VOLONTARIATO Prof. Carluccio Bonesso CALDIERO 31/03/16
SCEGLIERE Si dice: “Devo andare a lavorare. Devo andare a scuola. Devo far questo e quell’altro. Devo, devo, devo …”. Mentre a nessuno viene in mente di dire: “Devo andare in vacanza o al cinema!” Si dice invece: “Voglio andare in vacanza. Voglio andare al cinema”. Dietro questo dire si cela una inconsapevolezza che è spesso la sconfitta della libertà!
Sappiamo tutti che non vi è responsabilità senza libertà. Le cose fatte sotto costrizione non sono del tutto mai ascrivibili alla responsabilità, almeno fintantoché non si capisca in quale rapporto stanno fra loro. Innanzitutto la libertà precede sempre la responsabilità e non vi è responsabilità senza libertà.
“SCELGO, QUINDI DEVO!” Il dato di scelta non è aggirabile, comunque si sceglie. Obbiezione: “Ma io devo andare a lavorare altrimenti non mi pagano!” Qui casca l’asino, perché fra l’andare a lavorare e il far niente “hai scelto” il lavoro. Il problema non è la libertà, ma la motivazione che sta a monte.
AMBIENTE BISOGNI UMANI L’interazione umana prevede un doppio flusso. Da una parte l’ambiente, e dall’altra i bisogni. Vi è dunque una doppia direzione: a) dai bisogni al resto b) e dall’ambiente verso i bisogni. AMBIENTE BISOGNI UMANI
emozioni, passioni, atteggiamenti AMBIENTE emozioni, passioni, atteggiamenti BISOGNI UMANI Quando sono l’ambiente a sollecitare i bisogni umani, allora saranno le emozioni, le passioni e gli atteggiamenti a segnalarlo alla consapevolezza.
AMBIENTE, (CORPO, OMEOSTASI, MEMORIA) BISOGNI UMANI motivazione AMBIENTE, (CORPO, OMEOSTASI, MEMORIA) Quando invece sono i bisogni umani a muovere l’interazione, allora si parla di motivazione segnalata dalla coscienza.
La motivazione ha per stimolo i bisogni, i quali spingono l’organismo ad interagire con l’ambiente ed il resto. Nell’emozione è invece l’ambiente, (corpo, memoria e omeostasi) che stimola l’uomo o l’organismo vivente, risvegliando i bisogni, i quali a loro volta motivano l’organismo ad agire.
Esemplificando Avendo fame, il bisogno di nutrienti motiva l’organismo alla ricerca del cibo. Vedendo invece il vaso della nutella, il quale risveglia l’emozione della mia golosità (bisogno di zuccheri o di gratificazione), mi avvento sul barattolo!! Altro esempio. Un topino è motivato a costruirsi una tana per sfuggire dai suoi predatori, mentre fugge per paura (emozione) in presenza d’un pericolo.
Ritornando alla scelta di andare a lavorare si vedrà che si può farlo sotto spinta emotiva (la paura della fame), oppure sotto motivazione (desiderio di guadagnare), nel qual caso si sceglie di andare a lavorare. Nel primo caso si dice “DEVO”, nel secondo si dice invece “SCELGO”. La verità è che comunque si sceglie fra i due, perciò non si può essere che liberi. È solo una questione di prospettiva.
La domanda è: “Cos’è che muove la mia vita La domanda è: “Cos’è che muove la mia vita? L’inerzia emotiva o la motivazione?” La chiave di volta del problema è di comprendere a quali bisogni rispondiamo nel nostro fare quotidiano, perché se tutto si risolve nella sopravvivenza, allora la vita è tutto un dovere, mentre invece se esistono motivi alti per vivere, allora vale la pena rischiare, cioè scegliere!
I BISOGNI UMANI La vita è mossa da bisogni, senza i quali non ci sarebbe flusso. La vita infatti, si espleta attraverso la soddisfazione dei bisogni, i quali si suddividono in: bisogni biologici, bisogni psicologici e sociali, bisogni spirituali.
I bisogni biologici comprendono i bisogni individuali fisiologici, di crescita, di preservazione e di sopravvivenza, ed i bisogni di riproduzione della specie, i quali attengono ad ogni forma di vita, tanto che sono definiti primari, perché la mancata soddisfazione conduce alla perdita della vita del singolo o della riproduzione della specie.
I bisogni psicologici e sociali abbracciano i bisogni di sicurezza che comprendono la salvezza e la protezione, i bisogni d’appartenenza e d’amore che includono l’affiliazione, l’accettazione e l’affetto, i bisogni di autostima che includono la competenza, l’approvazione ed il riconoscimento, i quali rientrano nei bisogni tipici del livello soggettivo (bisogni dell’Io).
I bisogni spirituali sono fondamentalmente: il bisogno di senso, il bisogno di significato ed il bisogno di finalità, riassumibili nel più generale bisogno di conoscenza e d’amore, il quale appartiene a quel livello personale dell’uomo che lo distingue, in un modo definibile specie/specifico, da qualunque altro animale.
Il riconoscimento dei bisogni spirituali sta entrando lentamente nella coscienza comune e nella legislazione, la quale, per esempio, vieta che nel lavoro si imponga al lavoratore l’inattività o il far lavori senza senso (mobbing). Far cose prive di senso, o valore, o finalità va contro ogni sentire umano.
Il bisogno di senso ha come ritorno la comprensione dei fenomeni, il bisogno di significato rimanda al valore, al dover essere, cioè ciò che importa allo spirito umano, mentre il bisogno di finalità riguarda la realizzazione di ciò che dà senso e valore al nostro fare.
La mancata attuazione del bisogno di senso genera la confusione mentale, (dissonanza cognitiva) mentre l’assenza di significato viene segnalata dal vuoto esistenziale. La disattesa del bisogno di finalità avvia verso le ombre tormentose dei sensi di colpa, della disperazione e/o della depressione.
La motivazione spirituale presuppone la scelta e l’adesione, la quale non è presente nelle urgenze dei bisogni primari determinati dalla biologia, e neppure nei bisogni secondari dove ad avere il sopravvento sono apprendimento, cultura e carattere della persona, (voglio aver successo!) mentre la motivazione spirituale ha nella coscienza e nella libertà di scelta la sua origine.
Nell’arena interiore tutti i bisogni sono sempre in campo. Il nostro corpo pretende in continuazione ossigeno, acqua, cibo e tutto ciò che serve alla sopravvivenza. Contemporaneamente anche la nostra soggettività presenta il conto, chiedendo rispetto, appartenenza, stima, successo e tante altre cose belle.
In tutto questo gioco entra anche un protagonista invisibile: lo spirito umano. Sembrerebbe silenzioso, perché le sue parole sembrano il rumore dei protagonisti precedenti. E invece No! Non appena la partita esce dalle regole, immediatamente il suo giudizio si fa sentire. E la coscienza protesta.
Sia che stiamo soddisfacendo i bisogni primari, sia che stiamo rispondendo a quelli secondari, lo spirito esige che lo si faccia sempre secondo un senso chiaro, secondo un significato pieno di valore, e secondo una finalità positiva. Fuori da questo orizzonte inizia l’inferno nella mente e del cuore.
Dov’è l’inferno e dov’è il paradiso? È tutta una questione di gerarchia! Se mettiamo al primo posto i bisogni primari, saremo schiavi dell’accumulo delle cose in balia delle frenesie del possesso, (devo) se invece poniamo al di sopra di tutto i bisogni secondari, allora si obbedirà alle frenesie del successo e dell’egocentrismo (voglio). In ambo i casi il nostro spirito sarà immerso nell’inferno dei sequestri emotivi, cioè del “DEVO E VOGLIO”.
Ma se su tutto governerà lo spirito, allora nell’arena interiore il gioco sarà condotto secondo un senso ed una razionalità intelligenti, che indicheranno ciò che ha sempre un valore che porta alla realizzazione di ciò che è vero, giusto, buono e bello. Allora la mente acquieterà le preoccupazioni e lascerà che il cuore si nutra del cibo vero, cioè della libertà del “SCELGO”.
Ogni mattina tutti gli uomini affrontano il compito quotidiano di soddisfare i loro bisogni di sopravvivenza. Milioni di loro si affannano alla ricerca del successo, aspirando di brindare sul podio più alto della vita. Altri si alzano anche per rispondere al loro bisogno di dignità, di bene per sé e per gli altri. Vogliono costruire un mondo più bello e pieno di giustizia. Solo a questi è riservata la pienezza, perché camminano nelle strade dello spirito!
Le loro parole trasportano sensi alti, significati profondi e finalità innocenti, cioè in-nocens, non nocivi. Qualora invece a guidare sia l’interesse e il predominio, parole e fatti trasporteranno sensi ambigui, significati incerti e finalità poco innocenti, spesso nocive. Ciò inevitabilmente si riverbera nella salute e nell’equilibrio della mente.
La coerenza cerebrale STIMOLO RISPOSTA INPUT VALUTAZIONE ATTIVAZIONE CERVELLO ARCAICO (istinto) CERVELLO LIMBICO (emozione) CORTECCE CEREBRALI (logos) STIMOLO RISPOSTA INPUT VALUTAZIONE ATTIVAZIONE OUTPUT SENSO SIGNIFICATO FINALITÀ
Evoluzione del cervello Cervello del logos (neocorteccia) Cervello emotivo (limbico) Cervello rettiliano (reazione, stimolo-risposta)
Il cervello arcaico comprende grossolanamente il cervello dell’omeostasi e del movimento delle zone sottocorticali, delle cortecce motorie, del cervelletto e delle vie piramidali ed extrapiramidali, presiede alla sopravvivenza e riproduzione, coordina l’azione e funziona secondo le sequenze “semplici” dello stimolo risposta. (istintualità)
Il cervello emotivo comprende grossolanamente il limbico ed altre aree corticali e sottocorticali, e presiede all’edonia della vita. La gioia/tristezza del fare e la felicità/colpa della relazione. e funziona secondo le sequenze “semplici” di input valutazione attivazione output. La valutazione emotiva é di tipo istintivo o scripts, cioè gli apprendimenti.
“Vale/non vale. Giusto/ingiusto. Buono/cattivo. Bello/brutto”. Il cervello cognitivo comprende grossolanamente le cortecce cerebrali, le quali, in una frazione di qualche millesimo di secondo, intervengono ad attribuire un logos agli eventi già percorsi dall’emozione. Il pensiero inferisce un senso un significato una finalità che rende leggibili gli accadimenti del mondo e della vita. La valutazione (il significato) che il logos attribuisce agli eventi è di tipo assiologico, cioè valoriale: “Vale/non vale. Giusto/ingiusto. Buono/cattivo. Bello/brutto”.
Vero, giusto, buono e bello! Il vero, giusto, buono e bello dei bisogni primari è ciò che soddisfa. Il vero, giusto, buono e bello dei bisogni secondari è ciò che dà piacere e gioia. Ma ciò che fa felici è soltanto la verità, la giustizia, il bene e la bellezza, i quali sono i bisogni dello spirito umano declinati secondo senso, significato e finalità.
L’antropologia racconta come da sempre le culture umane cerchino di declinare al meglio diritti ed istituzioni per il benessere di tutti, anche perché quando ciò non è accaduto tutto si è risolto nelle tragedie più tremende. Ne hanno fatto le spese le minoranze, i più deboli, le donne ed i diversi. Ed il problema è lontano dall’aver una risposta accettabile almeno in metà dell’umanità.
Volontariato Il volontariato si situa nella terra di mezzo fra le motivazioni spirituali ed le motivazioni secondarie. Innanzitutto occorre esser capaci d’empatia. Il nostro cervello possiede i neuroni-specchio in grado di leggere e consonare con i bisogni e le emozioni degli altri. Ed è a loro che si deve la relazione di cura.
I neuroni specchio si attivano selettivamente sia quando si compie un’azione finalizzata ad uno scopo, sia quando si osserva la stessa azione compiuta da altri.
comportamenti, ma simularli immediatamente a livello pre-conscio. Vedere non é quindi solo registrare passivamente i comportamenti, ma simularli immediatamente a livello pre-conscio.
“Sei depresso? Fai del volontariato!” La cura non nasce solo dall’attrazione affettiva e neppure dalla simpatia, ma dall’intrinseca capacità umana d’esser sensibile ai bisogni degli altri: essere empatici! Chi ne è privo è autocentrato e rischia la solitudine psichica: l’autismo ne è un esempio! Negli USA è consigliata come cura della depressione l’attività di volontariato: “Sei depresso? Fai del volontariato!”
La motivazione spirituale interviene ad identificare un significato alto legato all’altruismo. Forse non è così forte il senso, giacché l’utilità immediata non è chiara e immediatamente percepibile, ma il valore e la finalità sono tali da regalare un forte significato al proprio agire.
Il volontariato rientra nelle relazioni di cura. E la relazione di cura ha come spinta attrattiva l’empatia. Nella simpatia si ha il piacere di stare con l’Altro, nell’empatia invece il sentire dell’Altro diventa il nostro sentire. La benevolenza è il voler il bene dell’Altro, nella cura e nell’amore il bene dell’Altro è il nostro bene.
Tra cura e amicizia passano differenze fondamentali: La complicità dell’amicizia non c’è nella cura, perché non si cerca l’approvazione dell’Altro, ma il suo bene. La cura rimanda al guarire e in un senso più ampio al prendersi cura. La cura sta nel cuore della relazione di volontariato, illumina la presenza e l’apre all’Altro. Un’esistenza senza cura è fondamentalmente assenza e trascuratezza!
Fin dall’antichità la coscienza umana nei suoi miti e credenze mette la Cura all’origine. Il primo attributo biblico della divinità è la misericordia, che nell’etimologia del termine originale significa “farsi grembo”, mentre il mito greco pone Giove all’origine dello spirito che a lui tornerà dopo la morte, mentre Terra riceverà il corpo, ma in vita è Cura che plasma e possiede il corpo.
Gli atteggiamenti fondamentali della cura sono: - l’occuparsi e il pre-occuparsi, i quali sono all’origine della premura, che è il precedere il bisogno dell’altro, (Heidegger) e la devozione, l’esser a disposizione che è l’esporsi anche alla inutilità per il semplice fatto che l’Altro ci riempie di senso, che è il premio dell’agire gratuito.
Il bello della relazione di cura sta nel sentirsi dentro un processo di autorealizzazione: persone capaci di dono. Da qui nasce la sollecitudine piacevole che attenua il tempo, la fatica e regala una serena pienezza. Naturalmente qualora nella relazione di cura fosse presente anche la gratitudine, il piacere ne risulterebbe sicuramente aumentato. Il volontario non cerca sopravvivenza nel proprio agire e neppure successo, ma bensì quel significato che dà pienezza alla sua vita nell’elevare la vita degli altri.
L’analisi del funzionamento dei centri del piacere, come pure dei neurotrasmettitori del benessere, rivela che l’agire secondo significato non solo attenua il bisogno di altre forme di compensazione o di piacere, ma regala un benessere oltre che cerebrale e quindi corporeo, anche spirituale!
Il cuore del volontariato è la Cura, Concludendo … Il cuore del volontariato è la Cura, la quale è la dimensione della concretezza dell’amore e chi ne è oggetto lo sa, perché non vede la cura, ma sente l’amore che questa trasporta!
CIAO! ALLA PROSSIMA!