LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE

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LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La capacità civile è costituita dalla capacità giuridica (che si acquista al momento della nascita, art. 1 c.c.) e dalla capacità di agire (che si acquista al compimento del 18° anno, art. 2 c.c.). Con il raggiungimento della maggiore età, si acquista la capacità personale di votare, di disporre per testamento, di stipulare contratti, di stare in giudizio, di donare, di contrarre matrimonio, di assumere decisioni autonome nel campo della salute (v. anche artt. 84, 250, 291, 390 c.c. e le eccezioni in materia di capacità a prestare il proprio lavoro e di esercitare i diritti d’autore, che non interessano direttamente in questa se­de). La capacità di succedere si acquista con la nascita. 1

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Aspetti procedurali Innanzi tutto va precisato che in questo settore la perizia d’ufficio prende nome di consulenza tecnica d’ufficio (C.T.U.). L’iter giudiziario è contrassegnato dalla presenza di due parti, delle quali l’una assume giuridicamente il ruolo di attore (o creditore), l’altra quella di convenuto (o debitore). I difensori della parte attrice e di quella convenuta possono nominare dei consulenti di parte (C.T.P.) «con dichiarazione ricevuta dal cancelliere» (art. 201 c.p.c.). Il consulente tecnico d’ufficio (C.T.U.), in qualità di ausiliario del giudice, viene nominato dal giudice istruttore con ordinanza. Art. 191 c.p.c. Nomina del consulente tecnico - «Nei casi previsti dagli articoli 61 e seguenti, il giudice istruttore, con ordinanza ai sensi dell’articolo 183, settimo com­ma o con altra successiva ordinanza, nomina un consulente, formula i quesiti e fissa l’udienza nella quale il consulente deve comparire. Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quan­do la legge espressamente lo dispone». 2

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il giudice, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, può farsi assistere da uno o più consulenti di “particolare” competenza tecnica. I consu­lenti tecnici devono essere scelti “normalmente” tra le persone iscritte in albi speciali (art. 61 c.p.c.). Normalmente non vuol dire esclusivamente, per cui il giudice può anche nominare come consulente uno specialista non iscritto nell’albo dei consulenti tecnici; mentre nel primo caso il consulente nomina­lo ha l’obbligo di prestare il suo ufficio, tranne che esista un giusto motivo di astensione (art. 63 c.p.c.), nel secondo caso questo obbligo non esiste. 3

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE All’udienza di comparizione, il giudice riceve dal consulente «il giuramen­to di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di far conoscere ai giudici la verità» (art. 193 c.p.c., giuramento del consulente). In quell’occasione, il consulente fissa l’inizio delle operazioni peritali o si riser­va di farlo mediante lettera raccomandata da inviare a tutti i consulenti di par­te eventualmente nominati; non è obbligato a comunicare le date dei successi­vi incontri che vengono concordati con i consulenti delle parti, man mano che le operazioni procedono, tranne che ricorrano situazioni non previste o ecce­zionali (assenza giustificata di un consulente, necessità di rinviare un incontro già concordato). Sempre il giorno del conferimento dell’incarico peritale, è fissato anche il termine entro il quale il consulente depositerà il proprio elabo­rato peritale. Le attività del consulente del giudice sono precisate negli artt. 62 c 194 c.p.c. (attività del consulente) e a lui si applicano le disposizioni del co­dice penale relative ai periti (c.p. 314, 366, 373, 376, 377, 384). 4

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 62 c.p.c. - Attività del consulente - «Il consulente compie le indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiari­menti che il giudice gli richiede a norma degli articoli 194 e seguenti (Omissis)». Art. 63 c.p.c. — Obbligo di assumere l’incarico e ricusazione del consulente - «Il consulente scelto tra gli iscritti in un albo ha l’obbligo di prestare il suo ufficio, tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione. Il consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell’articolo 51. Della ricusazione del consulente conosce il giudice che l’ha nominato». Art. 192 c.p.c. - Astensione e ricusazione del consulente - «L’ordinanza è notifi­cata al consulente tecnico a cura del cancelliere, con invito a comparire all’udienza fissata dal giudice. 5

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il consulente che non ritiene di accettare l’incarico o quello che, obbligato a pre­stare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l’ha nominato almeno tre giorni prima dell’udienza di comparizione; nello stesso termine le parti debbono proporre le loro istanze di ricusazione, depositando nella cancelleria ricorso al giudice istruttore. Questi provvede con ordinanza non impugnabile». 6

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 193 c.p.c. - Giuramento del consulente - «All’udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente l’importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affi­dategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità». Tutte le attività svolte in udienza possono essere ricostruite come segue: registrazione delle presenze; dichiarazione di accettazione d’incarico del consulente prescelto; giuramento del consulente; dichiarazione delle generalità del CTU; formulazione dei quesiti peritali; 7

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE dichiarazione del luogo in cui si svolgeranno le operazioni peritali e dell’inizio delle stesse o del rinvio; autorizzazione all’acquisizione di eventuale documentazione clinica, ovunque esistente; autorizzazione a rimborsi spese di viaggio; autorizzazione ad accedere nei luoghi in cui si trovi eventualmente ospitata o ri­coverata la persona da esaminare; autorizzazione ad avvalersi di esperti ausiliari (eventuale); nomina dei consulenti tecnici di parte o rinvio; termine d’invio della relazione alle parti; termine alle parti per proporre le loro osservazioni alla relazione del CTU; termine di deposito della relazione definitiva; termine di rinvio del procedimento; disposizione del fondo spese; consegna al CTU dei fascicoli di parte; sottoscrizione del verbale da parte del CTU e di tutti i presenti all’udienza di conferimento. 8

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In particolare, il quesito peritale, già contenuto nello stesso provvedimento di nomina del consulente, deve essere il più specifico e articolato possibile; la sua corretta formulazione dovrebbe essere il prodotto di un accordo almeno tra il giudice e il suo consulente, giacché quesiti imprecisi, vaghi, frettolosi, aspecifici, esitano in risposte altrettanto vaghe, imprecise e, al limite, errate. Prima dell’udienza di conferimento dell’incarico peritale ed entro il termine assegnato dal giudice, le parti possono far presente con memoria scritta la ne­cessità di modificare o integrare forma e contenuto del quesito proposto, ricor­rendo al parere preventivo del consulente di parte nominato. Anche nel corso delle operazioni peritali il consulente di parte può fare obiezioni e richiedere modifiche e integrazioni del quesito originariamente posto al consulente tec­nico (principio del contraddittorio), al fine di fornire una valutazione più cor­retta e completa. 9

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 194 c.p.c. -Attività del consulente - «Il consulente tecnico assiste alle udien­ze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all’art. 62, da sé solo o insieme al giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi. Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici (201) e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze». Le sovra specificate possibilità di «partecipazione all’udienza e alla camera di consiglio» sono state soppresse dall’art. 195 c.p.c. 10

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 195 c.p.c. - Processo verbale e relazione - «Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono compiute con l’intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta. Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti. La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordi­nanza resa all’udienza di cui all’articolo 193. Con la medesima ordinanza il giudice (issa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie os­servazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse». 11

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Riassumendo: nel corso dell’udienza in cui il giudice conferisce l’incarico peritale, sono fissati, con ordinanza, tre termini: Termine entro il quale il C.T.U. deve inviare la sua relazione alle parti Termine entro il quale i C.T.P. dovranno trasmettere al C.T.U. le loro osservazioni; Termine entro il quale il C.T.U. deve depositare in cancelleria la pro­pria relazione di consulenza, con allegate le relazioni delle parti e rela­tive repliche. Le parti e i loro consulenti possono partecipare alle operazioni peritali e possono presentare al C.T.U. osservazioni e istanze, oralmente o per scritto e svolgere ogni altra attività precisata nell’art. 201 c.p.c. (Consulente tecnico di parte). 12

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 201 c.p.c. - Consulente tecnico di parte - «Il giudice istruttore, con l’ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico. Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell’articolo 194 alle operazioni del consulente del giu­dice, partecipa all’udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il con­sulente del giudice, per chiarire e svolgere, con l’autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche». 13

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il consulente tecnico nominato dalle parti (C.T.P.) ha facoltà di intervenire nella formulazione del quesito peritale, chiedendone eventuali integra­zioni o modifiche; a livello di metodologia, discutendone limiti, validità, articolazione, aspetti, variazioni e integrazioni; nella richiesta che siano svolte determinate indagini e specifici esami o presi in considerazione determinati atti o documenti, nel produrre eventuale altra documentazione di cui è venuto in posses­so e che deve però essere stata precedentemente depositata e sottopo­sta al vaglio critico del giudice. Le valutazioni d’ufficio e di parte oggetto dell’accertamento disposto, infatti, devono basarsi unicamente sul materiale messo a disposizione dal giudice istruttore al suo CTU. 14

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In entrambi i casi, il singolo C.T.P. deve trasmettere le proprie osservazio­ni e istanze al C.T.U. e a tutti i Colleghi che partecipano alle operazioni peri­tali e chiedere formalmente al C.T.U. che ne dia atto nella stesura della sua relazione peritale. Il C.T.P. non è tenuto a prestare alcun giuramento; il suo compito è quello di seguire passo passo il procedimento del C.T.U., valutarne la correttezza metodologica, formulare obiezioni, suggerimenti, osservazioni, deduzioni e controdeduzioni, presentare al consulente del giudice, entro il termine da que­sti fissato, le proprie conclusioni, convergenti o divergenti che siano. Egli non si assume mai un obbligo di risultati, bensì solo di mezzi: pertanto non può essere considerato inadempiente nel caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo atteso dal committente o addirittura contrario. 15

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Se durante lo svolgimento delle operazioni peritali insorgono contrasti me­todologici e procedurali insanabili tra C.T.U. e C.T.P., compito di entrambi è di presentare il problema al committente, sospendendo temporaneamente il loro lavoro. Tutto ciò sarebbe veramente innovativo se i pareri dei C.T.P. venissero te­nuti nella stessa considerazione di quello espresso dal C.T.U. e il lavoro tra consulenti dell’ufficio e di parte venisse svolto con spirito di collegialità e di servizio all’accertamento di una verità clinica e di una valutazione scevra da posizioni preconcette, affermazioni di principio, irritualità, incertezze, diver­genze interpretative, imparzialità scientifiche: il che spesso non corrisponde a quanto realmente accade, per cui nella più parte dei casi si deve prendere atto della rilevanza sovradeterminate riservata al parere espresso dal C.T.U. , la cui autorevolezza e competenza scientifica e forense è spesso solo presunta. 16

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il problema può presentarsi in maniera particolarmente acuta nei casi che riguardano la valutazione del danno biologico di natura psichica e l’affida­mento di minori in caso di separazione o altro: casi in cui la delicatezza e complessità dell’indagine è inquinata da soggettivismi interpretativi, protago­nismi investigativi, ignoranza della procedura e della metodologia peritale, interessi e pressioni che poco o nulla hanno a che fare con quella “scienza e coscienza” che il giudice richiede ai consulenti d’ufficio e si aspetta da quelli di parte. Senza contare che il principio del contraddittorio che dovrebbe svolgersi davanti al giudice e ai difensori è sostanzialmente vanificato dalla procedura prevista nel citato art. 195 c.p.c., in cui il contraddittorio è trasferito davanti al C.T.U. e quindi all’interno di uno scenario peritale litigioso e conflittuale, quando non impreparato e spocchioso: sempre incompetente in questioni giuridiche e giudiziarie, soprattutto viziato dal fatto che il C.T.U. ben diffi­cilmente modifica le conclusioni cui è già pervenuto. 17

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In tal modo il principio del contraddittorio, inteso come momento fondamentale e dialettico nel corso di tutti gli incontri tra C.T.P. e C.T.U. e nella formazione della prova, viene ad esser vanificato, perché si declina, nella migliore delle ipotesi, in un clima adialettico e sotto forma di scontro tra istanze opposte e spesso non conciliabi­li e non si svolge davanti al suo intermediario e regista fondamentale: il giudi­ce. Sottoporre a esame critico l’attività svolta dai consulenti, ovviamente, presuppone un “sapere” da parte del giudice (c.d. perito dei periti) e dei difensori che spesso implica la conoscenza di nozioni scientifiche complesse e di diffi­cile e controversa valutazione. Che dei tecnici del diritto siano in grado di svolgere una simile operazione non va esente da dubbi e riserve, non certo sul piano della capacità di esercitare una critica serrata sulla metodologia utilizza­ta dai loro consulenti (d’ufficio e di parte) e sulla coerenza logica del costrut­to peritale degli uni e degli altri, quanto sul piano della valutazione - nel caso di specie - dell’affidabilità, validità, accettabilità e applicabilità delle specifi­che “conoscenze scientifiche” di cui i consulenti si fanno portatori nei loro elaborati e che spesso sono presentate come se si trattasse di “verità” e non di semplici “convenzioni” il cui valore deve essere relativizzato e mai di per se solo assunto con valore di “prova” 18

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Per parte sua, il C. T. U. deve dimostrare di aver preso effettivamente in seria considerazione le istanze, le osservazioni, le integrazioni, le valuta­zioni che gli sono state fornite dai consulenti di parte, pena la nullità del suo elaborato. Pertanto il giudice, nella sua sentenza, non può non tenere conto se il C.T.U. ha o meno tenuto in effettivo conto le osservazioni formulate dai CC.TT.PP. e l’uso che ne ha/non ne ha fatto in riferimento alle conclusioni da lui formulate e deve prendere in attento esame la fondatezza delle osserva­zioni mosse dai consulenti tecnici di parte alle risultanze della C.T.U., non potendo semplicisticamente e spicciativamente limitarsi a un generico e acri­tico richiamo alle conclusioni del consulente da lui nominato. 19

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Si ricordi al proposito la seguente sentenza di Cassazione (Cass. Civ. Sez. II, Sent., 21 marzo 2011, n. 6399): «è affetta da vizio di motivazione la sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte di precise e circostanziate critiche mosse dal consulente tecnico di parte alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, non le abbia in alcun modo prese in con­siderazione e si sia invece limitato a far proprie le conclusioni della consulenza tecni­ca d’ufficio, giacché il potere di detto giudice di apprezzare il fatto non equivale ad affermare che egli possa farlo immotivatamente e non lo esime, in presenza delle rife­rite contestazioni, dalla spiegazione delle ragioni - tra le quali evidentemente non si annovera il maggior credito che egli eventualmente tenda a conferire al consulente d’ufficio quale proprio ausiliare - per le quali sia addivenuto ad una conclusione anzi­ché ad un’altra, incorrendo, altrimenti, proprio nel vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia (Cass. Civ. 10688/2008,4797/2007)». 20

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In punto ausiliari del C.T.U., il giudice, in genere, autorizza il suo consulente ad avvalersi di persona di sua fiducia, lasciandolo completamente libe­ro di decidere in merito e senza doverne formalizzare la nomina. Io resto personalmente dell’idea che, come in ambito penale, al consulente convenga chiarire al giudice la necessità di farsi assistere da un ausiliare indicandone nome, cognome, professionalità e motivi dell’incarico, formalizzandone così la nomina; ciò, se possibile, già nel corso dell’udienza di conferimento d’incarico peritale, ma certamente in proseguimento di operazioni peritali, in modo che tutti i consulenti ne siano informati, ma soprattutto ne sia al corrente il giudice, dal momento che, in tema di indagine psichiatrica o psi­cologica a esempio, questo specialista svolge “naturalmente” anche un com­pito valutativo. Il ricorso a uno psicologo esperto nella somministrazione di reattivi mentali, a un esperto d’indagini neuroscientifiche o neuropsicologi­che, a un laboratorista e di quant’altri deve essere giustificato dal fatto che è necessario approfondire determinati aspetti dell’indagine clinica che non appartengono alla specifica competenza professionale del consulente nomi­nato. 21

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Salvo resta il dettato della seguente sentenza della cassazione civile che testualmente recita: «In tema di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente può avvalersi dell’opera di esperti specialisti, al fine di acquisire, mediante gli opportuni e necessari sussidi tec­nici, tutti gli elementi di giudizio, senza che sia necessaria una preventiva autorizza­zione del giudice, né una nomina formale, purché egli assuma la responsabilità morale e scientifica dell’accertamento e delle conclusioni raggiunte dal collaboratore e fatta salva una valutazione in ordine alla necessità del ricorso a tale esperto “esterno” svol­ta successivamente dal giudice» (Cass. Civ. Sez. I, n. 10222/2009). 22

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Onde evitare spiacevoli situazioni tipo contestazioni di vario genere o mancata liquidazione della parcella dell’ausiliare o impossibilità di ottenere il rimborso della stessa dalle parti se già in precedenza liquidata, perché il giudice ha ritenuto inutile il ricorso all’ausiliare precedentemente scelto dal O.T.U., è buona prassi chiedere al giudice di formalizzare la nomina dell'esperto indicato, conferendogli specifico incarico o nel contesto stesso del conferimento di incarico al suo consulente o successivamente. A mio sommesso avviso, la collaborazione di un esperto o di uno specialista deve avvenire sotto il controllo del giudice che deve essere preventivamente informato di ciò. 23

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Del tutto inopportuno e scorretto è affidare la lettura e il riassunto degli atti a collaboratori del C.T.U. (perlopiù studenti o tirocinanti) che egli uti­lizza a sua discrezione e a suo insindacabile giudizio nello svolgere un’atti­vità che richiede lettura critica e capacità di mettere in evidenza quanto de­gli atti è importante ai fini dell’accertamento disposto e quanto superfluo. Non si tratta, infatti, di compimento di attività meramente materiali quali il mero riassunto degli atti (non si tratta solo di un “relata refero"), ma dì adempimento che implica una lettura critica e valutativa degli stessi. Questo compito pertanto può e deve spettare solo al C.T.U. nominato dal giudice. 24

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il C.T.U., in ogni caso, deve assumersi «la responsabilità morale e scientifica dell’accertamento e delle conclusioni raggiunte dal collaboratore da lui nominato». II giudice però ha la possibilità di valutare “a po­steriori” la necessità o meno del ricorso a tale esperto “esterno”. Art. 64 c.p.c. - Responsabilità del consulente - «si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale relative ai periti (Omissis). In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti». La consulenza infedele è punita dagli artt. 380, 381 e 383 del codice pena­le. Altre violazioni giuridiche riguardano la falsa testimonianza (art. 372 c.p.), il falso in perizia (art. 373 c.p.), la rivelazione indebita di segreto d’ufficio (art. 326 c.p. e 379 bis), le false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria (art. 374 bis c.p.). 25

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Lo schema di stesura della consulenza tecnica ricalca ampiamente quanto già esposto nella prima parte di questo Trattato a proposito della perizia psi­chiatrica in ambito penale con alcune differenze che si possono ricavare dalla conoscenza di quanto sopra illustrato. Nella sostanza, il C.T.U. deve riportare: l’autorità che dispone la C.T.U.; nome, cognome, titoli del C.T.U.; data del conferimento della nomina e dell’udienza di conferimento dell’incarico; la formulazione dei quesiti; le autorizzazioni richieste e concesse (a disporre esami e accertamenti strumen­tali e clinici che si rendono necessari; ad acquisire cartelle cliniche; ad avvalersi di collaboratori; a convocare e a sottoporre alle necessarie indagini cliniche le parti inte­ressate dall’accertamento richiesto; a usare mezzi propri per l’espletamento dell’incarico); 26

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE il termine assegnato per la consegna dell’elaborato alle parti; delle osservazioni di queste al C.T.U. e il termine di consegna della relazione definitiva; l’inizio delle operazioni peritali (data e luogo); i dati identificativi degli eventuali consulenti di parte, se nominati contestual­mente; il diario dello svolgimento delle operazioni peritali (non prescritto, ma opportu­no), che, a sua volta, contempla: date e numero degli incontri con i contenuti dei singoli incontri: le persone da convocare; le tecniche utilizzate per registrare i contenuti (colloquio libero; registrazione; video registrazione); gli ulteriori incontri concordati nel corso delle operazioni peritali; 27

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE la metodologia seguita, meglio se concordata con le parti; l’oggetto del “contendere”, quale emergente dalla lettura del fascicolo civile e dall’esposizione dei consulenti delle parti (la ricostruzione della realtà storica)', la documentazione clinica: trascrizione o riassunto di tutti i documenti clinici afferenti al caso, o allegati agli atti o comunque acquisiti; l’eventuale precedente documentazione psico-forense; riassunto di eventuali altre consulenze d’ufficio o di parte o memorie comunque consegnate al magistrato o fatte pervenire dalle parti; l’indagine clinica (la ricostruzione della realtà psicologica), a sua volta artico­lata nella raccolta de: i dati anamnestici e storici; l’esame obiettivo; gli esami di laboratorio e le indagini strumentali eseguite; gli esami di sussidio diagnostico; 28

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE le considerazioni cliniche, relative ai singoli soggetti esaminati e alle loro re­ciproche relazioni; la discussione psico-forense del caso considerato nei suoi aspetti specifici e generali; le risposte ai quesiti. Se durante lo svolgimento delle operazioni peritali insorgono contrasti metodologici e procedurali insanabili tra C.T.U. e C.T.P., compito di entrambi è di presentare il problema al committente, sospendendo temporaneamente il loro lavoro. 29

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In nessun caso, il C.T.U. ha il compito di comporre vertenze e trovare ac­cordi con le parti, nel senso che tutti i dati clinici acquisiti possono essere co­municati e discussi con i consulenti, ma la valutazione finale degli stessi è demandata all’autonomia e alla responsabilità del consulente d’ufficio, che deve rispondere “in scienza e coscienza” delle valutazioni di cui è oggetto il suo rapporto peritale solo al giudice suo committente, attendendosi rigorosa­mente ai quesiti che gli sono stati posti e a nessun altro. 30

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Gli ambiti di intervento dell’esperto psico-forense Quali i settori civilistici in cui può essere richiesto l’intervento valutativo di uno psichiatra o di uno psicologo forensi? Li precisiamo qui di seguito: amministrazione di sostegno; interdizione; inabilitazione; impugnazione di un atto (contratto, testamento, donazione); affidamento di minori nei casi di separazione giudiziale; affidamento e adozione di minori in stato di abbandono; danno biologico di natura psichica, diretto e indiretto; invalidità civile, pensionabile, ecc.; i problemi del consenso; la responsabilità professionale; idoneità al lavoro, alla guida, al porto d’armi, allo sport agonistico, ecc. 31

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In tutti questi ambiti si ripropongono, in maniera acuta e perentoria, la di­stinzione fondamentale tra discipline cliniche e forensi, di cui si è già ampia­mente trattato in altra parte di questo volume e alla quale si rimanda e il pro­blema fondamentale relativo all’accertamento del funzionamento mentale del soggetto interessato relativo ad atti aventi rilevanza giuridica che egli può (ancora)/non può (più) compiere, nel senso che, ricostruita in entrambi i casi trasversalmente e longitudinalmente la storia di vita della persona in esame (anamnesi fisiologica e patologica, prossima e remota), 32

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE in psicologia e in psichiatria cliniche si tratta di: obiettivare: descrivere la condizione e il funzionamento mentali di un soggetto in esame, nel momento in cui è eseguito l’accertamento. L’obiettivazione di uno stato di mente in ambito clinico si articola nei se­guenti passaggi: descrivere: consegnare alla parola e allo scritto quanto è stato possibile osservare obiettivamente e analiticamente una condizione mentale, applicando una categoria alfa numerica, espressione del classificare, ossia del collocare una persona o una cosa in una classe, al fine di mettere ordine, di semplifica­re, di raggruppare sotto un termine convenzionale elementi complessi; individuarne gli eventuali indicatori psicopatologici, 33

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE esaminarne il funzionamento mentale: come e quanto le aree funzionali dell’Io (funzioni percettivo-memorizzative; organizzative', previsionali', deci­sionali) sono «libere» da patologia inficiante con riferimento: alle attività della vita quotidiana; ai rapporti affettivi e sociali; alle capacità di adattamento; alla competenza nel prendere decisioni; stendere un piano d'intervento terapeutico da concordare con il paziente. 34

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE nelle discipline psico forensi si tratta, in sostituzione del punto quattro di cui sopra, di: 4) valutare: riportare l’obiettivazione clinica a una determinata problematica medico-legale o psichiatrico-forense che riguarda, ad esempio, la idoneità genitoriale; capacità di prendere delle decisioni in ambiti specifici (competence); quantificazione e qualificazione del danno biologico di natura psichica; quantificazione e qualificazione dell’invalidità e dell’incapacità civile. È escluso, in tutti i casi, un compito terapeutico (psico o farmaco terapeutico) diretto e specifico, che deve essere sempre demandato a coloro che han­no compiti di cura. Le pagine che seguono sono dedicate all’esame delle singole fattispecie, con rinvio obbligatorio ai capitoli in cui si è trattato della nozione d’infermità di mente, di malattia mentale, di approccio categoriale e funzionale alla valu­tazione psichiatrico forense, di metodologia e di criteriologia peritali. 35

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione a) Amministrazione di sostegno Il titolo XII del codice civile è stato integrato (amministrazione di sostegno) e in parte modificato (interdizione) da una legge che «ha la finalità di tu­telare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente» (art. 1). Il testo di legge (l. 9.1.2004, n. 6) introduce, accanto alle già esistenti figure del tutore e del curatore, l’’amministratore di sostegno e sostituisce la rubrica del titolo XII del libro primo del codice civile con le «misure di prote­zione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia». Vediamone gli aspetti innovativi e qualificanti. 36

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Nel titolo XII è premesso il seguente capo: Capo I - Dell’amministrazione di sostegno (d’ora in avanti indicata con le sigle A.S.) Art. 404 c.c. Amministrazione di sostegno «La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio». 37

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Soggetti: la richiesta può essere presentata dallo stesso soggetto beneficia­rio, anche se minore, interdetto o inabilitato (art. 406 c.c.), dal coniuge, dalle persone indicate negli artt. 414 e 415 c.c., dalla persona stabilmente conviven­te, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero (art. 417 c.c.), dai responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona: quindi anche dal medico curante o di base. L'interdetto e l'inabilitato possono accedere a tale provvedimento solo se contemporanea­mente presentano istanza di revoca dell’interdizione e dell’inabilitazione; il decreto è esecutivo dalla pubblicazione della sentenza di revoca dei suddetti provvedimenti. 38

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Mentre l’interdizione riguarda solo gli infermi di mente abituali totalmente incapaci, il nuovo strumento di protezione civilistica viene incontro ai bisogni di qualsiasi persona si trovi in difficoltà (= impossibilità), anche solo tempo­ranea (= incapacità «naturale»), a esercitare i propri diritti: quindi non soltanto soggetti che presentano un’impossibilità di provvedere ai propri interessi per una «qualsiasi causa che li rende momentaneamente incapaci di intendere o di volere» (un disturbo mentale transitorio ampiamente inteso), ma anche anziani della quarta età, handicappati sensoriali, alcool e tossicodipendenti, soggetti colpiti da disturbi cerebrali involutivi, traumatizzati cranici, disabili fisici e via dicendo, in cui residua una capacità parziale o, in altre parole, è presente una incapacità parziale dovuta a menomazione fisica o psichica. 39

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In tutti questi casi, l’amministratore di sostegno assiste, con interventi temporanei o permanenti, la persona che ha una limitata capacità decisionale o è contingentemente impossibilitata a provvedere ai propri interessi, anche in punto consenso ad atti diagnostici o a interventi medico-chirurgici. In quest’ultimo ambito, a questo «garante», nominato, se possibile, in accordo con il paziente o su sua diretta indicazione o con decreto del giudice tutelare, il medico, assumendo la sua non cedibile posizione di garanzia, prospetta la complessità e la delicatezza della situazione clinica da affrontare e con lui e il paziente condivide le scelte da attuare nell’interesse di quest’ultimo. 40

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’amministratore di sostegno, raccolto il parere del sanitario nella sua po­sizione di garanzia (la tutela della salute e della vita del paziente non coscien­te, finché questa condizione perdura, è di esclusiva competenza del medico) e sentiti eventualmente i familiari, preso atto di eventuali volontà precedentemente espresse, comunica il tutto al giudice tutelare, il quale provvede in me­rito, se l’atto ha carattere di urgenza e la persona interessata non è in grado di esprimere il suo consenso/dissenso o lo esprime in maniera viziata. 41

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 405 c.c. - Decreto di nomina dell’amministratore di sostegno (Omissis) 4° comma «Qualora ne sussista la necessità, il giudice tutelare adotta anche d’ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l’amministrazione del suo patrimonio. Può procedere alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio indicando gli atti che è autorizzato a com­piere». La seguente applicazione giurisprudenziale va in questa direzione. Tribu­nale di Modena, sez. civ. decreto 28.6.2004: «L’amministratore di sostegno può essere autorizzato dal giudice (tutelare) a dare il consenso a un intervento chirurgico sulla persona dell’assistito quando tale inter­vento sia necessario per evitare danni permanenti e l’interessato non sia in grado - per le sue proprie condizioni psichiche - di percepire appieno la gravità della situazione». Il caso si riferisce a paziente dissenziente il cui dissenso è viziato da pato­logia delirante cronica e per il quale l’intervento chirurgico ha caratteristiche di urgenza (non di elezione). Ai sensi dell’art. 405, 3° co., c.c., l’amministra­tore di sostegno è stato autorizzato «ad esprimere, in nome e per conto del be­neficiario, il consenso informato al trattamento terapeutico proposto dagli or­topedici che hanno in cura il paziente». 42

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Questa è l’unica situazione in cui l’amministratore di sostegno è nominato per sostituire (non per affiancare), per un tempo rigorosamente limitato, l’incapace «naturale»; la sua funzione, pertanto, coincide con quella del tutore provvisorio (tutela mascherata). Il decreto che riguarda un minore non emancipato può essere emesso solo se questi ha compiuto diciassette anni e diventa esecutivo solo dal momento in cui il soggetto ha compiuto il diciottesimo anno di età. La persona ammessa all’A.S. viene denominata «il beneficiario». Il decreto di nomina contiene, tra l’altro, la durata dell’incarico che può (non deve) esser anche a termine indeterminato; precisa gli atti che può com­piere l’amministratore in nome e per conto del beneficiario e quelli che il be­neficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore. La durata dell’incarico, quando a tempo determinato, può essere prorogata dal giudice tulelare con decreto motivato. Il decreto di apertura e quello di chiusura dell’A.S. devono essere comunicate, entro dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile per le incombenze di sua competenza. 43

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 47 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie: «presso l’ufficio del giudice tutelare sono tenuti un registro delle tutele dei minori e degli interdetti, un registro delle curatele dei minori emancipati e degli inabilitati e un registro delle amministrazioni di sostegno». L’art. 49-bis precisa i dati che devono essere contenuti nel registro dell’A.s. / responsabili dei servizi sanitari e sociali che hanno in cura o assistono persone nei cui confronti è opportuno aprire il procedimento di A.S., sono te­nuti a presentarne domanda al giudice tutelare, allegando la documentazione clinica del caso. Il giudice tutelare, sentite le ragioni per cui si chiede il provvedimento, ascolta la persona interessata e «Dispone, anche d’ufficio, gli accertamenti di natura medica e tutti gli altri mezzi istruttori utili ai fini della decisione. Può, in ogni tempo, modificare o integrare, anche d’ufficio, le decisioni assunte» (art. 407 c.c.). 44

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 408 c.c. Scelta dell’amministratore di sostegno « «(omissis) L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interes­sato in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata (omissis). Non possono ricoprire le funzioni di ammini­stratore di sostegno gli operatori dei servizi pubblici o privati che hanno in cura o in carico il beneficiario (omissis)». Art. 409 c.c. Effetti dell’amministrazione di sostegno «Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno. Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana». 45

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’amministratore di sostegno, per parte sua, nello svolgimento dei suoi compiti, deve tenere conto dei bisogni del beneficiario (art. 410 c.c.). Il bene­ficiario deve essere informato in precedenza degli atti in cui è affiancato da un amministratore e può esprimere il suo dissenso, se in disaccordo con la deci­sione che s’intende prendere; l’amministratore di sostegno deve dame notizia al giudice tutelare per l’adozione dei provvedimenti ritenuti necessari (art. 410 c.c.), se ritenuti tali, ovviamente. Come emerge chiaramente da questi articoli, lo spirito che ha informato la nuova legge è stato quello di introdurre una forma di tutela «morbida», artico­lata e duttile nei confronti di persone che hanno bisogno di essere assistite nel­la cura dei propri interessi, senza che si debba ricorrere ai provvedimenti dell’interdizione e dell’inabilitazione, che in tal modo diventano interventi di tipo residuale. 46

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’amministratore di sostegno è un rappresentante per taluni atti quando non un semplice assistente, a fronte del quale vi è un soggetto in difficoltà la cui generica capacità ad agire non è in discussione e risulta limitata solo con riferimento agli atti indicati nel decreto di nomina. Un provvedimento di A.S. non può delegare all’amministratore genericamente tutta l’ordinaria e la straordinaria amministrazione. In particolare, non gli può essere conferito un potere, a priori e in via generale, di manifestare il consenso per conto dell’amministrato a trattamenti sanitari. Un provvedimento di A.S. deve essere pertanto strutturato attraverso l’indicazione di singoli atti o categorie di atti che l ’amministratore ha il pote­re di compiere in nome e per conto dell’amministrato o in assistenza del me­desimo; per tutti gli altri atti il beneficiario mantiene la capacità decisionale, tanto da integrare una categoria di incapacità relativa. 47

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Gli atti non esclusi devono ritenersi validamente compiuti e per essi non sarà applicabile il regime dell’art. 412 c.c., ma eventualmente, la disciplina prevista per l’incapace naturale dall’art. 428 c.c. L’amministrazione di sostegno, secondo l’interpretazione del Tribunale di Torino, VII sezione civile, non certifica assolutamente una condizione d’inca­pacità ma all’opposto, comporta una presunzione di capacità del beneficiario (artt. 409 e 405 c.c.). Questo è l’aspetto che maggiormente caratterizza l’istituto dell’Amministrazione di Sostegno, sia nei rapporti interni (fra amministratore e beneficiario) sia nei rapporti con i terzi e rileva nelle decisioni di cura. Di conseguenza, la sfera personale dell’amministrato, soggetto parzialmen­te capace, non può essere compressa e un intervento sostitutivo invaderebbe una sfera riservata a capacità ancora integre; in altri termini, non può essere superato, ad esempio, il dissenso dell’amministrato rispetto alle decisioni sul­la cura e sul luogo in cui vivere. 48

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Le ipotesi di sostituzione del consenso a trattamenti sanitari e terapeutici, devono essere considerate strettamente tassative e ancorate a un preciso rife­rimento normativo (riserva di legge) che legittimi la sostituzione del terzo nel­la manifestazione del consenso a trattamenti e collocazioni. Ove un soggetto sia totalmente compromesso, la tutela è lo strumento più adeguato a proteggerlo (art. 414 c.c.), in quanto il tutore dispone di un potere di sostituzione (artt. 357, 358, 371 c.c.). Se l’amministratore di sostegno o il beneficiario compiono atti che violano disposizioni di legge o quelle contenute nel decreto, questi possono essere an­nullati su richiesta rispettivamente, del beneficiario, dei suoi eredi e aventi causa, dell’amministratore di sostegno, del pubblico ministero (art. 412 c.c.). Come per i provvedimenti dell’interdizione e dell’inabilitazione, l’A.S., che viene pronunciata dal giudice tutelare, può essere revocata. 49

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Recita, infatti, l’art. 413 c.c. Revoca dell’amministrazione di sostegno «Quando il beneficiario, l’amministratore di sostegno, il pubblico ministero o ta­luno dei soggetti di cui all’art. 406, ritengono che si siano determinati i presupposti per la cessazione dell’amministrazione di sostegno, o per la sostituzione dell’amministratore rivolgono istanza motivata al giudice tutelare (omissis). Il giudice tutelare provvede altresì, anche d’ufficio, alla dichiarazione di cessazione dell’amministrazione di sostegno quando questa si sia rivelata inidonea a realizzare la piena tutela del beneficiario. In tale ipotesi, se ritiene che si debba promuovere giudizio di interdi­zione o di inabilitazione, ne informa il pubblico ministero, affinché vi provveda. In questo caso l’amministrazione di sostegno cessa con la nomina del tutore o del cura­tore provvisorio ai sensi dell’articolo 419, ovvero con la dichiarazione di interdizione o di inabilitazione». 50

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Possono dunque essere oggetto di amministrazione «interessi» non solo patrimoniali, ma anche «altri», quali il bene salute: più in generale, ogni atti­vità della vita civile giuridicamente significativa. La possibilità che l’ammi­nistratore di sostegno possa prestare il consenso al trattamento sanitario al po­sto e in vece del beneficiario, al di fuori dell’urgenza, è però oggetto di vivaci controversie. Chi ritiene che questa nuova figura giuridica possa avere un mandato praticamente sovrapponibile a quello del tutore e che possa esprime­re o rifiutare il consenso al trattamento sanitario, qualora l’amministrato non sia più in grado di manifestare una sua volontà autonoma; chi ritiene, all’opposto, che questa funzione non possa mai essere svolta dall’amministratore di sostegno, dal momento che il principio all’autodeterminazione in ambito sanitario è suscettibile di delega solo nei casi di interdizione; chi, infi­ne, ritiene che ogni persona possa nominare un amministratore di sostegno in previsione della propria eventuale futura incapacità che può investire tutti i suoi interessi, compreso l’esercizio del diritto alla salute e alla vita. 51

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Occorre a questo punto ricordare che la persona interessata, anche se solo parzialmente priva di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, può attivare lei stessa la procedura, nominare un proprio consulen­te, esigere un rendiconto periodico, pretendere in ogni momento la modifica o la revoca del provvedimento; può quindi conservare autonomia decisionale sufficiente per chiedere la nomina dell’amministratore di sostegno e per gesti­re autonomamente decisioni non sottoposte ad amministrazione: tra queste, il diritto alla salute per cui, se non in caso di urgenza e di perdita di competenza specifica, nessuno può decidere al di fuori del paziente competente, se inizia­re, proseguire, interrompere un trattamento terapeutico. Il che è possibile, solo ai sensi dell’art. 405, 3° co., c.c. (v. sopra), ricordando che l’amministratore di sostegno viene nominato non in presenza di una situazione di incapacità (= mancanza naturale o legale della capacità di agire, che comporta l’impossibilità di compiere autonomamente atti giuridica­mente validi), bensì di impossibilità (= la condizione generica in cui una per­sona si trova di non poter fare una cosa) di prendere una qualsiasi decisione. 52

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Riprendendo ora il discorso sulla possibilità o meno da parte dell’ammini­stratore di sostegno di esercitare il consenso/dissenso alle cure in vece e al po­sto del paziente (al di fuori dell’urgenza di cui all’art. 405, 4° co., c.c.), è chia­ro che ciò sarebbe possibile solo se l’interessato stesso, quando e se compe­tente, con atto formale delega una persona non a sostituirlo integralmente, bensì ad affiancarlo nella gestione del bene salute in situazioni in cui la com­petenza non è più piena, ma neppure assente. Tra i due estremi esiste, infatti, un ampio territorio in cui si collocano consensi/dissensi il cui valore è discuti­bile: sarebbe pertanto molto garantistico per il paziente e per il medico che si potesse formalizzare, sotto forma di direttiva anticipata (art. 408 c.c., scelta dell'amministratore di sostegno in previsione della propria, eventuale futura incapacità), la nomina di un fiduciario con compiti non di sostituto integrale, bensì di affiancatore dialogante con il paziente e il sanitario circa le decisioni che devono essere prese in punto interessi e cura della persona del beneficia­rio: dove nel concetto di cura (art. 408 c.c.) possono essere legittimamente ri­compresi la collocazione del paziente e la sua assistenza nel senso più ampio intesa, nel momento in cui si verifica quello specifico evento in quello speci­fico contesto. 53

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Si tratterebbe in questo caso di volontà espressa dal paziente e formalizzata davanti a un giudice in tempi non sospetti e non di decisione da altri promos­sa, quando le capacità dell’interessato sono già parzialmente compromesse o si avviano a essere tali. Quand’anco la richiesta provenisse dall’amministrando, come la legge consente, non si capisce per quale ragione una persona non possa chiedere al giudice di essere aiutata nella gestione del proprio bene salute da un terzo (il fiduciario per la salute), senza bisogno di cederlo dele­gando ad altri tutti gli aspetti complessi della «cura», dal momento che dal combinato disposto degli artt. 404 e 408 c.c. è possibile ricomprendere nel termine di «interessi» quelli di natura patrimoniale e non, tra i quali, in parti­colare, la cura della persona. Sotto questo profilo, l’amministratore di soste­gno potrebbe svolgere anche funzioni di garante della salute del soggetto da cui è stato indicato come persona che ne segue il percorso terapeutico, senza poter decidere se e quando assumere o interrompere provvedimenti quali il ricovero, le terapie, gli interventi in genere, senza aver sentito il parere dell’amministrato e, ovviamente, dei sanitari. 54

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In altre parole, il consenso/dissenso a quello specifico intervento sanitario e/o chirurgico resterebbe competenza della contrattazione tra medico e pa­ziente, sentito anche il fiduciario, che non potrà mai esprimere, lui per l’amministrato, un consenso/dissenso autonomo e svincolato. La Corte ha ritenuto che, «Anche in presenza di patologie particolarmente gravi che determinano una impos­sibilità totale o permanente, si può fare ricorso all’amministrazione di sostegno... l’ordito normativo esclude che si faccia luogo all’interdizione tutte le volte in cui la pro­tezione del soggetto abitualmente infermo di mente, e perciò incapace di procedere ai propri interessi, sia garantita dallo strumento dell’amministrazione di sostegno... Questa si distingue dall’interdizione non sotto il profilo quantitativo, ma sotto quello funziona­le... l’istituto dell’interdizione ha carattere residuale, intendendo il legislatore riservarlo a quelle ipotesi in cui nessuna efficacia protettiva sortirebbe una diversa misura». 55

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Analogamente Cass. Civ. sez. I, n. 25366/2006, n. 9628 e n. 17421/2009, n. 4866/2010, e n. 22332/2011. In queste sentenze la prima sezione civile del­la Corte di Cassazione ha confermato il suo orientamento secondo cui, ai fini della scelta della misura di protezione della persona incapace, non conta tanto la gravità dell’infermità o la maggiore o minore possibilità della stessa di ave­re cura dei propri interessi, bensì l’adeguatezza della misura rispetto alle ne­cessità concrete del beneficiario, secondo una valutazione che va compiuta caso per caso e che è rimessa al giudice. 56

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE «L’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con ri­guardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di at­tendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla mag­giore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in rela­zione alla sua flessibilità e alla maggiore agibilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all’apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell’impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie». 57

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In conclusione: l’amministratore di sostegno deve occuparsi della persona dell’amministrato, se ciò sia previsto dal provvedimento del Giudice Tutelare e, salvo situazioni eccezionali (urgenza), non può comprimere la volontà del destinatario; tutto quanto va oltre deve ritenersi illegittimo, in quanto una più ampia ed indiscriminata applicazione del provvedimento rischierebbe di inva­dere una sfera riservata a facoltà ancora integre del beneficiario. È già stato detto e lo si ripete: l’amministratore affianca l’amministrato nelle sue volontà di cura e collocazione ove ciò sia previsto nel decreto di nomina; in situazioni eccezionali può esservi una temporanea sostituzione. Anche nell’amministrazione di sostegno è formulato un progetto personaliz­zato di gestione ma l’attuazione è subordinata al consenso dell’amministrato che deve presumersi capace di manifestare adesione o meno a un progetto. 58

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’amministratore di sostegno supporta, tiene i contatti con i servizi, stimo­la progetti, monitorizza ma non si sostituisce all’amministrato. L’art. 411 c.c. condiziona, inoltre, l’applicabilità delle norme richiamate alla compatibilità con le disposizioni in materia di amministrazione; il 4° comma dello stesso articolo consente l’estensione di effetti, limitazioni o de­cadenze previste per l’interdetto e l’inabilitato (es. divieto di testare, di dona­re, di matrimonio ecc.) riferendosi, evidentemente, a disposizioni contenute in norme diverse dagli artt. 343-399 c.c., che ricevono, al primo comma dell’art. 411 c.c., un trattamento specifico. In presenza del costrutto individuato dal legislatore è diffìcile sostenere che legge n. 6/2004 integri, in materia di poteri sulla di cura della persona, la riserva di legge costituzionale. 59

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Le limitazioni al diritto alla libertà personale (art. 13 Cost.) come alla salu­te (art. 32 Cost.) sono legittime solo ove una legge ne abbia delimitato esatta­mente i confini; in materia civile l’unica eccezione è rappresentata dai TSO rispetto ai quali opera il massimo rigore nei tempi e nei controlli (giurisdizio­nali) tanto da ricalcare lo stesso schema previsto per le misure detentive all’art. 13 Cost.; in materia penale la limitazione della libertà personale è giu­stamente “blindata” e non vi sono motivi per intervenire, diversamente, rispet­to a soggetti disabili. Amministrazione di sostegno è un termine gradevole, ma non può tranquilliz­zare la coscienza e consentire qualsiasi intervento anche più invasivo e meno garantistico di quanto sia legittimamente possibile con l’interdizione. L ’ostracismo rispetto al grado d’incapacità rischia di rendere possibili decisioni arbitrarie e soggettive e di superare irragionevolmente opposizioni legittime. 60

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’applicazione di un’A.d.S. nei casi in cui sia necessario superare il dissenso del destinatario è affermazione non soltanto pericolosa ma foriera di applicazioni custodiali in aperto contrasto con la normativa in vigore ed in primis con la 1. 180/1978 e 1. 833/1978, non modificate dalla legge sul­l’amministrazione di sostegno. La convivenza nello stesso contenitore d’incapaci e persone in parziale dif­ficoltà (oltre a creare un nuovo stigma per questi ultimi), non facilita la valu­tazione e la decisione sul tipo di intervento esperibile (sostitutivo o meno), soprattutto ove la valutazione debba effettuarsi nel momento del bisogno. Aumenta il rischio di compiere interventi che, dall’esistenza di una patologia vista in modo statico (es. schizofrenia, disturbo grave di personalità), desuma­no un’inadeguatezza del destinatario a decidere e a ben valutare il suo interes­se (in quanto malato psichico). Analoghe considerazioni andrebbero fatte ove la tutela fosse invocata a tal fine, senza l’accertamento di una totale incapacità a gestirsi. 61

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Nella sovrapposizione fra i due istituti (A.S. e interdizione) rischia di per­dersi la rilevanza del dissenso del destinatario e il dissenso come indice di pa­tologia cui porre rimedio; quest’ultima è affermazione che si commenta da sé e che può portare indietro di qualche decennio soprattutto nella gestione del paziente psichiatrico. Ritornando all’istituto dell’amministrazione di sostegno, è possibile proporre il seguente percorso metodologico procedurale: ai «clinici» (medici internisti e specialisti in genere) dovrebbe spettare il compito di descrivere e precisare i disturbi che motivano la richiesta dell’A.S.; ai «forensi» (medici legali e/o psichiatri e/o psicologi) quello di valu­tare l’effettiva incidenza sull’impossibilità, anche parziale o tempora­nea, di provvedere agli interessi del beneficiario, pronunciandosi an­che sulle abilità residue. 62

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Sarebbe auspicabile che in questo settore d’indagine gli accertamenti ve­nissero disposti e condotti, o perlomeno discussi, da un’equipe composta da clinici e forensi, o attraverso lo strumento dell’accertamento peritale, o quello della riunione collegiale interdisciplinare simile quella già operante nel Tribu­nale della sorveglianza o in quello per i minorenni. Solo la casistica che si raccoglierà nel tempo e l’esperienza in questo nuo­vo settore di tutela, consentiranno di stabilire di quali effetti sarà produttiva questa nuova legge che, nell’introdurre una forma di tutela morbida, verosi­milmente tenderà a svuotare di significato l’istituto dell’inabilitazione e a ri­servare quello dell’interdizione ai casi più gravi di incapacità assoluta. 63

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Interdizione e inabilitazione Art. 414 c.c. Persone che possono essere interdette «Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abi­tuale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione». Art. 415 c.c. Persone che possono essere inabilitate «Il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all’interdizione, può essere inabilitato. Possono anche essere inabilitati colo­ro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcooliche o di stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici. Possono infine essere inabilitati il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente, salvo l’applicazione dell’art. 414 quando risulta elle essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi». 64

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Inoltre (art. 418 c.c.), «Se nel corso del giudizio di interdizione o di inabilitazione appare opportuno ap­plicare l’amministrazione di sostegno, il giudice, d’ufficio o ad istanza di parte, di­spone la trasmissione del procedimento al giudice tutelare. In tal caso il giudice competente per l’interdizione o per l’inabilitazione può adottare i provvedimenti urgenti di cui al quarto comma dell’articolo 405» (v. sopra). In altre parole, il nuovo disposto dell’art. 418 c.c. prevede che il giudice, nelle more del giudizio di interdizione o di inabilitazione, se lo ritiene oppor­tuno, disponga la trasmissione del procedimento al giudice tutelare competen­te per l’interdizione o per l’inabilitazione. Questi, se lo ritiene necessario, può adottare provvedimenti urgenti (nomina di un amministratore di sostegno provvisorio). 65

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 419 c.c. Mezzi istruttori e provvedimenti provvisori «Non si può pronunziare l’interdizione o l’inabilitazione senza che si sia procedu­to all’esame dell’interdicendo o dell’inabilitando. Il giudice può in questo esame farsi assistere da un consulente tecnico. Può anche d’ufficio disporre i mezzi istruttori utili ai fini del giudizio, interrogare i parenti pros­simi dell’interdicendo o inabilitando e assumere necessarie informazioni. Dopo l’esame, qualora sia ritenuto opportuno, può essere nominato un tutore provvisorio all’interdicendo o un curatore provvisorio all’inabilitando». Come esplicitato negli articoli di cui sopra, in caso di necessità, urgenza o anche solo opportunità, il giudice che ha proceduto all’esame dell’interdicendo o dell’inabilitando, se questi non ha inoltrato richiesta di nomina di un ammini­stratore di sostegno provvisorio e le condizioni di mente del soggetto non con­sentono di provvedere in tal senso, può nominare provvisoriamente un tutore o un curatore, in attesa che il consulente tecnico da lui incaricato compia i suoi accertamenti. 66

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Nella tutela provvisoria il tutore sostituisce il paziente nel ratificare le de­cisioni riguardanti la salute che sono comunque prese dal sanitario; conserva e amministra il patrimonio del malato; può proporne il ricovero e il luogo di cu­ra provvisori, ma anche la permanenza in famiglia, se il ricovero non è neces­sario per le cure da praticare; deve essere informato e collaborare con la sua dimissione o il suo trasferimento in altro luogo di cura e di assistenza o con la sua permanenza nel luogo in cui risiede, in caso di opposizione da parte dei parenti che chiedono indebiti trasferimenti e ricoveri in istituti di cura. Nella tutela definitiva il tutore sostituisce il soggetto tutelato nelle decisioni patrimoniali e personali in cui la competence è totalmente compromessa (sostituzione e rappresentanza integrale): non in quelle riguardanti la salute, oggetto esclusivo della relazione paziente-terapeuta; ne propone al giudice tu­telare, su progetto dei servizi, la collocazione; il giudice tutelare delibera sulla collocazione ex art. 371 c.c., previa audizione, ove possibile, del tutelato; se il tutelato è dissenziente, il giudice tutelare dispone con ordinanza. In caso di soggetto non sottoposto a tutela, non esiste possibilità alcuna d’intervento, se non in regime di T.S.O. Al consulente tecnico d’ufficio è affidato il compito di dire se ritenga che sussistano le condizioni per cui il periziando possa essere interdetto o inabilitato. 67

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE I presupposti per entrambi i provvedimenti sono: esistenza di un’infermità di mente. Valgono gli stessi criteri analizzati per applicare il vizio di mente ed esposti nella parte dedicata alla trattazione di tale argomento; si può dire che l’inabilitazione sta all’interdizione come il vi­zio parziale sta al vizio totale di mente; di particolare importanza è l’approc­cio funzionale alla valutazione dell’infermità; sua abitualità. A differenza di quanto stabilito nel codice penale, che cir­coscrive l’accertamento della capacità di intendere e di volere al momento del fatto, in quest’ambito l’infermità deve avere caratteristiche di persistenza e di estensione nel tempo, senza peraltro dover essere irreversibile e inemendabile. 68

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In altre parole, il concetto di abitualità non va confuso con quelli di per­manenza, inguaribilità, cronicità, costanza, essendo in esso semplicemente implicito quello di una certa durata (che può anche, ovviamente, ma non ne­cessariamente, essere permanente). Così si giustifica la possibilità di revoca sia dell’interdizione sia dell’inabilitazione in caso di buona e comprovata gua­rigione (concetto per molti versi improprio in ambito psichiatrico) o stabiliz­zazione del quadro clinico. Per guarigione s’intende una remissione del quadro psicopatologico tale da consentire al soggetto il ripristino delle sue preesistenti capacità di provvedere ai propri interessi economici, finanziari, amministrativi, relazionali, sociali. A parte quegli scompensi psicotici acuti che non vadano incontro a recidiva e a cronicizzazione, il termine “guarigione” in ambito psichiatrico è termine inappropriato, dal momento che non può “guarire” una patologia di cui non si conoscono le cause, essendo il cervello un organo ancora sconosciuto nel suo complesso funzionamento. 69

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In maniera molto più appropriata, invece, per stabilizzazione si può inten­dere una situazione clinica in cui le esacerbazioni sintomatologiche e gli scompensi ricorrenti sono ben controllati e il malato ha recuperato sufficienti abilità per gestire in maniera autonoma la propria esistenza, almeno nelle sue funzioni di base. A parte i disturbi psichici di stato, inoltre, può essere interdetto o essere inabilitato un soggetto il quale presenta una infermità di mente periodica, ma recidivante, in cui i «liberi» intervalli sono molto esigui e brevi (è il caso, ad esempio, delle ciclotimie), per cui è necessario assicurargli una adeguata pro­tezione; 70

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE 3) conseguente incapacità di provvedere ai propri interessi e necessità di assicurare all’interdicendo/inabilitando adeguata protezione. Accertata l’infermità e la sua abitualità, occorre valutare la sua incidenza sulla capacità del soggetto di provvedere ai propri interessi. Per tali sono da intendere anche quelli morali, non soltanto quelli materiali e patrimoniali. È proprio questa indicazione che conferisce alla consulenza tecnica un carattere tipicamente medico-legale, in quanto la semplice diagnostica psichiatrica, come in ambito penale, non risolve il problema valutativo neppure in ambito civilistico. Trattandosi, infatti, d’interessi diversi che implicano un possesso di abilità sociali a volte più a volte meno complesse, ne consegue la necessità di individuare quali di esse sono compromesse dall’infermità di mente diagnosticata e quali no; di precisare quali aree di autonomia siano conservate; di accertare se siano state o meno somministrate terapie, di qual tipo e per quanto tempo; 71

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE quale e quanta sia stata la loro efficacia; quale incidenza esse abbiano avuto o abbiano in senso positivo, negati­vo, indifferente sulle abilità compromesse. Nella sostanza, dunque, tutti e tre i requisiti sopraelencati devono essere presenti per assolvere il compito che il magistrato, nel formulare il quesito peritale, pone generalmente in questi termini: «Dica il consulente tecnico d’ufficio, esaminati gli atti di causa e la documentazione prodotta dalle parti, visitato il periziando, compiuti tutti gli accertamenti che riterrà ne­cessari ed opportuni, acquisita ogni eventuale, ulteriore documentazione clinica, se il soggetto, per abituale infermità di mente, sia totalmente o parzialmente incapace di provvedere ai propri interessi e quali atti, di natura ordinaria e/o straordinaria, la parte convenuta sia in grado di compiere senza l’assistenza di una terza persona». 72

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’infermità di mente deve essere, cioè, valutata nella sua gravità catego­riale, ma soprattutto funzionale, perché, come scritto anche più sopra, sono proprio l’entità e la rilevanza del quadro clinico e la sua incidenza sulla capa­cità di agire che consentono di graduare il provvedimento dalla inabilitazione alla interdizione. Non è detto, infatti, che un soggetto solo perché abitualmen­te infermo di mente sia incapace di badare a tutti i propri interessi (interdetto non significa incapace di intendere e di volere). Occorre analizzare quali e quanti di essi sono compromessi, in che misura e con quali mezzi si sia intervenuti da un punto di vista clinico e socio-assistenziale e con quali possibi­lità e risultati sul ripristino delle capacità compromesse. 73

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’interdizione comporta la nomina di un tutore, che, attraverso un proget­to personalizzato e sottoposto a verifiche periodiche a seconda delle ne­cessità del tutelato, ha il potere e il dovere principale di prendersi cura della sua persona e di assisterlo anche contro la sua volontà, e di sostituirlo nell’esercizio dei suoi diritti patrimoniali e personali; ha il compito di reperire un’adeguata sua collocazione fornendo l’ambiente di vita e di assistenza più adeguato, anche contro desideri, proposte, progetti dei familiari e dei servizi socio-sanitari, non sempre in sintonia e funzionali con i bisogni del tutelato; non lo può rappresentare nell'esercizio di quelli personalissimi (terapie, og­getto della relazione sanitario-paziente; matrimonio; testamento; riconosci­mento di un figlio). 74

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE II tutore comunque non è autonomo nelle sue decisioni, nel senso che deve operare nell’ambito di un quadro autorizzato e monitorizzato dal giudice tutelare. La sua non è una semplice presa in carico formale, bensì un dovere di occuparsi della gestione del tutelato, di prendersene cura (artt. 357, 358, 371 e 424 c.c.); in tale ottica, la gestione patrimoniale acquista una fun­zione strumentale rispetto alla cura della persona. I soggetti interdetti, dichia­rati incapaci di provvedere ai propri interessi e quindi sottoposti a procedi­mento di tutela, sono equiparati dalla legge ai minori. 75

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 424 c.c. «Le disposizioni sulla tutela dei minori (omissis) si applicano alla tutela degli in­terdetti (omissis)» Inoltre, l’art. 357 c.c., recita che «Il tutore ha la cura della persona del minore (quindi anche dell’interdetto), lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni». E l’art. 371 c.c. «(omissis) il giudice tutelare, su proposta del tutore, (omissis) delibera: sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento agli studi (omissis) sentito lo stesso minore se ha compiuto gli anni dieci (omissis)». L’omissione dei doveri che incombono sul tutore raffigura il reato di omis­sione di atti d’ufficio e di abbandono di persona incapace, se non peggio. 76

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il tutore rappresenta quindi il tutelato e ne ha la cura. L’interpretazione che si può dare a questa prescrizione giuridica fondamentale è che gli inter­venti sanitari ordinari sono assorbiti dal principio secondo cui il tutelato non può gestire in autonomia il proprio ricovero o richiedere le proprie dimissioni o sottoscrivere alcun atto giuridicamente rilevante. Solo il tutore può contro­firmare le sue dimissioni e deve essere informato dal sanitario. Non può esprimere il consenso o il dissenso alle terapie in luogo del tutelato con rife­rimento al trattamento ordinario, medico o chirurgico, trattandosi di atti per­sonalissimi, di cui il tutore, ove identificato, deve essere informato, ma che sono preminente oggetto del rapporto medico-paziente, della deontologia e degli obblighi del sanitario. Con riferimento al T.S.O., l’eventuale accordo espresso dal tutore nei confronti di un T.S.O. non esclude le caratteristiche di «non consensualità» dell’intervento che pertanto viene proposto e convalidato seguendo i criteri stabiliti nell’art. 34,1. 833/1978. 77

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Per quanto si riferisce in modo particolare al progetto di cura e di colloca­zione del tutelato, è fondamentale l’importanza della funzione dello psichiatra, del geriatra, del medico di base, dei servizi sociali e dei familiari. La prima valutazione che compete a tutti questi personaggi è di valutare se è possibile mantenere la sistemazione del tutelato nella sua abitazione (collocazione do­miciliare), tenuto conto delle necessità assistenziali e di cura da un lato, dell’onere economico e del carico affettivo per i parenti dall’altro. La soluzio­ne domiciliare, ovviamente, ha la priorità rispetto alla collocazione istituzio­nale. In caso contrario, il tutore, da solo o in concerto con le persone di cui sopra, deve trovare altra idonea collocazione che tuteli i diritti alla salute e al­la dignità personale del tutelato, salvaguardandone tutti gli interessi, che spes­so non sono quelli dei familiari e dei prossimi congiunti. In caso di opposizio­ne da parte del tutelato, occorre investire del problema il giudice tutelare che provvederà con gli strumenti a sua disposizione. Il diritto della scelta per il tu­telato esiste fino a quando egli è in grado di esercitarlo. 78

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Se capacità e libertà di decisione sono andate perdute, e la condizione d’incapacità è stata accertata peritalmente e pronunciata in sentenza, può ma­turare il provvedimento giudiziario di una collocazione residenziale protratta, nonostante il dissenso del tutelato. Il tutore invece non ha diritti di rappresen­tanza nel settore dei diritti personalissimi: in primis, quello alla salute, la cui gestione rimane nelle mani dei sanitari. Il tutore deve però essere attivamente informato dei provvedimenti di ricovero e di dimis­sione del tutelato (fino alla collocazione indotta) che, a guisa di un bambino, non può essere abbandonato a se stesso. Il fine di questo intervento non è cer­tamente terapeutico, ma è solo quello di realizzare una collocazione protetta del tutelato, indipendentemente dal suo assenso e dal suo accordo, che non è male, ma sicuramente non è obbligatorio ricercare. 79

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Dal dovere di cura discende, inoltre, la legittimazione del tutore a esprimere il consenso agli interventi chirurgici e sanitari: il tutore per l'interdetto, i genitori per il minore. Il che non significa che tutore e genitori possano de­cidere loro in maniera autonoma se e quando sottoporre/non sottoporre il tute­lato alle cure: queste verranno sempre e solo decise dai sanitari che informano e ascoltano il tutelato e poi comunicano la decisione/non decisione presa ai rispettivi rappresentanti che potranno esprimere/non esprimere un loro consenso/dissenso che dovrà in molti casi essere sottoposto al vaglio e all’approvazione del giudice tutelare. L'inabilitazione comporta la perdita esclusiva di alcune capacità inerenti la straordinaria amministrazione, salvo quanto stabilito nell’art. 427 c.c. (v. ol­tre). L’inabilitato non può, ad esempio, acquistare o vendere beni, trasforma­re o comunque alienare o modificare il suo patrimonio immobiliare. Può, in­vece, disporre per testamento, contrarre matrimonio, compiere atti di or­dinaria amministrazione, esercitare il proprio diritto alla salute. 80

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Anche a lui è stata restituita la capacità elettorale. Si tratta pertanto di uno strumento «residuale» di natura esclusivamente patrimoniale. L’inabilitato è assistito da un curatore in tutti gli atti di straordinaria amministrazione. Il curatore non è legittimato a esprimere per l'inabilitato il suo consenso a interventi medici e chirurgici, non disponendo di un potere di rappresentanza in questo ambito. L'interdizione comporta la perdita di quasi tutte le capacità di agire, salvo quanto disposto nell’art. 427, 1° co., c.c. (c.d. tutela modulabile) relativamen­te a taluni atti di ordinaria amministrazione. 81

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’interdetto, lo abbiamo già detto, non è una persona incapace di intende­re e di volere, bensì una persona incapace di provvedere ai propri interessi: ne consegue che - al limite - non può sposarsi, non può far testamento, non può donare, non può riconoscere un figlio, non può compiere atti né di ordinaria (es.: riscuotere la pensione, incassare uno stipendio, riscuotere interessi da ca­pitale, pagare le tasse, assumere una badante o una collaboratrice domestica, affittare un alloggio), né di straordinaria (es.: sottoscrivere un mutuo, acqui­stare e/o vendere beni, prelevare delle somme da un conto corrente o da altre forme di investimento) amministrazione. Gli è stata restituita la capacità elet­torale, ex art. 11, 1. 180/1978. La donna interdetta può richiedere e ottenere l’interruzione della gravidanza, secondo le modalità specificate nell’art. 13, 1. 194/1978. Il consenso ad accertamenti invasivi e a interventi chirurgici proposti dal medico deve essere controfirmato dal legale rappresentante che deve dame comunicazione al giudice tutelare. L’informazione resta un atto dovuto e l’interdetto, come il minore, deve essere ascoltato in punto consenso/dissenso rispetto al progetto terapeutico prospettato dal medico. 82

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il diritto alla salute, infatti, è un diritto personalissimo, non cedibile, non rappresentabile e non delegabile, se non nello stato di necessità e nei trattamenti sanitari obbligatori. I diritti personali, invece, quali l’assistenza e la collocazione della perso­na da curare presso una struttura assistenziale o terapeutica sono cedibili, come quelli patrimoniali (ordinaria e straordinaria amministrazione). L’informazione e l’ascolto, nel caso di minori e d’interdetti, restano atti dovuti. Le scelte attinenti alla salute di questi soggetti (accertamenti e tratta­menti ordinari), qualora essi siano in grado, di fatto, di decidere con sufficiente autonomia e competenza, non possono essere esautorate dal tutore attraver­so una sua legittimazione a operare «al posto di...». Formalmente i genitori danno il consenso per il minore e il tutore per l’interdetto; in entrambi i casi l’atto viene trasmesso al giudice tutelare (rispet­tivamente Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario) che concede il nul­la osta all’intervento e decide in caso di dissenso o conflittualità tra le parti. 83

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Ne consegue che il tutore e l’esercente la potestà genitoriale recepisce la volontà del tutelato e firma in sua vece autorizzando cure e interventi, se non ci sono ragioni di disaccordo e/o di conflitto con i sanitari; può concordare il progetto di collocazione dell’interdetto o del minore in un luogo di cura e/o di assistenza o quello di evitare tale inserimento, ma non può decidere autono­mamente sulle terapie, che devono essere oggetto di contrattazione tra il pa­ziente (anche se minore o interdetto) e il suo curante, fermo restando il rispet­to dei diritti del legale rappresentante (art. 37 codice di deontologia medica). Solo in caso d’incapacità assoluta e completa in cui non è neppure con­figurabile l’astratta sussistenza di una residua capacità nel soggetto interdetto o minore di età, come nel caso di paziente in stato vegetativo permanente, il rappresentante del minore o dell’incapace, in accordo con i curanti, è autoriz­zato a esprimere o rifiutare il consenso al trattamento terapeutico nell’eserci­zio del suo potere/dovere di cura della persona. Non può essere compiuta sperimentazione clinica su di un infermo di men­te interdetto o comunque incapace di dare un consenso valido. 84

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE 427 c.c. Atti compiuti dall’interdetto e dall’inabilitato «Gli atti compiuti dall’interdetto dopo la sentenza di interdizione possono essere annullati su istanza del tutore, dell’interdetto e dei suoi eredi o aventi causa. Sono del pari annullabili gli atti compiuti dall’interdetto dopo la nomina del tutore provvisorio, qualora alla nomina segua la sentenza di interdizione. Possono essere annullati su istanza dell’inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione fatti dall’inabilitato, senza l’osservanza delle prescritte formalità, dopo la sentenza di inabilitazione o dopo la nomina del cu­ratore provvisorio, qualora alla nomina sia seguita la inabilitazione (omissis)». Al primo comma del suddetto articolo è stato però premesso il seguente: «Nella sentenza che pronuncia l’interdizione o l’inabilitazione, o in successivi provvedimenti dell’autorità giudiziaria, può stabilirsi che taluni atti di ordinaria am­ministrazione possano essere compiuti dall’interdetto senza l’intervento ovvero con l'assistenza del tutore, o che taluni atti eccedenti l'ordinaria amministrazione possa­no essere compiuti dall'inabilitato senza l'assistenza del curatore». 85

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In questo modo, in assetto con le moderne conoscenze della psichiatria e della psicologia, introducendo la c.d. tutela o curatela modulabile, sono fi­nalmente riconosciuti e restituiti spazi di autonomia, di capacità e di libertà a soggetti che, anche se si è sostenuto e si sostiene il contrario, nella sostanza, sono stati trattati, fino ad oggi, come degli «incapaci» a tutti gli effetti. Entrambi i provvedimenti (interdizione e inabilitazione) sono applicati con sentenza da una sessione civile del Tribunale ordinario e possono essere revo­cati (art. 429 c.c.), se e quando vengono meno le condizioni che li hanno de­terminati. Essendo sostanzialmente mutate concezione e approccio al Disturbo Mentale, non esiste più alcun automatismo tra malattia mentale e interdizione e inabilitazione, ma le due restrizioni vengono stabilite in sentenza dal giudi­ce, compiuti gli accertamenti necessari. 86

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Inoltre (art. 429 c.c.) «(omissis) se nel corso del giudizio per la revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione appare opportuno che, successivamente alla revoca, il soggetto sia assistito dall’amministratore di sostegno, il tribunale, d’ufficio o ad istanza di parte, dispone la trasmissione degli atti al giudice tutelare». Le procedure per la pronuncia o per la revoca possono venire promosse da tutte le persone interessate (operatori psichiatrici compresi) alla tutela del pa­trimonio e degli interessi della persona che anche solo si sospetti essere (dive­nuta) «incapace». Come l’art. 405 c.c. relativo all’amministrazione di sostegno, così l’art. 35, 1. 833/1978, prevede inoltre che, in caso di accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, «Qualora ne sussista la necessità il giudice tutelare adotta i provvedimenti urgenti che possono occorrere per conservare e per amministrare il patrimonio dell’infermo». (Tutela provvisoria). 87

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Tutela e amministrazione La protezione dell’infermo» è dunque garantita da una rosa di provvedimenti che, oltre a quelli tradizionali, si è arricchita dell’amministrazione di sostegno, volta quest’ultima a garantire l’assistenza materiale, anche solo temporanea, alle persone che si trovino nelle condizioni fisiche e/o psichiche di cui al nuovo art. 404 c.c. 88

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Diritti patrimoniali (ordinaria e straordinaria amministrazione) e personali (assistenza e collocazione della persona malata) Cedibili Diritti personalissimi (diritto alla salute, consenso agli accertamenti C ai trattamenti sanitari, matrimonio, testamento, riconoscimento di un figlio, adozione, separazione) Non Cedibili 89

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il giudice tutelare gestisce aspetti sia patrimoniali sia personali. Non di­rettamente quelli personalissimi. In particolare, il diritto alla salute e di con­seguenza la cura in senso ampio intesa, è oggetto primario di contrattazione tra sanitario e paziente e solo secondariamente, sentiti i rappresentanti legali, oggetto di intervento del tutore e del giudice tutelare. Le differenze fondamentali tra amministrazione di sostegno e interdizione sono dunque le seguenti: 90

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Amministrazione di sostegno Interdizione Anche solo disfunzionalità Solo patologia di mente Anche solo menomazione fisica o psichica Abituale infermità di mente Anche solo parziale e temporanea Persistente ed estesa nel tempo Impossibilità di provvedere ai propri inte­ressi Incapacità di provvedere ai propri interessi Sostegno e assistenza all’amministrato Sostituzione e gestione del tutelato Dinamicità e flessibilità Staticità e scarsissima modulabilità Affiancamento selettivo Rappresentanza integrale L’amministratore sostiene la persona Il tutore gestisce la persona 91

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La distinzione fra tutela e amministrazione, dunque, non è soltanto quanti­tativa (grado d’incapacità o compromissione), quanto strutturale e finalistica rispetto alla priorità di fornire un’adeguata protezione rispetto alle condizio­ni di salute e alle esigenze del destinatario (art. 414 c.c.). Entrambi i provvedimenti mirano ad assicurare la protezione più adeguata al soggetto cui l’uno o l’altro istituto è applicato. Resta aperto il problema di definire che cosa si debba intendere per «meno­mazione fisica o psichica». A mio modo di vedere, il problema può essere supe­rato se si tiene conto del fatto che il legislatore non ha tanto posto l’accento su queste condizioni come tali, quanto sui riflessi negativi delle stesse sulle capaci­tà di provvedere «adeguatamente» (secondo cioè standard comuni e condivisi di valutazione e di giudizio) alla cura dei propri interessi (che, nella fattispecie, si intendono di natura materiale, economica e amministrativa). 92

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In assenza di provvedimenti quali l’amministrazione di sostegno, l’inabili­tazione e l’interdizione (con le relative limitazioni e possibilità), anche il ma­lato di mente è libero di agire. Può pertanto disporre come desidera del suo patrimonio mobiliare e immobiliare; può sposare; può donare; può fare testa­mento; può esercitare il diritto alla salute e alla propria sessualità. Può, insomma, compiere tutti gli atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione consentiti a ogni persona capace di agire. La sua eventuale incapacità naturale ex art. 428 c.c. (si veda il relativo pa­ragrafo), che annulla un suo atto produttivo di effetti a lui o ad altri pregiudi­zievoli, deve essere dimostrata: non può essere presunta. L’incapacità di agire (di esercitare cioè i propri diritti, con i recenti «di­stinguo»), è propria solo del minore e dell’interdetto (incapacità giudiziale). 93

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Donde l’importanza di valutare, oltre l’incapacità, la capacità naturale re­sidua di un malato di mente, intendendo per tale la condizione psichica mini­ma che gli è necessaria per destreggiarsi nelle vicende della vita personale e sociale. Infatti, lo ripetiamo, ogni automatismo è tramontato, anche se riman­gono le paure delle eventuali conseguenze nel caso non si intervenga tempe­stivamente e adeguatamente. Può soccorrere in ogni caso il pensiero che la maggior parte dei malati, grazie agli interventi socio-terapeutici e psico­farmacologici che oggi è possibile mettere in atto, conserva comunque una sua capacità di agire e un suo spazio di libertà e di responsabilità. Ed è su que­sti aspetti positivi che occorre indagare, riflettere e lavorare. Infatti, l ’incapacità posta a fondamento dell’interdizione non coincide con l’impossibilità di cui all’art. 404 c.c., per cui gli interventi di sostegno alla persona sono cosa ben diversa da quelli di integrale sostituzione alla stessa', solo questi ultimi prevedono che il tutore rappresenti l’incapace e abbia cura della sua persona (art. 357 c.c.) e possa decidere sulla sua collocazione (art. 371 c.c.), non solo, ma anche autorizzi un intervento. 94

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La Convenzione di Oviedo, all’art. 6 (Protezione delle persone che non hanno la capacità di dare consenso) prevede, infatti, quanto segue: «(Omissis) Allorquando, secondo la legge, un maggiorenne, a causa di un handi­cap mentale, di una malattia o per un motivo similare, non ha la capacità di dare con­senso a un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge. La persona interessata deve nei limiti del possibile essere associata alla procedura di autorizzazione». Il rappresentante di cui all’art. 6 della Convenzione di Oviedo (1. 154/2001) non deve essere necessariamente identificato con chi esercita la tutela in senso stretto, tanto più quanto più la capacità/incapacità di dare/non dare il consen­so a un intervento sanitario riconosce infinite sfumature che solo in casi estremi possono essere radicalmente identificate in uno stato di chiara e in­controvertibile incapacità. Solo nei casi in cui non residui capacità alcuna e il soggetto non sia in grado di autodeterminarsi in ordine ai trattamenti necessa­ri, dovrebbe essere nominato un tutore con piena rappresentanza. In tutti i ca­si in cui il paziente è in grado di esprimere una sua volontà consona o diffor­me, di questa sua volontà non si può non tenere conto. 95

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il soggetto destinatario del provvedimento dell’amministrazione di soste­gno, diversamente dal tutelando, deve mantenere quanto meno in misura ri­dotta una propria autonomia e capacità per poter presentare le sue richieste al giudice tutelare e contrattare con l’amministratore, per cui residua una capaci­tà che non può essere compressa sino al punto che la manifestazione del con­senso a trattamenti sanitari possa essere prestata dall’amministratore, in totale sostituzione del beneficiario. Se così fosse, ci troveremmo di fronte a una coincidenza di potere-dovere del tutore e dell’amministratore di sostegno. Invece esiste una sostanziale differen­za tra queste due figure giuridiche, come ribadito nella fondamentale sentenza della Corte costituzionale (n. 440 del 9.12.2005) in cui, tra l’altro, si afferma: «in nessun caso i poteri dell’amministratore possono coincidere integralmente con quelli del tutore o del curatore; l’amministratore di sostegno cessa con la nomina del tutore o curatore provviso­rio o con la dichiarazione di interdizione o inabilitazione». 96

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE È quindi assolutamente esclusa una qualsiasi integrale coincidenza tra la disciplina che regola l’interdizione con quella che regola l’amministrazione di sostegno. L’unica eccezione a tale regola è rappresentata da provvedimenti di natura eccezionale e temporanea, assumibili ex art. 405, 4° co.: provvedimenti giusti­ficati solo da circostanze eccezionali, a garanzia del destinatario, di durata li­mitata e circoscritta al permanere della causa che li giustifica (infermità totale, non abituale, bensì temporanea e transitoria). Pretura di Genova, 20.3.1986, ove si afferma che «qualora la condizione psichica impedisca alla don­na interdetta di manifestare alcuna volontà in ordine alla prosecuzione o alla interruzione di gravidanza, il giudice tutelare può accogliere la richiesta di interruzione di gravidanza avanzata dal tutore, in assenza di conferma della donna». 97

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Ai sensi dell’art. 405, 4° co., c.c., infatti, l’amministratore di sostegno può essere autorizzato in via del tutto eccezionale, a esprimere, in nome e per con­to del beneficiario, il consenso informato al trattamento terapeutico proposto dai sanitari che hanno in cura il paziente. Questa è l’unica situazione in cui l’amministratore di sostegno è nominato per sostituire (non per affiancare), per un tempo rigorosamente limitato, l’incapace «naturale». La sua funzione, pertanto, coincide con quella del tutore provvisorio (tutela mascherata). Pertanto l’amministrazione di sostegno non è applicabile in presenza di una totale incapacità del destinatario ovvero ove, in capo a quest’ultimo, non residui alcuna autonomia, salvo situazioni di urgenza nelle quali si verifichi una situazione di temporanea, totale incapacità (art. 405, 4° co., c.c.). L’A.S., applicata ove non residui alcuna autonomia e ogni atto debba esse­re gestito in regime di rappresentanza integrale, svuoterebbe del contenuto ti­pico l’istituto e si tradurrebbe in una “incapacitazione” di fatto. 98

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In altre parole, rispetto agli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, l’A.S. è molto meno invasiva, più agile e flessibile e salvaguarda quei diritti personalissimi tutelati dagli artt. 13 e 32 della Costituzione, che non possono essere compressi se non in condizioni eccezionali di acuzie transitoria (T.S.O. o provvedimento ex art. 405, 4° co., c.c.) o di abituale infermità di mente che comporti un’assoluta incapacità di autodeterminazione: beninteso, con l’intervento del giudice tutelare. Nulla quaestio circa il fatto che un soggetto che si trovi nelle condizioni di cui agli artt. 404, 414, 415 c.c., possa essere assistito nel compimento di taluni atti (tutela attenuata) e di essere sostituito in altri (tutela piena). 99

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Un provvedimento di A.s. non può che essere strutturato attraverso l’indicazione di singoli, o di categorie, di atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di com­piere in nome e per conto dell’amministrato ovvero in assistenza del medesimo (art. 405 nn. 3 e 4): per tutti gli altri atti il beneficiario conserva la capacità di agire ed, in ogni caso, può compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana (art. 409 c.c.)». «Un provvedimento di A.S.O. che autorizzi i pochi atti (ma tutti per quel sogget­to) necessari alla gestione patrimoniale (es. riscossione della pensione e pagamento della retta) pare in contrasto con l’interpretazione della Corte costituzionale, perché si tradurrebbe in un’attribuzione in capo all’amministratore di poteri analoghi a quelli del tutore e, soprattutto, in una sostanziale «incapacitazione» del destinatario, inci­dendo irreversibilmente sul suo status senza le garanzie che il legislatore richiede per un intervento così radicale. 100

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Qualora l’amministrato, in ipotesi totalmente compromesso, ponga in essere al­cuni atti non esclusi dal provvedimento di A.s. (sul presupposto che non possano esse­re esclusi tutti gli atti come evidenziato dalla Corte costituzionale), tali atti dovranno essere ritenuti validamente compiuti ovvero sarà, al più applicabile, in luogo del regime di cui all’art. 412 c.c. atti compiuti dall’amministrato in violazione delle dispo­sizioni del Giudice tutelare), la disciplina prevista per l’incapace naturale dall’art. 428 c.c. È legittima una procedura informale, che si concluda con decreto del Giudice monocratico, in luogo di una sentenza di un Giudice collegiale, ove non sia in que­stione lo status di un soggetto, ma solo l’intervento limitativo su alcuni atti; se tutta­via, nei fatti un soggetto si sostituisca in toto al destinatario del provvedimento, sia pure per pochi atti, ma che per quel soggetto rappresentano «tutti» gli atti riconducibi­li al medesimo, l’assenza di una difesa tecnica oltre che inammissibile, risulterebbe palesemente viziata da disparità di trattamento rispetto a situazioni analoghe sottopo­ste a diversa procedura. 101

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Un provvedimento di A.S. in situazioni di totale incapacità, imporrebbe una diversa soluzione in tema di ius postulandi (come confermato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 25366/2006), laddove, secondo le regole che presiedono l’attività del Giudice tutelare (mai caratterizzata da azioni di accertamen­to), una difesa tecnica non risulti normalmente mai necessaria. Non paiono ultronee, a questo proposito, considerazioni di natura costituzionale ove il carattere differenziale fra gli istituti di protezione venga fatto dipendere dalle condizioni patrimoniali di un soggetto con il risultato di applicare un istituto o altro, a parità di condizioni soggettive, a seconda delle diverse disponibilità economiche; si tratterebbe, in sostanza, di una palese violazione dell’art. 3 Costituzione. E necessario ribadire che, ove si sovrapponga l’istituto dell’A.S. a quello dell'interdizione, rispetto ai soggetti totalmente compromessi, si rimetterebbe alla di­screzionalità del Giudice tutelare anche il regime applicabile per gli atti autorizzativi di alienazione, transazioni, costituzioni di ipoteca, che a parità di condizioni, sarebbe­ro, nell’ambito di una tutela, autorizzate dal Tribunale in composizione collegiale, e nell’ambito dell’amministrazione di sostegno, dal Giudice tutelare, con effetti abnor­mi sui rogiti notarili. 102

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Non paiono, infine, di scarso rilievo anche considerazioni in termini di affida­mento dei terzi e di certezza del diritto. La prima regola che caratterizza detti principi consiste nel fatto che un terzo sia in grado di comprendere quali siano i limiti del po­tere di negoziazione o di rappresentanza dell’amministratore o di un tutore (si pensi alle tematiche connesse al consenso informato). La confusione che si verificherebbe inevitabilmente in assenza di categorie giuridiche certe, non giova prima di tutto, alla posizione e all’immagine degli amministrati che rischiano di ricavare dall’incertezza nei confini fra gli istituti, un nuovo stigma che rischia di ricondurre ogni situazione, ancora ad una diffusa e generalizzata condizione d’incapacità con conseguente diffi­denza o rifiuto da parte dei terzi di contrarre con gli amministrati; si pensi al paziente psichiatrico che uscito dalla residenzialità debba essere supportato nella collocazione sul territorio e nel reperimento di un’abitazione o di un’attività lavorativa. 103

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Deve essere ribadito che l'A.S., nell’intendimento del legislatore, non ha assorbito né sostituito l’interdizione e, pertanto, non certifica nessuna incapacità del destinatario. Al contrario l’A.S. rappresenta, per il fatto di operare comprimendo al minimo le facoltà di un soggetto, un riconoscimento di capacità solo parzialmente limitata dall’attività di un altro soggetto. (Omissis) Dalle disposizioni di cui alla legge n. 6/2004 emerge che l’amministratore sia al più un rappresentante per taluni atti, quando non un semplice assistente. L’amministratore deve occuparsi della persona dell’amministrato, se ciò sia previsto dal provvedimento del GT e, salvo situazioni eccezionali (dettate dall’urgenza), non può comprimere la volontà del destinatario. Tutto quanto va oltre deve ritenersi ille­gittimo, in quanto una più ampia ed indiscriminata applicazione del provvedimento, rischierebbe di invadere una sfera riservata a capacità ancora integre del beneficiario. 104

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Omissis) Ritiene il Collegio che, pena un’evidente violazione del principi costitu­zionali indicati, in materia di libertà personale e volontarietà della cura e dei tratta­menti sanitari, la non estensione all’A.S. del disposto di cui agli artt. 357, 358 e 371 c.c., comporti l’impossibilità non solo per l’amministratore, ma altresì per il Giudice tutelare (in quanto non legittimato dalla norma) di autorizzare atti invasivi della sfera personale, senza il consenso del beneficiario, sia in ordine alla collocazione (es. resi­denziale) sia in ordine al consenso ad interventi e trattamenti sanitari. L’unica eccezione a tale regola è rappresentata da provvedimenti di natura ecce­zionale e temporanea, assumibili ex art. 405, 4° comma. Tali provvedimenti, sono giustificati solo da circostanze eccezionali, a garanzia del destinatario, non potranno che avere durata limitata e circoscritta al permanere della causa che li giustifica (in­fermità totale, non abituale, bensì temporanea e transitoria)». 105

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Vengono quindi richiamati i caratteri che identificano la figura del tutore, ni line di delineare le diversità dalla figura dell’amministratore di sostegno. «Il tutore (art. 357 c.c.) ha non solo la mera rappresentanza del tutelato (patrimo­niale, di amministrazione), ma soprattutto ha l’obbligo di curarsi della cura della per­sona sul presupposto della totale incapacità di quest’ultima. Quello del tutore è un ruolo eccezionale perché a nessun altro soggetto, nel nostro ordinamento, è consentito di sostituirsi ad un altro individuo con modalità così invasi­ve. Tutto ciò può avvenire in quanto il tutore trae la sua legittimazione da una pro­nuncia giurisdizionale collegiale, assunta in presenza di una difesa tecnica, che accia­ia che il processo patologico (infermità), stabile (abituale), che interessa una data per­sona, ne inficia la sfera cognitiva e/o volitiva al punto che, anche ove il medesimo rie­sca ad esprimere una sua determinazione, questa debba ritenersi viziata a causa della patologia che lo affligge. 106

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Da questa premessa ne discende che il tutore ha il dovere di prendersi cura del tu­telato, di reperire un adeguata collocazione (art. 371 c.c.) e di individuare modalità di assistenza (c.d. progetto personalizzato) coinvolgendo il tutelato ma anche contro la volontà del soggetto (volontà che per quanto sopra detto deve ritenersi viziata). E per questi motivi che il primo atto della tutela consiste nell’acquisire un progetto personalizzato dal quale ricavare le necessità di cura e indicazioni per la collocazione del tutelato (che non è in grado di fornirle). La gestione patrimoniale acquista un ri­lievo strumentale rispetto alla cura della persona; il tutore deve operare nell’ambito di un quadro autorizzato e controllato dal Giudice tutelare (si pensi alla scelta fra per­manenza al domicilio o collocazione in struttura). Il tutore non può non preoccuparsi di un soggetto dichiarato incapace di gestire i propri interessi perché ne ha, ex lege, la responsabilità finanche di natura penale (art. 591 c.p. «abbandono di persona incapace»). 107

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’interdizione patisce di molti handicap storici ed etimologici, ma sancisce una re­lazione particolare fra tutore (rappresentante) e tutelato (analogamente al genitore nei confronti del figlio minore), cioè di rendere giuridicamente rilevante il dovere di preoccuparsi di un altro soggetto (non soltanto con una generica e indefinibile «presa in carico»). Tutto ciò comporta l’individuazione di un potere/dovere del tutore in ordine alla collocazione del tutelato, disciplinata espressamente dall’alt. 371 c.c. e negli artt. 358 c.c., 44 disp. att. c.c., e costituisce il fondamento del potere dell’intervento sostitutivo del tutore nei confronti del rappresentato sino ad arrivare alla c.d. collocazione senza il consenso del tutelato (es. residenzialità protratte). 108

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La tutela, quindi, è l’unico strumento che legittimi una collocazione protratta, anche contro la volontà dell’interessato e che legittimi una sostituzione al paziente nel consen­so a terapie e trattamenti sanitari e chirurgici (art. 37 Codice Medico Deontologico 16.12.2006 ma nello stesso senso anche il precedente) ovvero nella scelta di modalità assistenziali. In ciò consiste il quid iuris di protezione che l’interdizione può assicurare, ai sensi dell’art. 414 c.c., in presenza di una condizione di abituale infermità cui neces­sita una rappresentanza integrale nella gestione di tutti propri interessi. In capo all'amministratore non sono stati delineati tali poteri. Nell’A.S. non è possibile superare il dissenso del beneficiario in quanto quest’ultimo è un soggetto capace e l’amministratore è un rappresentante, limitatamente ad alcuni atti di natura prevalentemente patrimoniale; in caso di dissenso è previsto un particolare procedi­mento all’art. 410 c.c. che può sfociare anche nell’attivazione di un procedimento per l’accertamento della capacità del destinatario. 109

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’applicazione di una A.S. nei casi di totale incapacità o addirittura nei casi in cui sia «necessario superare un dissenso» del destinatario, è affermazione non soltanto pericolosa ma addirittura foriera di applicazioni «custodialistiche» in aperto contra­sto con la normative in vigore, in primis, con la legge 180/1978 e 833/1978, non mo­dificata dalla legge sull’amministrazione di sostegno. Il nuovo strumento di protezione, con la discrezionalità che lo connota, può decli­nare verso un franco paternalismo con il rischio concreto di tradursi in una violazione delle garanzie del destinatario, attraverso soluzioni che sono sostanzialmente ablative di diritti (la c.c. «incapacitazione di fatto»), dove l’unica «utilità» inseguita diventa quella di non usare l’istituto dell’interdizione e la «tentazione» sia quella di superare l’eventuale «dissenso» del beneficiario». 110

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il quesito peritale Un quesito che comprenda tutti questi aspetti (tutela, curatela e A.S.) è quello che consuetamente è formulato dal Tribunale di Torino, settima sezio­ne civile: «Dica il consulente tecnico d’ufficio, letti gli atti ed eseguiti tutti gli opportuni ac­certamenti, compreso l’esame delle cartelle cliniche relative a eventuali ricoveri della parte convenuta, acquisita tutta la documentazione necessaria presso enti pubblici o privati, esaminata la parte convenuta, assunte eventuali informazioni anche presso i servizi sociali e/o sanitari: se la parte convenuta sia affetta da un’infermità (in tal caso ne indichi la natura) e/o da una menomazione fisica o psichica; in caso di infermità mentale se questa sia abituale o temporanea; in caso di infermità mentale abituale se la parte convenuta sia in tutto o solo in parte incapace di provvedere ai propri interessi; quali atti, di natura ordinaria e/o straordinaria, la parte convenuta sia in grado di compiere senza l’assistenza di una terza persona; in quali atti, nell’ipotesi in cui il convenuto si trovi nell’impossibilità anche solo parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi, a causa di menomazione fisica o psichica, debba essere rappresentato o assistito da un amministratore (artt. 404,405 c.c.); f) in tale ipotesi, se il convenuto abbia coscienza di malattia; se sia in grado di esprimere compiutamente un consenso informato a trattamenti sanitari; se assuma te­rapia farmacologica e con quali effetti; se sia in grado o meno di determinarsi in meri­to al luogo in cui vivere e alle modalità di gestione del quotidiano». 111

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE / concetti di «interessi» e di «cura» e le loro implicazioni Più volte sono ricorsi nelle pagine che precedono i termini «interessi» e «cura», al punto che vengono spontanee alcune riflessioni in argomento, vista L’importanza da essi rivestita nei disposti di legge di cui sopra. Un aspetto fondamentale da chiarire mi sembra quello relativo al fatto che se la persona umana deve essere considerata nella sua globalità e unitarietà bio-psico-sociale, il suo interesse coincide con l’esercizio (se capace) e la tu­tela (se incapace) di tutti i suoi diritti, patrimoniali ed extrapatrimoniali: digni­tà, libertà, autodeterminazione, informazione, qualità della vita, rispetto delle opinioni personali, delle proprie convinzioni morali e religiose, della privacy, del diritto di convivere, di mettere al mondo dei figli, di sposarsi, di adottare e via dicendo. 112

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Venendo agli aspetti che più interessa mettere a fuoco in questa sede, ogni persona dotata di capacità decisionale ha la libertà di accettare e di rifiutare trattamenti medici e chirurgici (tranne le eccezioni dell’emergenza, dei tratta­menti sanitari obbligatori, dell’incapacità /impossibilità di esprimere un con- senso/dissenso validi), di donare organi e tessuti, di consentire a trapianti e a prelievi, di interrompere volontariamente la gravidanza (entro i limiti previsti dalla legge). Quando è messo in gioco uno di questi diritti, la persona, purché compe­tente, ha il diritto/dovere di manifestare espressamente la propria adesione/rifiuto. L’esercizio di questi diritti, ovviamente, non è mai assoluto, bensì deve te­nere conto di quanto contenuto nella carta costituzionale, nei codici penale e civile, nella dottrina di merito e nella prassi giurisprudenziale. Nell’ambito de­limitato da una cornice di legittimità, è fuori dubbio che interesse fondamenta­le della persona umana è poter tutelare e vedere tutelati i propri diritti. A que­sto punto il cerchio si chiude, nel senso che interessi e diritti finiscono per identificarsi reciprocamente, senza eccezioni e senza esclusioni, poiché appar­tengono tutti alla persona umana concepita nella sua dignità e unitarietà. 113

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il concetto di cura nell’ambito della protezione degli incapaci assume un duplice significato: circoscritto ed esteso e le norme che regolamentano l’A.S. (artt. 405, 4° comma, 408 c.c.) utilizzano il concetto di cura non come scelta terapeutica ma nel senso di cura in senso ampio. Per quanto riguarda il problema delle cure in senso stretto intese (ovvia­mente si deve fare una netta distinzione tra il concetto di cura medicochirurgi­ca, più facile da definire, e quello di cura della salute mentale, caratterizzato dal continuo intersecarsi spesso conflittuale di partecipazione personale, riabi­litazione e cura farmacologica) premesso tutto quanto già si è detto in termini di diritto positivo, esistono situazioni in cui la persona si trova nell’impossibilità materiale di fare delle scelte, perché ha perduto, anche se solo transitoriamente, la sua competenza o perché si trova in una condizione di incapacità di agire. 114

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Ecco allora che nell’emergenza, se il paziente (adulto, interdetto, inabilita­to, incapace naturale o minore che sia) non è in grado di esprimersi, soccorre il medico lo stato di necessità. Alla presenza di condizioni che rendono ur­gente l’intervento, se il paziente è competente, il medico deve ascoltare e se­guire il suo parere, anche se questo coincide con il rifiuto delle terapie e con l’esercizio negativo del diritto alla salute. Mai il tutore o il legale rappresentante o l’amministratore di sostegno pos­sono decidere autonomamente un T.S.O. o possono trasformare un T.S.O. in T.S.V., dal momento che tale provvedimento è regolato da una legge specifica. Nei trattamenti ordinari, medici e/o chirurgici, il consenso informato dato da paziente competente deve costituire la guida sulla quale il sanitario modella il suo operato (v. il capitolo su: I problemi del consenso, parte V, paragrafo b). Interdetti e minori devono essere ascoltati, se in grado di esprimersi, e ai loro legali rappresentanti, se in accordo con essi, spettano solo compiti di formalizzazione del consenso/dissenso espressi. 115

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In caso di contrasti o di conflitti variamente orientati e manifestati o addi­rittura di opposizione relativamente a un accertamento/trattamento ritenuto necessario da parte del sanitario, il medico interpella il giudice tutelare del Tribunale ordinario (se il paziente è interdetto) o del Tribunale per i minoren­ni (se il paziente è minore). Chi ha firmato per il soggetto incapace deve informare di ciò il giudice tu­telare che autorizza il (non) intervento. Se il paziente, adulto e competente, ha in precedenza formalizzato le sue volontà in punto accettazione/rifiuto di determinate terapie, queste sue volontà devono essere rispettate, purché contenute in un documento scritto e firmato (art. 38 c.d.m.). Consensi o dissensi presunti, impliciti o dichiarati da parenti o da terzi (deleghe sostitutive) non possono essere accolti dal sanitario, perché non esi­ste il diritto all’espropriazione del diritto alla salute e perché manca la prova che siano l’espressione dell’autentica volontà del paziente. 116

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Valide invece sono le direttive anticipate di trattamento (testamento biologico), se non è possibile provare lo stato di incapacità decisionale nel momento del rilascio di dette direttive. In tutti questi procedimenti, sul medico gravano obblighi di protezione e di garanzia che egli non può esercitare in modo discrezionale, ma deve assicura­re al paziente nel rispetto delle leggi e del suo codice deontologico. A questo livello, non può solo più curare, nel senso di assolvere un’obbligazione di mezzi che consistono nella presa in carico del paziente (assolve­re compiti burocratico-amministrativi, informare il paziente in maniera ade­guata ed esauriente, garantirgli un iter terapeutico), ma deve prendersi cura del suo paziente (agire con accuratezza, stabilire e mantenere una relazione terapeutica, verificarne periodicamente la validità e l’efficacia, lavorare in equipe e in rete fornendo continuità di intervento, accompagnare il paziente in lutto il processo di cura, qualsiasi sia il suo esito). 117

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In questa seconda dimen­sione, che integra la prima, il medico (ma il discorso vale per il personale sa­nitario tutto, senza eccezione alcuna, in una dimensione di responsabilità con­divisa e cogestita) potrà anche guidare il paziente nelle scelte, quando e se il paziente avanzerà esplicite richieste, a lui sostituendosi solo quando viene meno la competenza del soggetto, nel rispetto delle volontà da lui espresse e collocate in un tempo e in un contesto di cura. A questo proposito, forse sarebbe bene ricordare che sono i contenuti tec­nici e umani della relazione gli strumenti della cura, non i risvolti burocratici del consenso informato, sul quale nessun paziente si arrocca o si irrigidisce, se e quando ha un positivo e costruttivo rapporto con suoi curanti; forse sarebbe più utile per il paziente e più rispettoso per l’autonomia del sanitario che sempre deve agire «in scienza e coscienza» smascherare le finzioni del con­senso informato che nella forma può anche essere in assetto con il principio di contratto, ma che nella sostanza, se il rapporto medico paziente è significa­tivo, finisce per fondersi con il principio del benefìcio. 118

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Trasferendo questo discorso su di un piano più generale, la cura degli inte­ressi della persona non può esaurirsi nella tutela del suo patrimonio, ma deve necessariamente estendersi - per il principio dell’unitarietà della persona umana - anche a quelli non patrimoniali: tra questi, e in posizione non certo secondaria, la tutela della salute. A questo livello, il discorso giuridico è posto in termini dicotomici nel sen­so che, premesso essere «il diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana» (Corte Cost. 16.12.1999, n. 309) e la tutela fondamentale essere rappresentata dal consenso informato validamente espresso, in sua assenza non è consentito alcun intervento sulla persona uma­na (escluse le già esplicitate eccezioni). 119

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’esperienza clinica insegna invece che, specie in ambito psichiatrico, esi­ste una vastissima zona grigia in cui la capacità decisionale dell’«avente dirit­to» non è né «piena», né «assente», bensì è espressa come generica adesione o come camuffata accettazione di decisioni altrui o esplicita o indebitamente presunta delega al sanitario («dica lei, faccia lei, veda lei») di cosa/come/ quando fare/non fare. Ecco allora che il principio giuridico del contratto di cu­ra sul quale si sono accesi da tempo riflettori sempre più abbaglianti deve fare i conti con un principio di realtà clinica sulle dichiarazioni anticipate e sulle funzioni dell’amministratore di sostegno che entrerebbero in gioco in tutte quelle situazioni in cui il livello della qualità del consenso lascia obiettiva­mente adito a dubbi e riserve. L’autonomia e il processo decisionale di certi soggetti in determinate situazioni (ma com’è la nostra, se si ripropongono le medesime condizioni?), proprio nel rispetto della più volte sbandierata dignità della persona umana, non si ridurrebbe più a mere finzioni convenzionali, ma si muoverebbe in una cornice di garanzia e di legittimità che riconosce nella qualità del rapporto medico paziente il suo prerequisito fondamentale e nel giudice tutelare, quan­do necessario, il massimo garante. 120

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Alla stessa maniera non si demonizzerebbe il principio di beneficialità né si rivestirebbe di sacralità quello di contrattualità, dal momento che il sanita­rio, nella pratica clinica quotidiana, si muove il più delle volte in una situazio­ne intermedia, in cui non trionfa né l’uno né l’altro dei due principi, e intera­gisce con il paziente non solo nel rispetto dell’art. 32 della Costituzione, ma anche di quanto contenuto nella convenzione di Oviedo (4.4.1997; in Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24.4.2001; si veda Parte VI, I problemi del consenso), che espressamente prevede che qualsiasi intervento «non può essere effettuato su una persona che non abbia la capacità di dare il suo consenso, a meno che non sia fatto per suo diretto beneficio» (1° co.). 121

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE D’altro canto, non si può riconoscere un diritto alla salute e il diritto di non curarsi, anche quando dal rifiuto di terapia possa derivare la morte, per poi li­mitarne la gestione (a parte le più che legittime espressioni della legge e dei codici) fino al punto di sostenere che la persona cui si riconosce questo fon­damentale diritto di accettare/rifiutare le cure non ha il diritto di esprimersi sul come desidera sia gestito tale diritto in caso di sua perdita di competenza (di­chiarazioni anticipate) e non ha il diritto di chiedere di essere affiancato nelle sue espressioni di volontà in punto interventi terapeutici da altra persona da lui ritenuta competente che non agisce per lui, ma con lui, sostenendolo, inco­raggiandolo, consigliandolo quando si trovi nella reale, concreta, clinicamente accertata difficoltà o addirittura impossibilità nel prendere decisioni (ammini­stratore di sostegno con funzioni di fiduciario delegato). 122

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Lo ripetiamo ancora una volta: è del tutto errato sostenere che l'ammini­stratore può sostituirsi all’amministrato nell’esercizio del diritto alla salute, nel senso che ogni contratto di cura, al di fuori dell’obbligatorietà e dell’ur­genza, è direttamente gestito tra il paziente e il sanitario, con intervento del giudice solo nei casi di scompenso psicotico acuto (in esordio o nel corso di una processualità o fasicità psicotica) o di abituale infermità di mente che abolisca la capacità decisionale del paziente interdetto. In quest’ultimo caso, anche la collocazione del paziente viene disposta dal giudice tutelare con ordinanza. Una forte riaffermazione della responsabilità medica è a questo punto la via di passaggio obbligata per superare l’involuzione e l’arroccamento di questi anni su posizioni di medicina difensiva che non fanno onore a una sanità che dovrebbe fondamentalmente riconoscersi nel giuramento di Ippocrate e nel codice deontologico. 123

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Collocazione e cura del paziente amministrato e di quello tutelato A questo punto, prendiamo nuovamente in esame l’annoso problema al quale abbiamo già fatto riferimento della cura e della collocazione del pazien­te amministrato e di quello tutelato, perché esistono delle differenze fondamentali tra l’uno e l’altro e della liceità/illiceità di certi interventi che non tengono conto di alcuni principi basilari che non consentono di stabilire ana­logie o identità di nessun genere tra i due soggetti. La cura in senso ampio, deve essere intesa come dovere di preoccuparsi della gestione anche quotidiana di un soggetto e, con essa, della scelta del luogo di vita più adeguato, sulla base delle condizioni di salute, di autonomia del medesimo e delle risorse economiche a disposizione. Tale concetto è attinente alle problematiche relative alla collocazione del paziente dunque alla residenzialità o alla permanenza al domicilio; qui si inse­riscono le non poche questioni relative alla gestione dei lungodegenti e alla residenzialità protratta. 124

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La delicatezza della scelta sulla collocazione deriva, evidentemente, dall'atto che tali decisioni interferiscono con il diritto alla libertà personale, alla libertà di movimento e di scegliere il luogo in cui vivere, diritti tutti garantiti a livello costituzionale (artt. 13, 16 Cost.). Come il consenso alla cura, così quello alla collocazione possono essere manifestati solo dal titolare, cioè dal destinatario del trattamento, o da sog­getto legittimato per nome e in nome del destinatario. Per individuare il terzo legittimato, è inevitabile riprendere l’annosa questione dei presupposti distintivi fra amministrazione di sostegno e tutela per­ché da questi presupposti discendono, de plano, le conclusioni in punto legit­timazione del tutore/amministratore, estensione e limiti dei c.d. poteri di cura. Quello del tutore è un ruolo eccezionale, perché a nessun altro soggetto, nel nostro ordinamento, è consentito di sostituirsi a un altro individuo con modalità così estese (sfera personale e patrimoniale). 125

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La persistente tesi secondo la quale il tutore abbia la sola cura degli inte­ressi patrimoniali è sconfessata espressamente dall’art. 357 c.c. (cfr. Cass. Civ. n. 5652/1989) che recita «Il tutore ha la cura del minore (tutelato per l’estensione operata dall’art. 424 c.c.), lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni» e dall’art. 371 c.c. che prevede che il Giudice Tutelare de­liberi, su proposta del tutore, in ordine al luogo in cui il minore deve vivere e sulla spesa annua necessaria. Fra le norme che fondano i poteri/doveri di cura del tutore deve essere ri­chiamato l’art. 358 c.c.: «Il minore (il tutelato) non può abbandonare la casa, l’istituto al quale è destinato senza il permesso del tutore. Qualora se ne allontani senza il permesso, il tutore ha il diritto di richiamarvelo ricorrendo se necessario al Giudice Tutelare». Le norme sono chiare nel definire i poteri del tutore. 126

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Tale potere/dovere trae legittimazione, giova ripeterlo, da una pronuncia giurisdizionale, che accerta l’incapacità totale di una persona a gestirsi in ogni aspetto della vita in quanto affetta da processo patologico (infermità) stabile (abituale), che ne inficia la sfera cognitiva e/o volitiva al punto che, anche ove il medesimo riesca ad esprimere una sua volontà o un dissenso, questa debba ritenersi funzionalmente viziata a causa della patologia (concetto dinamico e non statico di patologia). 127

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In un siffatto contesto il tutore non può non preoccuparsi di un soggetto di­chiarato incapace di gestire i propri interessi perché ne ha, ex lege, la responsa­bilità financo di natura penale (art. 591 c.p., abbandono di persona incapace). Il tutore deve preoccuparsi di questo soggetto non soltanto con una generi­ca e indefinibile “presa in carico”, ma anche per aspetti/poteri particolari. Un primo banco di prova è rappresentato proprio sul piano delle scelte con­cernenti la collocazione (cura in senso ampio) e alle problematiche relative alla permanenza o meno al domicilio in relazione alla posizione del beneficiario. Nella tutela il concetto di collocazione è strettamente connesso, da un lato, al progetto personalizzato che deve essere predisposto per un tutelato in ra­gione dell’accertata incapacità a gestire i propri interessi e, dall’altro, ai dove­ri di cura che caratterizzano la figura del tutore. 128

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Come fra i minori ci sono i bambini di due anni da custodire in ogni momento e ci sono i diciassettenni che vanno in vacanza per conto loro, analo­gamente i tutelati non sono tutti uguali e devono essere gestiti diversamente', si pensi al tutelato che tragga beneficio dal rimanere al domicilio e al tutelato che possa essere seguito adeguatamente solo in una struttura. Le condizioni di salute e il tipo di patologia da cui è affetta la persona in tutela sono in stretta relazione con la scelta della collocazione dovendo quest’ultima essere adeguata alle prime; la scelta del luogo in cui un tutelato deve vivere è un atto delicatissimo (anche perché di norma il tutelato non è in grado di parteciparvi), forse il più importante intorno al quale gravita tutta l’attività di gestione di una tutela. 129

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Rileva il contesto nel quale il tutelato ha vissuto sino all’apertura della tu­tela e la priorità rimane sempre, nei limiti del possibile, quella di mantenere la persona nel suo contesto abitativo e con le persone con cui hanno vissuto. Il tutore individua la collocazione, che il Giudice Tutelare delibera ex art. ,171 c.c. A tal fine, devono essere acquisite valutazioni tecniche (collaborazio­ne con le Unità di Valutazione Geriatria, i Servizi per l’handicap, i Centri di Salute Mentali e Servizi Sociali) sulle necessità ed esigenze del tutelato per garantire all’assistito le migliori condizioni di vita possibili, con riferimento alle risorse economiche a disposizione. Non tutti i tutelati sono gestibili nello stesso modo; si va dal soggetto in coma, all’anziano affetto da morbo di Alzheimer avanzato, al paziente psi­chiatrico totalmente compromesso, ma reattivo e oppositivo a qualsiasi pro­getto assistenziale. In alcuni casi, è possibile, solo attraverso i poteri riconosciuti al tutore, procedere a una collocazione, nonostante il dissenso del tutelato, escluso il T.S.O. psichiatrico (c.d. collocazione indotta). 130

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Un provvedimento siffatto deve avere, e ha, un’applicazione molto residuale, e può seguire solo all’esperimento di tutte le alternative possibili che possano ottenere, almeno, una non opposizione del tutelato. Un provvedimento di questa natura è possibile solo in presenza di un pregiudizio per la perso­na e la sua incolumità, sulla base di una sentenza che abbia accertato che le condotte poste in essere da quel soggetto non siano il prodotto di una libera scelta, bensì di un processo mentale patologico (giuridicamente non valido). A fronte di un “disfunzionamento” totale e accertato, nel rispetto del diritto di difesa, trova applicazione il principio secondo il quale la libertà di autodeterminarsi non può tradursi in una finzione esistendo, per contro, il diritto a non essere abbandonati. La tutela, quindi, può essere lo strumento che legittima una collocazione protratta, anche contro la volontà dell’interessato e una sostituzione al pazien­te nel consenso a terapie e trattamenti sanitari e chirurgici ovvero nella scelta di modalità assistenziali; in ciò consiste il quid iuris, in termini di maggior protezione, che l’interdizione può assicurare, ai sensi delTart. 414 c.c.; in tale contesto può esplicarsi una rappresentanza integrale nella gestione di tutti gli interessi del destinatario anche in presenza di un dissenso. 131

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Per gli stessi motivi, in ipotesi di soggetto totalmente compromesso, si pa­lesa l’inadeguatezza dello strumento dell’Amministrazione di Sostegno perché in capo all’amministratore non sono stati delineati poteri analoghi. Nelle ipotesi in cui il tutelato manifesti il suo dissenso alla collocazione o ad accertamenti e/o a trattamenti sanitari o chirurgici occorre procedere con estrema cautela, ricordando che il codice di deontologia medica, all’art. 37, prevede quanto segue: Consenso o dissenso del rappresentante legale «Il medico, in caso di paziente minore o incapace, acquisisce dal rappresentante legale il consenso o il dissenso informato alle procedure diagnostiche e/o agli inter­venti terapeutici (Omissis)». Occorre rammentare che il tutelato è una persona non in grado di provve­dere ai propri interessi per un’infermità abituale, ma non è tout court in inca­pace di intendere e volere; quest’ultimo è un concetto di natura penalistica che fonda un giudizio d’imputabilità o meno, e che può aprire la strada, ove si ac­certi una pericolosità sociale, all’applicazione di misure di sicurezza. 132

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La capacità di fatto di un tutelato, in determinati momenti, non è irrilevan­te, soprattutto ove sia in grado di formulare un’opposizione; in tali casi si ren­de necessario verificare, ulteriormente, se il tutelato comprenda le informa­zioni, la portata, gli effetti dell’intervento cui dovrebbe essere sottoposto. Abbiamo pratica di consulenze tecniche e possiamo verificare come spesso a una totale impossibilità di gestirsi non corrisponda l’annullamento della per­cezione di avvenimenti che coinvolgano la persona del tutelato. Una conferma a tale impostazione, è data dal diritto della donna interdetta a esprimere il suo parere all’interruzione della gravidanza avviata dal tutore. Le pronunce della Corte di Cassazione nell’enucleare il principio c.d. fina­listico (Cass. n. 13584/2006, n. 9628/2009, n. 4866/2010), non hanno dovuto affrontare questioni concernenti la sfera personale del beneficiario, ma hanno confermato la rilevanza del grado di infermità: 133

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La valutazione della conformità di tale misura alle sopraindicate esigenze, deve es­sere effettuata, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, considerate la gravità e la durata della malattia, la natura e durata dell’impedimento e di tutte le circostanze della fattispecie. La valutazione è ri­messa all’apprezzamento di merito e non è censurabile dal Giudice di legittimità». Secondo la Corte potrà disporsi una A.S. a fronte di un’attività estremamente semplice, vuoi per la scarsa consistenza del patrimonio disponibile, vuoi per la semplicità delle operazioni da compiere e per l’attitudine del sog­getto protetto a non porre in discussione i risultati dell’attività di sostegno nei suoi confronti e in definitiva, ove non sia necessaria una limitazione generale della capacità del soggetto. In un’ottica necessariamente garantistica, occorre porre l’attenzione sul fatto che il rimettere al Giudice la scelta di valutare lo strumento più idoneo per la protezione, a prescindere da un vaglio di capacità aumenti il rischio di considerare patologico il dissenso di un soggetto che avrebbe tutti i diritti di opporsi in quanto da presumersi non totalmente compromesso. La priorità della legge: «proteggere con la minore limitazione» non può diventare un «proteggere» a prescindere da una valutazione sulla validità del dissenso. 134

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 32 c.p. Interdizione legale «Il condannato all’ergastolo è in stato di interdizionè legale. La condanna all’ergastolo importa anche la decadenza della potestà dei genitori. (Omissis) All’interdizione legale si applicano, per ciò che concerne la disponibilità e l’amministrazione dei beni, nonché la rappresentanza negli atti ad esse relativi, le norme della legge civile sulla interdizione giudiziale». Essa è una pena accessoria (art. 19 c.p.) che è inflitta al condannato non ma­lato di mente e consiste nella sola perdita alla disponibilità e amministrazione i propri beni; tutti gli altri diritti sono conservati (può sposare, può fare testa­mento, ecc.). Anche per lui viene nominato un tutore (incapacità legale). 135

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La capacità di disporre per testamento Il testamento un atto strettamente personale: non può essere redatto da un rappresentante. Secondo l’ordinamento italiano esistono tre forme di testamento ordinario: testamento olografo, testamento pubblico, testamento segreto. Il testamento olografo è la forma più semplice, più diffusa, più economica e pratica per esprimere le proprie volontà, non richiede la presenza né del no­taio né di testimoni. Il termine “olografo” deriva dal greco “olos” = tutto e “grafo” = scritto; dunque si tratta di un testamento interamente scritto di pu­gno del testatore. (Art. 602 c.c. «Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore»). Il testatore non è obbligato a comunicare a nessuno di avere fatto un testa­mento olografo; lo scritto può essere conservato a cura del testatore stesso op­pure consegnato in deposito fiduciario a persona di fiducia o a un Notaio. Nel caso in cui il testamento olografo sia stato depositato presso un Notaio, la formalità della pubblicazione deve essere eseguita dal Notaio depositario. 136

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Nel caso del testamento olografo la scrittura avviene per opera del testatore stesso, mentre nel testamento pubblico la scrittura è a cura del Notaio che lo riceve. Le formalità imposte nel caso del testamento olografo sono assai più rigide rispetto alle altre forme di testamento ordinario, per le quali l’intervento del Notaio garantisce la provenienza del documento (nel caso del testamento segreto) o addirittura riceve il testamento dalla viva voce del testatore (nel caso del testamento pubblico). Il testamento olografo per essere valido deve avere tre requisiti fondamentali: autografia, data e sottoscrizione. Anche ogni modi­fica allo stesso deve essere scritta di pugno, datata e sottoscritta. Non è obbligatorio scrivere il testamento in lingua italiana: il testamento è valido in qualunque lingua o anche in dialetto, purché risulti chiara la volontà del testatore. 137

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La data indica il momento cronologico in cui il testamento è redatto e deve contenere l’indicazione del giorno, mese e anno; può essere posta in qualsiasi punto del testamento, purché prima della firma. La datazione ha due scopi fondamentali: in primo luogo alla presenza di più testamenti non complementari tra loro, serve per stabilire quale sia quello efficace, ossia l’ultimo; in secondo luogo in presenza di contestazioni serve per valutare se, al momento di stesura del testamento, il testatore fosse capace di intendere e di volere, ovvero se fossero presenti vizi del consenso. La legge attribuisce grandissima importanza alla data del testamento, spe­cialmente di quello olografo, nel quale manca la certificazione del Notaio con­tenuta nel verbale di ricezione del testamento pubblico e di quello segreto. Non è richiesta l’indicazione dell’ora. Tale indicazione può però essere de­terminante in presenza di più testamenti aventi la stessa data; in questo caso è l’ora di redazione che stabilisce quale sia l’ultimo testamento redatto in ordine cronologico, e quindi quello che prevale sugli altri. 138

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il testamento pubblico è un atto pubblico, redatto secondo le prescritte formalità da un pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo in cui è redatto. A esso si applicano le norme dettate dal codice civile con riferimento agli atti pubblici. In particolare si applica al testamento pub­blico la norma dell’art. 2700 c.c., secondo cui l’atto pubblico fa piena prova fino a querela di falso della provenienza dell’atto dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, e di quanto il notaio attesta esser stato fatto o detto in sua presenza. requisiti di un testamento pubblico sono: Dichiarazione di volontà ora­le al notaio; Presenza dei testimoni (normalmente due, sono quattro se il te­statore è un sordomuto impossibilitato a leggere e scrivere); Redazione per iscritto della volontà del testatore a cura del notaio; Lettura dell’atto al te­statore e ai testimoni a cura del notaio; Sottoscrizione del testatore, dei te­stimoni e del notaio Apposizione della data e dell’ora; Menzione del ri­spetto delle formalità elencate. 139

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE testamento segreto è un testamento costituito da un atto redatto dal testa­tore, che lo consegna al notaio che lo sigilla in busta chiusa accompagnato dalla dichiarazione del testatore che il plico contiene il suo testamento (se è muto o sordomuto, deve scrivere tale dichiarazione in presenza dei testimoni e deve pure dichiarare per iscritto di aver letto il testamento, se questo è stato scritto da altri). Il testamento segreto presenta un duplice vantaggio; in quanto redatto dal testatore, nessun altro è a conoscenza delle disposizioni testamen­tarie; in quanto poi consegnato al notaio, si evita ogni rischio di dispersione o distruzione (anche accidentale) del documento. 140

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Le principali cause di annullabilità di un testamento sono: difetti di forma (ad esempio l’incompletezza della data), rispetto a quelli che ne determinano la nullità; l’incapacità di agire del testatore; l’errore, la violenza e il dolo quando questi hanno motivato il testamento. L’azione di annullamento di un testamento può essere promossa da chiunque vi abbia interesse, nel termine di cinque anni dalla data in cui è stata data esecuzione alle volontà testamentarie, o dal giorno in cui si è avuta notizia della violenza, del dolo o dell’errore. Il testamento è un atto illimitatamente revocabile, infatti, le disposizioni testamentarie possono essere revocate o modificate in ogni momento dal te­statore. 141

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il testamento è nullo (c.c. 1418 e seguenti) quando manca l’autografia o la sottoscrizione nel caso di testamento olografo, ovvero manca la redazione per iscritto, da parte del notaio, delle dichiarazioni del testatore o la sottoscrizione dell’uno o dell’altro, nel caso di testamento per atto di notaio. Per ogni altro difetto di forma il testamento può essere annullato (c.c. 1441 e seguenti) su domanda di chiunque vi ha interesse. L’azione di annullamento si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle dispo­sizioni testamentarie (Cass. Civ. sez. II, 6.11.1996, n. 9674). Possono disporre per testamento tutti coloro che non sono dichiarati inca­paci dalla legge. 142

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’art. 591 c.c. esplicitamente prevede che sono incapaci di testare: coloro che non hanno compiuto l’età di 18 anni; gli interdetti per infermità di mente; quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi cau­sa, anche transitoria, incapaci di intendere o di volere nel momento in cui fe­cero testamento (art. 428 c.c.). Il testamento di una persona interdetta, dunque, non è valido. E’ valido, invece quello di un soggetto inabilitato. Possono essere invalidati anche un testamento e qualsiasi atto civile redat­to o compiuto da un soggetto che, in quel momento, anche se solo transitoria­mente, era incapace di intendere o di volere (rectius: non competente) e, ov­viamente, non è interdetto. 143

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE E superfluo sottolineare l’estrema difficoltà insita in accertamenti peritali che spesso vengono disposti a notevole distanza dalla stesura dell’atto, su per­sona magari nel frattempo defunta o su persona vivente nei cui confronti la parte attrice sostiene la presenza di una incapacità transitoria invalidante l’atto; o nella quale il quadro psicopatologico è andato incontro a mutamenti migliorativi o a peggioramenti; su documenti incompleti o frettolosamente compilati; su testimonianze di ardua e discutibile lettura e interpretazione. La regola è costituita dalla capacità di testare, mentre l’eccezione è rap­presentata dall’incapacità. Questa può essere determinata o da infermità men­tale vera e propria ovvero da altre cause transitorie; deve in ogni caso essere grave e tanto intensa da togliere al testatore la capacità di intendere il signifi­cato del suo atto o di manifestare liberamente quella (e non altra) specifica volontà nel momento di redazione della scheda testamentaria. 144

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La giurisprudenza è concorde nell’affermare che, a norma del 3° co., art. 591 c.c., la capacità di testare non è esclusa da una qualsiasi alterazione delle qualità psichiche e intellettive, ma solo da una causa, anche transitoria, che rende il soggetto incapace di intendere o di volere nel momento della redazio­ne del testamento. Una causa perturbatrice patologica, cioè, che raggiunga un’intensità tale da sopprimere nel soggetto l’attitudine a determinarsi libera­mente e coscientemente, privandolo delle facoltà di discemere la natura e gli effetti del negozio da concludere e di concepire ed esprimere liberamente la propria volontà. L'accento è posto, ovviamente, non tanto sull’entità e la gravità della ma­lattia in sé e per sé considerata, quanto sull’influenza che questa ha avuto nell'impedire al soggetto una valutazione funzionale adeguata e congrua dei propri atti e l'espressione conseguente di una libera autodeterminazione. 145

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Per giudicare della nullità di un testamento si adotta un criterio restrittivo e rigido, in quanto generalmente si tratta di un atto che, concettualmente e formalmente, implica attività mentali semplici ed elementari, se e quando le diposizioni in esso contenute sono essenziali e di immediata e comune espres­sione. In particolare, anche un afasico, un sordomuto, un non vedente dispon­gono per un testamento valido, quando dette alterazioni non importano o non si accompagnano a danni psicopatologici gravemente inficianti la confezione formale e contenutistica dell’atto. Diversa valutazione deve essere fatta quando il contenuto della scheda te­stamentaria è articolato, dettagliato, specifico, nel senso che tanto più com­plessa è la volontà espressa dal testatore, tanto più libere da patologia inficiante devono essere le sue funzioni cognitive, emotive, affettive e relazionali, purché ovviamente sia espressione di una volontà libera da costrizioni, sugge­rimenti, induzioni. 146

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Occorre pertanto porre massima attenzione non solo agli aspetti formali, ma anche e soprattutto al contenuto della scheda testamentaria: diverso è il caso in cui il testo è scarno ed essenziale e in esso vengono indicati uno o due eredi da quello molto articolato e dettagliato in cui viene istituita una lunga serie di legati (v. oltre, cap. 5). Il contenuto della scheda testamentaria con le relative disposizioni deve essere in assetto con il modo di esprimersi del testatore e con le modalità di funzionamento mentale e relazionale proprie del soggetto (lo “stile di vita”). Se diverso è, si devono esplorare, ragioni e finalismi sottostanti l’atto. La presenza di determinate clausole che richiedono conoscenze specifiche di diritto può far pensare all’intervento di terzi nella redazione di un atto che per defini­zione è un atto privato. Inoltre è importante conoscere eventuali altre volontà in precedenza espres­se, quando e se l’ultimo testamento (che annulla tutti i precedenti) rappresenta un «quid novi» rispetto a quella o a quelle costantemente espresse, sostanzial­mente discostandosi da esse. 147

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE E non è detto che queste ultime volontà che diver­gono sostanzialmente da quelle precedentemente espresse siano frutto di pato­logia inficiante l’atto. La dimostrazione è delegata allo psichiatra forense che deve cercare connessioni tra le diverse schede testamentarie sottoscritte in mo­menti diversi e l’eventuale presenza di una patologia mentale che incida sostan­zialmente sui contenuti, la forma, la confezione dell’ultima scheda. Problemi di non semplice soluzione si presentano quando si debba accerta­re se la scheda testamentaria è stata o non è stata compilata e sottoscritta in un momento di lucido intervallo, così frequentemente invocato quando si tratti di persone anziane in cui si sostiene essere la capacità decisionale seriamente e abitualmente compromessa per una patologia generica o specifica, “sospesa” e assente, però, nel momento in cui la scheda testamentaria è stata sottoscritta. 148

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La giurisprudenza di merito si regola in questo modo: «L’incapacità di testare per i non interdetti si ha soltanto quando si provi che essi, nel momento in cui fecero testamento, erano incapaci di intendere e di volere per qualsiasi causa, anche transitoria, ma in misura tale dal far ritenere che non residuas­sero in loro, del tutto o in minima parte, le facoltà intellettive o la possibilità di opera­re libere e autonome scelte. L’imbecillità può rivestire vari gradi e forme, ma nessuna di esse è tale da distruggere totalmente la capacità di intendere e di volere; essa è sol­tanto suscettibile di ridurre, anche in misura notevole (soprattutto in determinati setto­ri), la capacità di volere» (Cass. Civ. 25.3.1961, n. 679). 149

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE «In tema di impugnazione del testamento le manifestazioni morbose a carattere in­termittente e ricorrente che, pur potendo escludere la capacità di intendere e di volere, qualora la volontà testamentaria sia stata manifestata nel corso di tali episodi, lasciano integre negli intervalli le facoltà psichiche del soggetto, non sono assimilabili alle infermità permanenti ed abituali che diano luogo a momenti di lucido intervallo. Tale diversità di situazioni si ripercuote sull’onere della prova, in quanto mentre nella se­conda ipotesi, qualora l’attore in impugnazione abbia fornito la prova di una infermità mentale permanente, è a carico di chi afferma la validità del testamento la dimostra­zione che lo stesso fu posto in essere in un momento di lucido intervallo - in quanto la normalità presunta è l’incapacità - nella prima ipotesi, invece, quando cioè si tratta di malattia la quale nei periodi di intervallo consente la reintegrazione del soggetto nella normalità della sua capacità intellettiva, l’accertamento di fenomeni patologici ante­riori all’atto di cui si controverte non è sufficiente ad integrare la prova rigorosa della sussistenza della incapacità nel momento in cui l’atto stesso è stato compiuto» (Cass. Civ., sez. II, 22.1.1990, n. 652). 150

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE «L’annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore postula la esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo as­soluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi; l’onere della prova di tale condi­zione grava sul soggetto che impugna la scheda testamentaria, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacità totale e permanente, nel qual caso è compito di chi vuole avvalersi del testamento dimostrare che esso fu redatto in un momento di lucido intervallo» (Cass. Civ., sez. II, 24.10.1998, n. 10571). 151

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE E ancora: nell’ambito delle disposizioni testamentarie secondo una recente sentenza di merito (Trib. Bari, sez. I, 3.5.2010) il testamento può essere annul­lato per incapacità naturale del testatore, laddove tale incapacità non si confi­guri in una qualsiasi condizione patologica, anche transitoria, che sia astrattamente suscettibile di influenzare il volere del testatore, ma solo in quella alte­razione del processo di formazione e di manifestazione della volontà che ren­da il medesimo assolutamente privo della coscienza del significato dei propri atti e ne escluda, di conseguenza, la capacità di autodeterminazio­ne. Ne consegue che non può essere accolta la richiesta di annullamento del testamento in assenza della prova, da parte degli attori, che il de cuius, al momento della redazione del proprio testamento, fosse incapace, nel senso sopra spiegato, di comprendere il significato e la portata dell’atto che stava compiendo. 152

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Altra sentenza di merito (Trib. Roma, sez. Vili, 29.4.2010) ha previsto che l’annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore postula l’esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psi­chiche e intellettive del de cuius, bensì la prova che, a cagione di un’infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ul­tima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autode­terminarsi. Questi provvedimenti hanno recepito in pieno il principio postulato dalla Suprema Corte in una serie di sentenze secondo cui «L’annullamento del testamento per incapacità naturale del testatore postula resi­stenza non già di una semplice alterazione delle facoltà psichico-intellettive del de cuius, ma la ben più rigorosa prova che, a causa di una infermità transitoria o perma­nente, il soggetto, all’atto della formazione delle disposizioni testamentarie, sia stato privo in modo assoluto della capacità di autodeterminarsi, così da versare in condi­zioni analoghe a quelle che, concorrendo l’abitualità, legittimerebbero la pronuncia di interdizione per infermità di mente» (Cass. Civ. sez. II, 27.10.2008, n. 25845). 153

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE «L’annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore postula l’esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi, con il conseguente onere, a carico di chi quello stato di incapacità assume, di provare che il testamento fu redatto in un mo­mento di incapacità di intendere e di volere» (Cass. Civ. sez. II, 15.4.2010, n. 9081). «Ai fini dell’accertamento sulla sussistenza o meno della capacità di intendere e di volere del “de cuius” al momento della redazione del testamento, il giudice del merito non può ignorare il contenuto del testamento medesimo e gli elementi di valutazione da esso desumibili, in relazione alla serietà, normalità e coerenza delle relative dispo­sizioni, nonché ai sentimenti ed ai fini che risultano averle ispirate» (Cass. Civ. sez. II. 5.1.2011, n. 230). 154

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Nella sostanza, partendo dal presupposto che la formazione e la rappresen­tazione della propria volontà testamentaria è un atto personalissimo, la Corte di Cassazione ribadisce che la condizione di incapacità di intendere o di vole­re che per l’art. 591 c.c. esclude la capacità di testare deve ritenersi ricorrente in quelle sole ipotesi in cui per il suo effetto l’individuo sia privato, in modo assoluto, al momento della stesura di un atto di ultima volontà, della capacità di comprenderne il significato ovvero della capacità di autodeterminarsi. L’ipotesi che il testatore, al momento della sottoscrizione della scheda te­stamentaria sia stato «privo in maniera assoluta della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi», può trovare necessità di accerta­mento in due momenti ben distinti: quello in cui la scheda testamentaria è sta­ta compilata senza alcuna formalità particolare, come nel caso del testamento olografo ma non sono da escludere alcuni casi in cui il testamento è stato sottoscritto davanti a un notaio con tanto di testimoni) e il testatore è an­cora in vita; 155

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE in questo caso l’accertamento psichiatrico richiesto - se eseguito nel rispetto di regole metodologiche e deontologiche rigorose - è in grado di offrire dati clinici abbastanza affidabili e una valutazione che si collochi «al di là di ogni ragionevole dubbio», purché ovviamente il tempo trascorso tra la compilazione dell’atto e l’accertamento tecnico non sia eccessivo, perché le condizioni di mente di ogni persona, specie se anziana o affetta da disturbi mentali è suscettibile di mutazioni che possono modificare radicalmente il quadro complessivo. Ben diversamente si pone la costruzione della prova quando l’accertamento avviene sugli atti essendo il testatore deceduto da più o meno tempo; ecco allora che pervenire a conclusioni e a valutazioni che si collochino al di là di ogni ragionevole dubbio è opera assai ardua, spesso aleatoria, spesso vagamente o contraddittoriamente documentata e suscettibile di infinite riserve e censure: donde il rigore della giurisprudenza che - nel rispetto e nella tutela di un atto personalissimo di ultime volontà adotta criteri molto rigorosi e restrittivi per annullare l’atto impugnato, af­fermando il principio di un’incapacità che deve essere accertata e valutata come assoluta. 156

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In entrambi i casi (testatore vivo o deceduto), posto che l’incapacità di cui si tratta sia dimostrabile e venga provata, essa non può essere formulata in modo generico, ma deve essere specificata, caso per caso, tenendo conto della mag­giore o minore complessità del contenuto della volontà testamentaria, anche perché la capacità decisionale (di cui si tratta in ambito civilistico) è concetto ben diverso dalla capacità di intendere e di volere (che è riservata all’ambito penale). Inoltre, un residuo di capacità rimane sempre presente in chi sottoscrive una scheda testamentaria anche in punto di morte, altrimenti non potrebbe nep­pure sottoscriverla, se totalmente incapace (= assolutamente privo di qualsiasi capacità decisionale), come nei casi in cui siano presenti cause di impedimento fisico (mancanza delle mani, paralisi degli arti, ecc.), condizioni di coma, stati di coscienza gravemente alterati, sindromi demenziali conclamate. 157

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Sostanzialmente inficiata è la capacità decisionale di una persona delirante che ingloba nel suo delirio come essere dotato di poteri magici e salvifici o espelle dal suo orizzonte mentale per il suo significato malefico e persecutorio colui o colei che viene rispettivamente incluso o escluso dall’asse ereditario. Analogamente si pone il problema valutativo della persona affetta da un’evidente patologia dell’umore che in fase maniacale può designare suo erede un individuo o un’istituzione che nella fase depressiva vengono investiti di significati e valenze opposte. Problemi di difficile e controversa soluzione possono sorgere di fronte a controverse forme di patologia per quanto riguar­da il funzionamento mentale specifico del testatore e l’individuazione degli indicatori formali e contenutistici sui quali condurre l’analisi psicopatologica e la valutazione forense. Spesso s’introduce la discutibilissima ipotesi del “lucido intervallo” la cui presenza e incidenza deve essere dimostrata e non solo supposta: altrimenti si rende ancora più difficile dirimere dubbi e riserve in punto «assoluta incapacità di autodeterminarsi». 158

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE A proposito delle «infermità mentali a carattere intermittente o ricorrente», una cosa è ragionare in punto intermittenze e ricorrenze sporadiche e lontane nel tempo rispetto a un decorso di sostanziale conservazione del funzionamen­to mentale globale del soggetto; altra cosa è valutare una loro presenza ravvi­cinata nel tempo, al punto da essere dominante il quadro di compromissione psicopatologica rispetto a rari momenti di remissione. Lucidi intervalli e in­termittenze, inoltre, devono essere temporalmente collocate nell’arco della giornata. E ben noto, infatti, che nel corso di una patologia senile involutiva su base vasculopatica le condizioni di mente del paziente si aggravano verso il tardo pomeriggio, nella serata e nelle ore notturne o in lontananza dai pasti, per l’accentuarsi della compromissione circolatoria sistemica e cerebrale e delle correlate alterazioni metaboliche. 159

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Come si vede, il problema è tutt’altro che di facile e felice soluzione, dal momento che la complessità del funzionamento psichico in riferimento all’atto impugnato difficilmente si presta a semplificazioni e a risposte dico­tomiche del tipo “o” “o”. Anche le caratteristiche del contesto in cui l’atto avviene esercitano una loro influenza sulla competence del testatore, fino ad annullarla in certi casi estremi, come quelli che riguardano il soggetto che fa testamento “in punto di morte”, spesso invocando il già citato “lucido intervallo” che è tutto da dimo­strare. Ne consegue che, di là dalla valutazione strettamente psicopatologico clinica, devono essere oggetto di attenta valutazione il contesto in cui è vissu­to il testatore ed è avvenuto l’atto e le persone con cui è stato ed è maggior­mente in contatto, specie nei sempre più frequenti casi di persone anziane che vengono «sequestrate» da parenti che se ne «prendono cura» per ben altri fini rispetto alla tutela della salute dell’anziano e vengono consegnate a «badanti» e a personale assistenziale non completamente disinteressato. 160

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Questi, a causa e in conseguenza dei processi involutivi cui va incontro, può non rendersi conto del reale motivo dell’interessamento del congiunto e di colui che lo assiste e quindi esprimere una volontà viziata dalla sua incapa­cità decisionale, indicandolo(a) come beneficiario per una sorta di automati­smo mnesico (è la persona che vede tutti i giorni accanto a lui), non per una decisione consapevole e autonoma. Una volontà non libera, però, è una volon­tà nulla ed equivale a una incapacità di autodeterminarsi e di valutare gli effet­ti della disposizione testamentaria. Profondamente diverso è il caso della persona in sostanza abbandonata da tutti, ma di cui si prende cura altra persona che non nutre secondi fini, ma at­testa dedizione, rispetto e affetto. In questi casi, la volontà testamentaria può (non deve) essere espressione di una riconoscenza che si propone o si manifesta per la prima volta; in quest’ultimo caso, il suo esatto significato deve esse­re rapportato al funzionamento mentale del testatore, quale possibile accertare in riferimento a quel momento e a quel contesto di vita e di malattia. 161

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Come emerge chiaramente dalla lettura delle pagine che precedono, la valu­tazione di una scheda testamentaria è atto molto complesso e delicato, che av­viene in assenza del testatore essendo questi ormai deceduto, spesso in carenza di una documentazione clinica e testimoniale univoca, esauriente e chiara e in presenza di interessi di varia natura, quasi sempre configgenti tra di loro. Inoltre l’indagine peritale disposta dal giudice istruttore spesso si embrica con quella iniziata nel penale come ipotesi di circonvenzione di persona inca­pace, aggiungendo complessità a complessità clinica e valutativa. 162

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La capacità di disporre per donazione La donazione è definita come «il contratto con il quale, per spirito di libe­ralità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa un suo dirit­to o assumendo verso la stessa una obbligazione» (art. 769 c.c.). Trattasi di negozio giuridico unilaterale. Al capitolo II del titolo V del codice civile si specifica: Art. 774 Capacità di donare «Non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni. È tuttavia valida la donazione fatta dal minore e dall’inabilitato nel loro contratto di matrimonio. Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore emancipato autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale». 163

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 775 Donazione fatta da persona incapace di intendere o di volere «La donazione fatta da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere o di volere al momento in cui la donazione è stata fatta, può essere annullata su istanza del donante, dei suoi eredi o aventi causa (omissis)». Art. 776 Donazione fatta dall’inabilitato «La donazione fatta dall’inabilitato, anche se anteriore alla sentenza di inabilita­zione o alla nomina del curatore provvisorio, può essere annullata se fatta dopo che è stato promosso il giudizio di inabilitazione (omissis)». Sull’atto di donazione rileva anche una condizione che, se pur non toglie in modo assoluto e completo la capacità di agire, sconvolge e perturba grave­mente il processo intellettivo e volitivo, tanto da impedirne il normale funzio­namento e da menomare sostanzialmente la capacità decisionale. 164

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Disordine psichico, quindi, che, come ha più volte confermato il Supremo collegio, «Non deve intendersi nell’annullamento totale dei poteri psichici, essendo suffi­ciente che detti poteri siano perturbati in grado tale da impedire al soggetto una seria valutazione dei propri atti e la formazione di una volontà cosciente» (Cass. Civ. n. 35/1969 e n. 43/1972). Anche in quest’ambito, dunque, il discorso non si discosta nella sostanza da quanto già scritto nel paragrafo 3. Ogni donazione è un atto di libertà vali­do fino a prova contraria; esso appartiene alla sfera dei diritti che il singolo può esercitare come, quando e in favore di chi vuole. Il suo operato non è cen­surabile, se non di fronte a precisi disturbi patologici che hanno sostanzial­mente incrinato l’esercizio del suo libero processo decisionale. Più delicato e controverso è l’accertamento di quel “disordine psichico” di cui alla precedente sentenza: esso potrebbe essere inteso come condizione di “deficienza psichica” di cui alla circonvenzione di persone incapaci (volume primo, parte generale, paragrafo 26/b) e la cui valutazione - trattandosi di no­zione non clinica - spetta a un giudice, non certo a un perito, il cui compito è al più quello di pome le premesse psicologiche e/o psicopatologiche. 165

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’annullabilità dei contratti Il contratto è definito come «l’accordo di due o più parti per costituire, rego­lare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale» (art. 1321 c.c.). Trattasi di negozio giuridico bilaterale. Si precisa all’art. 1425 c.c. che «il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrarre. È parimenti annullabile, quando ricorro­no le condizioni stabilite dall’art. 428, il contratto stipulato da persona incapa­ce di intendere o di volere». Sono incapaci di contrarre: il minore degli anni 18 (salvo i casi in cui non è stabilita una età di­versa: v. art. 2 c.c.); l’interdetto e l’inabilitato (art. 427 c.c.); la persona incapace di intendere o di volere, per qualsiasi causa, al momento in cui gli atti sono stati compiuti (art. 428 c.c.). 166

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE «Le alterazioni che non attengono direttamente alle facoltà intellettuali o volitive del soggetto stesso, ma soltanto alla sfera del carattere, non assumono rilievo alcuno ai fini del giudizio sull’incapacità naturale, tutte le volte che esse non incidono sull’attitudine del soggetto di determinarsi in base ad atti di volontà cosciente» (Cass. Civ. 25 gennaio 1977, n. 418). Anche in questo caso, l’incapacità di intendere e di volere deve essere letta e intesa come incapacità decisionale. Infine, il contraente «il cui consenso fu dato per errore, estorto con violenza, o carpito con dolo, può chiedere l’annullamento del contratto» (art. 1427 c.c. Merita, a questo punto, fare qualche cenno alla confezione formale e con­tenutistica degli atti finora esaminati (scheda testamentaria, atto di donazione o similari). 167

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Nel prendere in esame detti documenti occorre innanzi tutto determinare se essi sono autografi, scritti cioè di pugno del periziando, oppure se sono stati compilati da terzi. Posto che si tratti di scheda testamentaria o atto di donazione autografi, gli elementi da prendere in attenta, particolareggiata analisi, sono: il contenuto del documento. E evidente che un delirante di grandezza o un grave depresso possono ri­spettivamente sopravvalutare o sottovalutare quello che realmente possiedono e che possono lasciare agli eredi o donare a terzi. Così pure l’insufficiente mentale o il soggetto affetto da disturbi mentali organici si trova nelle condi­zioni di non essere obiettivo, preciso e critico nelle sue decisioni. Il modo in cui è stilato il documento. Esso può offrire utili indicazioni sullo svolgimento dei processi di pensiero, sulla coerenza e sulla continuità dei nessi logici, sulla conservazione di una normale efficienza intellettiva, o, per converso, su loro alterazioni patologiche. 168

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La confezione formale. Eventuali sgrammaticature o errori di ortografia o di sintassi possono esse­re correlati a deficit nozionistici e culturali settoriali che, se non precisamente quantificati, appaiono indicatori troppo vaghi e suscettibili di giudizi oltremo­do soggettivi da parte del perito. Come tali, anche sotto il profilo qualitativo, essi non possono incidere sostanzialmente sulla validità del documento sotto- scritto. Possono, però, discostarsi da precedenti scritti denotanti un livello no­zionistico e culturale medio-superiore; diventa allora obbligatorio procedere a dei “distinguo” tra un “prima” e un “dopo”, per comprendere l’esatto signifi­cato psicopatologico di questi indicatori grafici. 169

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE E inoltre importante esaminare il tipo di grafìa con la quale è stata confe­zionata la scheda testamentaria o la donazione. Anche se non esistono paralle­lismi obbligati e univoci, una grafia lineare, sicura, omogenea, precisa può es­sere, a buon diritto, ritenuta espressiva di quella coerenza e di quella logicità di analisi e di giudizio che tanta rilevanza assumono nel considerare valido l’atto. È noto, per contro, come nei disturbi mentali organici, siano essi acuti o croni­ci, nonché nei quadri di esaltazione maniacale, è dato osservare alterazioni formali della scrittura consistenti soprattutto in grafia di calibro che va man mano riducendosi fino a divenire illeggibile, irregolarità e disomogeneità più o meno accentuate (macro- micro-disgrafie), con presenza di segni grafici trat­teggiati con linea incerta e tremula, spezzati, staccati gli uni dagli altri, di di­versa altezza e dimensione, con ripetizione od omissione o accostamento, tal­volta incomprensibile, di lettere o sillabe fino a costituire vera e propria «insa­lata» di parole. Così assumono un loro pertinente significato eventuali incapa­cità di numerazione progressiva o ingiustificata demarcazione dei numeri. 170

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Lo scritto di un periziando può essere utilizzato come test psicodiagnostico e, precisamente, come test di disegno. Un suo preciso significato, sia nell’escludere sia nell’affermare l’esistenza di una patologia di mente, va col­to attraverso una sua collocazione in un contesto clinico di cui sono costitutivi altri elementi, a completamento, supporto, conferma o smentita delle conside­razioni che si possono isolatamente trarre dall’analisi formale e contenutistica del documento contestato. Si ricordi, a questo proposito, che alterazioni grafiche possono essere ri­condotte anche a determinate malattie neurologiche che nulla incidono sulle facoltà psichiche del soggetto. L ’esame comparativo. È infine fondamentale poter procedere a un esame comparativo con scritti e documenti del periziando che risalgano a epoca non sospetta: ciò sia per confrontare gli aspetti formali, sia per sapere se esiste o meno una coerenza di volontà nel tempo (aspetti contenutistici). 171

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Per giudicare dell’annullabilità di un testamento, come già scritto, si adotta, in linea di massima, un criterio restrittivo e rigido, quando si tratta di un atto concettualmente e formalmente semplice e che implica attività mentali altrettan­to semplici ed elementari (incapacità assoluta). Diversamente ci si dovrebbe regolare quando si tratta - e ci ripetiamo ma l’argomento è troppo importante per essere posto in secondo piano - di una scrittura testamentaria molto articola­ta e dettagliata (incapacità relativa). In tal caso, altri elementi dovranno soccor­rere l’esaminatore nel complesso suo lavoro di valutazione sugli atti, quali: gli aspetti formali di stesura grafica; gli aspetti contenutistici: loro coerenza e logicità sequenziale; l’ordine espositivo; la coerenza o incoerenza con precedenti volontà testamentarie; il momento cronologico in cui è stato sottoscritto l’atto per le ragioni già dette. 172

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Nell’ambito di un atto, di un contratto e di una donazione, atti decisamente più complessi sia sotto il profilo formale che contenutistico, e quindi compor­tanti prestazioni intellettive ed emotive più sofisticate ed articolate, si applica­no concetti più ampi per valutarne validità o meno. Al limite, anche gli stati emotivi possono assumere rilevanza nel giudizio di incapacità «naturale», quale regolata nell’art. 428 c.c., purché siano produttivi di una sostanziale compromissione di competence specifica, legata alla natura e al significato dell’atto da compiere o compiuto. 173

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In tema di «incapacità naturale» In tutti e tre i capitoli precedenti (testamento, donazione e contratto (artt. 591, 775 e 1425 c.c.), al di fuori dei casi di interdizione, di inabilitazione e di limiti di età, si fa riferimento ad una incapacità di intendere o di volere, anche transitoria e dovuta a una qualsiasi causa (quindi: l’infermo di mente, l’anziano, il malato grave, il drogato, l’ubriaco, l’ipnotizzato, ecc.). Essa è re­golata dall’art. 428 c.c. che così testualmente recita: Art. 428 c.c. Atti compiuti da persona incapace di intendere o di volere «Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesi­ma o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore. 174

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando (omissis) risulta la malafede dell’altro contraente (omissis)». L’incapacità naturale deve essere tale da pregiudicare una corretta va­lutazione dell’atto (contratto, atto unilaterale, testamento, dimissioni del la­voratore) che si sta compiendo, ai fini della sua impugnabilità. Per l’annullamento dell’atto occorre, oltre all’incapacità di intendere e vo­lere, un grave pregiudizio in danno dell’incapace. Secondo una sentenza della cassazione civile (sentenza del 9 agosto 2007, n. 17583) è sufficiente la malafede dell’altro contraente, senza che sia richiesto un grave pregiudizio per l’incapace; però quando, in concreto, questo pregiudizio si sia verificato, può costituire un sintomo rivelatore della malafede del contraente non incapa­ce; però quando, in concreto, questo pregiudizio si sia verificato, può costitui­re un sintomo rivelatore della malafede del contraente non incapace. 175

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La «incapacità naturale» di cui sopra, secondo la giurisprudenza di legitti­mità, consiste dunque in una condizione di mente presente «al momento in cui gli atti sono stati compiuti» ed è tale da rendere la persona «incapace di inten­dere o di volere», pur non essendo essa interdetta. Occorre distinguere due casi diversi: l’atto compiuto è un negozio unilaterale; l’atto compiuto è un contratto. Un negozio giuridico si dice unilaterale se, per costituirlo, è sufficiente la manifestazione di volontà di una sola parte. Esempio: il testamento, la rinuncia ad una eredità, sono negozi unilaterali. I negozi unilaterali conclusi quando il soggetto è incapace naturale possono essere annullati su istanza della persona stessa o dei suoi eredi o aventi causa. L’annullamento, però, è possibile solamente se ne risulta un grave pregiudizio per l’autore. Il contratto è un negozio giuridico avente natura patrimoniale concluso tra due o più parti. Esempio: l’acquisto o la vendita di un immobile, l'affitto di un negozio o di un appar­tamento, la concessione di un credito, sono contratti. I contratti, conclusi quando il soggetto è incapace, possono essere annullati solamente se si dimostra la malafede dell’altro contraente, cioè solamente se si dimostra che l’altra parte era consapevole dello stato di incapacità del soggetto. In entrambi i casi l’azione di annullamento si prescrive in 5 anni dal giorno in cui l’atto è stato compiuto. 176

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Abbiamo già più volte precisato che questa incapacità di intendere e di vo­lere riferita a donazioni, atti, contratti e testamenti, a seconda dell’atto specifi­co in esame, si identifica con la compromissione fino all’assenza di compe­tenza decisionale. Qualsiasi causa è quel quid pluris o quid novi, anche transeunte e/o rapi­damente esauribile, che - rivestendo caratteristiche di «malattia» - comporta la suddetta incapacità sotto il profilo funzionale. Il provvedimento intende tu­telare anche le persone non interdette, purché la causa «qualsiasi» e «transito­ria» le abbia rese - nel momento in cui gli atti sono stati compiuti - incapaci di intendere o di volere (leggi: non competenti). Rilevano, così, non solo le forme maggiori di malattia mentale, ma anche stati psicopatologici acuti e isolati, quali sindromi confusionali (tossiche, tos­si-infettive, febbrili, ecc.), bouffées deliranti acute, disturbi psicopatologici epilettici, episodi maniacali, quadri di intossicazione da alcool, stupefacenti e psicofarmaci, e altro: perché tutti idonei nel produrre l’incapacità funzionale di cui sopra. 177

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La loro gravità, ai sensi dell’art. 428 c.c., però deve essere tale da aver im­pedito, al momento della contratta obbligazione, l’esatta, adeguata valutazione della portata economica, giuridica, sociale dell’atto che si stava per compiere e una conseguente, libera autodeterminazione. Cass. Civ. sez. II, sent. 26.5.2000, n. 6999: «Per aversi incapacità naturale di uno dei contraenti, al momento della conclusio­ne del contratto, non è sufficiente che il normale processo di formazione e di estrinse­cazione della volontà sia in qualche modo turbato, come può accadere in caso di grave malattia, ma è necessario che le facoltà intellettive e volitive del soggetto siano - a causa della malattia - perturbate al punto di impedirgli una seria valutazione del con­tenuto e degli effetti del negozio, ciò che va provato in modo rigoroso e specifico (Omissis)». 178

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE «... Occorre distinguere tra infermità tipica, permanente o abituale, e infermità mentale a carattere intermittente o ricorrente: nel primo caso, essendo l’incapacità lo stato normale del soggetto, essa si presume e spetta a colui che ha interesse a sostene­re la validità del testamento provare che esso fu redatto in un momento di lucido in­tervallo; nel secondo caso (cui, tra l’altro, dà luogo - come nella specie - la demenza arteriosclerotica), essendo, invece, la normalità rappresentata dall’alternarsi di perio­di di capacità a periodi d’incapacità, non vi è fondamento logico per un’analoga pre­sunzione, sicché colui che impugna il testamento ha l’onere di provare che questo fu redatto in un momento d’incapacità d’intendere e di volere» (Cass. Civ. sez II, 4.5.1982, n. 2741). 179

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE «L’incapacità naturale del disponente che ai sensi dell’art. 591 c.c. determina l’invalidità del testamento non si identifica in una generica alterazione del normale processo di formazione ed estrinsecazione della volontà ma richiede che, a causa dell’infermità, il soggetto, al momento della redazione del testamento, sia assolutamente privo della coscienza del significato dei propri atti e della capacità di autodeterminarsi, così da versare in condizioni analoghe a quelle che, con il concorso dell’abitualità, legittimano la pronuncia di interdizione; ai fini del relativo giudizio il giudice di merito, in particolare, non può ignorare il contenuto dell’atto di ultima vo­lontà e gli elementi di valutazione da esso desumibili, in relazione alla serietà, norrnalità e coerenza delle disposizioni, nonché ai sentimenti ed ai fini che risultano averle ispirate» (Cass. Civ. sez. II, 22.5.1995, n. 5620). 180

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE A differenza di quanto stabilito per la pronuncia dell’inabilitazione e dell’interdizione, dunque, alla condizione di mente di cui sopra non è richie­sta alcuna connotazione di particolare qualificazione, durata, stabilità ed abi­tualità; ne è sufficiente la transitorietà, purché riferita all’atto compiuto, in­dipendentemente da condizioni preesistenti o susseguenti l'atto. Come già detto, lo stato d’incapacità naturale deve essere «totale» per an­nullare un testamento (art. 591 c.c.), mentre è sufficiente che sia «parziale» per annullare un atto o un contratto (artt. 428 e 775 c.c.). Questa considera­zione discende dal fatto che i Diritti personalissimi (diritto alla salute, consen­so agli accertamenti e ai trattamenti sanitari, matrimonio, testamento, ricono­scimento di un figlio, adozione, separazione) non sono cedibili se non in con­dizioni “estreme” di incapacità; quelli cedibili (i Diritti patrimoniali, a esem­pio), invece, possono essere più facilmente ceduti e delegati. In punto diritti personalissimi, non cedibili, la capacità decisionale è presunta per legge e non deve essere provata: quella che deve essere dimo­strata è, invece, l’incapacità. 181

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Siamo pertanto di fronte a due stati di «incapacità naturale» categoriali e funzionali differenti, l’uno inteso in senso restrittivo (con le attenzioni già ri­chiamate), l’altro invece proposto secondo una interpretazione estensiva della incapacità di intendere o di volere. In entrambi i casi è richiesta molta accura­tezza valutativa e una precisa analisi anche del contesto situazionale e delle circostanze incombenti l’oggetto del contendere. Ovviamente, ma su ciò ritorneremo più avanti (La capacità decisionale e la sua valutazione), è indispensabile che la persona che vuole o deve prendere una decisione in uno degli ambiti precedentemente descritti sia in possesso delle informazioni essenziali relative ai contenuti e ai risvolti negativi e posi­tivi dell’atto che si accinge a fare o a consentire o a dissentire. Tanto più complesso è tale atto tanto più articolate e specifiche devono es­sere le conoscenze relative di cui già si è in possesso o che si possono acquisi­re attraverso un’informazione completa e corretta, la cui comprensione deve essere verificata attraverso la restituzione del consenso/dissenso. 182

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La patologia mentale, di per se stessa, non costituisce incapacità decisiona­le, se non nella misura in cui incide sostanzialmente sulla capacità di com­prendere (la patologia cognitiva), di conferire un significato adeguato e reali­stico (la patologia delirante), di prendere una decisione congrua e di fornire contenuti verosimili alla stessa (la patologia affettiva) e sulla possibilità di prenderla (gli stati di coscienza alterati). La semplice ignoranza del contenuto e del significato dell’atto compiuto o che si va a compiere, se non dovuta ad altra causa contemplata dalla legge o di competenza clinica, non è di per se sola considerata elemento sufficiente per introdurre una tesi di assenza di competenza e quindi di incapacità de­cisionale. 183

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In tutti questi casi, il quesito può essere formulato nel seguente modo: «dica il consulente tecnico d’ufficio, esaminati gli atti di causa e la documentazione prodotta dalle parti, visitato il periziando, compiute inoltre tutte le indagini del caso, se (nome e cognome), al momento in cui l’atto è stato compiuto (testamento, donazione, contratto, sottoscrizione di debito o altro), tenuto conto del contesto in cui il fatto è av­venuto, fosse, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere o di volere: privato, cioè, della competenza necessaria per autodeterminarsi liberamente e condurre a buon fine l’atto oggetto della presente indagine e impugnato dalla parte attrice». Questo tipo d’incapacità, ci ripetiamo, va tenuto distinto dall’incapacità le­gale, in cui la perdita della capacità di agire è stabilita dalla norma di legge, indipendentemente dalle condizioni psichiche del soggetto (l’infradiciottenne, l’interdetto, l’ergastolano, ad esempio, sono ex lege in stato di incapacità lega­le). I negozi giuridici compiuti da soggetti legalmente incapaci sono annulla­bili (art. 1425, comma 1, c.c.), ma non è annullabile il contratto stipulato dal minore che abbia occultato con raggiri la sua minore età (art. 1426 c.c.). 184

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Nel caso in cui il testatore o il donatore sia deceduto e si disponga una c.d. perizia storica, la valutazione tecnica dovrà forzatamente prescindere dall’esame del periziando; si articolerà, pertanto, nei punti già precisati nel capitolo dedicato agli accertamenti particolari, paragrafo al. Certamente i dati clinici desumibili da cartelle e certificazioni sono i più at­tendibili rispetto a quelli documentali di altra natura e testimoniali. Questi ulti­mi, in particolare, risentono inevitabilmente del trascorrere del tempo e della carenza di obiettività di testimoni non terzi, ma citati dalle parti. Pertanto le loro dichiarazioni vanno prese in considerazione solo quando concordano con le ri­sultanze della documentazione clinica e di altri dati obiettivi altrimenti ottenuti. Le memorie di parte, come sempre, esprimono solo dei pareri, di cui è possibile tenere conto nella misura in cui esse sono il prodotto del ragiona­mento terminale di una metodologia corretta e rispettosa della criteriologia psichiatrico-forense. 185

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’indegnità a succedere L’art. 463 c.c. (Casi d’indegnità), così testualmente recita: «È escluso dalla successione come indegno: 1 ) chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui succes­sione si tratta o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima, purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilità a norma della legge penale (artt. 45-54 c.p.) (omissis)». Può accadere che in caso di omicidio-suicidio tra coniugi, ascendenti, di­scendenti o uccisione della persona della cui successione si tratta, sia disposta consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare le condizioni di mente dell’omicida al momento del fatto. Infatti, se questi è capace di intendere e di volere, egli è dichiarato indegno a succedere; invece, non si dà luogo a tale provvedimento, se l’imputabilità dell’autore è esclusa per vizio totale di men­te. Ciò, indipendentemente dall’accertamento delle condizioni previste negli artt. 45-54 c.p. 186

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La soluzione è molto più agevole quando si riesce a stabilire chi è l’autore e chi la vittima e, soprattutto, l’autore è sopravvissuto all’atto o si è limitato a uccidere. Il problema presenta difficoltà grandissime, quando si tratti di stabi­lire la reale dinamica del fatto, come nei casi di suicidio doppio o di suicidio collettivo. Indipendentemente dagli accertamenti medico-legali, il magistrato può disporre perizia psichiatrica sulle condizioni di mente del presunto autore e della presunta vittima. Risolto l’aspetto medico-legale, utilizzerà poi le une o le altre perizie per giungere alle sue conclusioni. Si tratta anche qui d’indagini psichiatriche molto complesse che vanno svolte sugli atti, sui documenti e sulle testimonianze; queste ultime devono essere esaminate con cura particolare, poiché «ognuno tira l’acqua al suo mu­lino» e non è possibile procedere a confronti e riscontri obiettivi e diretti circa le dichiarazioni rese da terzi, che talvolta hanno conosciuto solo marginal­mente o addirittura indirettamente i periziandi. 187

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il quesito può essere formulato nel seguente modo: «Dica il consulente tecnico d’ufficio, esaminati gli atti di causa, le prove orali nel­la stessa esperite, la documentazione prodotta dalle parti ed effettuata ogni altra inda­gine che riterrà opportuna, se all’epoca del fatto il soggetto fosse, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere». 188

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’invalidità del matrimonio La cerimonia di celebrazione del matrimonio civile comprende tre momen­ti specifici: La lettura di tre articoli del Codice Civile (artt. 143, 144, 147); L’esplicita e pubblica dichiarazione di volontà di coniugarsi; La lettura dell’atto di matrimonio e la sua sottoscrizione da parte degli sposi, dei testimoni e dell’Ufficiale di Stato Civile. La cerimonia è di breve durata e si svolge nel seguente modo: gli sposi si presentano davanti all’Ufficiale di Stato Civile (celebrante) accompagnati da due testimoni; il celebrante legge gli articoli del Codice Civile: 189

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 143 Diritti e doveri reciproci dei coniugi Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e ma­teriale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità-di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della fa­miglia. Art. 144 Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residen­za della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato. 190

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 147 Doveri verso i figli Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspi­razioni dei figli. A questo punto il celebrante, ottenuto il consenso di entrambi i nubendi, li dichiara uniti in matrimonio. Sussiste matrimonio solo alla presenza di presupposti specifici: diversità di sesso tra gli sposi, libera e reciproca manifestazione di volontà e scambio dei consensi alla presenza deH’Ufficiale di Stato Civile. Non è prescritta alcuna formalità o procedura per accertare la validità di un consenso/dissenso, se non quando l’atto è impugnato da una delle due parti e da tutti quelli che abbiano un interesse o un dovere legittimo (art. 119 c.c.). Dal vincolo matrimoniale discendono una molteplicità di rapporti patrimo­niali e di diritti e obblighi tra coniugi e tra genitori e figli (artt. 143 c.c.). 191

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Inoltre il legislatore ha previsto altre condizioni necessarie per contrarre matrimonio civile (artt. 84-89 c.c.). In particolare: Art. 84 Età «I minori di età non possono contrarre matrimonio. Il Tribunale, su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matri­monio chi abbia compiuto i 16 anni (omissis)». Occorrono dunque gravi motivi e che il minore abbia compiuto i sedici anni e non ancora i diciotto, affinché gli sia concesso di contrarre il matrimo­nio. Dopo il compimento del 18m0 anno di età, il matrimonio è valido, se non inficiato da altre cause. 192

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La competenza in tale ambito è del Tribunale per i minorenni. Se le circostanze lo esigono, il tribunale nomina un curatore speciale che as­sista il minore nella stipulazione delle convenzioni matrimoniali (art. 90 c.c.). Art. 85 c.c. Interdizione per infermità di mente «Non può contrarre matrimonio l’interdetto per infermità di mente (116, 117, 119, 414). Se l’istanza di interdizione è soltanto promossa, il pubblico ministero può chiedere che si sospenda la celebrazione del matrimonio (omissis)». Agli artt. 117 e segg. del codice civile sono previste tutta una serie di con­dizioni e di situazioni che invalidano il matrimonio (v. anche la «Riforma del diritto di famiglia», 1. 19.5.1975, art. 224, n. 151). 193

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Di interesse specifico sono i seguenti articoli: Art. 117 c.c. Matrimonio contratto con violazione degli artt. 84, 86, 87 e 88 «Il matrimonio contratto con violazione degli artt. 86, 87 e 88 può essere impu­gnato dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano per impugnarlo un interesse legittimo e attuale. Il matrimonio contratto in violazione dell’art. 84 può essere impugnato dai coniu­gi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero (omissis)». L’art. 84 c.c. - lo ricordiamo - precisa i limiti di età (16 anni) di sotto ai quali non può essere contratto matrimonio civile. L’art. 86 si riferisce alla libertà di stato, nel senso che «non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente». L’art. 87 c.c. elenca tutti quei soggetti che non possono contrarre matrimo­nio fra di loro. 194

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’art. 88 c.c. precisa che non possono contrarre matrimonio tra di loro «le persone delle quali l’una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra». Inoltre il matrimonio può essere annullato se il consenso alle nozze è stato ottenuto con violenza fisica o morale, oppure è stato determinato da grave ti­more causato da fattori esterni. L’annullamento non può essere richiesto se i coniugi hanno coabitato per almeno un anno dopo la cessazione della violenza o delle cause che hanno determinato il timore. Infine, è considerata causa di annullamento non solo l’errore sull’identità dell’altro coniuge, ma anche l’errore essenziale (che abbia cioè determinato il consenso) su qualità personali che riguardino: L’esistenza di una malattia fisica o psichica o di un’anomalia o devia­zione sessuale, che impediscano lo svolgimento della vita coniugale. 195

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo (cioè cosciente e volontario) alla reclusione non inferiore a 5 anni. La dichiarazione di delinquenza abituale o professionale. La condanna a una pena non inferiore ai due anni per reati che riguarda­no la prostituzione. Il fatto che la donna aspetti un figlio da un’altra persona. Se la gravidan­za è stata portata a termine, deve essere fatto il disconoscimento di paternità (vedere capitolo Genitori e figli). In tutti questi casi l’annullamento non può aver luogo se i coniugi hanno abitato insieme per un anno dopo che è stato scoperto l’errore. 196

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In data 21 maggio 2016 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana la Legge n. 76/2016, ovverossia la Legge sulle Unioni Civili e Coppie di Fatto. Si tratta di una legge costituita da un solo articolo suddiviso in due parti che regolano: - le unioni civili tra persone maggiorenni dello stesso sesso; si tratta di un legame diverso dal matrimonio fra eterosessuali, anche se presenta molti do­veri e diritti in comune. Il comma 20 dice ancora esplicitamente che, al fine di tutelare diritti e doveri, «le disposizioni che si riferiscono al matrimonio» in tutte le altre leggi, e quelle che contengono le parole “coniuge” e “coniugi”, si intendono applicate anche alle persone che si uniscono civilmente; queste unioni vengono formalizzate davanti a un ufficiale di stato civile, alla presen­za di due testimoni, con acquisizione di stessi diritti e assunzione di stessi do­veri; se l’unione dovesse cessare, le parti hanno diritto all’eredità, alla pen­sione di reversibilità e al mantenimento; la separazione avviene davanti al l’ufficiale di stato civile, quando le parti ne manifestano la volontà (anche disgiunta); non è possibile che il genitore non biologico adotti il figlio, natura­le o adottivo, del partner, ma non è vietato che i giudici si possano pronuncia­re caso per caso; 197

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE - le convivenze di fatto; esse sono costituite da due persone maggiorenni (sia etero che omosessuali) non legate da vincoli giuridici ma da un legame affettivo e che possono regolare i propri rapporti patrimoniali attraverso un contratto di convivenza, che prevede obbligo reciproco di assistenza morale e materiale, reversibilità della pensione e diritto di eredità, assistenza ospedalie­ra e penitenziaria, residenza, modalità di contribuzione alla vita comune, co­munione dei beni. Oltre che in caso di morte o di matrimonio, la convivenza si risolve per accordo delle parti o per volontà unilaterale. La definizione della coppia di fatto è espressa con chiarezza dal comma 36: «Ai fini delle disposizioni di cui ai commi da 37 a 67 si intendono per “conviventi di fatto” due persone maggiorenni unite stabilmente da legami af­fettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civi­le». Comune a tutte le coppie di fatto sono i diritti che la legge attribuisce ai conviventi a prescindere da ogni pattuizione. 198

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In particolare, il comma 47 estende la possibilità al convivente di formula­re istanza di interdizione e il comma 48 prevede la possibilità che il convivente possa essere nominato tutore curatore o amministratore di sostegno dell’altro convivente dichiarato interdetto, inabilitato o che abbia il beneficio dell’amministrazione di sostegno. Il comma 57 prevede la nullità insanabile del contratto di convivenza se stipulato (a) in presenza di un vincolo matrimo­niale, (b) di una unione civile, o (c) di un altro contratto di convivenza, o se (d) stipulato in violazione del comma 36, o (e) se concluso da una persona di età minore o (f) da persona interdetta giudizialmente o infine (g) nel caso in cui un convivente sia stato condannato per omicidio consumato tentato sul coniuge, sull’unito civile o convivente dell’altro. 199

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Quali sono le conseguenze dell’annullamento rispetto ai figli? I figli nati, concepiti, riconosciuti e adottatati durante un matrimonio in seguito dichiarato nullo non subiscono alcuna modifica nella loro situazione giuridica: manten­gono cioè tutti i diritti e tutti i doveri nei confronti dei due genitori, sia rispetto al passato sia al futuro. Vi è solo un’eccezione: se il matrimonio è annullato per bigamia o per parentela e entrambi i genitori erano in malafede, i figli non vengono più considerati legittimi, ma assumono la qualità di figli naturali. A questo proposito, la legge 10 dicembre 2012, n. 219, recante «Disposi­zioni in materia di riconoscimento dei figli naturali» (G. U. Serie Generale n. 293 del 17.12.2012) ed entrata in vigore il 1 gennaio 2013 ha dettato le se­guenti disposizioni in materia di filiazione L’articolo 74 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 74 (Parentela). - La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo. Il vincolo di paren­tela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età, di cui agli articoli 291 e seguenti». 200

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE All’articolo 250 del codice civile (Riconoscimento) sono apportate le seguenti modificazioni: a) il primo comma è sostituito dal seguente: «Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, nei modi previsti dall’articolo 254, dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepi­mento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente»; b) al secondo comma (“il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo consenso”), le parole: «sedici anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattordici anni»; c) al terzo comma (“il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell’altro genitore che ubbia già effettuato il riconoscimento”), le parole: «sedici anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattordici anni»; d) il quarto comma è sostituito dal seguente: «Il consen­so non può essere rifiutato se risponde all’interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell’altro genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente che fissa un termine per la notifica del ricorso all’altro genitore. 201

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla notifica, il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta opposizione, il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimen­to, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la rela­zione, salvo che l’opposizione non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazio­ne all’affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell’articolo 315-bis e al suo cognome ai sensi dell’articolo 262»; e) al quinto comma sono aggiunte, in fine, le se­guenti parole: «, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto ri­guardo all’interesse del figlio». 202

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’articolo 251 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 251 (Autorizzazione al riconoscimento). - Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all’infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Il riconoscimento di una persona minore di età è autorizzato dal Tribunale per i minorenni». Il primo comma dell’articolo 258 del codice civile (Effetti del riconoscimento) è sostituito dal seguente: «Il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso». L’articolo 276 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 276 (Legittima­zione passiva). - La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei con­fronti dei suoi eredi. In loro mancanza, la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso. Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse». 203

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La rubrica del titolo IX del libro primo del codice civile è sostituita dalla se­guente: «Della potestà dei genitori e dei diritti e doveri del figlio». L’articolo 315 del codice civile è sostituito dal seguente: «Art. 315 (Stato giuri­dico della filiazione). - Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico». Dopo l’articolo 315 del codice civile, come sostituito dal comma 7 del presente articolo, è inserito il seguente: «Art. 315-bis (Diritti e doveri del figlio). - Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il fi­glio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i paren­ti. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove ca­pace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa». 204

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Nel titolo XIII del libro primo del codice civile, dopo l’articolo 448 è aggiunto il seguente: «Art. 448-te (Cessazione per decadenza dell'avente diritto dalla potestà sui figli). - Il figlio, anche adottivo, e, in sua mancanza, i discendenti prossimi non sono tenuti all’adempimento dell’obbligo di prestare gli alimenti al genitore nei con­fronti del quale è stata pronunciata la decadenza dalla potestà e, per i fatti che non integrano i casi di indegnità di cui all’articolo 463, possono escluderlo dalla successio­ne». È abrogata la sezione II del capo II del titolo VII del libro primo del codice ci­vile. 11. Nel codice civile, le parole: «figli legittimi» e «figli naturali», ovunque ricor­rono, sono sostituite dalla seguente: «figli». Il Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 ha dettato la Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219 (G.U.. n. 5 del 8.1.2014), che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di modifica delle disposizio­ni vigenti in materia di filiazione. 205

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’affidamento dei figli minori, così come il contributo di ciascun genitore al loro mantenimento, educazione e istruzione, può essere stabilito d’accordo fra i genitori o ricorrendo al Giudice. Art. 119 c.c. Interdizione «Il matrimonio di chi è stato interdetto per infermità di mente (85, 414) può essere impugnato dal tutore, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo se, al tempo del matrimonio, vi era già sentenza dì interdizione passata in giudicato, ovvero se la interdizione è stata pronunziata posteriormente ma l’infermità esisteva al tempo del matrimonio. Può essere impugnato, dopo revocata l’interdizione, anche dalla persona che era interdetta. L’azione non può essere proposta se, dopo revocata l’interdizione, vi è stata coabi­tazione per un anno». 206

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Art. 120 c.c. Incapacità di intendere o di volere «Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che, quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio (art. 428). L’azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza delle facoltà mentali». Di stretta competenza psicologico psichiatrica sono i casi di cui agli artt. 119 e 120 c.c. sono tutti casi di invalidità, per cui il matrimonio contratto per­de di validità e viene annullato. Da notare che il legislatore, al di fuori e al di là dell’infermità di mente quale prevista nell’art. 119 c.c., ha inteso affermare, in analogia a quanto già stabilito negli artt. 428, 591, 775 e 1425 c.c., la rilevanza di «qualunque cau­sa», anche non strettamente patologica e inquadrabile in una precisa nosogra­fia psichiatrica, nell’invalidare un matrimonio, purché presente al momento della sua celebrazione e purché causativa d’incapacità di intendere o di volere. 207

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Quindi anche situazioni transeunti di «incapacità naturale», quali ubriachezza, intossicazione da stupefacenti, reazioni abnormi, disturbi emotivi della perso­nalità, ecc., che, invece, come abbiamo visto, hanno nulla importanza ai fini dell’applicazione degli artt. 88 e 89 c.p. e ai fini dell’accertamento dell’infer­mità mentale rilevante in molte delle situazioni finora esaminate in ambito civilistico. Il fatto che il legislatore non abbia sancito preclusioni non autorizza però lo psichiatra a essere corrivo in una materia tanto delicata, per non correre il rischio di giungere a conclusioni opinabili, gratuite, soggettive, che, a mio av­viso, non andrebbero tenute in nessun conto da chi deve poi giudicare. Se la libertà personale va tutelata, bisogna stare attenti a non legittimare - in nome di questa tutela - ripensamenti, ritorsioni, ricatti o riserve postume; situazioni, tutte, che si possono creare durante la vita matrimoniale per incomprensioni di vario genere e che pos­sono essere utilizzate in un’ottica deresponsabilizzante: libertà invece implica responsabilità, e viceversa. 208

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE E chiaro che una malattia mentale, presente al momento della celebrazio­ne, può invalidare il matrimonio, purché abbia inciso sulla capacità decisio­nale del soggetto o dei soggetti, al punto di renderlo o renderli incapaci di in­tendere o di volere. Così pure, come già detto, una condizione di mente tran­seunte che comporti però uno «stato d’infermità» tale da indurre una «incapa­cità naturale» al momento della contrazione matrimoniale. L’azione di annullamento deve essere proposta al massimo entro un anno di coabitazione dopo che il coniuge malato «ha recuperato la pienezza delle facoltà mentali» (art. 120 c.c.). Se invece, essendo guarito il coniuge malato, c’è coabitazione che dura un anno, trascorso questo non può essere proposta azione di annullamento (annullabilità relativa sanabile). Il ripristino delle facoltà mentali è interpretato come un recupero di un corretto intendere e di un libero volere la situazione matrimoniale in atto (=» ripristino della capacità decisionale). La norma, quindi, non pone limiti alla durata della malattia e della conseguente incapacità, ma pone dei limiti crono­logici precisi con riferimento alla guarigione e alla remissione della stessa che, come già detto, devono essere tali da consentire il recupero della «pie­nezza delle facoltà mentali». 209

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE È cosi individuato un altro settore di stretta competenza psichiatrica certa­mente di non facile soluzione, specie se si è condivisa e utilizzata una conce­zione molto ampia del concetto di «malattia» o di «infermità» e i consulenti restano ancorati a un modello nosografico piuttosto che funzionale, nel senso di una sopravvalutazione della diagnosi clinica rispetto a quella psicodinamica e dimensionale. Quando poi il «soggettivo» (del tipo: “a mio parere”, “secon­do me”) entra troppo nell’«oggettivo» (l’indispensabile analisi funzionale, re­lazionale e transazionale) fino a prevaricarlo e sommergerlo (si veda il caso della indeterminatezza della «qualunque causa») è probabile che - a breve termine - si «risolvano» più situazioni (nel senso quantitativo della parola) ma che poi, a distanza, ci si trovi di fronte a problemi individuali, familiari e so­ciali ardui da impostare e risolvere in maniera tecnicamente corretta, convin­cente ed attendibile. 210

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Certamente il legislatore ha ritenuto il contratto matrimoniale un atto serio e complesso, al punto di richiedere la sostanziale integrità della “competence” dei nubendi, trattandosi di atto personalissimo, non cedibile. Ne consegue che in sede civile l’atto è basato su una presunzione di capacità e che è neces­saria una “incapacità rilevante” per invalidare un matrimonio, incapacità che discende fondamentalmente da una valutazione funzionale dell’infermità rite­nuta inficiante l’atto. Da ricordare ancora la nullità per violenza ed errore (i cosiddetti vizi della volontà). Recita, infatti, testualmente l’art. 122 c.c. ( Violenza ed errore): «Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne allo sposo. 211

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato dato per effetto di errore sull’identità della persona o di errore essenziale su qua­lità personali dell’altro coniuge. L’errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell’altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente conosciute e purché l’errore riguardi: l’esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione ses­suale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale; (omissis). L’azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che sono cessate la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato scoperto l’errore». 212

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’art. 123 c.c., concernente l’impotenza come causa autonoma e specifica che invalida il matrimonio, è stato abolito dall’art. 18 della legge sulla riforma del diritto di famiglia (n. 151/1975) e sostituito dal seguente: Art. 123 Simulazione «Il matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi quando gli sposi ab­biano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti da esso di­fendenti. L’azione non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del matri­monio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi successi­vamente alla celebrazione medesima». In altre parole, i coniugi possono richiedere l’annullamento se al momento della celebrazione del matrimonio erano d’accordo di non adempiere ai doveri coniugali. La richiesta di annullamento non può essere avanzata se è passato un anno dal matrimonio o i coniugi hanno vissuto assieme. 213

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’impotenza, come causa che invalida il matrimonio, è stata riassorbita nella nuova formulazione dell’art. 122 c.c. Si veda inoltre la trattazione che se ne fa nella parte dedicata alla perizia nel diritto canonico. I requisiti e la me­todologia d’indagine sono gli stessi nell’uno e nell’altro ambito. La differenza fondamentale sta nel riconoscimento della rilevanza dell’impotenza a generare, che, ai fini dell’applicazione del diritto civile, può essere dovuta non solo ad alterazioni anatomo-funzionali che impediscano il coito (per cui l’impotentia coeundi et generandi coincidono, essendo l’una di­pendente dall’altra), ma a qualunque alterazione del liquido seminale o del ci­clo ovarico dalla quale discenda una impotentia generandi (= sterilità) nell’uno o nell’altro o in entrambi i coniugi. 214

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Nel diritto civile è pertanto ammesso ogni accertamento svolto al fine di documentare l’asserita impotentia generandi; accertamento che, invece, non è consentito dal diritto canonico. Nel diritto canonico, infatti, la sterilità che non sia attribuibile a grossolane alterazioni anatomo-funzionali o a lesioni degli organi riproduttivi non è rilevante. Tornando all’art. 122 c.c., è importante segnalare che il legislatore, nell’elencare gli errori essenziali sulle qualità personali del coniuge, ripete che essi devono essere tali da «impedire lo svolgimento di quella vita coniugale», «tenute presenti le condizioni dell’altro coniuge». 215

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In altre parole, dalla lettera del codice civile si desume con chiarezza che l’impotenza può diventare motivo d’invalidità solo se ignorata dall’altro coniuge e qualora quest’ultimo ritenga la qualità mancante essenziale per il consenso al matrimonio. Nel conseguente processo è necessario dimostrare che il coniuge caduto in errore non si sarebbe sposato nell’eventualità che avesse conosciuto la verità; è necessario inoltre che lo stesso interrompa la convivenza entro e non oltre un anno da tale scoperta. Donde l’importanza di condurre l’indagine sul piano transazionale, nel senso di privilegiare lo studio delle influenze negative che eventuali malattie fisiche o psichiche o anomalie sessuali causano nella relazione con il coniuge, per poi determinarne la rilevanza nell’impedire lo svolgimento di quella vita coniugale. 216

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Al di fuori delle malattie fisiche o psichiche conclamate, ogni altra condi­zione «patologica» invocabile come causa di annullamento di un matrimonio (psicopatie, nevrosi, anomalie del comportamento sessuale), deve essere inda­gata nell’ottica della relazione coniugale, trattandosi di giudizio sempre relati­vo e da formulare caso per caso, al fine primario di documentare quali svan­taggi e problemi importa nella creazione e nella conduzione di una funzionale relazione matrimoniale l’esistenza delle alterazioni di cui sopra. In particolare, come già detto, nella dizione «anomalia o deviazione ses­suale» sono compresi tutti i disturbi psicosessuali, compresa l’impotenza; la loro rilevanza deve essere studiata nell’ottica del rapporto di coppia (gradi­mento, accettazione, tolleranza, indifferenza, rifiuto). 217

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Il quesito peritale ai fini dell’art. 120 c.c. può essere così formulato: «Dica il consulente tecnico d’ufficio, esaminati gli atti di causa e la documenta­zione prodotta dalle parti, visitato(a) il (la) sig.(ra)..., compiute inoltre tutte le indagi­ni del caso, se il (la) sig.(ra)..., al momento della celebrazione del matrimonio, si tro­vasse, per qualunque causa, anche transitoria, in uno stato di incapacità di intendere o di volere». Il quesito ai sensi dell’art. 122 c.c. può invece essere formulato nel seguente modo: «Dica il consulente tecnico d’ufficio, esaminati gli atti di causa e la documenta­zione prodotta dalle parti, visitato(a) il (la) sig.(ra)..., compiute inoltre tutte le indagi­ni del caso, se esiste nel sig. o nella sig.ra ..., una malattia fisica o psichica o una anomalia o deviazione sessuale tale da impedire lo svolgimento della vita coniugale, tenute presenti le condizioni dell’altro coniuge». L’annullamento del matrimonio è un istituto del diritto civile volto a far perdere efficacia a un matrimonio invalido. 218

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’identità psicosessuale L’identità psicosessuale è un processo individuale di acquisizione, di strut­turazione e di consolidamento di una identità di genere, che prevede fasi dif­ferenti e progressive nello sviluppo individuale cognitivo, affettivo, relaziona­lo e sociale e la cui base biologica si trova nel corredo cromosomico che per il maschio è 46/xy e per la femmina 46/xx e la conseguente percezione del pro­prio schema corporeo. L’identità di genere può essere disturbata da vari processi che non possono essere esaminati in questa sede, ma che, quando si tratti di rettificazione di attribuzione di sesso o di intervento di conversione, possono essere oggetto di accertamenti psicologico-psichiatrici disposti dal magistrato o acquisiti dallo stesso attraverso consulenti di parte. Il 19.4.1982 è stata pubblicata sulla G.U. la legge 14.4.1982, n. 164, con­cernente le «Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso». Al 3° co., art. 2, si legge che «quando è necessario, il giudice istruttore dispone con ordinanza l’acquisizione di consulenza intesa ad accertare le condizioni psico- sessuali dell’interessato». 219

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Inoltre, il Tribunale (art. 3) può autorizzare il trattamento medico­chirurgico con sentenza, ovviamente quando risulti necessario un adeguamen­to dei caratteri sessuali. Il problema sorge quando un soggetto chiede il riconoscimento di un sesso diverso da quello che risulta nell’atto di nascita, non per errore di registrazio­ne del denunciante, ma perché nel corso della vita è intervenuto un cambia­mento della propria realtà sessuale. L’accoglimento dell’istanza da parte del magistrato non solo comporta il cambiamento del nome da maschile a femmi­nile o viceversa, ma autorizza anche il trattamento medico-chirurgico con sen­tenza, se la conversione chirurgica e/o ormonale non era già avvenuta prima dell’entrata in vigore della l. 164/1982. Così è attualmente affrontato il problema dei transessuali, intendendo per tali quei soggetti il cui genotipo è maschile (46XY) o femminile (46XX), ma il cui assetto psicologico ha caratteristiche proprie dell’altro sesso. 220

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La metodologia d’indagine si articola nei seguenti punti: interrogatorio clinico, con raccolta dei dati anamnestici (anamnesi familiare, personale fisiologica, personale patologica, sessuale); esame obiettivo, con particolare riferimento al viso, alle mammelle e ai ge­nitali, allo sviluppo dell’apparato pilifero, muscolare e adiposo, al tono della voce; esame neurologico; esame psichiatrico diretto; esami di sussidio diagnostico; test di efficienza; test di personalità. 221

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE La necessità di procedere a un’accurata indagine clinica prima dell’intervento ha per fine: l’esclusione degli psicotici (specie schizofrenici, in cui la richiesta di conversione può essere sintomatica di gravi disturbi dell’identità e dello schema corporeo) e i depressi (pericolo di suicidio nel decorso post­operatorio, specie nel sesso femminile); lo studio attraverso l’analisi di una batteria di test mentali, del tipo e delle caratteristiche del processo di identificazione. La presenza o l’assenza di determinati indicatori, che qui non è il caso di illustrare, documenta la tendenza o meno a identificarsi nell’uno o nell’altro ruolo psicosessuale. Mi limito a ricordare in questa sede che le ricerche preva­lenti sono state condotte non su transessuali, bensì su maschi omosessuali. I segni di omosessualità scelti dalla letteratura specifica con particolare riferi­mento al test di Rorschach e al T.A.T. non possono però essere assunti come probabili o certi indicatori della presenza della medesima transessualità. 222

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Per contro, ad esempio, la presenza al Rorschach: di risposte femminili; di simbologia sessuale femminile; di risposte indicanti sensibilità interiore; -al T.A.T.: di un’identificazione prevalente o esclusiva in una figura femmini­le; di un modello ideale perseguito di tipo femminile; ai test di disegno: di un’identificazione con la figura femminile; di una non accentuazione significativa dei caratteri estetici della stessa; e ai questionari tipo M.M.P.I. e C.P.I. alti valori rispettivamente nelle scale Mf e Fe; sono tutti segni che, con altri che qui non starò a precisare, sono significativi nell’orientare verso una diagnosi di «femminilità» (è il caso più frequente di conversione richiesta, anche se in tempi recenti vanno crescendo le richie­ste da parte delle donne). 223

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE In tutti i soggetti esaminati si è posta pertanto in luce una chiara tendenza a identificarsi in un 'immagine femminile. Tale identificazione, sia pur con sfumature individuali, è risultata però vissuta in maniera conflittuale e generatrice di atteggiamenti di chiusura, ostilità, competitività, diffidenza nel rapporto interpersonale. Gli elementi da noi raccolti hanno messo in luce come tutto ciò fosse indicativo di sovrastrutture reattive di fronte a stimoli avversivi esterni. Questo disadattamento, del resto sofferto, nei processi «di comunicazione, trovava le sue radici in una percezione del proprio Sé di tipo svalutativo, immaturo e disarmonico, ipercompensati da atteggiamenti narcisistici ed esibizionistici più o meno marcati. Il disadattamento interpersonale non sembrò rappresentare peraltro un tratto caratteristico del nostro campione, essendo dato di comune riscontro in tutto il vasto e mal delimitato universo degli emarginati sociali. L’aggressività, di contro a quanto sopra scritto, è risultata repressa, e quindi vissuta in maniera ambiva­lente. 224

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE L’affettività è emersa povera, ma non a livello primario, bensì perché coartata in maniera difensiva. Si trattava, infatti, di un’affettività per lo più labile e immatura e pertanto vissuta come non idonea a consenti­re un buon adattamento affettivo. Esistevano, però, una sensibilità e un’affettività profonde ricche e poten­zialmente indicative di buone capacità di adattamento. Ci siamo trovati quindi, di fronte a soggetti in cui si poteva ipotizzare una difficoltà o impossibilità di usare capacità empatiche che pur esistevano. Dai risultati dei test da noi somministrati, è emersa, chiara, la psicodinamica di quanto sopra affermato: il rapporto con il padre apparve inesistente o molto difficoltoso; il tema più frequente fu relativo a vissuti di inaccettazione da parte di questi; conseguentemente, anche la figura maschile risultò percepita per lo più come negativa, perché caratterizzata talora da violenza ed aggressività, talaltra da meschinità. Anche la percezione della figura femminile e il rapporto con la figura materna apparvero connotati da vissuti ambiva­lenti e da notevoli difficoltà di comunicazione. 225

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE I disturbi che questi soggetti denunciavano e davano a osservare nel rapporto interpersonale, furono in­tesi quindi come conseguenza dei negativi rapporti che, tutti, avevano sperimentato con i loro genitori: non accettati a livello primario, continuavano a viversi come stigmatizzati ed emarginati anche nel loro nuovo ruolo di «donne». Questo dato, tra l’altro, ha confermato che non necessariamente esistono rapporti univoci e armonici tra ruolo e identità sessuale, ma che all’aspetto fenomenico, comportamentale, non sempre corrispondono analoghi vissuti. Tale contrasto potrebbe essere inteso come «scissione» sofferta e problematica a livello nevrotico, non certo psicotico (in nessuno dei nostri casi è stato possibile mettere in luce l'esistenza di segni pregressi o attuali di patologia di mente). E a nostro avviso, esso risaltò mantenuto e negativamente rinforzato oltre che dalle esperienze avversive fatte nella famiglia, nella scuola, nel gruppo dei pari, ecc., anche dall’iter tormentato che questi soggetti hanno dovuto percorrere per realizzare la loro conversione sessuale, supe­rando con artifizi vari l’ostilità giuridica e sociale fino a ieri esistente nel nostro paese. 226

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Gli indicatori clinici e psicometrici negativi (rapporto con la figura materna difficoltoso; rapporto eterosessuale iperdeterminato dalla conflittualità o dalla negatività esistente con la figura patema; assenza o carenza spiccata di pattern di comunicazione interpersonale; narcisismo ipercompensatorio; rap­presentazione della figura maschile come violenta e aggressiva; disforia; ecc.) sono rapportabili alle difficoltà di poter realizzare in maniera conciliata, nel ruolo, la propria identità psicosessuale, a causa della reazione negativa dell’ambiente familiare e sociale. La «scissione» tra ruolo e identità si colloca proprio a questo livello: non accettati a livello primario (dai genitori, cioè) questi soggetti, a causa del per­manere di stimoli avversivi esterni, continuano a viversi come stigmatizzati ed emarginati, chiusi, ostili, competitivi, diffidenti e narcisisti in via difensiva e reattiva. Da tutto ciò discende la complessità, ma anche l’importanza di un’indagine che sia la più accurata possibile, per offrire al magistrato elementi di giudizio atti ad affrontare e risolvere un quesito tanto delicato. 227

LA CONSULENZA TECNICA IN AMBITO CIVILE Infatti, mi ripeto, la rettificazione di attribuzione di sesso è autorizzata avendo come parametro fondamentale di riferimento il sesso psichico e non la capacità copulativa. Il quesito che il magistrato pone al consulente può essere così congegnato: «Dica il consulente, raccolti tutti i dati clinici e psicodiagnostici necessari, alla lu­ce della storia del soggetto, quale sia il suo attuale orientamento psicosessuale e se all’eventuale sua istanza di conversione non ostino disturbi patologici psichici che in­ficino la decisione e la conseguente richiesta presentata a questo Tribunale». 228