Il Decadentismo 1
L’età del Decadentismo Si diffonde la sensazione di vivere una dissoluzione irreversibile, una “decadenza”. Gli intellettuali: spostano lo sguardo dal “reale” a ciò che è “individuale” ricercano oltre l’apparenza dei fatti e delle apparenze una realtà più profonda, l’essenza delle cose.
L’età del Decadentismo La società appare un territorio inautentico, un inferno da cui occorre fuggire per nuovi paradisi artificiali, per nuovi esotismi e nuove avventure dell’anima vissute in solitudine, lontano dal quotidiano sentito come “meschino” L’intellettuale è quindi il bohémien (Baudelaire) il ribelle e il veggente (Rimbaud) l’esteta (Huysmas, D’Annunzio) il dandy (Wilde il superuomo (Nietzsche, D’Annunzio) il fanciullino (Pascoli)
Il Decadentismo La scienza è incapace di ripopolare il disertato cielo, di rendere la felicità alle anime in cui ella ha distrutto l'ingenua pace [....] non vogliamo più la verità. Dateci il sogno. Riposo non avremo se non nelle ombre dell'ignoto. così Gabriele D'Annunzio, sulle colonne del quotidiano romano «La Tribuna» nel 1893, decretava la fine del Naturalismo in letteratura e l'insufficienza del Positivismo.
Nuovi strumenti conoscitivi La ragione e la scienza non sono più considerati strumenti capaci di leggere la realtà e di portare conoscenza all’uomo: la realtà è sentita come sfuggente, piena di zone d’ombra e di mistero. Gli intellettuali decadenti cercano nuovi strumenti conoscitivi INTUIZIONE È la sola che può mettere in contatto l’artista con l’anima delle cose, con l’irrazionale e l’inconscio. L’intuizione salta il piano della conoscenza logica e arriva direttamente all’essenza delle cose, molto più in profondità della descrizione scientifica ARTE Usando l’intuizione l’arte diventa un autentico strumento di conoscenza: l’irrazionale, l’istintivo, l’inconscio si possono captare solo per quelle illuminazioni istantanee, per quelle folgorazioni improvvise che solo l’arte è in grado di esprimere.
Nuovi strumenti conoscitivi Fanciullo, che non sai ragionare se non a modo tuo, un modo fanciullesco che si chiama profondo, perché d’un tratto senza farci scendere a uno a uno i gradini del pensiero, ci trasporti nell’abisso della verità. Giovanni Pascoli
Nuovi strumenti espressivi SINESTESIA È l’associazione inedita di due parole appartenenti a campi sensoriali diversi. È usata per rendere l’insieme multisensoriale complesso delle percezioni del poeta: silenzio candido (Pascoli), melodia blu (Campana). USO DELLA PAROLA La parola deve essere colta nelle sue valenze foniche, cromatiche, analogiche, acquistando un potere magico, incantatorio. Le parole sono sapientemente selezionate e combinate per formare inediti rapporti fonici, echi, risonanze, suggestioni che vanno oltre il valore semantico delle parole stesse. Si stabilisce così una rete fittissima di analogie in grado di unire tra loro le cose, di rendere adeguatamente anche l’atmosfera di un imponderabile stato d’animo.
La parola SINTASSI La sintassi deve adeguarsi al nuovo uso della parola liberandola dalle intelaiature logiche che la legano e la condizionano. SIMBOLO La poesia deve ricorrere al simbolo se vuole andare oltre i dati dell’esperienza percettiva quotidiana, cogliere le recondite presenze che sfuggono, ritrovare l’unità profonda dell’esistente
La Natura è un tempio dove colonne viventi talvolta lasciano uscire confuse parole; l’uomo vi passa attraverso foreste di simboli che l’osservano con sguardi familiari. Come lunghi echi che si confondono in lontananza, in una cupa e profonda unità, vasta come l’oscurità e come la luce, profumi, colori e suoni si rispondono. Vi sono profumi freschi come carni di bimbi, dolci come gli oboi, verdi come i prati, - E altri, corrotti, ricchi e trionfanti, che hanno l’espansione delle cose infinite, come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso, che cantano l’ebbrezza dello spirito e dei sensi. Charles Baudelaire, I fiori del male
Giovanni Pascoli (1855-1912) Novembre Gémmea l’aria, il sole così chiaro che tu ricerchi gli albicocchi in fiore, e del prunalbo l’odorino amaro senti nel cuore. Ma secco è il pruno, e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno, e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante sembra il terreno. Silenzio, intorno: solo, alle ventate, odi lontano da giardini ed orti, di foglie un cader fragile. E’ l’estate, fredda, dei morti. Giovanni Pascoli, Myricae, 1891
Le figure retoriche di significato sono: - sinestesia: “cader fragile” e “odorino amaro” - ossimoro: “estate fredda” Le figure retoriche d’ordine: - anastrofe: “gemmèa l’aria”, “l’dorino amaro senti”
Il linguaggio poetico Il linguaggio poetico è la novità più vistosa e unanimemente riconosciuta del Pascoli che opera una profonda rivoluzione con il suo sperimentalismo linguistico, che inciderà su tuta la poesia del Novecento. Scardina il tradizionale linguaggio poetico: ricorre frequentemente all’analogia e alla sinestesia, all’onomatopea, al gioco delle assonanze e allitterazioni (valore fonico della parola) spezza il verso tradizionale tramite il frequente uso dell’enjambement e delle cesure interne al verso.
La metafora del “fanciullino” NATURA IRRAZIONALE E INTUITIVA DELLA POESIA Il poeta è quel fanciullino presente in un cantuccio dell’anima in ognuno di noi. Il fanciullino arriva alla verità non attraverso il ragionamento, ma in modo intuitivo e irrazionale, guardando tutte le cose con stupore, come se fosse la prima volta. Allo stesso modo la poesia deve essere spontanea e intuitiva.
La metafora del “fanciullino” POESIA COME SCOPERTA La poesia è espressione dello sguardo del fanciullino, che scopre nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose, e giunge in modo immediato al cuore delle cose. La poesia non è invenzione, ma svelamento, scoperta, perché essa sta nelle cose che ci circondano, anzi in un particolare della cose, che solo il poeta sa vedere. Poesia è trovare nelle cose il loro sorriso e la loro lacrima; e ciò si fa da due occhi infantili che guardano semplicemente, e serenamente di tra l’oscuro tumulto della nostra anima.