L'atto originario di Dio come autolimitazione creativa Un contributo alla discussione con Hans Jonas circa il " concetto di Dio dopo Auschwitz " A cura di Giulio Formaggia
Eberhrd Jüngel " L'atto originario di Dio come autolimitazione creativa" in " Possibilità di Dio nella realtà del mondo", Claudiana, Torino, 2005, p. 243- 254 Hans Jonas " Il concetto di Dio dopo Auschwitz", Il Melangolo, Genova, 1995 Paul Ricoeur " Il male", Morcelliana, Brescia, 1993
Jüngel concorda con Jonas sulla necessità di ricomprendere l'immagine di Dio L'atto dell'iniziare originario è compreso come divino creare dal nulla solo quando viene concepito come atto di autolimitazione divina A Dio non è affatto estranea l'idea di potersi limitare; tale idea gli è anzi propria per essenza
Se la creazione dal nulla è espressione della divinità di Dio E se la divinità di Dio è definita dalla comunione trinitaria dell'amore Quando egli si limita nell'atto della creazione non si ha affatto una contraddizione con la divinità Ma una corrispondenza di Dio a se stesso Eberhard Jüngel 1934
È compito della teologia cristiana pensare insieme Dio e il Crocifisso Ciò problematizza radicalmente sia la concezione metafisica dell'onnipotenza di Dio Sia l'assioma metafisico dell'apatia di Dio Hans Jonas 1903-1993
Dissente da Jonas sull'azione presente di Dio L'affermazione biblica circa la creazione del mondo ... è sorta fin dall'inizio dall'esperienza della presenza di questa potenza creatrice Perciò tale affermazione era legata all'impegno per la tutela della creatura Dalla possibilità, da essa stessa evocata, del non-essere
Se si mette in discussione l'azione presente del Dio creatore si mette in discussione tutto il discorso sulla creazione del mondo da parte di Dio Con la dottrina della conservazione divina del mondo e della tutela di Dio per la sua creatura Sta e cade anche la fede biblica nel creatore
Concorda con Ricoeur sul rifiuto della spiegazione La sofferenza non va spiegata/giustificata teologicamente Lode e lamento sono modalità autentiche del rapporto con Dio Paul Ricoeur 1913-2005
Aggiunge la specificità cristologia Hans Holbein "Cristo morto nella tomba" 1521 Nella croce di Gesù Cristo si esperisce l'impotenza dell'amore che è la vera onnipotenza Dio è capace di sopportare tutto
Il Cristo nella tomba di Hans Holbein il Giovane è un’opera d’arte problematica. Riguardo a questo dipinto Dostoevskij nell’ “Idiota” fa dire ad uno dei protagonisti: “Più di uno guardando questo quadro può perdere la fede”
In effetti il nocciolo del problema è proprio questo: il Cristo nel sepolcro sembra non poter risorgere, e questo ovviamente scardinerebbe le fondamenta stesse della fede cristiana. Analizziamo i vari punti critici. Il formato innanzitutto: siamo di fronte ad un quadro lungo e stretto, 2 metri di lunghezza per 30 centimetri di altezza. In pratica il loculo dove è deposto Gesù è opprimente e il corpo sembra quasi che vi sia stato incastrato. Il realismo della rappresentazione è molto crudo, ma questo rientra nello standard dei pittori tedeschi, basti pensare a certe crocifissioni in cui il corpo di Gesù è letteralmente martoriato Qui però c’è anche un altro problema: non sono tanto i segni del martirio ad essere visibili, ma il fatto che siamo di fronte ad un cadavere in una fase iniziale di decomposizione, cosa che ovviamente fa a pugni con la risurrezione di Cristo al terzo giorno dalla morte in croce. Se guardiamo le mani e i piedi hanno un colorito grigio- violaceo, la mano destra è rattrappita e quasi scheletrica, il volto è scavato, la bocca semiaperta, gli occhi infossati e il naso affilato e scurito. Tutto fa pensare ad un cadavere in decadimento e non ad un corpo che sta per risorgere. Nelle numerosissime rappresentazioni artistiche di Cristo morto, in ogni periodo della storia nessun pittore aveva mai indugiato su certi dettagli, nessuno aveva mai mostrato in modo così evidente il disfacimento del corpo del Redentore.