Le Legge Lorenzin: il ruolo pubblico dell’Ordine professionale, poteri e doveri avv. Fabrizio Mastro del Foro di Torino
Gli ordini delle professioni sanitarie quali enti pubblici La Legge Lorenzin (n° 3 dell’11 gennaio 2018) ha ribadito un concetto ormai noto: gli Ordini e le relative Federazioni nazionali «sono enti pubblici non economici e agiscono quali organi sussidiari dello Stato al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale». Quali dunque le principali attribuzioni degli ordini?
La funzione di custodia dell’albo Gli ordini «…curano la tenuta, anche informatizzata, e la pubblicità, anche telematica, degli albi dei professionisti» (art. 1, comma 3, lett. d). Tale funzione comprende anche la comunicazione dell’albo alla pubbliche Autorità indicate dalla Legge (Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di circoscrizione, Procuratore Generale presso il distretto di Corte di Appello, Prefetto, Camera di Commercio, etc).
La potestà normativa Gli ordini professionali, essendo autonomi, godono di potere regolamentare che ha innanzitutto per oggetto la loro autorganizzazione, cioè la disciplina interna dell’ente, nonché la fissazione di norme indicative di condotta, la cui violazione da parte degli iscritti può dar luogo alla irrogazione di sanzioni disciplinari. Detta potestà normativa è volta a promuovere ed assicurare «l’indipendenza, l’autonomia e la responsabilità delle professioni e dell’esercizio professionale, la qualità tecnico-professionale, la valorizzazione della funzione sociale, la salvaguardia dei diritti umani e dei principi etici dell’esercizio professionale indicati nei rispettivi codici deontologici, al fine di garantire la tutela della salute individuale e collettiva» (art. 1, comma 3, lett. c).
Il potere disciplinare Il potere disciplinare è forse il più importante tra quelli attribuiti agli ordini professionali per il raggiungimento dei loro fini istituzionali, cioè la tutela del decoro e dell’indipendenza della professione. Secondo la Legge Lorenzin gli ordini «vigilano sugli iscritti agli albi, in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività professionale, compresa quella societaria, irrogando sanzioni disciplinari secondo una graduazione correlata alla volontarietà della condotta, alla gravità e alla reiterazione dell’illecito, tenendo conto degli obblighi a carico degli iscritti, derivanti dalla normativa nazionale e regionale vigente e dalle disposizioni contenute nei contratti e nelle convenzioni nazionali di lavoro» (art. 1, comma 2, lett. l).
Segue E’ importante sottolineare che, a seguito della Legge Lorenzin, la funzione istruttoria e quella giudicante devono essere necessariamente separate. In ogni Regione dovranno essere costituti degli uffici istruttori di albo, composti in un numero compreso tra 5 e 11 iscritti sorteggiati tra i componenti delle commissioni disciplinari di albo della corrispondente professione ed 1 componente nominato dal Ministero della Salute.
Segue Ricevuta la notizia di presunto illecito disciplinare (sulla base di un esposto, della richiesta del Presidente della competente commissione disciplinare o d’ufficio) l’ufficio istruttore svolge un’indagine documentale al termine della quale presenta all’organo giudicante la richiesta di formale apertura del procedimento disciplinare (con formulazione dell’addebito) ovvero la richiesta di proscioglimento. I componenti degli uffici istruttori non possono partecipare ai procedimenti relativi agli iscritti al proprio albo di appartenenza.
Il potere tributario L’autonomia dell’ente si esplica pure in materia di contribuzioni associative e di oneri vari che possono essere imposti per l’iscrizione all’albo e per il rilascio di certificati. La legge Lorenzin (art. 3, comma 1, lett. g) demanda tale potere al Consiglio Direttivo dell’Ordine specificando che detto organo dovrà «proporre all’assemblea degli iscritti la tassa annuale, anche diversificata tenendo conto delle condizioni economiche e lavorative degli iscritti, necessaria a coprire le spese di gestione» .
La funzione di designazione e rappresentanza La commissione di albo (negli Ordini con più professioni) assume la rappresentanza della professione e designa propri rappresentanti presso commissioni, enti e organizzazioni di carattere provinciale e comunale (art. 3, comma 1). La Federazione nazionale degli ordini territoriali assume la rappresentanza della professione presso enti e istituzioni nazionali, europei ed internazionali (art. 7, comma 1); il Comitato centrale della Federazione designa propri rappresentanti presso gli enti suddetti (art. 7, comma 15, lett. e).
Il potere-dovere consultivo e formativo Ai sensi di legge gli ordini «rendono il proprio parere obbligatorio sulla disciplina regolamentare dell’esame di abilitazione all’esercizio professionale» (art. 1, comma 2, lett. g). E, più in generale, «concorrono con le autorità locali e centrali nello studio e nell’attuazione dei provvedimenti che possano interessare l’Ordine» (art. 1, comma 3, lett. h). Gli ordini hanno poi il compito di contribuire, con le istituzioni pubbliche e private, alla «promozione, organizzazione e valutazione delle attività formative e dei processi di aggiornamento per lo sviluppo continuo di tutti gli iscritti all’albo» (art. 1, comma 3, lett. h).
Il potere conciliativo Al Consiglio direttivo ed alla Commissione di albo spetta inoltre la funzione di «interporsi, se richiesto, nelle controversie tra gli iscritti o fra un iscritto e persone o ente a favore dei quali questi abbia prestato o presti la propria opera professionale, per ragioni di spese, di onorari e per altre questioni inerenti all’esercizio professionale, procurando la conciliazione delle vertenza e, in caso di mancata conciliazione, dando il suo parere sulle controversie stesse» (art. 3, comma 1, lett. e).
I poteri-doveri connessi alla lotta all’abusivismo La Legge Lorenzin ha modificato l’art. 348 C.P. aggravando le pene per l’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, reato punito ora con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000. Non solo, la condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che sono servite per commettere il reato e, nel caso in cui il condannato eserciti un professione, la trasmissione degli atti al competente ordine per l’irrogazione dell’interdizione da uno a tre anni. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 15.000 a 75.000 euro a carico del professionista che abbia determinato altri a commettere il reato ovvero abbia diretto l’attività dei concorrenti.
Segue Occorre ora chiedersi se il Presidente dell’Ordine, ricevuta la notizia di un possibile esercizio abusivo della professione abbia l’obbligo di presentare denuncia alle Autorità competenti. La risposta pare essere positiva in quanto recente giurisprudenza ha qualificato il Presidente di un Ordine professionale come pubblico ufficiale (Cassazione penale, sezione VI, n° 10140 del 18.02.2015) e, quindi, gravato dall’obbligo di denuncia di un reato perseguibile d’ufficio quale è, appunto, il reato di esercizio abusivo della professione. In ogni caso, l’omessa denuncia integra una violazione disciplinare: si tratta, si badi, di un dovere generale, esteso a tutti gli iscritti all’albo, non solo al Presidente.
Segue Il reato di esercizio abusivo della professione lede gli interessi dell’intera categoria professionale ed il Presidente dell’Ordine territoriale è legittimato a costituirsi parte civile nel processo penale a carico dell’abusivo; cioè a chiedere, a nome e per conto dei professionisti che rappresenta, un risarcimento dei danni morali derivanti dalla lesione all’immagine della professione (Cass. pen., sez. VI, n° 22274 del 5.06.2006) e dei danni patrimoniali causati dalla concorrenza sleale di chi ha abusivamente esercitato la professione (Cass. pen., sez. IV, n° 22144 del 6.02.2008).
Il dovere di assicurare la trasparenza e di contrastare la corruzione La Legge Lorenzin impone agli ordini di «assicurare un adeguato sistema di informazione sull’attività svolta per garantire accessibilità e trasparenza alla loro azione, in coerenza con i principi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33» (art. 1, comma 3, lett. e). In realtà gli ordini, in quanto enti pubblici non economici, sono pienamente soggetti anche agli obblighi di contrasto alla corruzione così come stabilito dalla Legge 190/2012 e più volte ribadito dall’ANAC (cfr., tra le tante, delibera n° 687/2017).
Segue In sintesi gli obblighi: adozione di un piano triennale di prevenzione della corruzione; adozione di un piano triennale della trasparenza; adozione di un codice di comportamento; nomina del responsabile delle prevenzione della corruzione, rispetto dei divieti di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi.
Grazie per l’attenzione !