frumento 180-240 Mais 130-180 Polpa di bietola 450-480 Crusca di frumento 500-550 Farina di soia 1000-1200 Siero di latte in polvere 900-1200 Proteina di patata 1800-2200 Fosfato monocalcico 1800-2500 Calcio solfato 1500-2000 Calcio formiato 8000-9000 Calcio carbonato 18000-20000 Acido citrico - 4000 Acido fumarico - 6400 *millimoli di acido cloridrico necessarie a riportare una soluzione 100 grammi di alimento a pH 3.
Effetto del potere tampone sulle fermentazioni intestinali Il potere tampone di un alimento ha inoltre un effetto sulle fermentazioni intestinali a livello dell’ileo e del grosso intestino, dove l’energia è il fattore limitante la crescita microbica. Tale limitazione può aumentare la proteolisi ed il rilascio di sostanze tossiche (ammoniaca ed anime biogene), che possono interagire con la crescita e la differenziazione delle cellule dell’epitelio intestinale. Le amine (cadaverina, spermidina, putrescina e tiramina) provengono dalla decarbossilazione degli aminoacidi e l’aumento della loro concentrazione nell’intestino è associato con il manifestarsi di patologia diarroiche allo svezzamento
Effetto del potere tampone sulle fermentazioni intestinali L’ammoniaca viene detossificata dal fegato, ma se in eccesso, può aumentare il turnover cellulare a livello di epitelio della mucosa con risvolti negativi per le performance di crescita in generale. L’inclusione nella dieta di carboidrati fermentescibili permette ai batteri del grosso intestino di utilizzare l’urea come fonte di azoto per le sintesi delle proteine batteriche, riducendo il carico di ammoniaca delle cellule. L’inclusione di acidi organici alle diete per suinetti riduce significativamente il livello di ammoniaca sia nello stomaco che nell’intestino; mentre l’aggiunta di idrossido di sodio, creando un ambiente più favorevole alle crescita dei batteri, aumenta la produzione di ammoniaca. La riduzione del potere tampone ha causato una diminuzione della concentrazione di clostridi nel digiuno ed una diminuzione di clostridi e di coli nel cieco.
Alimentazione dei suini in accrescimento-ingrasso I fabbisogni dei suini in accrescimento-ingrasso sono variabili in funzione di diversi fattori e più precisamente: a) tipo genetico degli animali; b) finalità produttive; c) caratteristiche della carcassa; d) condizioni ambientali di allevamento.
Tipo di alimentazione nell’ accrescimento-ingrasso Il genotipo determina infatti la capacità del suino di ripartire l’energia ricevuta fra accrescimento del tessuto muscolare e del tessuto adiposo (per sintetizzare un grammo di grasso occorre una quantità di energia 4 volte superiore a quella necessaria per produrre la stessa quantità di muscolo) e parimenti il rapporto fra energia e aminoacidi e l’apporto totale di energia dovranno tener conto della percentuale di tessuto muscolare della carcassa che si vuole ottenere e dell’energia spesa dagli animali per il mantenimento. Per questo motivo l’alimentazione sarà liberale (ad libitum) nei suini leggeri capaci di un forte sviluppo muscolare e razionata per quelli pesanti ed a rilevante propensione all’adipogenesi.
Utilizzazione del siero di latte nell’ accrescimento-ingrasso Per il suino pesante qualora si faccia ricorso al siero di latte (5-6 % di s.s.) 13-15 l di siero possono sostituire 1 kg di mangime. Il siero di latte può essere utilizzato in dosi crescenti da 3-4 lt/capo/d a 30 kg di peso fino a 10-12 lt oltre i 130 kg. Quantità superiori possono peggiorare l’utilizzazione dell’intera razione. È interessante precisare che con l’aumentare della quantità di siero somministrato giornalmente è opportuno ridurre proporzionalmente la percentuale di fibra (ed in particolare di cruscami) presenti nei mangimi.
Alimentazione dei Suini in Accrescimento-Ingrasso
Suini in accrescimento ingrasso: Consumi medi di Alimento tal quale
Alimentazione delle scrofette L’utilizzazione delle diete e dei livelli nutritivi adottati per gli animali all’ingrasso è spesso causa di una minore durata della carriera degli animali. Infatti questi raggiungono pesi elevati quando ancora il loro apparato scheletrico non è sufficientemente sviluppato per sopportare gli sforzi notevoli legati all’aumento di peso in gravidanza e l’inevitabile depauperamento delle riserve minerali in lattazione. Scrofette troppo grasse possono incorrere in fratture ossee (apofisiolisi) nell’ultimo periodo di gravidanza, alterazioni del corretto appiombo degli arti che ovviamente può peggiorare nelle gravidanze successive, notevole affaticamento al momento del parto, scarso appetito e quindi eccessivo dimagramento durante la lattazione. Sarà dunque opportuno limitare l’assunzione giornaliera di alimenti per le scrofette oltre i 50-60 kg di peso vivo, ad un massimo di 2.4-2.5 kg di mangime con caratteristiche abbastanza simili a quelle considerate per le scrofe gestanti. Risulterebbero utili invece aumenti degli apporti alimentari (flushing) negli 8-10 giorni che precedono la prima copertura: ciò consente di aumentare i tassi di ovulazione e di natalità (5-10%).
Scrofe in gestazione Necessitano di razioni a moderato livello nutritivo giacchè il particolare assetto ormonale della scrofa gravida consente di utilizzare in modo ottimale l’alimento per il ripristino delle riserve corporee. Razioni eccedenti i 2.5 kg giornalieri di mangime, oltre a costituire un ingiustificato spreco, possono causare eccessivo ingrassamento degli animali con aumento del tasso di mortalità embrionale e perinatale e diminuzione dell’ingestione di alimento in lattazione. Ottimi risultati si ottengono con apporti alimentari giornalieri mediamente compresi fra i 2.0 ed i 2.5 kg per capo in base al peso della scrofa, alle caratteristiche dell’alimento, al tipo di allevamento (boxes individuali o collettivi) ed alla temperatura ambientale. È importante che, vista la tendenza delle scrofe gestanti alla stipsi, il mangime contenga non meno del 6% di fibra grezza oppure venga somministrato in broda ad alta diluizione. Buoni risultati si ottengono in tal senso anche con l’impiego di insilati purchè ben conservati ed in particolare con il silomais utilizzato in ragione di 3-4 kg per capo al giorno.
Scrofe in lattazione Scrofe di buona attitudine lattifera e con nidiate di 10 suinetti ed oltre hanno fabbisogni tali che difficilmente possono essere coperti dalle quantità di alimento che esse sono in grado di ingerire. È normale dunque che si registri un calo di peso corporeo (circa 50 kg costituiti per metà da feti ed invogli e per l’altra metà di peso reale della scrofa) a fine lattazione. Tali scrofe dovrebbero ingerire infatti 6-7 kg ed oltre al giorno di mangime, quantità che possono facilitare la comparsa di turbe digestive e metaboliche e di conseguenza dei suinetti. D’altra parte l’adozione di livelli nutritivi troppo bassi (< 4kg al giorno di mangime) provoca un eccessivo depauperamento delle riserve organiche della scrofa con aumento del rischio di lesioni traumatiche all’apparato scheletrico e più frequentemente comparsa di anestro o ipofertilità. Sono quindi da considerare favorevolmente le tecniche che consentono di aumentare la capacità di ingestione, digestione e metabolizzazione degli alimenti favorendo ad un tempo l’eliminazione delle scorie come succede per l’alimentazione in broda sia in gestazione che in lattazione.
Riproduttori maschi Anche per i verretti una forzatura alimentare può avere effetti negativi sulla correttezza e la robustezza della struttura scheletrica, oltre che sulla libido. Per i verri in attività di solito 2-2.5 kg al giorno di mangime per scrofe sono sufficienti, mentre quantità superiori potrebbero portare ad un eccessivo ingrassamento e quindi ad un notevole affaticamento della scrofa e del verro durante il salto. Possono essere utilizzati mangimi per scrofe gestanti o in lattazione anche se un apporto maggiore di triptofano sarebbe auspicabile per favorire una migliore qualità dello sperma.
Alimentazione dei Riproduttori
MODALITA' DI ALIMENTAZIONE DIETE SECCHE DIETE LIQUIDE (ACQUA E SIERO) RAPPORTO MANGIME/ACQUA O SIERO = 1/3 - 1/5
MELASSI DI CANNA, BIETOLA, AGRUMI DISTILLERS (CEREALI, PATATE), ALIMENTI AD ELEVATO TENORE DI UMIDITA' UTILIZZABILI IN ALIMENTAZIONE SUINA SIERO DI LATTE MELASSI DI CANNA, BIETOLA, AGRUMI DISTILLERS (CEREALI, PATATE), ESTRATTI SOLUBILI DI MAIS BORLANDE DI VARIA NATURA
INFLUENZA DELLA FORMA DI PRESENTAZIONE DELL'ALIMENTO SULLE PERFORMANCE
VANTAGGI ALIMENTAZIONE LIQUIDA FLESSIBILITA' D'USO DELLE MATERIE PRIME (POSSIBILITA' DI UTILIZZO DI FONTI ALIMENTARI PIU' ECONOMICHE) RIDUZIONE DEL COSTO PER kg DI INCREMENTO PONDERALE MIGLIORE GESTIONE DEI MATERIALI (IL SISTEMA PUO' FUNGERE CONTEMPORANEAMENTE DA MISCELATORE E DA DISTRIBUTORE) MAGGIORE PRECISIONE NEL RAZIONAMENTO (IL CONTROLLO COMPUTERIZZATO PERMETTE DI RAGGIUNGERE UN GRADO DI PRECISIONE DIFFICILE DA OTTENERE CON SISTEMI DI ALIMENTAZIONE SOLIDA) MAGGIORE ASSUNZIONE DI SOSTANZA SECCA RIDUZIONE DEGLI SPRECHI SOTTO FORMA DI POLVERE
L’alimentazione liquida nei suini La somministrazione di alimenti in forma liquida nasce dalla necessità di smaltire le ingenti quantità di siero residuanti dai caseifici ubicati nelle zone tipiche di produzione dei formaggi grana (Parmigiano Reggiano e Grana Padano). Il suino ha così assunto il ruolo di “riciclatore” dei sotto prodotti del caseificio, ruolo giustificato dalle documentate buone proprietà nutrizionali del siero di latte. Oltre al siero di latte e all’acqua, nell’alimentazione del suino sono utilizzabili, in virtù del loro contenuto in elementi nutritivi, frazioni liquide derivanti da svariate lavorazioni agroalimentari.
Alimentazione liquida nelle diverse fasi di allevamento Per i suini in accrescimento l’alimentazione “bagnata” inizia normalmente dopo i primi tre mesi di vita, quando cioè gli animali hanno superato il peso vivo di 30 Kg, e si protrae fino alla macellazione. Non particolarmente diffuso è l’utilizzo di alimento in broda nelle fasi di gestazione e di riproduzione della scrofa e ancor meno per i suinetti prima dei tre mesi di età.
Vantaggi dell’alimentazione in broda Da un punto di vista generale i motivi che rendono vantaggioso il ricorso ad un’alimentazione del suino in forma liquida sono molteplici; tra i più importanti possono essere annoverati: la praticità di distribuzione e i benefici relativi alle performance produttive riguardanti sia gli incrementi ponderali, sia l’indice di conversione alimentare. L’alimentazione bagnata può anche indurre un miglioramento della qualità delle carcasse e delle carni e, a motivo della possibilità di impiego di sottoprodotti liquidi economici e nutrizionalmente validi, determinare un contenimento del costo alimentare.
Rapporto liquido/mangime Stime effettuate recentemente indicano come, in Italia, oltre il 40% dei suini in accrescimento ingrasso siano alimentati in forma liquida utilizzando come veicolo siero di latte, sottoprodotti di origine industriale o, più semplicemente, acqua. Il rapporto liquido/mangime da adottarsi è variabile in funzione della componente liquida e della sostanza secca in essa eventualmente contenuta. Il rapporto ideale si attesta attorno al 5-3/1 quando il veicolo utilizzato è l’acqua e 4-6/1 quando la diluizione viene effettuata ad opera del siero.
Il pastone nell’alimentazione del suino Nella pratica alcuni allevatori impiegano diluizioni minori, dell’ordine del 1.5-2/1, nell’intento di ottenere il così detto “pastone” o “polenta” che può essere spruzzato direttamente sul pavimento. Questa tecnica è limitata all’uso di acqua come veicolo e riconosce come principale vantaggio quello di non dover prevedere all’interno dei box truogoli in cui distribuire la broda, il ché determina un risparmio in termini di superficie e di strutture.
Inconvenienti del pastone Gli inconvenienti sono però forse maggiori dei vantaggi: è, infatti, necessaria una maggiore potenza delle pompe che spingono il pastone lungo le tubature di distribuzione e l’alimento spruzzato sul pavimento del box viene inevitabilmente contaminato dalle deiezioni con evidente scadimento delle sue proprietà igieniche.
Eccessiva diluizione della broda Nella produzione della broda, non si deve neppure eccedere nella diluizione, in quanto, indipendentemente dal liquido utilizzato, forti diluizioni comportano una maggiore velocità di transito dell’alimento nel tubo digerente del suino penalizzandone, di conseguenza, l’utilizzazione digestiva. Sotto il profilo tecnologico ad un’eccessiva diluizione può inoltre corrispondere una demiscelazione dei diversi componenti la broda.
Utilizzazione del siero di latte Qualora si ricorra alla diluizione con siero è opportuno che la sostanza secca apportata da quest’ultimo non superi il 30 % di quella della razione onde non determinare un minor assorbimento dei nutrienti, una marcata riduzione della digeribilità nei confronti della fibra, un aumento del volume delle deiezioni e dell’imbrattamento delle strutture aziendali. La pratica, inoltre, dimostra come un eccessivo impiego di siero possa comportare una demineralizzazione scheletrica, non attribuita ad uno scompenso di sali nel siero, bensì alla sua acidità.
Utilizzazione del siero di latte La bassissima concentrazione associata alla rapida caduta di pH, fa sì che questo sottoprodotto sia utilizzabile convenientemente solo se disponibile nelle immediate vicinanze dei caseifici. Come per tutti i sottoprodotti, anche relativamente all’impiego del siero di latte esistono dei vantaggi e degli svantaggi. È tuttavia possibile affermare che i benefici superano di gran lunga le controindicazioni, soprattutto quando si adottano minime precauzioni e accorgimenti mirati e se, come di solito avviene, il costo del siero è nullo o al massimo pari alle spese di trasporto dal caseificio alla porcilaia.
Limiti nell’impiego di siero di latte Il limite nell’utilizzo del siero si attesta su 15 - 18 litri al giorno anche in funzione della proprietà lassativa del siero stesso e del suo basso pH. Sempre nei confronti del siero è opportuno ricordare come, a seconda del processo di caseificazione adottato, si possa distinguere fra “siero dolce”, povero di acido lattico e di calcio e ricco di lattosio, ottenuto per coagulazione del latte con il caglio in seguito alla produzione del formaggio a pasta dura trattato o meno con acidificante e “siero acido”, maggiormente appetibile e di più alto valore nutritivo, proveniente dalla lavorazione dei formaggi a pasta molle e più ricco di minerali, calcio soprattutto.
Principali aspetti negativi e positivi derivanti dall’impiego di siero di latte nell’alimentazione dei suini all’ingrasso( Piva G. et al., 2002)