Bellezza, socialismo, patria, rivoluzione

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Transcript della presentazione:

Bellezza, socialismo, patria, rivoluzione L’impresa di FIUME Bellezza, socialismo, patria, rivoluzione R. BERARDI – 3 I

Gli antefatti: PARIGI 1919 Nella primavera 1919 si apre a Parigi una conferenza internazionale per stabilire il nuovo volto dell’Europa all’indomani della prima guerra mondiale. Si tratta di decidere le condizioni di pace da imporre agli sconfitti e di ridisegnare la mappa politica del continente e delle aree coloniali che fanno capo agli Stati europei.

L’Italia e il patto di Londra L’entrata in guerra dell’Italia, decisa a seguito del patto di Londra del 26/4/1915, prevedeva, in caso di vittoria delle potenze dell’Intesa, l’acquisizione A)del Trentino Alto Adige fino al Brennero B) della Venezia-Giulia C)dell’Istria più alcune isole della Dalmazia D) di Saseno e Valona in Albania. Inoltre era prevista la partecipazione dell’Italia alla spartizione dell’impero coloniale tedesco e dei possedimenti ottomani.

“La Dalmazia deve essere italiana!” A Parigi, l’Italia rivendica la Dalmazia. A tale richiesta si oppongono la Jugoslavia, appoggiata dal presidente americano Wilson, e la Francia che è contraria alla penetrazione italiana nei Balcani.

ORLANDO (furioso!) A PARIGI Il presidente del consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando, di fronte alla fermezza di USA e Francia nel negare il territorio adriatico all’Italia (cui è concesso solo l’acquisto di Trentino, Istria, e Venezia Giulia), che cosa fa? Prende e se ne va !!!! Con il solo risultato di concedere via libera agli altri alleati per la spartizione delle colonie degli sconfitti.

La vittoria mutilata L’abbandono della conferenza di Parigi con i suoi esiti disastrosi infligge un colpo mortale al prestigio italiano e alla reputazione personale di Orlando, tanto che si parlerà di una vittoria mutilata. Il presidente Orlando, a fronte della radicalizzazione dello scontro politico in Italia - attraversata dalle inquietudini economiche, politiche e culturali del dopoguerra, a loro volta cavalcate dai partiti di massa – rassegna le dimissioni nel giugno 1919.

NITTI Sale al governo Francesco Saverio Nitti, insigne intellettuale, ma privo di vera capacità e fermezza decisionale.

Fiume: la città si trova al confine tra Istria e Dalmazia ed è abitata in maggioranza da italiani.

A Fiume… Fiume con un plebiscito - promosso da un “Consiglio nazionale” che rappresenta gli italiani contro i tentativi di annessione serbocroati - chiede il 30 ottobre 1918 di entrare a far parte della nazione italiana mentre l’Intesa, alla fine della guerra, la vuole unita alla Jugoslavia.

Il comando interalleato A seguito dei disordini per i perduranti conflitti tra italiani e serbocroati, gli alleati decidono di inviare guarnigioni in città per mantenere l’ordine (Americani, Italiani, Francesi e Inglesi). Tuttavia le truppe Americane e Francesi divengono anche garanzia delle decisioni antiitaliane che i rispettivi Stati stanno prendendo alla conferenza di Parigi.

Gabriele aiutaci!!! Il Consiglio nazionale di Fiume il 7 aprile 1919 chiede aiuto a Gabriele d'Annunzio. Questi accetta l'invito e immediatamente, anche con pubblici discorsi sempre più patriottici, chiede che l'esercito italiano occupi la città.

D’Annunzio non si fa pregare Il poeta, dopo aver chiesto a Mussolini un aiuto politico-militare e averne ricevuto un cortese e strategico rifiuto (“Sono con te ma i tempi non sono maturi”), si associa ai Granatieri espulsi da Fiume a Ronchi (una borgo vicino a Monfalcone che prenderà il nome di Ronchi dei Legionari) e inizia a dirigersi a Fiume attraverso l’Istria.

La marcia Durante il tragitto i Bersaglieri di stanza nella regione ricevono da Nitti l’ordine di fermare il poeta, ma quando incontrano d’Annunzio e i suoi uomini, rifiutano di sparare su ex combattenti pluridecorati e, anzi, infiammati dalle parole e dall’atteggiamento del poeta, invece che fermarlo, lo scortano.

Il governo italiano Nitti in particolare cerca di dissuadere pubblicamente i partecipanti all’impresa con un monito contro la “sedizione” e le “avventure”.

“Cagoia” Tale atteggiamento merita tutto il disprezzo dei combattenti e del loro “Comandante” che con la solita irriverente fantasia, conia per il presidente del consiglio lo sprezzante nomignolo di “CAGOIA” Nome dialettale e copromimico di una lumachina viscida, assunto da un personaggio della commedia popolare noto per essere ambiguo e traditore.

Il 12 settembre 1919 D’Annunzio entra a Fiume Con lui sono tutti coloro che hanno deciso di unirsi alla marcia e di partire per la città: Arditi, Bersaglieri, Granatieri e altri membri dei corpi scelti dell’esercito italiano (circa 2500 uomini che presto diventeranno 10000). Con lui sono anche poeti, letterati, artisti sensibili al richiamo di un nuovo esperimento politico, militare, patriottico ma anche estetico.

Il plebiscito dell’ottobre 1919 Un plebiscito conferma che i cittadini fiumani vogliono essere italiani e che la loro guida deve essere il Comandante: 7013 voti favorevoli al Vate su 7154 votanti. INIZIA L’AVVENTURA DELLA REPUBBLICA DEI COMBATTENTI E DEI POETI.

L’esperimento politico dannunziano D’Annunzio entra a Fiume per riconsegnare la città all’Italia. Paradossalmente però è l’Italia, nei suoi rappresentanti governativi, che non accetta che Fiume divenga italiana. Ma la “Reggenza Italina del Carnaro” rappresenterà anche un’ occasione storica per dare realizzazione a quelle aspirazioni di rivoluzione sociale e nazionale a lungo covate e alimentate dall’esperienza della trincea.

IL combattentismo fiumano: una sintesi di nazionalismo e socialismo (che non c’entra niente con il nazionalsocialismo) I combattenti fiumani erano agitati da questo spirito esacerbato da due elementi: da un lato le delusioni per la mancata realizzazione di quel riscatto sociale delle masse che Diaz (capo di stato maggiore dell’esercito italiano) stesso aveva ventilato verso la fine del conflitto; dall’altro la delusione per quel sogno di grandezza storica della patria subito infrantosi nelle paludi parigine.

D’Annunzio comandante L’esperienza fiumana dura poco più di un anno, dal settembre 1919 al dicembre 1920. Egli si ritiene un dittatore temporaneo (come quelli romani) che si impegna nell’intrattenere rapporti con l’Italia.

Una costituzione democratica … Art. 3:La “Reggenza italiana del Carnaro è un governo schietto del popolo”…. “che ha per fondamento la potenza del lavoro produttivo”. Art. 18: La sovranità è esercitata dai cittadini che “sono i produttori assidui della ricchezza comune e i creatori assidui della potenza comune” all’interno di uno Stato che è “la volontà comune e lo sforzo comune del popolo, verso un sempre più alto grado di materiale e spirituale vigore”.

La vita a Fiume: l’utopia A Fiume accorrono ben presto moltissimi giovani La repubblica dannunziana appare loro come la degna risposta alle piccolezze della classe dirigente italiana

La fine dell’avventura: il trattato di Rapallo In Italia infuriano le agitazioni socialiste del “biennio rosso”, Nitti, incapace di risolvere la situazione, deve lasciare il campo al più navigato e furbo Giolitti nel giugno 1920. Quest’ultimo intende anche risolvere tramite un’accorta azione diplomatica la questione di Fiume. Prende contatti con la Jugoslavia e firma il trattato di Rapallo nel novembre 1920, dove viene deciso che Fiume sarebbe diventata città libera, l'Italia avrebbe rinunciato ad ogni pretesa sulla Dalmazia a parte Zara, che sarebbe passata all'Italia.