LA LETTERATURA ITALIANA Dalle origini alla fine del Duecento

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Transcript della presentazione:

LA LETTERATURA ITALIANA Dalle origini alla fine del Duecento Realizzato da Gianluca Tanga classe 2° G Coordinato dalla Prof.ssa Bianchi Eide.

I PRIMI DOCUMENTI IN VOLGARE In Italia, fin dal IX secolo d.C.,abbiamo documenti scritti in una lingua che non è più latina, ma che riprende alcune sue caratteristiche. Il più antico in tal senso è l’Indovinello Veronese risalente alla fine dell’ VIII secolo. Il primo documento, però, in cui appare chiaramente la differenza tra il volgare e il latino, è il Placito Capuano del 960 d.C. Si tratta di una sentenza giudiziaria relativa a una contesa sorta per il possesso di alcune terre fra il monastero di Montecassino ed un certo Rodelgrimo di Aquino.

LA POESIA RELIGIOSA Le prime opere scritte in latino volgare risalgono, per lo più, a componimenti a opere religiose che cantano le lodi del signore, della Vergine e dei santi ed esortano all’ubbidienza. In quel periodo infatti si assisteva al conflitto tra il Papato e l’Impero, dal quale il Papato uscì vincitore, raggiungendo il culmine della Cristianità, ma aumentando anche la sua corruzione. Da ciò nacque l’esigenza di un rinnovamento, ed è qui che s’inserisce Francesco d’ Assisi con la sua opera di rinnovamento morale.

SAN FRANCESCO D’ASSISI San Francesco nacque ad Assisi nel 1182. Suo padre era un ricco mercante, ma lui, dopo una giovinezza mondana e dedita ai divertimenti, decise di cambiare vita dedicandosi alla preghiera e alla penitenza. Fondò l’ordine dei Francescani, basato sulla povertà materiale e spirituale. Nel 1219 si recò in Oriente ma non riuscì a diffusione la dottrina nel modo in cui sperava. Si recò in Toscana dove si ritirò nelle montagne del Verna e qui, nel 1224, ricevette le sacre stimmate. Due anni dopo morì ad Assisi. Scrisse il Cantico di Frate Sole, una lode a Dio e a tutte le sue opere e creature.

LA SCUOLA SICILIANA La “Scuola poetica siciliana”, creata da Federico II di Svevia nella prima metà del XIII secolo, è incentrata sulla poesia d’amore. I poeti però non cantano l’amore come sentimento individuale, bensì parlano dell’amore in generale, della sua natura e del suo modo di manifestarsi. Il legame d’amore fra il poeta e la sua donna viene considerato come un rapporto di tipo feudale tra il vassallo e il suo signore. La poesia della Scuola Siciliana colpisce per la straordinaria raffinatezza formale, per la scelta e la cura delle immagini e delle parole. I principali poeti della Scuola siciliana furono: Jacopo da Lentini (caposcuola e fondatore del sonetto), Pier della Vigna, Guido delle Colonne e Rinaldo d’Aquino.

JACOPO DA LENTINI Jacopo da Lentini nacque a Lentini, in Sicilia, intorno al 1210. Fu notaio alla corte di Federico II di Svevia e fu il più significativo rappresentante della Scuola Siciliana. A Jacopo da Lentini si attribuisce il merito di aver inventato la forma metrica del Sonetto, formato da due quartine e due terzine. La sua poesia più famosa è “Amor è un desio che ven da core”: in questa poesia ci parla di come l’amore ha origine nel cuore degli uomini.

GUIDO GUINIZZELLI Le notizie sulla vita di Guido Guinizzelli sono scarse ed incerte. Sembra che sia nato a Bologna tra il 1230 e il 1240 da antica e nobile famiglia. Laureato in legge, divenne giudice della sua città e si schierò con la fazione dei Ghibellini contro i Guelfi. Nel 1274, per le sue idee politiche, fu bandito dalla città. Si rifugiò a Monselice (Padova), dove morì nel 1276. Guinizzelli è considerato l’ iniziatore del Dolce Stil Novo (venne chiamato “padre” anche da Dante Alighieri).

GUIDO CAVALCANTI Guido Cavalcanti nacque a Firenze intorno al 1259 da una nobile e potente famiglia. Amico di Dante, si schierò con i guelfi bianchi, la fazione che difendeva l’autonomia e l’indipendenza del comune. Nel Giugno del 1300 venne esiliato e si ritirò a Sarzana, in Liguria. Due mesi dopo, in seguito ad un’amnistia, poté tornare a Firenze, dove morì in quello stesso anno. Scrisse molte poesie che mettevano in luce i tormenti d’amore e il dolore per l’incertezza del ritorno nella sua amata Firenze.

LA POESIA COMICO - REALISTICA Contemporaneamente al “Dolce Stil Novo” si sviluppa in Toscana, in particolare a Siena, la poesia comico-realistica, che rappresenta con efficace realismo gli aspetti e i sentimenti più comuni, talvolta anche volgari, della vita. I temi cui si ispira la poesia Comico-Realistica, nettamente contrapposti a quelli spirituali del Dolce Stil Novo, sono: - l’amore ardente; - la donna come creatura terrena; - l’esaltazione del divertimento; - il lamento contro la povertà e i fastidi della vita.

CECCO ANGIOLIERI Cecco Angiolieri nacque a Siena intorno al 1260 da una famiglia nobile e ricca. Di lui abbiamo poche e frammentarie notizie. Amante dei piaceri e dei divertimenti, visse in modo sregolato. Processato più volte per debiti, fu anche bandito da Siena. Entrato in possesso dell’eredità paterna, la dilapidò e morì in miseria nel 1310 circa. A Cecco Angiolieri si attribuiscono circa 110 sonetti che hanno come motivi ricorrenti: la storia del suo amore schiettamente sensuale per una certa Becchina; la passione per il vino, il gioco e la taverna.

LA LETTERATURA IN PROSA DEL DUECENTO La prosa volgare si affermò senz’altro più tardi della poesia. Le ragioni del ritardo si possono ricercare nel fatto che la poesia, che trattava argomenti religioni o cavallereschi o amorosi era anche tra il popolo, oltre che delle corti feudali; la prosa, invece, aveva bisogno di lettori, cioè di persone di cultura. La prosa volgare, pertanto, nacque intorno alla metà del Duecento, quando, mutate le condizioni economiche, si ebbe la formazione di una borghesia che per necessità pratiche si accostava sempre più alla natura. Pian piano si estese in ambiti culturali sempre più ampi. Nacquero così molte opere in prosa di carattere morale, novellistico e storiografico. Tra le prose originali del 200 come ad esempio il “Novellino”: si tratta di una raccolta di cento novelle, in genere brevi scritte probabilmente da autori diversi, ma messe insieme da un unico raccoglitore fiorentino di cui non si conosce il nome.