Dall’io al noi. la città che noi vogliamo

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Transcript della presentazione:

Dall’io al noi. la città che noi vogliamo I ragazzi dell’I.C. Perugia 12 presentano

Criminalità organizzata: la mafia di Valerio Castellini (Assessore Scuola)

Che cos’è la mafia? La mafia è un’organizzazione criminale con radici in Sicilia (Cosa Nostra), Calabria (‘Ndrangheta), Campania (Camorra), Puglia (Sacra Corona Unita), sviluppata anche nel Nord Italia, in Europa e nel mondo.  Ha una struttura molto rigida, rimasta pressoché identica nei secoli: alla base c’è una famiglia che ha potere su tutto e tutti, in un quartiere o in un intero paese. Nelle città le famiglie mafiose si fanno la guerra per le zone d’influenza.

La mafia e i giovani Leonardo Messina, un testimone di giustizia, ha fatto una dichiarazione sul rapporto tra giovani e mafia: “…ti seguono fin da bambino, ti crescono, ti osservano, ti allevano, ti insegnano a sparare e ad uccidere […] e quando ti chiamano, tu sai già dove stai entrando, anche perché hai già servito questi uomini. Sai perfettamente qual è il discorso, e comunque c’è sempre una persona che ti guida”.

Cosa fa la mafia? Alla mafia interessa il potere economico: ottiene soldi grazie al traffico di armi, uomini, droga, rifiuti, prostituzione; fa affari con i politici per ottenere favori in cambio di voti; chiede il “pizzo”, una sorta di “tassa”, ai commercianti, imprenditori, professionisti, artigiani, venditori ambulanti, supermercati in cambio di protezione; concede prestiti ad interessi spropositati (usura).

La mafia raggiunge questi obiettivi con i ricatti, con la paura, imponendo il rispetto, l’omertà, il silenzio. La mafia ha relazioni anche con la politica e le istituzioni. Borsellino diceva: “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”.

Un po’ di storia La mafia esiste da secoli: nel 1861, nella sola Palermo, si erano contati 200 omicidi, rimasti senza un colpevole in cinque casi su sei. Forze organizzate di origine popolana si misero al servizio di una rete illegale di interessi, vennero chiamati mafiosi, individui spregiudicati dediti a una vera e propria “industria della violenza”. Il fenomeno della mafia venne a lungo trascurato e la Commissione Parlamentare d’Inchiesta del 1875-76 si limitò a riconoscere nella mafia uno dei tratti della criminalità diffusa. Durante gli anni Ottanta e Novanta del 1900 il problema della mafia ha raggiunto il suo apice: sono gli anni delle indagini a carico di esponenti politici di primo piano.

Lotta alla mafia Molte persone coraggiose hanno denunciato la criminalità organizzata: imprenditori, scrittori (Paolo Saviano), giornalisti (Paolo Borrometi), preti (Don Pino Puglisi). Queste persone sono costrette a vivere una vita segregata, sotto scorta e con una costante preoccupazione di essere uccisi. Anche gli agenti di scorta non hanno un compito facile. Sono pronti a dare la vita pur di proteggere le persone minacciate; devono essere pronti a reagire e, se le circostanze lo richiedono, anche ad uccidere.

R. Saviano Don P. Puglisi P. Borromiti

G. Falcone e P. Borsellino Sono morti molti magistrati e persone che hanno combattuto la mafia. Tra i più famosi ricordiamo Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e il generale Dalla Chiesa. G. Falcone e P. Borsellino C. A. Dalla Chiesa

Pentiti o collaboratori di giustizia? Alcuni ex mafiosi hanno collaborato con la giustizia, non tanto perché si sono pentiti, ma per evitare la prigione, per vendicarsi di chi non gli ha restituito qualcosa o per ottenere sconti di pena. Il collaboratore di giustizia viene inserito in un programma di protezione testimoni, dal momento che chi parla rischia molto, e perciò viene condotto in una località sicura e aiutato a crearsi una nuova identità.

A noi la parola Quando si parla di mafia, non si parla di qualcosa di estraneo o lontano dai giovani. La mafia cresce nel silenzio e nell’indifferenza, conoscerla aiuta a combatterla. La mafia non è quella che ci fanno vedere nelle serie TV, è un qualcosa di molto più potente. I ragazzi sono una grande risorsa per la criminalità organizzata: costano poco e rischiano meno. Non riesco ad immaginarmi con una pistola in mano, pronto ad uccidere qualche innocente. Siamo fortunati noi che possiamo vivere una vita tranquilla, senza correre rischi di questo genere.

Quando certe volte non ci viene permesso qualcosa, quando pensiamo di essere in una situazione irrisolvibile o ci riteniamo sfortunati, in realtà non sono queste le cose terribili che la vita ci ha riservato, certo, di problemi ne abbiamo, ma è importante capire che ci sono casi molto più problematici dei nostri. Combattere la mafia significa combattere per la legalità e la libertà. Il rispetto delle regole porta ordine, pace, progresso, sviluppo e ricchezza. La mafia si combatte con la parola.

Violenza sulle donne di Francesca Torrisi (Assessore Sicurezza)

Giornata mondiale contro la violenza sulle donne La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999. In questo giorno si ricorda il brutale assassinio di tre sorelle, considerate rivoluzionarie, avvenuto nella Repubblica Dominicana nel 1960, ai tempi del dittatore Trujillo. Non sempre, non ovunque, le cose sono cambiate da quel giorno. 

In Italia, solo nel 2018, sono state uccise 106 donne, una ogni tre giorni. È orribile che oggigiorno sia stato necessario aggiungere nel vocabolario la parola “femminicidio”, un termine inesistente fino a pochi decenni fa.

Il video seguente affronta questa piaga sociale, raccontando l’evoluzione del rapporto tra un uomo e una donna.     https://www.youtube.com/watch?v=Mj7fyRi4isU

La storia narrata nel video ha un lieto fine: la protagonista denuncia il suo aguzzino. Denunciare è un atto di estremo coraggio. Non bisogna avere paura di farlo. Una persona che toglie la libertà e l’identità NON ama. Un semplice schiaffo può significare l’inizio di un amore malato. La violenza non si giustifica mai.  

#nonènormalechesianormale A noi la parola Il 25 novembre sui social sono state postate migliaia di foto con questo hashtag: #nonènormalechesianormale per sensibilizzare su questo tema.

Sarebbe opportuno parlarne maggiormente a scuola, perché i giovani, futuri cittadini di domani, devono imparare a rispettare tutte le persone. Un semplice insulto o un gesto di poco valore possono provocare molto dolore a livello psicologico. Uniamoci, donne, uomini, tutti e combattiamo insieme questa crudele ingiustizia. Insieme si è più forti, sempre.

Caseti Camilla Valerio Castellini (assessore scuola) maria sole contu gaia mazzola viola severi francesca torrisi (assessore sicurezza)